Newsletter periodica
d’informazione
(aggiornata alla data del
17 novembre 2011)
o
Dipartimento Politiche
Migratorie – Appuntamenti pag. 2
o
Società - Workshop:
immigrazione e diritti di cittadinanza pag. 2
o
Società –
Napolitano: “immigrati, linfa vitale per il Paese” pag. 3
o
UIL – Volantino
sui diritti di cittadinanza
pag. 4
o
Permesso a punti:
pubblicato il decreto pag. 4
o
Fondazione Moressa:
Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione pag. 5
o
Romeni e bulgari
– Per Bruxelles, l’impatto è positivo pag. 6
o
Esteri – Spagna
governo adotta strategia contro discriminazioni razziali e xenofobia pag. 7
o
Sindacato –
Riunione del gruppo “migrazione e inclusione” della CES pag. 8
A
cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento
Politiche Migratorie
Rassegna
ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL
Tel.
064753292- 4744753- Fax: 064744751
n. 322
Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti
Varsavia, 21 – 22 novembre 2011
Fundamental Rights Conference 2011: 'Rights and
Dignity of irregular
migrants'
(Giuseppe Casucci)
Roma, 23 Novembre 2011, ore
12.00, sede UIL nazionale
Incontro con delegazione
universitaria spagnola su immigrazione ed integrazione
(Giuseppe Casucci)
Roma, 24 Novembre 2011, ore 14.00 – Sala Pietro da Cortona
– Musei Capitoli
Roma Capitale –
Seminario: “ILO Convention on Domestic Workers”
(Giuseppe Casucci, Angela Scalzo,
Pilar Saravia)
Roma, 28 novembre ore 11.00,
sede CNEL
Comitato di Presidenza
dell’ONC
(Angela Scalzo)
Mercoledì 30 novembre 2011, ore
10.00, via Avignone, 10
UNAR – Convegno
Diversità Lavoro di Roma
(Angela Scalzo)
Roma, 13 dicembre 2011, Camera
dei Deputati, sala della Mercede, via Poli 19
CIR – Nessun Luogo è
Lontano Onlus - Workshop: “immigrazione e diritti di cittadinanza”
(Guglielmo Loy,
Workshop:
Immigrazione e diritti di cittadinanza: è tempo di riscrivere il contratto
sociale
Promosso da
CIR e l’associazione Nessun Luogo è Lontano, l’iniziativa si terrà il prossimo
13 dicembre, dalle 12.00 alle 15.00, presso la Sala S. Claudio, Piazza S.
Claudio, 166 - Camera dei Deputati
Roma,
17 Novembre 2011 – Una iniziativa sui diritti di cittadinanza è stata
promossa dal Consiglio italiano per i rifugiati e l’Associazione “Nessun Luogo
è Lontano”. L’idea è mettere a confronto forze politiche e società civile sulle
proposte di legge già presenti in Parlamento, con l’obiettivo di riannodare il
dialogo interrotto su questa materia sin dal 2009. L’iniziativa, che conta con
l’appoggio attivo della UIL, vedrà la presenza del mondo sindacale, delle
principali Fondazioni dei Partiti, di alcuni parlamentari proponenti PDL sulla
cittadinanza, e da esperti in materia migratoria. Secondo i promotori: “In Parlamento
sono molte le proposte presentate, sia di riforma della legge di cittadinanza
n. 91/1992, sia riguardanti l’estensione del diritto di voto amministrativo
agli stranieri lungo - residenti. Purtroppo su questo importante tema è da
dicembre 2009 che il dibattito in Parlamento è fermo. Nel frattempo, gli
stranieri regolari hanno superato quota 5 milioni ed oggi producono l’11% del
PIL italiano. Non è certo più
possibile prescindere da loro”. Per gli
organizzatori dell’evento “la civile convivenza tra tutti i cittadini (nati o
meno in Italia) è in fondo un contratto sociale che ne definisce le regole e le
modalità, allora va considerato che questo contratto è stato scritto nel 92 quando
la presenza degli stranieri, per dirla con le parole del Presidente Napolitano
era 12 volte inferiore a quella di oggi”. Per questo motivo “è’ tempo di
tornare al dialogo tra tutte le parti politiche, abbandonando la logica dello
scontro e cercando insieme soluzioni concertate volte ad una piena
partecipazione dei nuovi cittadini
alla vita politica e sociale del nostro Paese”. Nella locandina che presenta
l’incontro si legge che “Oggi, con un decimo della popolazione nata
all’estero, la società italiana
non è più quella del 1992. Serve dunque un nuovo approccio al tema dei diritti
di cittadinanza, un nuovo “contratto sociale”, le cui
regole vanno scritte assieme a tutti i cittadini, nati o meno nel nostro Paese:
assieme a chi scommette sull’Italia e ha il diritto di concorrere a costruire
il suo futuro”. Anche sul tema del
voto amministrativo, per le due associazioni: “ è ben noto che in Europa 16 Paesi su 27 permettono agli
immigrati residenti da oltre cinque anni di poter votare alle elezioni
amministrative. E’ giusto che questo avvenga anche da noi. Ma per fare ciò non
servono nuove proposte legislative: basterà che Governo e Parlamento
ratifichino il capitolo C della Convenzione di Strasburgo per
rendere questo diritto esigibile anche per i nostri stranieri lungo residenti”.
CIR e Nessun Luogo è Lontano “ribadiscono con forza l’urgenza di riavviare il
dialogo tra le forze politiche e sociali per ricercare una posizione comune in
materia di piena partecipazione degli stranieri alla vita civile nel nostro
Paese”.
Per questo motivo chiamano “la
politica e la società a riaprire le porte al buon senso ed al confronto”. Lo workshop “immigrazione e diritti di
cittadinanza” si terrà alla Camera dei Deputati, Sala S. Claudio (Piazza S.
Claudio, 166), dalle 12.00 alle 15.00 di martedì 13 dicembre 2011.
Milano,
15 novembre 2011 - Nella girandola di consultazioni e appuntamenti cruciali per
la vita della Repubblica, Giorgio Napolitano ha voluto mantenere l'impegno con
i «nuovi italiani» - i cittadini «di origine immigrata» che a 18 anni scelgono
la cittadinanza italiana - che si è svolto al Quirinale martedì mattina,
nell'ambito delle iniziative per il 150 anni dell'unità. Il presidente della
Repubblica è tornato in questa occasione ad affrontare il problema della
cittadinanza dei molti immigrati che ormai da anni risiedono nel nostro Paese,
affermando che rappresentano «una grande fonte di speranza» per l'Italia e
servono anche loro a sostenere «il fardello del debito pubblico». E ha invitato
«a riflettere su una possibile riforma delle modalità e dei tempi
dell'assegnazione della cittadinanza». A questo proposito, ha ricordato la
convergenza tra le forze politiche che già si era registrata alla Camera
sull'argomento nel gennaio 2010. I figli di immigrati nati in Italia sono oltre
mezzo milione, quelli che studiano nelle nostre scuole sono 700 mila, ma ancora
pochi ottengono la cittadinanza.
FONTE DI
SPERANZA - Il presidente ha ricordato che senza di loro l'Italia oltre ad
essere più vecchia «avrebbe meno potenzialità di sviluppo». «Sono convinto che
i bambini e i ragazzi venuti con l'immigrazione facciano parte integrante
dell'Italia di oggi e di domani», ha detto Giorgio Napolitano, aggiungendo che
chi non capisce la portata del «fenomeno migratorio» e quanto servano gli
immigrati all'Italia non sa guardare «alla realtà e al futuro».
IL LEGAME
CON LE ORIGINI - Dopo aver ricordato che in 20 anni, tra il 1991
e oggi la presenza dei residenti straniera è aumentata di 12 volte, il
presidente ha rilevato che però «gli immigrati che sono diventati cittadini
sono ancora relativamente pochi». «All'interno dei vari progetti di riforma
delle norme sulla cittadinanza, la principale questione rimane oggi quella dei
bambini e dei ragazzi», ha detto Napolitano. «Molti di loro non possono
considerarsi formalmente nostri concittadini perché la normativa italiana non
lo consente, ma lo sono nella vita quotidiana, nei sentimenti, nella percezione
della propria identità». Napolitano è andato anche oltre, rivendicando per i
giovani di origine immigrata non soltanto la cittadinanza, ma anche il legame
con la loro cultura originaria. «L'importante - ha detto ancora Napolitano - è
che vogliano vivere in Italia e contribuire al benessere collettivo
condividendo lingua, valori costituzionali, doveri civici e di legge del nostro
paese».
ALT A
RACCOMANDAZIONI - Per il presidente è «indispensabile rimettere in
moto - anche per nuovi italiani - l'ascensore sociale a lungo bloccato,
mettendo al centro il merito che significa non solo equità, ma anche crescita»
e per questo bisogna superare la logica «delle raccomandazioni» dando più
spazio «alle capacità personali». L'Italia, ha detto il capo dello Stato, «deve
diventare il più rapidamente possibile un Paese aperto ai giovani, deve offrire
opportunità non viziate da favoritismi e creare per il lavoro sistemi
assunzione trasparenti» che smentiscano «la convinzione che le raccomandazioni
servano più dell'impegno personale». Le famiglie e lo Stato, ha aggiunto,
«devono credere e investire nella formazione e nell'istruzione».
Alla cerimonia al Quirinale erano presenti anche il presidente della Camera,
Gianfranco Fini, che negli anni passati ha appoggiato la battaglia parlamentare
per dimezzare i tempi della cittadinanza e il sottosegretario alla presidenza
del Consiglio Gianni Letta.
Leggi
il testo integrale del discorso di Napolitano
Volantino
UNIONE ITALIANA DEL LAVORO
Dipartimento Politiche Migratorie UIL
Stranieri residenti e
diritti di cittadinanza: la UIL per
riavviare
il dialogo sulle proposte di legge presentate
Le proposte di riforma dei
diritti di cittadinanza non mancano. Quello che è mancata finora è una volontà
comune di ricerca del dialogo e di soluzioni concertate tra le varie forze
politiche di maggioranza e di opposizione. In Parlamento giacciono da anni inerti numerose
proposte, sia di riforma della
legge di cittadinanza n. 91/1992, sia riguardanti l’estensione del diritto di
voto amministrativo agli stranieri lungo – residenti. E’ tempo di tornare
al dialogo tra tutte le parti politiche, lasciando da parte le polemiche
ideologiche e cercando insieme soluzioni concertate in direzione di una riforma
che permetta la piena partecipazione di 5 milioni di nuovi cittadini alla vita
politica e sociale della nostra nazione. Oggi, con una presenza di stranieri
residenti vicina al 10% della popolazione complessiva, non è più possibile
considerare la società italiana come fossimo nel 1992 quando si approvò la
legge 91 sulla cittadinanza. Serve un nuovo approccio a questo tema, un nuovo
“contratto sociale”, le cui regole vanno scritte assieme a tutti i cittadini,
nati o meno nel nostro Paese.
Ø
Diritti e doveri
La UIL ribadisce la necessità e
l’urgenza di una forte discontinuità sul fronte dei diritti di cittadinanza e
sollecita Parlamento e Governo a costruire regole che favoriscano la piena partecipazione degli stranieri
alla vita civile nel nostro Paese.
Ø
Il voto e la democrazia
partecipata
Per
quanto riguarda il diritto di voto amministrativo, chiediamo a Governo e
Parlamento di ratificare il capitolo C della Convenzione di Strasburgo, per
rendere questo diritto esigibile per i nostri stranieri residenti da più di
cinque anni.
Ø
Piu’ “tranquillita’” nel
vivere da cittadino in Italia
Nel
contempo, chiediamo di rendere più semplice e fruibile l’ottenimento del
permesso di soggiorno di lungo periodo ( ex carta di soggiorno),
pubblicizzandone maggiormente i requisiti, eliminando le arbitrarietà
territoriali a volte praticate e rendendo più semplice, veloce e funzionale il
percorso burocratico.
La UIL lancia una grande campagna di promozione dei diritti di
cittadinanza chiedendo che l’Esecutivo ed il Parlamento promuovano, da subito,
un confronto sereno e a tutto campo
su questa importante materia.
Aderisci alla campagna
della UIL per far sentire la voce di chi crede in una società più serena,
giusta, inclusiva.
E’
stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dello scorso 13 novembre, il decreto
del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 179 che disciplina
l'accordo di integrazione tra lo straniero e lo Stato. Il
provvedimento entrerà in vigore il prossimo 12 marzo ma per vederlo all’opera
sarà necessario attendere i primi nuovi ingressi per motivi di lavoro in
Italia. Il regolamento fissa i
criteri e le modalità per la sottoscrizione da parte dello straniero
dell'accordo di integrazione, previsto dal cosiddetto Testo unico
sull'immigrazione, ed i casi straordinari di giustificata esenzione dalla
sottoscrizione; disciplina poi i contenuti, l'articolazione per crediti e i
casi di sospensione dell'accordo, le modalità e gli esiti delle verifiche ai
quali l'accordo è soggetto e l'istituzione dell'anagrafe nazionale degli
intestatari degli accordi di integrazione. Il regolamento si applica allo
straniero di età superiore ai sedici anni che fa ingresso per la prima volta
nel territorio nazionale, dopo la sua entrata in vigore, e presenta istanza di
rilascio del permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno. Fanno
eccezione le persone affette da patologie, i minori non accompagnati e le
vittime di tratta. Lo straniero che presenta istanza di permesso di soggiorno
allo sportello unico per l'immigrazione presso la prefettura, o alla questura
competente, stipula con lo Stato un accordo di integrazione articolato per
crediti. Allo straniero verranno conferiti in partenza 16 punti. Corsi di
lingua (obbligatorio sarà il test di livello A2) e di educazione civica, la
scelta del medico di base, percorsi formativi, attività imprenditoriali,
contratto di affitto, potranno contribuire ad accumulare i punti di cui, dopo
due anni dalla stipula dell’accordo, lo Sportello Unico dovrà verificare il
raggiungimento. Condanne penali, anche non definitive, illeciti tributari e
misure di sicurezza personali invece, saranno i motivi di decurtazione dei
punti. Al momento della verifica
potranno presentarsi quindi diversi scenari:
a) adempimento dell’accordo, qualora il numero dei crediti
finali sia pari o superiore a trenta crediti e, contestualmente, siano stati
conseguiti i livelli di conoscenza della lingua italiana e della cultura civica
e della vita civile in Italia previsti;
b) proroga dell’accordo per un anno alle medesime condizioni,
qualora il numero dei crediti finali sia compreso tra uno e ventinove ovvero
non siano stati conseguiti i livelli della conoscenza della lingua italiana
parlata, della cultura civica e della vita civile in Italia di cui alla lettera
a );
c)
inadempimento dell’accordo e conseguente espulsione
dell’interessato dal territorio nazionale, qualora il numero dei crediti finali
sia pari o inferiore a zero. Se, ai sensi della legislazione vigente,
l’interessato non può essere espulso, l’inadempimento dell’accordo è preso in
considerazione esclusivamente ai fini delle future decisioni discrezionali in
materia di immigrazione.
L’art
4 bis del Testo Unico stabilisce inoltre che la perdita integrale dei
crediti determina la revoca del permesso di soggiorno e l’espulsione dello
straniero dal territorio dello Stato, eseguita dal questore secondo le modalità
di cui all’articolo 13, comma 4, ad eccezione dello straniero titolare di
permesso di soggiorno per asilo, per richiesta di asilo, per protezione
sussidiaria, per motivi umanitari, per motivi familiari, di permesso di
soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, di carta di soggiorno per
familiare straniero di cittadino dell’Unione europea, nonché dello straniero
titolare di altro permesso di soggiorno che ha esercitato il diritto al
ricongiungimento familiare. Secondo l’art 2 coma 6 del Decreto, "lo
Stato si impegna a sostenere il processo di integrazione dello
straniero...", e sembra essere questa a questo punto la parte
più difficile. L'accordo è redatto in duplice originale, di cui uno è
consegnato allo straniero, tradotto nella lingua da lui indicata o, se ciò non
è possibile, inglese, francese, spagnola, araba, o cinese, albanese, russa o
filippina, secondo la preferenza indicata dall'interessato. Per lo Stato,
l'accordo è stipulato dal prefetto o da un suo delegato. Nella tabelle allegate
al provvedimento, l'accordo di integrazione da sottoscrivere tra il prefetto e
lo straniero, i crediti riconoscibili e quelli decurtabili. Scarica
Ø Il
dPR 14 settembre 2011, n. 179
Ø Il modello dell'accordo di integrazione
Sono il 9% degli
occupati, dichiarano 40miliardi di € e pagano 6miliardi di € di Irpef
Gli stranieri
rappresentano una risorsa per il territorio nazionale: in Italia si contano
oltre 2 milioni di lavoratori immigrati (il 9,1% del totale degli occupati), in
sede di dichiarazione dei redditi notificano al fisco 40 miliardi di € (pari al
5,1% del totale dichiarato) e pagano di Irpef quasi 6 miliardi di € (pari al
4,1% del totale dell’imposta netta). Ma rappresentano la parte di popolazione
che maggiormente ha subìto gli effetti negativi della crisi (il tasso di
disoccupazione straniero è passato dall’8,5% del 2008 all’11,6% del 2010), mostrano
livelli di povertà più elevati (il 37,9% delle famiglie straniere vive al di
sotto della soglia di povertà) e le loro retribuzioni sono inferiori di 300 €
rispetto ai lavoratori italiani. Questi alcuni dei risultati raccolti nel Rapporto
Annuale sull’Economia dell’Immigrazione 2011 realizzato dalla
Fondazione Leone Moressa e patrocinato dall’Organizzazione Internazionale per
le Migrazioni (OIM) e dal Ministero degli Affari Esteri, presentato oggi 8
novembre 2011 presso il Dipartimento di Sociologia dell’Università di Milano
Bicocca nel convegno dal titolo “Gli stranieri: quale valore economico per la
società?”.
Il
mercato del lavoro. Dal 2008 al 2010 si è assistito in
Italia ad un aumento del tasso di disoccupazione straniera di 3,5 punti
percentuali passando dall’8,1% all’11,6% e raggiungendo 274mila immigrati senza
lavoro. Questo significa che nel biennio considerato un nuovo disoccupato su
quattro ha origini straniere. Per quanto riguarda gli occupati (che sono oltre
2 milioni di soggetti), per la maggior parte si tratta di lavoratori dipendenti
(86,0%), giovani, inquadrati come operai (89,9%), dalla bassa qualifica
professionale, nel settore del terziario (51,3%) e in aziende di piccola
dimensione (il 53,4% lavora in imprese con meno di 10 persone).
Retribuzioni
dei dipendenti. Un dipendente straniero guadagna al mese (dato
quarto trimestre 2010) una cifra netta di 987€, quasi 300€ in meno rispetto al
collega italiano. Ha più possibilità di portare a casa una retribuzione più
elevata l’immigrato che lavora nel settore dei trasporti (1.348 € al mese) a
scapito di chi lavora nel settore dei servizi alle persone (724 € al mese),
dove sono occupate maggiormente le donne.
Redditi
dichiarati e Irpef pagato. In Italia si contano complessivamente 3,2
milioni di contribuenti nati all’estero (dati riferiti ai redditi del 2009) che
dichiarano oltre 40 miliardi di €: tradotto in termini relativi, si tratta del
7,9% di tutti i contribuenti e del 5,1% del reddito complessivo dichiarato in
Italia. Gli stranieri dichiarano mediamente 12.507 € (7mila in meno rispetto
agli italiani) e si tratta quasi esclusivamente di redditi da lavoro
dipendente. Nel 2009 i nati all’estero hanno pagato di Irpef quasi 6 miliardi
di € (pari al 4,1% dell’intero Irpef pagato a livello nazionale) che si traduce
in 2.810 € a testa. Ma gli stranieri beneficiano, più degli italiani, di
detrazioni fiscali a causa principalmente del basso importo dei redditi stessi:
infatti il 64,9% dei nati all’estero che dichiara redditi paga effettivamente
l’Irpef, contro il 75,5% dei nati in Italia.
Livelli
di povertà. Il 37,9% delle famiglie straniere vive al di
sotto della soglia di povertà (dati 2008), contro il 12,1% delle famiglie
italiane. Il reddito percepito non permette loro di risparmiare, dal momento
che i consumi superano, anche se di poco, le entrate familiari. Entrate che
provengono per il 90% da lavoro dipendente e che vengono destinate, tra le
altre cose, al pagamento dell’affitto, dal momento che appena l’11,3% delle
famiglie straniere è proprietaria dell’abitazione di residenza.
Disagio
economico. Le famiglie straniere dichiarano maggiori
difficoltà economiche rispetto a quelle italiane (dati 2008): il 24,8% dice di
arrivare a fine mese con molta difficoltà (contro il 16,7% di quelle italiane),
il 24% è stata in arretrato con il pagamento delle bollette (vs 11,2%), il
58,8% non è in grado di sostenere una spesa imprevista di 750 € (vs 30,2%) e il
52,6% non può permettersi una settimana di ferie (vs 38,6%).
“La
raccolta e l’analisi dei dati sull’impatto economico dell’immigrazione”
affermano i ricercatori della Fondazione Leone Moressa “permette di
delineare un profilo il più possibile oggettivo del fenomeno migratorio,
affinché questo non faccia parte esclusivamente delle agende politiche sulla sicurezza
ma che sia riconosciuto come vero e proprio strumento di sviluppo economico,
prosperità e competitività: in sostanza un valore economico per la società.”
>> Scarica qui le tabelle allegate
>> Scarica qui l’abstract del volume in italiano
Roma -
11 novembre 2011 – Altro che rubare posti di lavoro, abbattere i salari o
dissanguare le casse del welfare. L’arrivo di lavoratori bulgari e romeni ha
avuto un impatto complessivamente positivo sulle economie dei paesi ospitanti. Lo
dimostra, dati alla mano, una relazione pubblicata oggi dalla Commissione
europea, che dovrebbe convincere anche i governi più recalcitranti a eliminare
le restrizioni per l’accesso dei neocomunitari al loro mercato del lavoro. In
Italia, la situazione è ibrida, con settori dove le assunzioni sono
liberalizzate, altri in cui serve comunque un’autorizzazione. Secondo la
relazione, questi lavoratori hanno contribuito ad integrare il mix di abilità
richiesto sul mercato del lavoro nonché a colmare i posti di lavoro vacanti in
settori e professioni che registravano carenze di manodopera come ad esempio
quello della costruzione, quello dei servizi alle famiglie e nella
ristorazione. Dalle stime emerge anche l'impatto positivo della libera circolazione
dei lavoratori rumeni e bulgari sul PIL a lungo termine dell'UE, con un aumento
dello 0,3% circa nei paesi UE-27 (0,4% nei paesi UE-15). Sfatati anche i timori
di un impatto significativo sulla disoccupazione o sui salari dei lavoratori
locali nei paesi di destinazione. È stato dimostrato che nell'UE-15 i salari
sono inferiori solo dello 0,28% a quanto sarebbero stati senza la mobilità dai
paesi UE-2. La relazione ribadisce inoltre che non vi sono prove di un uso
sproporzionato delle prestazioni da parte dei cittadini UE in mobilità
all'interno dell'UE e che l'impatto dei recenti flussi sulle finanze pubbliche
nazionali è trascurabile se non addirittura positivo. "Spostarsi tra paesi
offre opportunità reali e vantaggi economici sia per i paesi ospitanti che per
l'UE nel suo insieme. La mobilità geografica dipende in grande misura dalle
tendenze dell'economia e dai luoghi in cui vi sono posti di lavoro da
colmare" ha detto László Andor, Commissario UE per l'occupazione, nella
conferenza stampa di presentazione del relazione a Vienna. “Limitare la libera
circolazione dei lavoratori in Europa – ha aggiunto - non è la risposta
al problema della disoccupazione elevata. Ciò che dobbiamo fare è concentrare i
nostri sforzi per creare nuove opportunità di lavoro”. Dieci Stati membri
dell’Ue (Belgio, Germania, Irlanda, Francia, Italia, Malta, Olanda, Austria,
Lussemburgo, Gran Bretagna) ci sono ancora restrizioni per i lavoratori
romeni e bulgari. Queste potranno essere mantenute al massimo per i prossimi
due anni, ma solo se i governi notificheranno alla Commissione l'esistenza o la
minaccia di una grave turbativa del mercato del lavoro interno.
Scarica la relazione della Commissione Europea (in
inglese)
Esteri
Spagna: il
Governo adotta la strategia globale contro la discriminazione razziale e la
xenofobia.
Madrid, 17
novembre 2011 - Il Consiglio dei ministri spagnolo ha approvato il 4 novembre
scorso, su proposta del ministro del Lavoro e dell’Immigrazione, Valeriano
Gómez, la Estrategia Integral contra la discriminación racial y la xenofobia. In
un comunicato pubblicato nel sito del Ministero del lavoro e dell’immigrazione,
si riconosce la presenza di atteggiamenti xenofobi e razzisti all’interno della
società spagnola e si segnala la volontà di evitare che la loro persistenza
possa mettere a rischio il pieno godimento dei diritti fondamentali dei
cittadini e la coesione sociale del Paese. Così, tra gli obiettivi del Piano
strategico di cittadinanza e integrazione approvato recentemente, rientra anche
quello di attivare una azione comune contro il razzismo e la xenofobia
attraverso una strategia che fornisca risposte più ampie ed efficaci in linea
con gli strumenti già esistenti negli altri Paesi europei. La “strategia
globale” è diretta a tutta la società , nonostante contempli situazioni
specifiche come quella del popolo gitano e dei cittadini che si trovano in
situazioni di maggior vulnerabilità (immigrati, rifugiati, minori non
accompagnati, ecc.) e persegue l’obiettivo di combattere il razzismo attraverso
il miglioramento dei sistemi di raccolta delle più rilevanti statistiche
istituzionali, il carattere trasversale di tutte le azioni stabilite, il
controllo costante degli sforzi di coordinamento e cooperazione istituzionale e
intergovernativo nell’ambito internazionale, nazionale, regionale e locale, il
rafforzamento delle reti di cooperazione tra gli enti e le istituzioni che
lottano contro il razzismo e la xenofobia. Un altro aspetto fondamentale è la
prevenzione e la protezione fornite alle vittime di discriminazioni, attraverso
la progettazione e la realizzazione di piani di prevenzione diretti a gruppi
particolarmente vulnerabili. La strategia globale contro il razzismo, che pone
anche l’accento sulla discriminazione razziale nell’ambito lavorativo, è stata
sottoposta al parere del Foro per l’integrazione sociale degli immigrati, del
Consiglio per la promozione dell’uguaglianza elettorale e della non
discriminazione per motivi razziali o etnici, della Commissione
interministeriale degli stranieri e del Consiglio statale del popolo gitano.
(Fabiana Di Prospero)
Riunione del
Gruppo Migrazione ed Inclusione della CES. Bruxelles, 10 novembre 2011 -
Resoconto
Roma,
17 Novembre 2011 - Si è tenuto lo scorso 11 novembre, presso la sede europea di
Bruxelles, la riunione del gruppo Migrazione ed Inclusione della CES, la prima
del 2011 gestita da Luca Visentini, segretario confederale CES, con delega
sull’immigrazione. Moltissimi i temi all’ordine del giorno, a partire dalle tre
proposte di direttive della Commissione europea sul “permesso unico”, “lavoro
stagionale” e “Intra Corporate Transfer” (trasferimenti in Europa da Paese
Terzo di personale direttivo o trainee). Altri argomenti trattati riguardavano
la Convenzione 189 dell’OIL sul lavoro domestico, nonchè la libertà di
circolazione dei lavoratori europei. Dall’Italia erano presenti i dipartimenti
immigrazione dei tre sindacati, con Giuseppe Casucci in rappresentanza della
UIL, Ilaria Fontanin per la Cisl e Piero Soldini per la Cgil. Nella sua
introduzione, Luca Visentini ha fatto il punto sullo stato dei negoziati tra la
Confederazione Europea dei sindacati e la Commissione Europea in relazione alle
tre proposte di direttive sopra menzionate. Proposte che potrebbero arrivare a
breve al dibattito del Parlamento Europeo, dove gli orientamenti nazionali in
materia di immigrazione potrebbero irrigidire le normative in materia di
ingresso per lavoro in Europa da parte di lavoratori provenienti da Paesi
Terzi. In effetti, secondo Visentini, “la CES è consapevole del fatto che solo
una forte convergenza della opinione politica tra i membri del parlamento
europeo potrebbe condizionare la resistenza degli Stati Membri ad accettare condizionamenti
nelle politiche nazionali in materia migratoria”. “L’azione della Ces –
ha continuato il segretario confederale europeo – si è dunque orientata a
stabilire un dialogo intensivo e permanente con in gruppi politici interni al
Parlamento Europeo, avanzando proposte di emendamento alle tre direttive”. Le tre iniziative legislative sono state programmate nel Piano d'azione sull'immigrazione legale lanciata nel
2005 (COM (2005) 669 finale) insieme ad altre
proposte volte a migliorare la capacità
di rispondere rapidamente alla domanda fluttuante di lavoratori immigrati nel mercato del lavoro degli Stati membri'. Il Policy Plan comprende
anche la direttiva 2009/50/CE sulle
condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi ai fini di svolgere lavori altamente qualificati (cosiddetta
direttiva sulla “blue card”). La direttiva sul permesso unico sarà presto adottata. La CES ha già
denunciato le carenze nel testo
finale soprattutto l'ambito
molto limitato della direttiva ed il numero di deroghe – in essa
contenute – al principio della parità di
trattamento. Tuttavia, poiché il Parlamento
europeo e il Consiglio hanno
ormai raggiunto una posizione di compromesso non ci sono ulteriori possibilità per noi di influenzare e migliorare il testo di questa proposta di
direttiva. Due grandi eventi
hanno cambiato il contesto politico
da quando il piano strategico è stato lanciato nel 2005: il Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo adottato nel 2008, fortemente sponsorizzato dal governo francese, e il
programma di Stoccolma.
La preferenza della Commissione UE per un "approccio olistico" alla politica di immigrazione, volto ad una gestione
equa dei flussi migratori - costruito su previsioni statistiche che definiscano carenze importanti a riguardo del mercato del lavoro nell'UE
nel prossimo futuro (che non è mai stata messa in discussione) - è stato controbilanciato da un approccio
più restrittivo avanzato dal
Patto UE sulla migrazione e l'asilo
nel 2008. Il Patto ha fornito una
chiara tendenza politica
a favore della migrazione selettiva
e circolare. La questione della
lotta all'immigrazione irregolare
è andata al primo posto all'ordine del
giorno dell'UE, mentre i programmi di regolarizzazione sono stati fermamente scoraggiati
o sottoposti a severe condizioni.
Il programma di Stoccolma è coerente con
questi orientamenti politici. Un altro
aspetto rilevante riguarda l'ambizione
dell'UE a diventare un territorio
attrattivo per i migranti altamente qualificati. Nel decennio trascorso, è risultata
evidente l'incapacità dell'Unione
europea ad attrarre "cervelli
migliori", cosa che ha messo l’Europa in condizioni di
svantaggio competitivo nei
confronti delle altre economie avanzate (es. Stati Uniti). Tale
tendenza è in contrasto con
l'opposizione ostinata degli
Stati membri ad estendere le
opportunità ed i diritti dei migranti
altamente qualificati, una volta che
siano stati ammessi nel territorio
dell'UE (ad esempio la mobilità
territoriale, l'accesso alla sicurezza
sociale, l'accesso al mercato del lavoro,
parità di trattamento, famiglia ricongiungimenti, ecc.).
Nella riunione sono state ricordate le priorità CES nei rapporti con la legislazione UE in materia di migrazione, che sono le seguenti:
-
Proteggere i lavoratori che hanno già presentato domanda per essere ammessi nel territorio di uno Stato membro. La CES sostiene la necessità - al momento dell’ammissione nella UE di un lavoratore proveniente da
Paesi Terzi - di procedure di ammissione trasparenti e tempestive, nonché la
prova di eque condizioni di lavoro e l’affidabilità degli accordi
contrattuali;
-
Proteggere i migranti sul posto di lavoro garantendo loro parità completa nel trattamento con i lavoratori nazionali, l'accesso all’assistenza, alla sicurezza sociale ed ai
servizi, il diritto di iscriversi ai sindacati e di esercitare i diritti sindacali.
-
Evitare la frammentazione del mercato del lavoro
con l'intento duplice di offrire il massimo di opportunità possibili ai lavoratori migranti, e
contrastando la tendenza delle imprese nazionali di
usare i lavoratori migranti come forza lavoro più economica (social dumping).
-
garantire il pieno rispetto
della dignità umana dei lavoratori migranti e delle loro famiglie.
Per quanto riguarda il quadro
giuridico per la tutela dei diritti dei lavoratori stagionali, la CES segnala
che questi sono esclusi dal permesso unico. La proposta di direttiva, inoltre,
rischia di creare un livello di trattamento (normativo e salariale)
differenziato rispetto agli altri lavoratori, con la conseguenza di intaccare
il principio di uguaglianza e pari opportunità. Ciò che serve, secondo il
sindacato europeo, è uno strumento orizzontale che disciplini le questioni di
principio riguardanti i lavoratori che operano all'interno dell'UE, nonché i
lavoratori di Paesi Terzi che migrano verso l'UE, sulla base di principi
fondamentali quali la parità di trattamento e la non discriminazione. Per
quanto riguarda i lavoratori trasferiti da un’impresa che abbia la casa madre
all’esterno della UE, verso filiali operative all’interno dell’Unione, per la
CES il rischio è che la direttiva consenta a questi imprenditori di reclutare
manodopera a buon mercato a spese dei cittadini di paesi terzi ed in
concorrenza sleale con i lavoratori dell’Unione.
La garanzia più importante
contro la manipolazione e l'abuso, deve essere la parità di trattamento e la
protezione dei lavoratori da un lato, e condizioni di parità per le imprese,
dall'altro. E’ pertanto della massima importanza che i cittadini di paesi terzi
siano impiegati in conformità con il principio della parità di trattamento.
Quindi un inserimento –sia degli stagionali che dei distaccati - nel permesso unico viene dal sindacato
ritenuto necessario. Cinzia Sechi è poi intervenuta per spiegare l’importanza
della Convenzione e Raccomandazione che l’OIL ha approvato a giugno a favore
dei lavoratori domestici. E’stato ricordato che la Convenzione entra in vigore
dopo che almeno due stati membri l’abbiano ratificata. In questo senso è
importante che i sindacati a livello nazionale facciano pressione con i
rispettivi esecutivi perché avviino la procedura di ratifica. Su questo aspetto
è intervenuto il rappresentante della UIL Giuseppe Casucci (anche titolare
della rappresentanza dei sindacati italiani a Ginevra, durante le sessioni
della Conferenza Internazionale del Lavoro a giugno 2010 e 2011). Casucci ha
ricordato come la Convenzione 189 sia di fatto un trattato internazionale
vincolante per gli Stati membri che lo ratificano, mentre la Raccomandazione 201, fornisce delle indicazioni dettagliate
su come applicare la Convenzione, ma contiene norme che in sé non sono
vincolanti. Le nuove norme dell’ILO stabiliscono che i lavoratori domestici di
tutto il mondo, che si prendono cura delle famiglie e delle loro abitazioni,
sono titolari degli stessi diritti fondamentali nel lavoro riconosciuti agli
altri lavoratori: orari di lavoro ragionevoli, riposo settimanale di almeno 24
ore consecutive, un limite ai pagamenti in natura, informazioni chiare sui
termini e le condizioni di impiego, nonché il rispetto dei principi e dei
diritti fondamentali nel lavoro, fra cui la libertà di associazione e il
diritto alla contrattazione collettiva. La Convenzione definisce lavoro
domestico quel lavoro svolto in o per una famiglia o più famiglie. I due nuovi
strumenti normativi, nonostante coprano la totalità dei lavoratori domestici,
prevedono delle misure speciali volte a proteggere i lavoratori che, a causa
della giovane età, della nazionalità o delle condizioni di alloggio, possono
essere esposti a rischi aggiuntivi rispetto ai loro pari. L’importanza di
questa Convenzione, ha concluso Casucci, è che per la prima volta viene
codificata a livello mondiale un settore (prima invisibile) che occupa quasi
100 milioni di persone, al 90% donne, all’80% migranti, dando loro pari dignità
con gli altri lavoratori a livello mondiale.
A cura del Dipartimento
Politiche Migratorie della UIL