Newsletter periodica d’informazione

(aggiornata alla data del 10 settembre 2011)

  Consiglio UE: l’Italia rispetti di più i diritti delle minoranze

 

 

Sommario

 

o      Dipartimento Politiche Migratorie – Appuntamenti                                                                      pag. 2

o      Consiglio UE: l’Italia rispetti i diritti delle minoranze                                                                pag. 2

o      Tassa sulle rimesse: una misura inutile e propagandistica                                                           pag. 2

o      Rimesse nel mirino: ogni anno 6,4 miliardi di euro                                                                    pag. 3

o      Società – Il giudice: non chiamate gli stranieri extra comunitari                                                             pag. 4

o      Società – Universitari stranieri: sì del Governo a 50 mila ingressi                                                pag. 5

o      Società – Arficani in attesa di asilo nel CARA di Anguillara                                                           pag. 5

o      Lampedusa – Da mesi respingimenti in mare                                                                              pag. 7

o      UNAR– I risultati dell’osservatorio per la sicurezza contro le discriminazioni                              pag. 9

o      Dai territori – La top 10 degli immigrati in Italia                                                                        pag. 10                            

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.it    

                                                                                             n. 316



Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti


Roma, 08 settembre 2011, ore 10.30

Incontro con Romulo Salvator, delegato del sindaco su immigrazione

(Giuseppe Casucci)

Danzica (Polonia), 13 – 14 settembre 2011

Seminario OIL: “Lavoro dignitoso per i migranti in situazioni di precarietà nella UE a 27

(Giuseppe Casucci)


Europa e discriminazioni

 


Consiglio UE: l’Italia rispetti di più i diritti degli immigrati

"Negli ultimi tre anni pochi passi a garanzia diritti umani"


PhotoSTRASBURGO, 07 settembre 2011 (Reuters) - Il Commissario del Consiglio Europeo per i diritti umani, Thomas Hammarberg, ha espresso grande preoccupazione per la situazione dei Rom e degli immigrati in Italia e ha invitato le autorità italiane a rispettare maggiormente i diritti delle minoranze. Lo si legge nella relazione che lo stesso Hammarberg ha presentato oggi dopo la sua visita in Italia del 26 e 27 maggio, durante la quale ha discusso della situazione della minoranza Rom e dei migranti nordafricani. "La situazione dei Rom e dei Sinti in Italia rimane un motivo di grande preoccupazione. C'è bisogno di uno spostamento di attenzione dalle misure coercitive come gli sgomberi forzati e le espulsioni verso l'integrazione sociale, e la lotta a contro la discriminazione degli immigrati", ha detto Hammarberg, che ha lamentato la violazione dei diritti umani in alcuni episodi di sgomberi avvenuti in Italia. "Le autorità italiane dovrebbero agire in conformità con gli standard internazionali e del Consiglio Europeo per quanto riguarda abitazioni e sgomberi, e dovrebbero riportare la situazione pienamente in linea con la Carta Sociale Europea".

Hammarberg ha anche espresso preoccupazione per gli slogan politici razzisti e xenofobi e ha ribadito la necessità di misure efficaci per contrastare questo fenomeno, comprese iniziative di autoregolamentazione da parte dei partiti politici e la vigorosa attuazione delle leggi contro i reati legati al razzismo. Alcuni episodi di violenza nei confronti dei Rom, ha detto Hammarberg, a volte anche perpetrati da funzionari di sicurezza, segnalano la necessità per le autorità di migliorare la risposta alla violenza derivata da motivazioni razziste. "E' necessario migliorare la gestione dei reati a sfondo razzista e combattere gli episodi cattiva condotta, legati al razzismo, da parte della polizia. In particolare, il sistema di monitoraggio degli incidenti a sfondo razziale dovrebbe essere più flessibile e più attento alle necessità della vittima". Il Commissario ha ribadito la sua raccomandazione alle autorità italiane affinché queste ultime affrontino la situazione di molti apolidi Rom arrivati in Italia dall'ex Yugoslavia e dei loro discendenti, che sono ormai quasi 15.000. Hammarberg ha invocato una strategia nazionale per l'integrazione di Rom e Sinti che sia di supporto agli sforzi degli attori locali e regionali in questo campo, e ha suggerito come primo passo la creazione di una task forze a livello nazionale che garantisca questo supporto. "I sempre più frequenti arrivi dal Nord Africa sottolineano la necessità per Italia e Europa di fare di più per assicurare il rispetto dei diritti dei migranti, compresi i richiedenti asilo".


 

 

Rimesse


Manovra: tassa sulle rimesse, una misura incomprensibile e propagandistica.

Dichiarazione di Guglielmo Loy, Segretario confederale UIL


La disposizione contenuta nella manovra economica del Governo di tassare del 2% gli invii di denaro all’estero per tutte le persone sprovviste di codice fiscale e sanitario, appare incomprensibile e propagandistica e rischia – se non precisata - di penalizzare solo i turisti presenti nel Paese eventualmente interessati a trasferimento di denaro. In effetti, una legge dello stato ed approvata da questa maggioranza, la n. 94 del 2009, già impedisce agli immigrati irregolari di far uso degli strumenti legali di trasferimento finanziario, tramite banche o money transfer, per cui la norma attuale appare inefficace nei confronti di chi è privo di permesso di soggiorno che, come noto, ricorre a canali informali di trasferimento delle rimesse o a prestanome di comodo. Il dispositivo, dunque, appare destinato a non produrre alcun risultato, tranne forse scoraggiare ulteriormente il turismo straniero in Italia. vSe si volesse combattere davvero il lavoro irregolare, basterebbe ad esempio applicare la direttiva CE n.52 (entrata in vigore lo scorso luglio) volta a colpire chi sfrutta il lavoro etnico in nero. Roma, 7 settembre 2011



Le rimesse nel mirino, ogni anno 6,4 miliardi «Il gettito? Minimo»

Di Fabrizio Caccia


Roma, 4 settembre 2011 - Per colpa della crisi economica, già l' anno scorso gli stranieri che vivono e lavorano in Italia si videro costretti a inviare alle proprie famiglie in patria meno risparmi del solito: in tutto circa 6,4 miliardi di euro di rimesse (meno 5,4 per cento rispetto al 2009), facendo registrare per la prima volta un calo allarmante. Che succederà, adesso, con l' introduzione della nuova tassa del 2% sul money transfer prevista dalla manovra del governo? Marco Marcocci, 48 anni, è uno studioso di migrant banking, cui ha dedicato un libro e poi anche un sito (www.migrantiebanche.it). Sulla sua scrivania campeggia una ponderosa ricerca della Fondazione «Leone Moressa», istituto nato nel 2002 che sforna ogni anno statistiche interessanti legate alla presenza degli stranieri in Italia. Mediamente - secondo questa ricerca - ogni straniero che vive qui da noi invia nel proprio Paese 1.508 euro all' anno, destinati per lo più in Asia e in Cina. Si stima che i cinesi che risiedono in Italia riescano a mantenere oltre mezzo milione di connazionali in patria. E ancora: sono Roma, Milano, Napoli e Firenze le province da cui defluisce il maggior importo di rimesse verso l' estero attraverso i canali di intermediazione regolare (banche, poste, sportelli di money transfer). E dunque adesso che succederà? «Io credo che la nuova tassa produrrà un gettito davvero irrisorio per le casse dello Stato - dice Marcocci -. Perché quelli in regola, con il codice fiscale e l' iscrizione all' Inps (nel 2008 erano 2.727.254 i lavoratori stranieri assicurati) non saranno soggetti alla nuova imposta. Mentre chi non ha il permesso di soggiorno, chi lavora in nero e via dicendo continuerà a servirsi come oggi dei canali cosiddetti informali. E si stima che le rimesse irregolari raggiungano cifre ben più alte...». Già, i canali informali: come i tanti cittadini dell' Est che affidano i loro soldi ad amici e conoscenti che tornano a casa in auto o in pullman. O come i latinoamericani che ricorrono a corrieri che lavorano per conto di agenzie e viaggiano in aereo senza dichiarare la somma che esportano. Eppoi ci sono le carte di credito prepagate e spedite oltreoceano per posta ordinaria. Sono tanti i sistemi: ci sono i «banchieri di strada», che raccolgono qui in Italia il denaro dei connazionali e poi danno l' ordine in patria di versare alle loro famiglie delle somme (quasi) corrispondenti. Ma soprattutto non bisogna dimenticare i tanti money transfer (erano 687 nel 2002, sono diventati oltre 34 mila nel 2010) allocati qui in Italia presso phone center, Internet point, centri commerciali, cartolerie, dove gli addetti sono molto spesso essi stessi cittadini stranieri. «È così - conferma Bachcu, 45 anni, presidente dell' associazione dei bengalesi a Roma Dhuumcatu -. Gli addetti al money transfer non sono pubblici ufficiali, perciò oggi basta presentare un documento, pure semplicemente il proprio passaporto, e si ha diritto a mandare i soldi all' estero. E poi chiunque in Italia, anche i 700 mila stranieri che non hanno ancora il permesso di soggiorno, può procurarsi un codice fiscale: basta andare su Internet, seguire le istruzioni su come calcolarlo e poi stampare. Io credo perciò che non cambierà proprio nulla. Falso allarme. È solo propaganda leghista contro gli stranieri...». La senatrice del Pd, Anna Maria Carloni, ha parlato di «accanimento verso i deboli» a proposito dell' emendamento della Lega che ha previsto la nuova tassa. «Anch' io resto sorpreso - conclude Marco Marcocci di «Migranti e Banche» -. Il governo italiano, alla Conferenza internazionale di Roma che si tenne nel novembre 2009, elaborò un progetto da presentare al G8 dell' Aquila per ridurre drasticamente il costo delle rimesse degli immigrati, al fine di non distogliere risorse ai loro Paesi d' origine. Bisognerebbe piuttosto proseguire in quella direzione».


 

 

 

Società


Repubblica GenovaIL CASO

Immigrati, la svolta del giudice: "Non chiamateli più extracomunitari"

Circolare del procuratore capo di Savona: "Termine sgradevole, definiteli soltanto stranieri"

di MARCO PREVE


Immigrati, la svolta del giudice "Non chiamateli più extracomunitari"

Le parole nascono neutre, spiega il docente di Lettere Vittorio Coletti, ma con il tempo ed un uso sbagliato possono diventare cattive e fare del male. E' per questa ragione che il procuratore capo di Savona Francantonio Granero ha deciso di compiere un passo tanto semplice all'apparenza quanto radicale per il fine che si prefigge. Nei prossimi giorni firmerà una circolare con cui chiederà a tutti gli uffici di polizia giudiziaria e in genere delle forze dell'ordine che con la procura hanno rapporti quotidiani, di depennare dalle loro relazioni e denunce il termine "extracomunitario". “Credo che la parola abbia ormai assunto un'accezione negativa che trovo sgradevole - spiega il procuratore Granero - quindi chiederò ai vari uffici di utilizzare il termine "cittadino straniero", anche per rendere più omogenei gli atti visto che viene abitualmente adoperato quello di "cittadino italiano"".
Le segnalazioni, i verbali di arresto o di sequestro di merce contraffatta nei confronti di "cittadini stranieri", ma anche le denunce presentate in qualità di parti offese da nordafricani, sudamericani, asiatici, dovranno fare a meno di un vocabolo ormai utilizzato automaticamente.
Il magistrato, visto il ruolo, non si spinge oltre nelle spiegazioni, ma la modifica che verrà introdotta all'interno di rapporti provenienti da polizia, carabinieri, guardia di finanza, vigili urbani, rappresenta comunque una piccola rivoluzione, non solo lessicale. Lo pensa Vittorio Coletti

docente universitario del dipartimento di italianistica alla facoltà di Lettere: "Quello del procuratore Granero è un gesto di grande civiltà. Quando una parola assume una connotazione così negativa, che per molti va quasi ad identificarsi automaticamente con chi delinque, è giusto che chi rappresenti la legge opti per espressioni più neutre". Per Coletti extracomunitario in origine era un termine privo di sfumature. "Purtroppo - continua il docente - nella storia tutti i nomi utilizzati per indicare gli stranieri, hanno avuto un valore negativo, basti pensare al termine "barbaro" usato dai greci. Extracomunitario nasce negli anni '80 per indicare persone non appartenenti all'Unione europea, ma è finito a rappresentare quella parte di cittadini che vengono da noi a cercare lavoro e che hanno cultura, tradizioni e comportamenti diversi dai nostri. Nessuno pensa che sia extracomunitario uno statunitense o un canadese. E proprio perché ha assunto forte connotazione di tipo culturale ed economico, non è più una parola neutra". C'è da chiedersi se un'operazione di questo tipo, che riguarda esclusivamente la lingua e la scelta delle parole, possa portare cambiamenti concreti nel quotidiano rapporto tra cittadini italiani e stranieri. "Bene ha fatto - è convinto Coletti - il procuratore a chiedere una generica indicazione di cittadino straniero, sperando che questo faccia capire che la differenza non è di luogo di provenienza ma attiene al modo con cui ci si rapporta. In genere la lingua non precede e non orienta mai i comportamenti delle persone, piuttosto li riflette dopo. Speriamo quindi che la scelta della procura di Savona aiuti in parte a capire, ad avere un atteggiamento non preventivamente discriminatorio". Totalmente d'accordo con l'iniziativa del collega Granero è anche Francesco Pinto, presidente della sezione ligure dell'Anm, l'Associazione Nazionale Magistrati. "In generale direi che è senz'altro una direttiva utile - commenta Pinto - . Nello specifico aggiungo che la decisione del procuratore Granero riveste anche un'importante valenza tecnica, visto che sembra uniformarsi agli indirizzi della Corte di Giustizia Europea la quale, in più occasioni, ha sottolineato come vadano eliminate anche le discriminazioni lessicali. Dal punto di vista terminologico credo anche io che, con il passare del tempo, l'espressione extracomunitario abbia ormai acquisito un'accezione vagamente razzista, ed è quindi positiva e da apprezzare la decisione del collega di Savona".


 

 

 

 

 

 

 


Stranieriinitalia.it

Universitari. Sì del governo a 50 mila ingressi, ma sono già tutti qui

Pubblicato il decreto con il tetto massimo dei visti. Ma riguarda lo scorso anno accademico e gli interessati sono arrivati in Italia un anno fa


Di Elvio Pasca

Roma, 2 settembre 2011 - Sono 48.877 i visti d'ingresso a disposizione degli studenti extracomunitari per l'anno accademico 2010/2011, 42.482 riservati a chi si iscrive in un'università, gli altri 6.395 mila a chi ha scelto accademie di arti drammatiche, danza e belle arti o conservatori. A fissare i numeri è un decreto arrivato mercoledì scorso in Gazzetta Ufficiale, emanato dal ministero degli Esteri di concerto con il Viminale e il ministero dell'Istruzione. Un testo che però arriva abbondantemente in ritardo rispetto agli studenti e che avrà ben poche ricadute pratiche. Il numero di visti ricalca la disponibilità di posti riservata dagli atenei italiani agli studenti stranieri residenti all'estero, dal momento che quelli che sono già regolarmente in Italia possono iscriversi a parità di condizioni con gli italiani. La partita però è già chiusa, perché le preiscrizioni dall'estero per l’anno accademico 2010/2011 andavano fatte a maggio 2010 e gli studenti ammessi sono in Italia dal settembre dello scorso anno. Il governo si è limita quindi a fissare un tetto massimo, più che sufficiente per coprire tutte le domande di visto di ingresso per studio presentate ai consolati. Basti pensare che gli stranieri che complessivamente sono iscritti alle università italiane, tra vecchi e nuovi arrivi, sono circa sessantamila.

>> Scarica il decreto


 

 

 

 

 

 


Immigrati, 92 africani in attesa di asilo. Le storie dal C.A.R.A di Anguillara

Roma - (Ign) - Da oltre un mese i ragazzi, partiti anni fa dalla Nigeria, dal Ghana, dal Mali, aspettano l'esito della domanda in un Centro di accoglienza a 45 km da Roma che un tempo era un agriturismo


Roma, 4 sett. (Ign) - Una sola speranza: ottenere l’asilo politico. Da oltre un mese 92 ragazzi africani aspettano l’esito della loro domanda in un ex agriturismo trasformato in Centro d’accoglienza per richiedenti asilo (Cara) a 45 chilometri da Roma, nelle campagne che circondano il lago di Bracciano. Le telecamere Adnkronos sono entrate nel centro - il video andrà in onda mercoledì prossimo sul Rotocalco Adnkronos e sul sito Ign - per raccontare le loro storie e i loro sogni. Partiti anni fa dalla Nigeria, dal Ghana, dal Mali, dalla guerra permanente della Somalia. Molti di loro hanno lavorato in Libia ma poi la guerra è arrivata anche là. “Io vengo dalla Nigeria – racconta Kingsley, 27 anni e un filo di voce – Ho lasciato il mio Paese nel 2008 per andare in Libia. Quando sono partito avevo appena perso mia madre. Eravamo rimasti in sei a casa, tutti orfani e non avevamo la possibilità di sopravvivere”. Negli occhi scuri di Kingsley ora è come se si riaprisse uno squarcio su un luogo della memoria che i giorni passati a cercare di sopravvivere avevano allontanato. “Avevo un grande negozio di elettrodomestici in Nigeria – racconta fissandosi le mani – ma me lo hanno bruciato. Non avevamo assistenza dal governo, nessun aiuto. Io avevo degli amici che lavoravano in Libia, mi hanno detto che avrebbero potuto darmi una mano se fossi andato lì, che era un Pese dove si poteva lavorare. Così – continua tutto d’un fiato – con il loro aiuto sono andato in Libia e ho lavorato per due anni, un buon lavoro ma poi è arrivata la guerra. Sono scappato. Il 5 maggio sono arrivato in Italia”. Rialza la testa, lo sguardo è stanco come se quel percorso lo avesse appena fatto una seconda volta. “Ringrazio Dio – dice - di avermi fatto attraversare vivo il mare. Ringrazio anche il governo italiano per avermi salvato quando eravamo ancora sulla barca”. Kingsley come gli altri è arrivato al C.a.r.a di Anguillara Sabazia da Lampedusa, dopo essere passato per un altro centro a Civitavecchia. Oggi vive qui, in una struttura composta di piccole case affiancate una all’altra dove i migranti sono stati divisi per nazionalità, rispettando i legami che nel frattempo si sono venuti a creare tra loro. Intorno, un giardino ampio, un campo di calcetto, una piscina senz’acqua, il prato protetto dalle siepi dove ogni tanto qualcuno si ritira a pregare con lo sguardo diretto verso La Mecca.

Mentre Kingley racconta, arrivano le risate del gruppo che nella stanza accanto fa lezione di italiano. “Hanno tutti una gran voglia di imparare la lingua – spiega la direttrice del centro Grazia Verdone – hanno fretta di inserirsi. E noi li aiutiamo facendogli corsi di educazione civica e ambientale, mettendogli a disposizione un avvocato che li segue nelle pratiche e li prepara al colloquio che dovranno sostenere davanti alla commissione che decide se accogliere o meno la loro richiesta di asilo”. Intanto nel piazzale di fronte all’ufficio Monday, la camicia bianca senza maniche e lo sguardo cupo, cammina su e giù. E’ un ragazzone alto, ha muscoli da atleta, di quei tipi che nei film americani farebbero la parte del bullo di Harlem. Ad un tratto si ferma, entra dritto nell’ufficio dove Kingsley ha appena finito di raccontare la sua storia. “Voglio parlare anch’io”, dice. E non è una domanda. Davanti al microfono acceso è un fiume in piena: “Abbiamo lavorato in Libia ma tutto per noi è stato sempre molto duro: non c’è rispetto per i diritti umani, non c’è un buon livello di vita. Noi abbiamo sopportato perché non volevamo tornare nel nostro Paese. In Libia molte persone sono state uccise, le donne sono state stuprate, abusate, rapite. Non c’è stata nessun’altra opzione che decidere di partire per l’Europa. Quando siamo arrivati qui – continua con la voce tesa – l’Italia ci ha accolto e siamo molto contenti che ci abbiano dato una casa, che si siano presi cura di noi. Ma questo – dice – non è tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Ciò di cui abbiamo bisogno è libertà, rispetto dei diritti umani. Noi siamo neri, voi siete bianchi, ma siamo figli di un unico Dio. Lasciateci dimostrare l’amore di questa differenza”. Quello di Monday è un appello agli italiani, una richiesta di accoglienza a quelle persone che talvolta li guardano con sospetto. “L’Europa si è fatta carico di noi – spiega - perché questa è la nostra ultima speranza. Molta gente è morta in mare, molta gente è morta in Libia, molta gente è morta nel deserto. Noi – scandisce – siamo gli unici sopravvissuti e se l’Italia non ci accetta per noi è finita. Il mio sogno di tutti i giorni – aggiunge con voce morbida, quasi malinconica – è vivere in un posto dove la gente mi ama e dove io posso fare qualcosa per loro e loro qualcosa per me”. Alza lo sguardo, scatta in piedi, ora negli occhi non c’è più nulla del bullo di Harlem: sta sorridendo, liberato. Come Monday tutti sanno che fuori al cancello del centro c’è una realtà meno protetta di quella in cui vivono in questi giorni. Vogliono lavorare ma sanno che anche per gli italiani oggi è difficile trovare un impiego. “Loro però hanno tutti un mestiere in mano – spiega Anna Maria Brundu che tra le altre cose gli insegna italiano – ci sono ingegneri meccanici, falegnami specializzati, elettricisti, panettieri, musicisti. Tutti sono giovani tra i 25 e i 35 anni e conoscono almeno due lingue, o l’inglese o il francese a seconda del Paese di provenienza”. Nel centro ci sono anche donne, o per meglio dire ragazzine. In tutto sono 37, quattro sono incinte e una è qui con il marito e il figlioletto di un anno appena compiuto. Sono più schive degli uomini, nessuna ha voglia di parlare. Meglio che a farlo, se ci sono, siano i compagni. “Ringrazio l’Italia per aver accolto me, mia moglie e mio figlio – dice Ilori – Speriamo che la commissione possa accogliere la nostra richiesta. Io sono un meccanico, ho già fatto questo lavoro in Libia e spero di poter trovare un lavoro anche qui per poter mantenere la mia famiglia. Noi - dice con le mani intrecciate sul petto come in una preghiera – ci impegniamo a imparare l’italiano per poter lavorare e inserirci nella vostra società rispettando le leggi e le consuetudini italiane”.


 

 

 

 

 

 

Emergenza Mediterraneo


Lampedusa, da mesi respingimenti in mare. Ecco come l’Italia viola le leggi internazionali

(www.terrelibere.org) Da mesi l`Italia effettua respingimenti in mare tra Lampedusa e Tunisia. Un salvataggio diventa respingimento dopo una telefonata. Un profugo saharawi potrà chiedere asilo solo perché si è gettato in mare rompendosi una gamba. Un tunisino viene fatto sbarcare perché si è portato da casa la carrozzina. Il governo rischia la condanna a Strasburgo per i respingimenti del 2009. Maroni si vanta delle espulsioni. E a Lampedusa le notizie sono censurate e l`isola è blindata.

Di Antonello Mangano, Terre Libere


LAMPEDUSA (AG), settembre 2011 - “Abbiamo scritto alle autorità competenti esprimendo preoccupazione per l`avvenuto respingimento. La nostra posizione rimane la stessa: no ai respingimenti`, ci dice Laura Boldrini, portavoce dell`ACNUR, l`agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati. “Chiediamo semplicemente l`accesso al territorio, la procedura di identificazione, l`accesso alla procedura di asilo e – in caso negativo – il provvedimento di respingimento`. La richiesta è molto chiara: “Chiediamo solo l`applicazione della legge. Anche se sappiamo che i tunisini sono spesso migranti economici, l`esame deve comunque essere individuale poiché la legge non ammette provvedimenti collettivi di allontanamento dal territorio`. Qualche giorno fa un singolare episodio a Lampedusa ha svelato che l`Italia ha ripreso la pratica illegale dei respingimenti collettivi. Una motovedetta della Finanza entra in porto e riprende il mare a tutta velocità. Sul molo un cordone di polizia tiene indietro gli operatori delle associazioni umanitarie, con l`eccezione di un medico dell`Ordine di Malta che sale sui natanti e constata che ci sono sette persone in precarie condizioni fisiche. In mare aperto, centoquattro migranti venivano invece trasferiti a bordo di una motovedetta tunisina. Tra i sette malati, due donne, un minore, un uomo in barella e un paraplegico, partito direttamente con la carrozzina. Un evento di soccorso – la barca era in avaria e imbarcava acqua – che diventa un respingimento dopo un ordine che arriva dal Viminale. Perché si tratta di pratiche illegali? Uno straniero ha il diritto di accedere alla pratica dell`asilo, poi sarà la commissione italiana a decidere se accordarlo o meno. Il nostro governo è già sotto processo per i respingimenti del 2009, quando i profughi delle guerre del Corno d`Africa furono ricacciati in Libia in seguito agli accordi tra Berlusconi e Gheddafi. Il procedimento è in pieno svolgimento per violazione della Convenzione di Ginevra e della Convenzione europea dei diritti dell`uomo. Si attende la sentenza. Anche in questo caso sono stati stipulati accordi bilaterali, ma con il governo provvisorio tunisino, mai legittimato dalle urne. I tunisini sono ritenuti “migranti economici`, dunque non potrebbero accedere all`asilo. Ma per legge l`esame deve avvenire sulla base della storia individuale e non per provenienza etnica. E poi non è detto che su una barca che viene dalla Tunisia ci siano solo tunisini. Nel corso del respingimento citato, infatti, un uomo si è gettato in mare durante il trasbordo, appena ha capito che stava per tornare indietro. Nella caduta si è ferito alla caviglia. E` stato soccorso e l`unità della Marina Militare è rientrata alle cinque del mattino. Il profugo ha poi dichiarato di essere saharawi, dunque è un potenziale richiedente asilo che potrà accedere alla procedura solo perché è sfuggito al respingimento tuffandosi in piena notte. Il popolo del Sahara occidentale lotta per l`indipendenza già dalla decolonizzazione spagnola ed è perseguitato dal Marocco che non riconosce il piccolo stato tra deserto e oceano Atlantico.

Una pratica in atto da mesi

Per tutti gli altri il diritto di chiedere asilo è stato cancellato da uno sguardo. Il personale che partecipa ai soccorsi ci spiega cosa succede in questi casi. Se arrivano ordini dall`alto si procede al respingimento. “Quanto arrivano da ovest supponiamo che siano tunisini. Dalla carnagione si riesce intuitivamente a capire se sono maghrebini. Distinguiamo i tratti somatici dei somali da quelli dei tunisini`. Ma come riconoscere un saharawi? La vera identificazione si può fare solo a terra. E così un`occhiata – o una telefonata in ritardo - decide il destino delle persone. Tutte le fonti interpellate – dagli operatori umanitari ai testimoni, fino ai protagonisti del soccorso – ci confermano il contrasto tra leggi del mare (l`obbligo di salvare vite umane) e ordini “romani`, in questo caso giunti con un ritardo che ha permesso almeno di sbarcare i migranti visibilmente malati. E` palpabile la tensione tra il dovere di obbedire e l`etica di uomini che hanno scelto come mestiere il salvataggio in mare. Il respingimento del 21 agosto non è un caso isolato. Da mesi viene attuata questa politica. La barca viene solitamente individuata dai pattugliatori che quotidianamente scandagliano il mare. Un lavoro costante che coinvolge le unità della Finanza, della Capitaneria e quelle della Marina Militare in missione presso le coste tunisine (due navi a rotazione e un aereo Atlantic). I comunicati ufficiali dello Stato maggiore della Difesa parlano genericamente di “sorveglianza per l`emergenza immigrazione in applicazione dell`intesa italo-tunisina`. Se ci sono segnali di pericolo (nave alla deriva o che imbarca acqua) si attiva la procedura SAR (Search and Rescue), per cui i migranti vengono soccorsi. In caso contrario, si trasbordano i migranti sulle navi della Marina e quindi sulle motovedette tunisine. “Non saprei dire quanto i respingimenti frenano il flusso di tunisini`, ci dicono. “Dal Ministero dell`Interno ci sono delle questioni di ordine pubblico. Se prevedono che queste persone non devono venire, perché ci sono dei motivi sopra di me, solitamente ci danno delle indicazioni`. Ordini che permettono a Maroni – come avvenuto qualche giorno fa al Meeting di Rimini – di vantarsi dei numeri (13 mila rimpatri in 6 mesi, ma i dati sono evidentemente falsati dai respingimenti) e presentarsi alla base leghista come freno all`immigrazione. Dal primo al 21 agosto sono sbarcate a Lampedusa 4.637 persone dalla rotta libica e appena 497 dalla Tunisia. Con condizioni meteomare ideali e una distanza di poche miglia, si tratta di un numero ridicolo. Lo scorso due agosto il Parlamento ha approvato un decreto proposto da Maroni che permette la detenzione in un CIE (Centri di identificazione) fino a un anno e mezzo. Dunque, per conoscere l`identità di un migrante possono bastare pochi minuti in mezzo al mare e un`occhiata. Oppure servono 18 mesi in una struttura detentiva e una sequenza interminabile di documenti che viaggiano dai consolati. Molti “ospiti` dei CIE hanno subito condanne penali, dunque dovrebbero essere già abbondantemente identificati. E invece vengono ulteriormente trattenuti.

L`isola blindata

A Lampedusa sono arrivati e arrivano centinaia di giornalisti da tutto il mondo. La ricerca e la verifica delle notizie, nel corso del tempo, è diventata sempre più difficile. E` praticamente impossibile parlare coi migranti, rinchiusi nella vallone del centro di accoglienza, da cui teoricamente potrebbero uscire. La struttura è protetta dai corpi militari e da un check point come fosse la più segreta delle basi militari. Nei centri per migranti non si entra in seguito alla circolare di marzo che permette l`ingresso solo alle associazioni umanitarie. “Stanno rinchiusi perché così le procedure sono più rapide. Non abbiamo niente da nascondere`, ci dicono i responsabili degli enti gestori. Sta di fatto che nessuno sa cosa succede dall`altra parte delle sbarre e vengono fuori solo le notizie più gravi, come la sassaiola di ieri messa in atto dai tunisini che si oppongono al rimpatrio. I migranti erano usciti dal centro e avevano inscenato una protesta al molo. Sono stati riaccompagnati dentro, dove hanno continuato la rivolta. Nell`isola nessuno rilascia dichiarazioni, né tra i corpi militari né tra le organizzazioni umanitarie. Tutti parlano a livello informale, anche per ore, e poi ci rimandano all`ufficio stampa nazionale, l`unico abilitato a parlare. Gli effetti possono essere curiosi. Da Roma, l`ufficio stampa della Guardia di Finanza conferma il respingimento ma smentisce la manovra al porto, che però è confermata dalle riprese effettuate dagli inviati di Sky e dalle foto di un free lance. “Io le dico quello che so da Roma... So quello che è stato riportato dai miei colleghi...`. Quelli che in loco hanno visto non possono parlare, coloro che sono abilitati a parlare non hanno potuto vedere. A Lampedusa la verità è nascosta da una ragione di Stato che si confonde con gli interessi di pochi politici. La legalità è sospesa e sono in vigore le procedure di emergenza. Decine di camionette militari e posti di blocco garantiscono la tranquillità dei turisti lombardi e veneti e l`invisibilità dei migranti. I militari sorvegliano persino il deposito dei barconi degli immigrati. Le convenzioni internazionali vengono violate. E finora nessuno trova niente da ridire, fatta eccezione per un comunicato dell`Arci e per la protesta dell`Acnur che riportiamo per la prima volta.


 

 

 

 

 

 

 

Discriminazioni

 


                    

Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori: risultati e prospettive ad un anno dalla costituzione!


Il 5 settembre nella sala Da Gasperi della Scuola Superiore di Polizia si è tenuto l’incontro promosso  dall’Ufficio Nazionale Anti discriminazioni Razziali (UNAR ) e dall'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad) relativamente all’attività svolta, risultati e prospettive, ad  un anno dalla sua costituzione. 129 le segnalazioni pervenute, da ottobre ad agosto di questo anno, delle quali il 44% concernenti atti di discriminatori costituenti reato;   26%  concernenti atti discriminatori  già definiti,; il 18%  concernenti atti discriminatori trattati mentre  il 16% inviate alla polizia postale (segnalazioni quest’ultime in continua crescita).

L’OSCAD  è stato istituito allo scopo di agevolare i soggetti facenti parte di minoranze nel concreto godimento del diritto all'uguaglianza dinanzi alla legge ed alla protezione contro le discriminazioni. Rimuovere gli ostacoli che impediscono la fruizione di tale diritto universale, riconosciuto dalla "Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo" nonché da varie Convenzioni europee ed internazionali, è segno del livello di civiltà di un Paese e costituisce, pertanto, un obiettivo da perseguire con determinazione. L'OSCAD, incardinato nell'ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza - Direzione centrale della polizia criminale, è presieduto dal prefetto Francesco Cirillo, vice direttore generale della pubblica sicurezza - direttore centrale della polizia criminale, ed è composto da autorevoli rappresentanti della Polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri.

In particolare l'OSCAD:

Ø     mantiene rapporti con le associazioni rappresentative degli interessi lesi dalle varie tipologie di discriminazione e con le altre istituzioni, pubbliche e private, che si occupano di contrasto alle discriminazioni.
In particolare, sono stabiliti stretti contatti con l'Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o l'origine etnica (UNAR) del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del consiglio dei ministri, con il quale è stato siglato, il 7 aprile 2011, un protocollo di intesa finalizzato a definire i contenuti del rapporto di collaborazione tra i due organismi, allo scopo di ottimizzarne i risultati;

Ø     riceve le segnalazioni di atti discriminatori attinenti alla sfera della sicurezza, da parte di istituzioni, associazioni di categoria e privati cittadini, per monitorare efficacemente i fenomeni di discriminazione determinati da origine etnica o razziale, credo religioso, orientamento sessuale, handicap:

Alla riunione dove hanno partecipato attivamente  i Sindacati  e le Associazioni nazionali di settore è stata presentata, altresì,  l’attività del Contact Center UNAR e l’illustrazione dell’imminente avvio di una campagna di comunicazione istituzionale contro il razzismo in collaborazione con l’OSCAD.




Dai territori


Il Tempo - Lazio nord

L'incremento annuale degli arrivi è del 10,6%

L'invasione degli immigrati Battuto il record nazionale

Sempre più immigrati scelgono la nostra regione.


Nel Lazio l'incremento annuale di immigrati, alla fine del 2009, è stato del 10,6%, quasi due punti percentuali in più rispetto alla media nazionale. Si colloca oltre la media nazionale anche l'incidenza degli immigrati sui residenti (8,8% vs 7,0%). Sono questi alcuni dati presentati dall'Assessorato Politiche Sociali e Famiglia della Regione Lazio su una ricerca, affidata al Centro Studi e Ricerche Idos sulla mobilità umana nell'odierno contesto regionale. La maggior parte degli immigrati arriva nel Lazio dal continente europeo (62%), con la prevalenza dei cittadini comunitari (48,3%) sui non comunitari. Il 10,8% è composto da africani, mentre il 17,8% è costituito da asiatici. I romeni (179.469 in tutta la regione) sono la prima collettività in ciascuna delle cinque Province laziali. Gli albanesi (22.344) si collocano al 2° posto in tre province (Frosinone, Rieti, Viterbo), così come lo sono gli indiani a Latina e i filippini a Roma (rispettivamente 11.708 e 29.746 in tutta la Regione). A concorrere per il terzo e il quarto posto nel Lazio sono, a seconda dei contesti provinciali, i marocchini (10.774), gli ucraini (17.142), i macedoni (6.783) e polacchi (23.826): questi ultimi, come anche i filippini, sono maggiormente concentrati nella Provincia di Roma. I filippini sono la seconda collettività, seppure sei volte di meno rispetto ai romeni. Di questi, nel Lazio, quasi i due terzi sono di fede cristiana. Altro dato da tenere in considerazione, da tempo è in atto una tendenza centrifuga che da Roma sta portando gli immigrati a stabilizzarsi nei comuni limitrofi, ma anche verso le altre province laziali, come attesta il fatto che nella provincia di Roma nel periodo 2002-2009 la presenza è cresciuta in misura più contenuta (+86,7%) rispetto alle altre (Frosinone +221,6%, Rieti +276,8%, Latina +278,2% e Rieti +300%). «Nel Lazio – sottolinea l'Assessore alle Politiche sociali e Famiglia, Aldo Forte – l'immigrazione è ormai un elemento strutturale e radicato territorialmente. Da qui l'importanza di uno studio come questo, che nasce dall'esigenza di analizzare come il fenomeno migratorio si sia diversificato negli anni e quali caratteristiche abbia assunto nelle diverse province del Lazio». Mar. Sta.



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La top ten degli immigrati in Italia


Ancona, 06 settembre 2011 - Il 21% degli stranieri presenti in Italia nel 2010 provengono dalla Romania. Per un totale di 887.763. Un dato che li colloca al primo posto tra tutti i gruppi etnici che vivono nel nostro Paese. I marocchini, che fino al 1999 si erano aggiudicati questo primato, scivolano in terza posizione con il 10,2%. E’ uno dei risultati emersi da una ricerca realizzata dal Dipartimento di Economia dell’Università Politecnica delle Marche.


Aduc –Immigrazione

Oltre 24 mila gli immigrati accolti nell’ambito del piano del Dipartimento della protezione civile.

21.139 quelli ospitati dalle regioni: Lombardia, Sicilia e Lazio quelle con il più alto numero.


Roma, 7 settembre 2011 - Sono 21.139 gli immigrati che hanno trovato ospitalità nelle regioni italiane in base al piano di emergenza predisposto dal Dipartimento della protezione civile; 3.477 sono quelli ospiti nei Centri di prima accoglienza ed in attesa di definizione della pratica di protezione, per un totale di 24.616 gli immigrati assistiti sul territorio nazionale. Con 2.989 presenze, con i dati aggiornati al 5 settembre, è la Lombardia a guidare la speciale classifica delle regioni con il più alto numero di immigrati accolti sul proprio territorio. La Sicilia ne accoglie 2.220; 1.674 il Veneto; 475 sono gli ospiti del Friuli Venezia Giulia; 1.630 in Emilia Romagna; 1.253 in Toscana; 349 in Umbria; 571 nelle Marche; 2.086 nel Lazio. Il Molise ne ospita 114; la Campania 2.125; 1.288 in Puglia, 252 in Basilicata; 851 in Calabria; 584 in Sardegna; il Piemonte ospita 1.670 immigrati; 46 la Val d'Aosta; 559 la Liguria; 214 la provincia autonoma di Trento,; 189 la provincia autonoma di Bolzano. I Centri di accoglienza vedono invece 3.477 presenze, così distribuite: 200 a Campochiaro (Cb), 675 a Manduria (Ta), 1.777 a Mineo (Ct) e 825 a Lampedusa (Ag).
(Red.)