CONTINUANO GLI SBARCHI ED I SALVATAGGI NEL CANALE DI SICILIA, ADESSO ANCHE DALLA LIBIA. TRASFERIMENTI A RILENTO  E VIOLAZIONI DEI DIRITTI DEI MIGRANTI NEI NUOVI CAMPI DI CONCENTRAMENTO.

 

 

 

 

 

 

 

1. Condizioni allarmanti a Lampedusa e Linosa, tensione e detenzione nel centro di Mineo

 

La situazione dell'isola di Lampedusa  sotto gli occhi di tutti, anche di coloro che cercano di girare la testa da un altra parte. Ormai si contano almeno 4.000 migranti in media presenti sull'isola giornalmente, in condizioni di semi-libertˆ. Le condizioni di vita degli isolani che stanno prestando tutta la loro solidarietˆ e dei migranti sono terribili. Nel centro di Contrada Imbriacola, in condizioni igieniche disumane, sono stipate oltre 2000 persone in un centro la cui massima capienza  di 804 posti. La nave traghetto promessa dal governo per domenica 27 marzo, per una rapida evacuazione dell'isola, non  ancora arrivata ed intanto continuano ad entrare in porto piccole imbarcazioni cariche di migranti provenienti dalla Tunisia, oltre 1000 nelle ultime 24 ore.

L'intera isola  un immenso Òcentro di permanenza temporaneaÓ a porte aperte. I migranti vagano senza meta alla ricerca di un riparo, la distribuzione dell'unico pasto giornaliero dura diverse ore. Le procedure di prima identificazione sono sommarie e a rilento.  Nella ex base Loran sono stati raggruppati, senza alcuna documentazione e senza la prescritta notifica alle autoritˆ competenti (i tribunali minorili) come prescrive l'art. 343 del codice civile, oltre cento minori non accompagnati, ragazzi anche di quattordici anni che escono saltuariamente dalla base per raggiungere i loro amici costretti a bivaccare in varie parti dell'isola.

Da due giorni arrivano nelle isole Pelagie anche persone in fuga dalla Libia, somali, eritrei, etiopi e di altre nazionalitˆ, spesso vittime di torture e di abusi sessuali da parte dei trafficanti o della polizia di Gheddafi. Queste persone, tra le quali numerose donne e minori, vengono concentrate e bloccate nell'isola di Linosa, in vista di un successivo trasferimento a Porto Empedocle, dove al porto c' un capannone che serve da centro di smistamento verso gli altri centri siciliani, che per˜ sono giˆ pieni. Alcuni di questi migranti in fuga dalla Libia, i primi provenienti proprio da Misurata, tra i quali una giovane donna, sono stati respinti dall'Italia nel 2009, dopo gli accordi tra Berlusconi, Maroni e Gheddafi. Una ragione in pi, forse, perchŽ non vengano contattati da giornalisti o da operatori umanitari. Adesso  in corso la loro ÒdispersioneÓ. I trasferimenti degli ultimi arrivati dalla Libia verso la Sicilia, come quelli in corso in queste ore da Linosa a Porto Empedocle avvengono in clima di forte controllo di polizia e nessuno conosce la loro destinazione finale, anche se appare assai probabile che finiscano nella struttura di Mineo, una struttura aperta da pochi giorni ed ancora priva dei servizi essenziali necessari per offrire accoglienza a persone particolarmente provate da anni di violenze e abusi subiti in Libia.

Gli stessi controlli di polizia impediscono da domenica 27 marzo l'ingresso nel ÒResidence degli aranciÓ di Mineo, persino agli avvocati con tanto di nomina, e gli immigrati rinchiusi in questo luogo non possono uscire liberamente, sia coloro che sono richiedenti asilo giˆ in procedura, che coloro che sono ancora in attesa di identificazione. Si moltiplicano intanto i casi i fuga e si ha notizia di migranti bloccati nelle campagne persino da guardie giurate e ricondotte a forza nel campo di Mineo. Nel resto d'Italia, come a Manduria in Puglia, si stanno approntando strutture detentive di emergenza, il ministro Maroni vorrebbe a disposizione i 13 CIE che ÒprometteÓ da anni, e tutto avviene con le non-regole da protezione civile, un vero e proprio Òstato di eccezioneÓ, che viola tutte le leggi vigenti. Il Testo Unico sull'immigrazione, all'art. 14 prevede appositi decreti, adottati dal ministro dell'interno, di concerto con i ministri del bilancio, della solidarietˆ e dell'economia, per la istituzione di nuovi CIE. In base all'art.23 del Regolamento di attuazione n.394 del 1999, le attivitˆ di prima accoglienza e soccorso e quelle svolte pr esigenze igienico-sanitarie, si possono svolgere anche al di fuori dei centri di identificazione ed espulsione solo Òper il tempo strettamente necessario all'avvio dello stesso ai predetti centri o all'adozione dei provvedimenti occorrenti per l'erogazione di specifiche forme di assistenza di competenza dello StatoÓ.

 

2. Il rischio di detenzioni arbitrarie

 

La scelta di bloccare ogni trasferimento e di concentrare tutti i migranti presso i centri di prima accoglienza e soccorso siciliani, in particolare nell'isola di Lampedusa,  opera una completa inversione rispetto al funzionamento e alla natura stessa dei CSPA, che sarebbe invece quella di attuare un servizio di prima accoglienza e soccorso delle persone salvate in mare, con successivo quasi immediato trasferimento presso altri centri di accoglienza situati in diverse localitˆ italiane. La ratio di tale ragionevole scelta, attuata nel corso degli ultimi anni e sino a questo repentino cambiamento di prassi, deriva sia da esigenze logistiche e sanitarie (evitare improprie situazioni di concentrazione di persone nei ristretti spazi a disposizione), sia dallĠesigenza di procedere alla definizione della posizione giuridica degli stranieri e allĠassunzione dei relativi provvedimenti presso altre strutture, la cui natura giuridica e le cui funzioni siano chiaramente definite dalle norme vigenti.

 

EĠ noto, infatti, come la normativa vigente che disciplina gli interventi di soccorso, assistenza e prima accoglienza degli stranieri appaia carente e lacunosa e si presti a interpretazioni difformi e applicazioni discrezionali. In particolare, non risultano definiti i diritti dello straniero destinatario delle misure di assistenza nei cosiddetti centri di prima accoglienza, tuttora disciplinati esclusivamente dalla L.563/95 (detta Legge Puglia), come quelli istituiti in Sicilia a Pozzallo (Ragusa) e a Rosolini (Siracusa). Lo stesso centro di Mineo funziona con uno statuto incerto, in parte per persone che provengono dai CARA, ed in parte per i tunisini provenienti da Lampedusa,come centro di identificazione. Numerosi rapporti hanno evidenziato come sovente gli stranieri vengano di fatto trattenuti presso gli attuali centri di prima accoglienza per periodi di tempo considerevolmente lunghi, variabili da alcuni giorni fino a settimane o mesi, senza che la normativa definisca con chiarezza e tassativitˆ i diritti degli stranieri presenti e senza che tale situazione di effettiva limitazione della libertˆ personale sia sottoposta ad alcun controllo giurisdizionale. Va sottolineato che tale situazione, non conforme alla legislazione italiana in materia di provvedimenti limitativi della libertˆ e che potrebbe altres“ configurarsi come una violazione dellĠart. 5 comma 1 della Convenzione Europea dei diritti Umani (CEDU),  stata  oggetto delle vive preoccupazioni espresse dal Gruppo sulla detenzione arbitraria istituito in seno allo UN Human Rights Council, che ha altres“ ricordato lĠinadempienza del Governo italiani nel porre rimedio a una situazione da tempo evidenziata[1].

 

LĠutilizzo del CSPA di Lampedusa come struttura avente unicamente funzioni di primo soccorso e transito non ha mai fornito una risposta adeguata alle carenze legislative sopra evidenziate. Tuttavia, nella prospettiva sopra descritta, va sottolineato che la destinazione di questo centro, dal 2006 al 2008, a luogo essenzialmente di soccorso, con procedure rapide di trasferimento, che nel 2008 hanno riguardato oltre 30.000 migranti, era apparsa come un segnale della consapevolezza delle autoritˆ italiane che in quel periodo attuavano il cd. Òmodello LampedusaÓ  rispetto alla necessitˆ di garantire il rispetto dei principi fondamentali dei cittadini stranieri, ubicando altrove nel territorio nazionale lĠespletamento delle diverse procedure amministrative. Oggi, la scelta opposta di bloccare,a tempo indeterminato, a Lampedusa un numero incontrollabile di migranti appena sbarcati o soccorsi in mare e la proliferazione di luoghi di trattenimento in tutta Italia, presso basi militari o comunque in zone sottoposte alla sorveglianza armata, suscitano gravissima preoccupazione sotto il profilo delle possibili violazioni delle norme di diritto interno ed internazionale sulla legittimitˆ e non arbitrarietˆ della detenzione.

 

EĠ necessario perci˜ chiedersi a quale titolo, i migranti giunti in questi giorni a Lampedusa ed in altre parti della Sicilia, possano permanere in strutture che non sono nŽ CIE ( Centri di identificazione ed espulsione), nŽ CARA ( Centri per richiedenti asilo), esaurite le mere necessitˆ di primo soccorso e di organizzazione dei trasferimenti. EĠ inoltre essenziale chiarire quali siano le procedure attuate e la loro conseguente legittimitˆ, in ordine allĠeventuale assunzione ed esecuzione di provvedimenti di espulsione disposta dal Prefetto o di respingimento differito disposto dal Questore competente ai sensi dell'art. 10 comma 2 del Testo unico sull'immigrazione.

 

Si evidenzia infine che la normativa vigente in materia di esecuzione dei provvedimenti di espulsione e di respingimento disciplina lĠutilizzo di apposite strutture presso le quali lo straniero possa essere trattenuto, tipizzando le ipotesi tassative nelle quali il trattenimento pu˜ avere luogo[2] e prevedendo altres“ una convalida della misura da parte dellĠautoritˆ giudiziaria, cos“ come previsto persino dagli articoli 10 e.13 della Costituzione italiana. Appare evidente come le sopraindicate procedure non possano essere in alcun modo attuate presso un centro di primo soccorso ed accoglienza come  quello di Lampedusa, o in un centro dalle caratteristiche ancora indefinite come il ÒResidence degli aranciÓ di Mineo. Anche la detenzione amministrativa che si vorrebbe realizzare nelle tendopoli che si stanno impiantando in zone militari di diverse parti d'Italia appare in contrasto con la disciplina nazionale e con il diritto comunitario, sprattutto dopo la scadenza del termine di attuazione, e dunque la definitiva entrata in vigore della Direttiva n.2008/115/CE che impone agli stati membri di limitare i casi di rimpatrio forzato e di detenzione amministrativa alle sole ipotesi nelle quali non sia stato possibile un rimpatrio volontario. E sarebbe bene che il governo eviti di approfittare della situazione di emergenza che ha creato con i suoi ritardi e le sue omissioni, magari adottando l'ennesimo decreto legge per violare principi costituzionali e direttive comunitarie.

3. LĠeffettivitˆ dellĠaccesso alla giurisdizione

UnĠattenzione particolare va posta allĠipotesi dellĠapplicazione del cosiddetto Òrespingimento differitoÓ previsto dallĠart. 10 terzo comma del D.Lgs 286/98. Esso, al pari del provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera costituisce un provvedimento limitativo della libertˆ personale, che ricade nellĠarea di applicazione dellĠart. 13 della Costituzione, e che come tale non pu˜ sottrarsi al controllo dellĠautoritˆ giudiziaria [3]. Si osserva al riguardo che la riserva di giurisdizione prevista dallĠart. 13 della Costituzione non prevede eccezioni di sorta e pertanto si deve ritenere applicabile anche nelle cosiddette situazioni di emergenza come quelle che si sono create in queste settimane per effetto dei ritardi e dei comprtamenti irresponsabili ed egoistici delle autoritˆ di governo, che evidentemente volevano tenere indenni le regioni settentrionali dal massiccio afflusso di profughi e rifugiati che si sta registrando dalla Tunisia, adesso anche dalla Libia ed in misura minore dall'Egitto..

Si deve inoltre rilevare come la possibilitˆ di un ricorso giurisdizionale contro il respingimento ÒdifferitoÓ disposto dal Questore sia ipotesi alquanto teorica e sostanzialmente priva di effettivitˆ perchŽ il provvedimento formale emesso dal Questore di Agrigento va impugnato davanti al Tribunale Amministrativo Regionale (nel caso specifico di Lampedusa, a Palermo) e ci˜ risulta ancora pi difficile, se non del tutto impossibile, quando le misure di allontanamento forzato sono disposte da autoritˆ amministrative in luoghi, come appunto Lampedusa,  ben lontani dalle sedi presso le quali si potrebbero impugnare i provvedimenti di allontanamento forzato ( basti pensare alla difficoltˆ di sottoscrivere una procura per lĠavvocato di fiducia ed allĠassenza di difensori di ufficio, oltre che alla mancanza di una sede giudiziaria distaccata competente operante sullĠisola) . Appare poi assolutamente arbitraria la prassi di trasferire da Lampedusa verso i CIE in Italia, come Ponte Galeria, a Roma o Via Brunelleschi, a Torino migranti destinatari di un provvedimento di respingimento differito che non  emesso dal Questore competente rispetto al luogo di sbarco ( Agrigento), ma che vien adottato in un secondo momento dal questore del luogo nel quale  ubicato il centro di detenzione presso il quale il migrante viene ristretto per effetto del successivo decreto di accompagnamento forzato. I migranti sono persone umane che hanno diritto a fare valere immediatamente la loro condizione soggettiva e non pacchi da spostare da un capo all'altro d'Italia.

Le persone entrate o soggiornanti irregolarmente - tra queste anche i migranti giunti irregolarmente a Lampedusa, quale che sia la loro etˆ - a partire dal momento del loro ingresso in Italia, devono avere possibilitˆ adeguate e tempestive di presentare un ricorso davanti ad unĠautoritˆ giudiziaria avverso il provvedimento di rimpatrio. Si rammenta infatti quanto disposto dallĠart. 6 della CEDU e dallĠart. 47 della Carta dei diritti fondamentali dellĠUnione Europea, che garantiscono il diritto ad un rimedio efficace e ad un giusto processo, oltre naturalmente al principio del controllo giudiziario sulla detenzione, intesa come qualsiasi limitazione della libertˆ personale, in conformitˆ dellĠart. 5 della CEDU.

Diversi fattori concorrono quindi a delineare una situazione che de facto si  determinata a  Lampedusa, ma che si potrebbe verificare presto negli altri centri di identificazione ed espulsione istituiti nelle tendopoli allestite in zone militari,  ovvero quella di una sorta di zona extraterritoriale, dove al fine di contrastare lĠimmigrazione irregolare sia possibile ÒsospendereÓ provvisoriamente lĠapplicazione delle pi importanti garanzie derivanti dal diritto interno ed internazionale. Anche da solo il totale isolamento geografico dellĠisola di Lampedusa, la ristrettezza del territorio, lĠassenza di sedi giudiziarie competenti rende lĠaccesso alla giurisdizione da parte dei cittadini stranieri di fatto impossibile anche nellĠipotesi, pi favorevole nella quale siano lasciati liberi di uscire dal Centro di Contrada Imbriacola. Che fine hanno fatto gli articoli 13 ( libertˆ personale) e 24 ( diritto di difesa) della Costituzione italiana?

Va ricordato che la stessa Corte Europea dei diritti dellĠuomo ha sanzionato quei paesi che avevano istituito negli aeroporti delle Òzone di transitoÓ specificamente destinate allĠallontanamento dei migranti [4]. Per la Corte il diritto incontestabile per gli Stati di sorvegliare lĠingresso ed il soggiorno di stranieri nel proprio territorio deve infatti esercitarsi in conformitˆ della Convenzione e dunque senza violare alcuno dei principi affermati nella Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell'uomo. Ma per troppi governanti il riconoscimento della dignitˆ della persona e dei diritti fondamentali sembra costituire un ostacolo alla rapiditˆ dei respingimenti e delle espulsioni. La realtˆ dei fatti conferma come malgrado il crescente rigore delle norme di contrasto dell'immigrazione irregolare, al di lˆ degli esiti politici vantaggiosi per i partiti che se ne sono fatti bandiera, il tasso effettivo di accompagnamenti forzati in frontiera dal 2004 al 2009  crollato dal 64 per cento al 34 per cento degli stranieri irregolari rintracciati nel territorio. Potremmo dire a questo punto, un bel risultato per i fautori dell'ordine e della sicurezza. 

4. LĠincertezza delle procedure di identificazione

LĠassunzione di provvedimenti di respingimento ed espulsione da eseguirsi con immediatezza  pone rilevanti interrogativi anche sulle procedure di identificazione dei migranti e sulla certezza delle attribuzioni delle rispettive identitˆ e nazionalitˆ. [5]  Si ritiene infatti che le autoritˆ italiane dovrebbero fornire maggiori indicazioni su quali siano le procedure giˆ adottate o che si intendono adottare, a Lampedusa, come nei nuovi CIE che si vorrebbero istituire nelle tendopoli in zone militari, per lĠidentificazione certa dei migranti, spesso realizzata nellĠarco di poche ore, considerata la generale assenza, tra i migranti, di documenti identificativi. Quello che sta succedendo in realtˆ, per decisione delle autoritˆ italiane,  la messa in opera di una gigantesca ÒMACCHINA DI PRODUZIONE DELLA CLANDESTINITAÓ, in quanto affrontare questa emergenza, da Lampedusa a Mineo fino ai nuovi CIE nelle aree militari, con gli strumenti del contrasto dell'immigrazione irregolare, e non con le norme utilizzabili nel caso di afflusso massiccio e di protezione umanitaria di sfollati,come l'art. 20 del T.U. sull'immigrazione adottato nel 1999 con i profughi kosovari, sta producendo un numero assai elevato di ÒclandestiniÓ come le migliaia che hanno giˆ varcato la frontiera francese e che la Francia riconduce alla frontiera di Ventimiglia dove si sta creando un altra emergenza umanitaria.

5. La condizione dei minori stranieri non accompagnati

            In pi occasioni il Governo italiano ha positivamente fornito rassicurazioni sullĠintenzione di rispettare scrupolosamente il divieto di espulsione dei minori stranieri non accompagnati sancito dallĠart. 19 comma 2 del D.Lgs 286/98, nonchŽ di attuare le necessarie procedure finalizzate allĠaccertamento dellĠetˆ attraverso esami diagnostici non invasivi. In presenza di minori non accompagnati si dovrebbe provvedere ad un loro immediato trasferimento da Lampedusa verso apposite strutture di accoglienza (comunitˆ/centri SPRAR per minori), non solo in Sicilia ma sullĠintero territorio nazionale. La permanenza dei minori a Lampedusa dovrebbe essere limitata al tempo strettamente necessario per il trasferimento presso tali strutture.

 

            Considerato che la fascia di etˆ pi frequente dei minori  quella compresa tra i 15 e i 18 anni, lĠaffidabilitˆ delle prove diagnostiche che vengono disposte assume una valenza di particolare importanza. Nonostante lĠarrivo dei minori nellĠisola di Lampedusa avvenga da anni, da sempre risulta effettuato il solo esame radiologico del polso presso il locale poliambulatorio sanitario ed il referto non riporta nessuna indicazione sullĠesistenza di un range di errore. LĠinerzia con la quale tale procedura prosegua da molto tempo[6] sorprende vivamente poichŽ, come  noto, in base alla letteratura scientifica internazionale, lĠaccertamento dellĠetˆ attraverso lĠesame radiologico del polso presenta un range sensibile, che andrebbe indicato. EĠ pertanto necessario che il margine di errore venga sempre indicato nel certificato medico; la minore etˆ deve essere sempre presunta qualora, anche dopo la perizia di accertamento, permangano dubbi circa lĠetˆ del minore (ogni volta che il suddetto range di valori comprenda unĠetˆ inferiore ai diciotto anni). In questo senso si deve ancora applicare la circolare Amato sui minori stranieri non accompagnati adottata nel 2007. Si richiama quanto disposto dallĠart. 19 del D.lgs 25/08 che stabilisce delle garanzie in ordine alla condizione dei minori stranieri non accompagnati che presentino domande di asilo. Al secondo comma lo stesso articolo dispone che Çse gli accertamenti non consentono lĠesatta determinazione dellĠetˆ si applicano le disposizioni del presente articoloÈ, ovvero il soggetto va considerato minore.  Tale fondamentale principio, anche se previsto nella normativa relativa alle procedure in materia di domande di asilo non pu˜ non risultare applicabile alla pi generale situazione nella quale si debba accertare lĠetˆ di un minore straniero non accompagnato, come indicato anche dalla circolare del Ministero dellĠInterno, Prot. 17272/7 del 9 luglio 2007 in merito allĠidentificazione dei migranti minorenni non accompagnati[7]. Per le ragioni sopra indicate a Lampedusa le citate norme rischiano di essere ancora eluse ed assai concreto  il rischio che un imprecisato numero di minori venga trattato quale maggiorenne anche in relazione alle misure di allontanamento, ossia espulso senza alcuna garanzia.

 

6. Il divieto di espulsioni collettive

Si ritiene che, in ragione delle gravi problematiche sopra evidenziate sussista a Lampedusa e negli altri centri che il governo vorrebbe destinare a CIE, un serio rischio di adozione da parte delle Autoritˆ italiane di misure di rimpatrio collettivo. LĠart. 4 del Protocollo Addizionale n. 4 alla Convenzione Europea dei diritti umani vieta le espulsioni collettive di stranieri, che, in base alla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti umani, si verificano tutte le volte in cui non viene presa in considerazione la situazione individuale della persona sottoposta alla misura di allontanamento forzato, a maggior ragione in tutti i casi nei quali non si provveda ad una identificazione certa.

Lo stesso art. 19 della Carta Europea dei diritti umani vieta espressamente le espulsioni collettive e una giurisprudenza costante della Corte Europea dei diritti umani si esprime nel medesimo senso. Dunque, non solo occorre che lĠespulsione sia convalidata dallĠautoritˆ giudiziaria sulla base di elementi prettamente individuali, ma si tiene in considerazione anche il contesto in cui tale espulsione viene attuata.Il divieto di espulsione collettiva di cui all`art. 4 del IV protocollo addizionale alla CEDU  comprende Ò quelle espulsioni adottate nei riguardi di un gruppo di stranieri senza che per ciascuno di essi venga svolto esame ragionevole ed obiettivo delle ragioni e delle difese di ciascuno innanzi all`Autoritˆ competenteÓ.

La Corte ha inoltre considerato come espulsioni collettive una serie di provvedimenti individuali contro persone della stessa nazionalitˆ che si trovavano nella stessa situazione di soggiorno irregolare.[8] In Italia invece la giurisprudenza ritiene lecite queste espulsioni, anche se nel 2009 una sentenza del Tribunale di Bari ha segnato una importante inversione di tendenza. In questi casi occorre ricorrere alla Corte Europea dei diritti dell'Uomo, o chiedere alla Corte di Giustizia di Lussemburgo l'apertura di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per la mancata attuazione della direttiva sui rimpatri n. 2008/115/CE, che impone un esame individuale dei singoli casi di espulsione o di respingimento differito, misura che sotto il profilo dell'allontanamento forzato, si pu˜ ritenere equivalente all'espulsione, anche per la larga discrezionalitˆ concessa all'autoritˆ amministrativa nella scelta tra l'espulsione ed il respingimento differito in presenza dei medesimi prsupposti.

Si rammenta che nel 2005 una Risoluzione del Parlamento Europeo ha condannato le espulsioni collettive da Lampedusa verso la Libia. Nel 2004 e nel 2005, lĠItalia altres“ non ha mai risposto alla richiesta della Corte Europea dei diritti umani, che voleva acquisire copia dei provvedimenti di allontanamento forzato da Lampedusa succedutisi a partire dallĠottobre del 2004. E' prevista per il prossimo mese di giugno la seduta della Grand Chambre della CEDU per decidere sulle denunce di respingimento collettivo praticato dalle autoritˆ italiane verso la Libia il 7 maggio del 2009. E tra poco, tra i migranti in fuga dalla Libia, potrebbero giungere a Lampedusa, o in altri porti siciliani, altre vittime di quei respingimenti, documentati dalla trasmissione televisiva ÒPresa DirettaÓ di Iacona , con sequenze video sconvolgenti facilmente reperibili persino su You Tube. Un caso nel quale non  stato possibile nascondere la realtˆ con le solite menzogne. 

7. La tutela del diritto dĠasilo

 

 

La situazione attuale desta vivissima preoccupazione sia in relazione alle misure di accoglienza che rispetto alla tutela giurisdizionale avverso le decisioni negative assunte dalle Commissioni territoriali nei confronti di persone trasferite, ma sarebbe meglio dire ÒdeportateÓ da diversi CARA di altre regioni italiane nel cd. Vilaggio della solidarietˆ di Mineo, luogo dalla natura giuridica non ancora definita.

 

In primo luogo va richiamata la dovuta attenzione al fatto che il trattenimento dei richiedenti asilo nei centri di primo soccorso ed accoglienza, o nei centri di identificazione, successivamente alla formalizzazione della domanda di asilo e nelle more dellĠesame amministrativo della stessa, si pone in evidente contrasto con la normativa vigente in materia di accoglienza dei richiedenti asilo, disciplinata dal D.Lgs 140/05 e dal recente D.Lgs 25/08. LĠaccoglienza dei richiedenti asilo, oltre alle ipotesi di invio presso la rete del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, di cui allĠart. 1 sexies dellĠart. 1 della L.39/90 come modificato dalla L. 189/02, pu˜ avvenire, nelle ipotesi tassativamente indicate dallĠart. 20 comma 2 lettere a, b e c del D.Lgs 25/08, solamente presso i CARA (centri di accoglienza per richiedenti asilo), ovvero, nelle ipotesi disciplinate dallĠart. 21 del citato D.Lgs 25/08 nei CIE (centri di identificazione ed espulsione). Non risulta pertanto possibile utilizzare i centri di primo soccorso ed accoglienza o i centri di identificazione come centri di accoglienza per richiedenti asilo poichŽ questi non presentano i requisiti previsti dalla legge e non risulta alcuna garanzia sul fatto che vengano assicurati, ai richiedenti asilo, anche in via emergenziale e temporanea, lĠerogazione dei necessari servizi di supporto, consulenza ed orientamento, con particolare attenzione alle situazioni maggiormente vulnerabili.

 

Va inoltre richiamata lĠattenzione sulle circostanze soggettive delle persone che, appena arrivate dopo un viaggio spesso molto traumatico, vengono da subito sottoposte ad una procedura il cui esito pu˜ determinare il loro futuro e la loro sicurezza personale; e questo non deve avvenire nello stesso ambiente fisico nel quale hanno avuto il primo soccorso. Chi arriva in questa situazione non pu˜ peraltro beneficiare in una piccola isola di alcun servizio di assistenza anche psicologica in relazione ai traumi subiti, e ci˜ colpisce in particolare le persone pi vulnerabili. LĠinsieme di queste circostante produce inoltre uno stress che non permette allĠinteressato di affrontare un colloquio con la commissione in modo sereno.

 

In relazione, invece, alla tutela giurisdizionale va prioritariamente ricordato che lĠart. 39 della Direttiva 2005/85/CE prevede al comma 1 che ÒIl richiedente asilo ha diritto ad un mezzo di impugnazione efficace dinnanzi ad un giudice..Ó mentre lĠart. 13 della CEDU sancisce che  Òogni persona i cui diritti e le cui libertˆ riconosciuti nella presente convenzione siano stati violati, ha diritto ad un ricorso effettivo davanti ad unĠautoritˆ nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nellĠesercizio delle loro funzioni ufficialiÓ. Nel caso del diritto dĠasilo, la nozione di effettivitˆ comporta un divieto di esporre il richiedente al rischio della lamentata persecuzione o al rischio di subire un danno grave fino a quando non  stata assunta dallĠautoritˆ giudiziaria una decisione nel merito[9].

 

Appare molto grave lĠimpedimento de facto nellĠaccesso alla giurisdizione, sia per l'assenza di provvedimenti limitativi della libertˆ che risultino impugnabili, che per il ricorso contro il diniego dello status di rifugiato o della protezione umanitaria. Rispetto a quanto disposto dallĠart. 32 comma 4 del D.Lgs 25/08, che consente un libero accesso alla giurisdizione, appare inverosimile ipotizzare che decine o centinaia di richiedenti asilo, totalmente privi di mezzi, ma liberi di circolare per lĠisola di Lampedusa, possano, nel brevissimo lasso di tempo a loro disposizione, materialmente adire alla giurisdizione contattando legali disponibili, privatamente o per il tramite di enti di tutela, a  tutelare le singole posizioni individuali e depositare in tempo utile i ricorsi presso il Tribunale di Palermo, cittˆ situata a diverse centinaia di chilometri di distanza, raggiungibile solo dopo un lungo viaggio in nave ed un successivo viaggio via terra. Questa situazione di fatto si pone in chiaro contrasto con le norme citate sul diritto a un rimedio giudiziario effettivo.

 

8. Conclusioni

 

In ragione della grave situazione che si sta determinando nellĠisola di Lampedusa e tra breve nel centro non meglio qualificabile di Mineo,  come nelle nuove tendopoli in aree militari che dovrebbero funzionare come CIE in varie parti d'Italia, e dei seri e concreti rischi di estese violazioni dei diritti fondamentali dei migranti ed in particolare dei richiedenti asilo, dei minori e delle persone maggiormente vulnerabili, occorre

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1]           The UN experts, however, highlighted "significant human rights concerns with regard to the centres in which migrants and asylum seekers are kept", in particular with regard to the legal basis for the detention of those deprived of their freedom. The Working Group noted that in 2006 the Ministry of Interior had established a commission to study the matter, commonly referred to as the "De Mistura Commission" after the UN official appointed to head it. Its findings and recommendations remain to a large extent to be implemented.

[2]           Quando non  possibile eseguire con immediatezza lĠespulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perchŽ occorre procedere al soccorso dello straniero, accertamenti supplementari in ordine alla sua identitˆ o nazionalitˆ, ovvero allĠacquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per lĠindisponibilitˆ di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza pi vicino (CPTA, ridenominati CIE a seguito delle modifiche introdotte con la L. n. 186/2008, conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 2 ottobre 2008, n. 151)   tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dellĠinterno, di concerto con i Ministri per la solidarietˆ sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica  (D.Lgs 286/98, art. 14 comma 1)

[3]           Vedasi Corte Costituzionale -  sentenza n.222 del 2004

[4]           A tal proposito  interessante richiamare la sentenza della Corte Europea dei Diritti dellĠUomo, nel caso Amur/Francia del 1996

[5]           Vedasi ad esempio lĠoperazione di identificazione e rimpatrio avvenuta tra il 30 ed il 31 dicembre 2008 di 35 presunti cittadini egiziani

[6]           Anche su tale tema specifiche raccomandazioni, anche riferite al caso di Lampedusa, furono oggetto della relazione della cosiddetta Commissione De Mistura.

[7]          ÒLa minore etˆ deve essere presunta qualora la perizia di accertamento indichi un margine di errore. Si soggiunge, infine, che fintantochŽ non siano disponibili i risultati degli accertamenti in argomento, all'immigrato dovranno essere

            comunque applicate le disposizioni relative alla protezione dei minoriÓ

[8]           Vedasi ad esempio il caso Conka/Belgio con una sentenza emessa il 5 maggio 2002. La Corte si  espressa su questa materia con grande nettezza: "The Court reiterates its case-law whereby collective expulsion, within the meaning of Article 4 of Protocol No. 4, is to be understood as any measure compelling aliens, as a group, to leave a country, except where such a measure is taken on the basis of a reasonable and objective examination of the particular case of each individual alien of the group. That does not mean, however, that where the latter condition is satisfied the background to the execution of the expulsion orders plays no further role in determining whether there has been compliance with Article 4 of Protocol No. 4". É.  " in those circumstances and in view of the large number of persons of the same origin who suffered the same fate as the applicants, the Court considers that the procedure followed does not enable it to eliminate all doubt that the expulsion might have been collective".

[9]          La giurisprudenza della Corte Europea sui diritti dellĠUomo di Strasburgo relativamente allĠapplicazione dellĠart. 3 appare da tempo chiaramente orientata a ritenere che la nozione di effettivitˆ prevista dallĠart. 13 debba trovare piena applicazione laddove, nel procedimento, sia ravvisabile la possibile violazione dellĠart. 3 della Convenzione stessa, ovvero il ricorrente sia sottoposto al serio rischio di subire, in caso di rientro nel suo Paese, la tortura o un trattamento disumano e degradante. Tra i precedenti giurisprudenziali della Corte in questa materia, ha assunto particolare importanza, per la chiarezza con la quale la Corte si  espressa ÒlĠ affaire Gebremedhin [Gaberamadhien] c. France (Requte no 25389/05).