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Sentenza n. 455 del 15 marzo 2011
Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

Rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato ai sensi della Legge 3 agosto 2009 n.102 – ricorso in parte rigettato e in parte dichiarato inammissibile.

     

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)


ha pronunciato la presente

SENTENZA


ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 287 del 2011, proposto da:
*****, rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Coscarelli, con domicilio ex lege presso la Segreteria del T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli, 40;

contro


Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, e Questura di Grosseto, in persona del Questore pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, presso cui domiciliano per legge in Firenze, via degli Arazzieri, 4;

per l'annullamento


del decreto di rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato ai sensi della Legge 3 agosto 2009 n.102, emesso in data 22.11.2010 e notificato in data 13.01.2011;

nonché per l’accertamento

del diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro ai sensi della Legge 3 agosto 2009 n.102.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Vista la comparsa di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Questura di Grosseto, con la relativa documentazione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 3 marzo 2011 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Rilevato che, con ricorso a questo Tribunale notificato il 28 gennaio 2011 e depositato il successivo 9 febbraio, il cittadino senegalese indicato in epigrafe chiedeva l’annullamento, previa sospensione, del decreto pure in epigrafe indicato, con il quale il Questore della Provincia di Grosseto aveva respinto l’istanza di rilascio del permesso di soggiorno a seguito di regolarizzazione ex l.n. 102/09, sia perché risultavano dichiarazioni mendaci da parte del datore di lavoro in ordine al reddito percepito nell’anno 2009 sia perché lo straniero risultava espulso, sotto alias, nel 2007, rimanendo anche inottemperante all’ordine di lasciare il territorio nazionale;

Rilevato che il ricorrente avanzava anche domanda di accertamento del diritto ad ottenere il richiesto titolo di soggiorno, lamentando: “1. Illegittimità, contraddittoria, eccesso di potere, difetto di motivazione e totale buona fede ricorrente (violazione di legge in particolare, art. 1 ter comma 13 lettera c) del d.l. n. 78/09 convertito in legge n. 102/2009”, in quanto la sua espulsione era inquadrabile sotto la fattispecie di cui all’art. 13, lettera a), d.lgs. n. 286/98 e non lettera c), con conseguente inapplicabilità dell’art. 1 ter, comma 13, l.n. 102/09 che solo a quest’ultima faceva riferimento come ipotesi ostativa ed in quanto non poteva essere a lui addebitata la condotta del datore di lavoro in ordine a dichiarazioni mendaci sul reddito percepito, considerato anche che non vi era stato alcun esito definitivo in sede penale; “2. Violazione artt. 7, 8 e 21 octies, comma 2, l. 241/90: carenza di motivazione, notifica ed urgenza avvio del procedimento di rigetto”, in quanto non erano stati comunicati i motivi ostativi all’accoglimento della domanda né l’avvio del procedimento;

Rilevato che si costituivano in giudizio le Amministrazioni indicate in epigrafe, chiedendo la reiezione del ricorso;

Rilevato che, alla camera di consiglio del 3 marzo 2011, il Collegio, sentite le parti sull’applicazione dell’art. 60 cod. proc. amm., tratteneva la causa in decisione;

Considerato che il Collegio ritiene sussistenti tutti i presupposti per dare luogo ad una sentenza in forma semplificata, ai sensi della suddetta norma;

Considerato che il primo motivo di ricorso non può trovare accoglimento, dato che la motivazione del provvedimento impugnato si fonda su due autonomi profili, ciascuno in grado di sorreggere da solo la legittimità del medesimo, ed appare decisivo quello legato alla dichiarazione mendace del datore di lavoro sulla quale il ricorrente non fornisce elementi per dimostrarne al contrario la veridicità;

Considerato, infatti, che la normativa sulla c.d. “regolarizzazione” è rivolta essenzialmente a beneficio dei datori di lavoro al fine di soddisfare l’esigenza sociale ormai diffusa di provvedere all’assistenza di persone non autosufficienti o al bisogno di aiuto nel lavoro domestico familiare, come chiaramente indicato nell’art. 1 ter, comma 1, l.n. 102/09, con la conseguenza che uno dei presupposti ineludibili è quello del possesso di un reddito minimo, ai sensi dell’art. 1 ter, comma 4, cit.;

Considerato, quindi, che la posizione del cittadino extracomunitario interessato – peraltro irregolarmente presente sul territorio italiano – è valutabile solo conseguentemente alla verifica dei presupposti di legge individuati a carico dei datori di lavoro, con la conseguenza che appare ininfluente la posizione dello straniero in ordine alla conoscenza/conoscibilità della situazione reddituale di colui che intende “regolarizzarlo”, apparendo conforme a logica la determinazione del legislatore di consentire di mantenere tale forma di assistenza solo nei confronti di chi possiede un reddito adeguato, al fine di non consentire indiscriminate forme di elusione al regime regolare dei flussi;

Considerato, poi, che la necessità di attendere la definizione del giudizio in sede penale non è richiamata dalla normativa applicabile e che sussiste sempre la possibilità di chiedere la revoca del provvedimento impugnato qualora tale esito fosse favorevole al datore di lavoro;

Considerato che anche il secondo motivo di ricorso appare infondato, in quanto non appare necessario inviare la comunicazione di avvio del procedimento se questo, come nel caso di specie, è iniziato ad istanza di parte e in quanto risulta applicabile l’art. 21 octies, comma 2, l.n. 241/90, dato che il ricorrente non ha fornito elementi idonei a ritenere che l’Amministrazione avrebbe adottato una conclusione diversa, visto che non risultano forniti nella presente sede contributi oggettivi in ordine all’effettivo reddito del datore di lavoro;

Considerato, quindi, per quanto illustrato che il ricorso deve essere rigettato nella parte in cui introduce la domanda di annullamento e che deve essere dichiarato inammissibile nella parte in cui introduce la domanda di accertamento, in quanto il ricorrente non vanta una posizione di diritto soggettivo nei confronti delle determinazioni dell’Amministrazione in questo campo ma solo una posizione di interesse legittimo, non suscettibile di azione di accertamento in sede impugnatoria (Cons. Stato, Sez. VI, 18.8.10, n. 5869);

Considerato che le spese del giudizio possono comunque essere compensate integralmente, attesa la peculiarità della vicenda;

P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando ai sensi dell’art. 60 c.p.a. sul ricorso come in epigrafe proposto, in parte lo rigetta e in parte lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del 3 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Ivo Correale, Primo Referendario, Estensore
Pietro De Berardinis, Primo Referendario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/03/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Martedì, 15 Marzo 2011

 
 
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