Newsletter periodica d’informazione

(aggiornata alla data del 23 settembre 2011)

 

  Stranieri residenti a 4,5 milioni in Italia: sono oltre il 7,5 % della popolazione

 

 

 

Sommario

 

o      Dipartimento Politiche Migratorie – Appuntamenti                                                                      pag. 2

o      Società – Immigrati a quota 7,5 milioni                                                                                       pag. 2

o      Società- Gli stranieri scommettono sul futuro dell’Italia, nota di Guglielmo Loy                                   pag. 3

o      Società – Diritti di cittadinanza: Loy “serve un forte segno di discontinuità”                             pag. 3

o      Lavoro: sì definitivo al reato di caporalato                                                                                pag. 4

o      Lavoro: Le imprese assumono meno stranieri                                                                            pag. 5

o      Società – Effetto crisi sulle nascite in calo                                                                                               pag. 6

o      Società – Dirigere una rivista cinese                                                                                             pag. 7

o      Scuola       – Troppi stranieri in classe                                                                                        pag. 8

o      OIL – Decent Work – Seminario a Danzica su immigrati e diritti del lavoro                                   pag. 9                            

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.it    

                                                                                             n. 317



Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti


Roma, 28 settembre 2011, ore 9.30 –Uil Nazionale sala Bruno Buozzi

La UIL incontra le donne africane

(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci)

Roma 08 ottobre 2011, ore 10.30, sede PD, Via Sant’Andrea delle Fratte

Forum Nazionale Immigrazione

(Giuseppe Casucci)

Roma 14 ottobre 2011, ore 10.00 - Fondazione Brodolini

Presentazione del rapporto: “The Economic case of antidiscrimination”

(Giuseppe Casucci)


 

Società


FOTOGRAFIA DELL'ITALIA CHE CAMBIA

Immigrati a quota 4,5 milioni
Sono il 7,5% della popolazione


L'Istat: sempre più stranieri.

Roma, 22 settembre 2011 - Hanno superato quota 4,5 milioni gli stranieri residenti in Italia, aumentati in un anno di 335 mila unità, meno dell’anno precedente. Rispetto alla popolazione generale, la quota degli stranieri continua ad aumentare: quest’anno è salita dal 7% al 7,5%. E più di uno straniero su cinque è romeno. La fotografia della popolazione straniera residente, aggiornata al 1 gennaio 2011, è dell’Istat, nel rapporto su "La popolazione straniera residente in Italia". Gli stranieri sono 4.570.317, più dell’anno precedente, ma l’incremento è leggermente inferiore a quello registrato nel 2009 (343 mila unità). L’Istat sottolinea che il numero degli stranieri residenti nel corso del 2010 è cresciuto soprattutto per effetto dell’immigrazione dall’estero. Nel 2010 sono nati circa 78 mila bambini stranieri, il 13,9% del totale dei nati da residenti in Italia. Più dell’anno precedente (+1,3%) ma l’aumento è stato nettamente inferiore a quello (+6,4%) registrato nel 2009. Riguardo alla distribuzione geografica, l’86,5% degli stranieri risiede nel Nord e nel Centro Italia, il restante 13,5% nel Mezzogiorno. Gli incrementi maggiori della presenza straniera rispetto all’anno precedente, anche nel 2010, si sono manifestati nel Sud (+11,5%) e nelle Isole (+11,9%). Al 1 gennaio 2011 i cittadini rumeni, con quasi un milione di residenti (9,1% in più rispetto all’anno precedente), rappresentano la comunità straniera prevalente in Italia (21,2% sul totale degli stranieri). Nel corso del 2010 è cresciuto il numero dei cittadini dei Paesi dell’Europa centro-orientale (sia Ue sia non Ue): oltre alla Romania, soprattutto Moldova (+24,0%), Federazione Russa (+18,3%), Ucraina (+15,3%) e Bulgaria (+11,1%). Anche i cittadini dei Paesi del sud-est asiatico hanno fatto registrare incrementi importanti: Pakistan (+16,7%), India (+14,3%), Bangladesh (+11,5%), Filippine (+8,6%), Sri-Lanka (+7,6%). L’elevata crescita che ha interessato queste comunità è legata, tra l’altro - secondo l’Istat - agli effetti dell’ultima regolarizzazione di colf e badanti, svoltasi nell’ultima parte dell’anno 2009, i cui effetti si sono fatti sentire maggiormente nel corso del 2010. La presenza di questi cittadini stranieri è molto importante anche nel settore agricolo: secondo Coldiretti, nei campi un lavoratore su dieci è immigrato e la presenza di queste persone è diventata indispensabile per le grandi produzioni di qualità del Made in Italy. La vendemmia 2011 in Italia, ad esempio, è andata in porto - precisa Coldiretti - anche grazie all’impegno di 30 mila lavoratori stranieri, che garantiscono la raccolta delle uve destinate ai più pregiati vini di qualità, dal Brunello di Montalcino al Barbaresco, fino al Prosecco nel cui distretto lavorano addirittura immigrati di 53 differenti nazionalità da 4 diversi continenti.


 

 

 

 

 

 

 

 


Istat - Gli stranieri scommettono sull’Italia e sul suo futuro: facciamolo anche noi dando loro pieno diritto di cittadinanza.

Nota di Guglielmo Loy, Segr. confederale UIL


Roma, 22/09/11 - I dati forniti oggi dall’Istat sulla popolazione straniera residente, sono indicativi di una tendenza irreversibile alla multi etnicità della nostra società e ci debbono spingere a completare la modernizzazione del concetto di cittadinanza e dei diritti e doveri ad essa connessi. Malgrado la crisi economica colpisca ancora duramente l’Italia, la dinamica della popolazione straniera che arriva e si stabilisce da noi ha mantenuto nel 2010 una forte vivacità, a dimostrazione del maggior peso ed importanza che questa crescente componente della società ha sulla vita e sull’economia nel nostro Paese (oltre l’11% del PIL). Tra i dati resi noti, colpisce non tanto il numero complessivo di stranieri residenti (quasi 4,6 milioni), ma anche il numero di bambini stranieri nati qui nel 2010 (78.082, quasi il 14% del totale) e i 66 mila non italiani che l’anno scorso hanno ottenuto la nostra cittadinanza, segno di una volontà dei cittadini stranieri di scommettere sull’Italia sul suo futuro. Sorprende anche la crescita di nuovi arrivi (425 mila nel 2010), malgrado il contagocce dei decreti flussi e le strettoie che la legge Bossi – Fini mette alla migrazione regolare.

La UIL crede sia giunto il momento di una profonda riforma dei meccanismi di governo dell’immigrazione, con una diverso e più collaborativo approccio verso i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. Serve, a parere della UIL, una forte politica di sostegno ai canali d’ingresso regolari vera pre-condizione di contrasto all’immigrazione illegale. Serve, insieme, un segno di discontinuità sul fronte dei diritti di cittadinanza, trovando una strada comune bipartisan a favore di una riforma volta ad una maggiore inclusione dei nuovi cittadini.


 

 

 


Diritti di cittadinanza: è necessario un forte segno di discontinuità da parte di Governo e Parlamento  - Per una mobilitazione della UIL

Nota di Guglielmo Loy, Segretario Confederale UIL


Roma, 22 settembre 2011 - Sul godimento dei diritti di cittadinanza, la UIL si è da sempre espressa per una piena partecipazione degli stranieri regolarmente residenti  in Italia, alla vita politica e sociale della nostra nazione. E’ necessario chiedere agli immigrati di rispettare le regole, ma queste debbono anche essere ridisegnate in parallelo con l’evolversi ed il mutare della nostra società. Lo vogliamo riproporre con forza anche in periodo, questo, in cui la crisi economica (ma non solo) rischia di far considerare il tema delle tutele  e dei diritti  come meno importante ed urgente” anche perché non crediamo che alle insicurezze, alla paura, alle preoccupazioni (legittime) per un futuro che appare difficile si debba rispondere con l’accantonare battaglie di inclusione. Questo significa che siamo favorevoli ad una evoluzione del concetto di cittadinanza, non ristretto ai figli di cittadini italiani, ma allargato a tutte le persone che nascono e vivono in Italia, indipendentemente dalla provenienza. La UIL condivide la necessità di modernizzare il concetto di cittadinanza, introducendo il principio dello jus solis, accanto a quello dello jus sanguinis. I figli di stranieri nati nel nostro Paese, dovrebbero poter accedere alla cittadinanza italiana, senza dover aspettare il 18° anno di età. Anche per gli altri l’accesso alla cittadinanza va reso più fruibile: non cittadinanza facile, ma cittadinanza equa, in tempi giusti per chi ha dimostrato di amare l’Italia e di concorrere al suo progresso e sviluppo economico e sociale. Per quanto riguarda il diritto di voto amministrativo, in Europa 16 Paesi su 27 permettono agli immigrati residenti da oltre cinque anni di poter votare alle elezioni amministrative. E’ giusto che questo avvenga anche da noi. Chiediamo, dunque, che l’Italia ratifichi il capitolo C della convenzione di Strasburgo e proceda ad una legge adeguata capace di permettere ai cittadini extra UE che ne abbiano il diritto, di partecipare alla scelta dei propri rappresentanti locali attraverso il voto. Purtroppo sul piano dei diritti l’Italia non è andata molto avanti e – mentre chiede molti doveri ai 5 milioni di cittadini stranieri che concorrono all’11% del nostro PIL – si è mostrata molto avara sul piano del riconoscimento di una cittadinanza piena. In Parlamento giacciono da anni inerti numerose proposte,  sia di riforma della legge di cittadinanza n. 91/1992, sia riguardanti l’estensione del diritto di voto amministrativo agli stranieri lungo – residenti. Siamo convinti che, in assenza di un accordo comune bipartisan tra le varie forze politiche di maggioranza e di opposizione, sarà quasi impossibile, in assenza di un vasto fronte di opinione pubblica, forze sociali e culturali,  che a breve venga trovato un accordo legislativo su questi importanti temi. Il concetto di cittadinanza non è circoscritto al tema Cittadinanza e diritto di voto,  è’ anche urgente, a nostro parere,  il problema della non discriminazione nel godimento dei diritti sostanziali. In effetti, mentre la legge afferma che italiani e stranieri regolari debbano avere gli stessi diritti, nella pratica questi vengono centellinati a pochi fortunati e riservati a chi ha la sorte di ottenere un permesso di soggiorno di lungo periodo (ex carta di soggiorno), documento che si può chiedere solo dopo cinque anni di residenza e che arriva di fatto  con  un’attesa molto più lunga e superando intricate strettoie burocratiche, tra cui un test sulla conoscenza della lingua italiana. Siamo convinti che, nella pratica, molte diversità di trattamento verrebbero superate e molti diritti sostanziali verrebbero acquisiti rendendo più accessibile il permesso di soggiorno di lungo periodo. Ribadiamo dunque la necessità di una forte discontinuità sul fronte dei diritti di cittadinanza e sollecitiamo Parlamento e Governo a trovare un punto di vista comune in materia di piena partecipazione degli stranieri alla vita civile nel nostro Paese. Nel contempo, chiediamo anche la riforma della procedura per ottenere l’ex carta di soggiorno, riducendo da 5 a 3 gli anni di residenza necessari per richiederla e rendendo più semplice, veloce e funzionale la procedura necessaria. Tutto ciò renderebbe meno drammatica la questione non risolta delle procedure per i rinnovi dei permessi di soggiorno, questione che ancora per troppe persone è fonte di timori ed angosce e che trasferisce sulla pubblica amministrazione carichi di lavoro spesso paralizzanti le attività ordinarie. Come UIL lanceremo a breve una grande campagna di promozione dei diritti di cittadinanza,  anche perché il Governo ed il Parlamento promuovano concretamente un confronto sereno e rapido  su questa importante materia.


 

 

 

 

Lavoro

 


Sì definitivo al reato di caporalato

Introdotto dalla manovra economica, prevede fino a otto anni di galera e multe salatissime. Permessa chi denuncia? Il governo si impegna a trovare una soluzione

Di Elvio Pasca, Stranieri in Italia


Stranieriinitalia.it - Roma, 15 settembre 2011. Lotta dura al caporalato, con galera, multe salate e altre pene per chi recluta lavoratori da sfruttare, il più delle volte immigrati impiegati nei campi o sui cantieri edili. Un articolo della manovra economica appena approvata definitivamente dal Parlamento (vedi sotto) introduce nel codice penale il reato di “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”. Viene commesso da chi “svolga un'attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori”. La legge indica anche alcune “spie” dello sfruttamento. Tra questi ci sono una retribuzione palesemente non in linea con il contratto collettivo o sproporzionata rispetto al lavoro svolto e la violazione sistematica delle norme su orari, riposto, ferie e maternità e di quelle su sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro oppure condizioni di lavoro, sorveglianza o alloggio particolarmente degradanti. Per i caporali è prevista la reclusione da cinque a otto anni, una multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato e le pene aumentano quando i lavoratori reclutati sono più di tre, quando hanno meno di sedici anni o quando sono esposti a gravi pericoli. Come pena accessoria, i condannati rischiano di non poter più ricoprire cariche direttive nelle imprese né prendere finanziamenti, agevolazioni o appalti pubblici. La nuova legge non interviene però su un nodo fondamentale. Dal momento che le vittime del caporalato sono spesso clandestini, è difficile, infatti che denuncino i caporali, perché rischiano di essere espulsi. Anche il permesso di soggiorno previsto dal Testo Unico sull’immigrazione per chi collabora alle indagini sullo sfruttamento è solo un permesso per motivi di giustizia, viene concesso raramente e comunque consente di rimanere in Italia solo per la durata del processo. Un piccolo spiraglio si è aperto ieri pomeriggio durante la discussione della manovra alla Camera. Alcuni deputati del Popolo delle Libertà, capeggiati da Antonino Foti, hanno presentato un ordine del giorno in cui chiedono al governo di impegnarsi per “l'introduzione di provvedimenti normativi che possano agevolare la permanenza regolare” dei lavoratori stranieri sfruttati che denunciano i loro caporali. Il governo ha accolto l’ordine del giorno come raccomandazione. Bisognerà ora vedere se, quando e soprattutto come onorerà questo impegno.

>> Scarica l'articolo dedicato al caporalato


 


 “Le imprese assumono meno stranieri.

Fondazione Leone Moressa: "Le imprese prevedono di assumerne il 23,6 % in meno rispetto al 2010". La maggior parte nelle costruzioni


Roma – 13 settembre 2011 - Nel 2011 saranno 138mila le nuove assunzioni di stranieri nelle aziende italiane (il 23,6% in meno rispetto al 2010) e copriranno il 16,3% delle assunzioni complessive. Sono prevalentemente le imprese sopra i 50 dipendenti (40,1%) a ricercare manodopera straniera, da impiegare nelle costruzioni (18,2%), richiedendo operai specializzati (26,9%). Mantova, Parma e Ravenna sono le province con il maggior peso di assunti stranieri rispetto al totale delle assunzioni previste, con incidenze pari, rispettivamente, a 24,5%, 23,1% e 21,1%. Questi i principali risultati di un’indagine condotta dalla Fondazione Leone Moressa che ha analizzato i dati Excelsior-Unioncamere sulle previsioni di assunzione per il 2011. Si basa sulle risposte di un campione di 100.000 imprese di tutti i settori economici e di tutte le dimensioni, dal quale rimangono naturalmente fuori i datori di lavoro domestico. Nel 2011 le imprese italiane assumeranno in prevalenza nuova manodopera straniera per ricoprire lavori non stagionali (83mila unità), mentre per le mansioni a carattere stagionale si tratta di circa 55mila nuovi posti. Sono comunque cifre che segnano un andamento negativo dell’occupazione straniera nel nostro paese, soprattutto per i lavori stagionali dove il peso dei contratti a termine sottoscritti saranno appena il 22% del totale, con un calo del -26,6% rispetto al 2010. D’altra parte, le assunzioni non stagionali di stranieri ricoprono il 13,9% del totale delle assunzioni di questo tipo, mostrando una flessione del -21,6% rispetto all’anno precedente. La propensione all’assunzione di manodopera straniera rimane più elevata nelle aree del Nord e del Centro rispetto al Sud: infatti, se in Emilia Romagna e in Piemonte l’incidenza dei nuovi assunti stranieri supera il 19% del totale (e in Trentino Alto Adige arriva addirittura al 27%), in Puglia, Sicilia e Sardegna appena una nuova assunzione ogni dieci riguarderà uno straniero. Assunzioni non stagionali. Per quanto riguarda le sole assunzioni nonstagionali, prevale la richiesta di manodopera straniera nel settore delle costruzioni, specie in alcune regioni del Sud Italia. In Abruzzo, Campania e Sicilia si prevede che le assunzioni nel settore, che riguarderanno lavoratori stranieri, saranno rispettivamente del 47,6%, 40,3% e 35,6%. Invece, vi è più probabilità di assunzione nelle aziende dei servizi operativi di supporto alle imprese e alle persone per gli stranieri residenti in Lazio (26,3%), Trentino Alto Adige (22,4%) e Friuli Venezia Giulia (21,2%). In Toscana prevarranno le assunzioni di stranieri nel settore manifatturiero del tessile, dell’abbigliamento e delle calzature (18,9%), mentre in Emilia Romagna, nel settore dei servizi di alloggio e ristorazione e dei servizi turistici (14,3%). Nel Nord Italia sono le imprese di più grande dimensione a ricercare manodopera di origine stranera, al Centro e al Sud, la maggiore richiesta proviene invece da imprese più piccole (da 1 a 9 dipendenti). In generale non vi sono differenze di genere nella scelta dei nuovi candidati, sebbene in alcune regioni i maschi abbiano più probabilità di essere assunti, come in Campania, Abruzzo e Sicilia dove le aziende preferiscono esplicitamente il sesso maschile in più del 60% dei casi. Nella maggior parte delle regioni italiane, le imprese ricercano principalmente operai specializzati, mentre in regioni come Lazio, Sardegna, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige l’interesse è rivolto a professioni non qualificate. A livello provinciale. A Roma e a Milano verrà assunto il maggior numero di stranieri (7.180 nella capitale e 7.420 nel capoluogo lombardo) soprattutto nel settore dei servizi di pulizia; seguono le imprese torinesi (con 4.690 nuove assunzioni), impiegate principalmente nel settore delle costruzioni. Ma sono Mantova, Parma e Ravenna le province in cui gli stranieri avranno più probabilità di trovare nuova occupazione rispetto al totale delle nuove assunzioni previste nei singoli territori. Nelle prime due le nuove assunzioni di stranieri avverranno prevalentemente nel settore dei trasporti, mentre a Ravenna, riguarderanno il settore dei servizi turistici, alberghieri e di ristorazione. Nella maggior parte delle provincie italiane, a ricercare manodopera straniera, è comunque il settore delle costruzioni. Non è tuttavia da trascurare le nuova domanda proveniente dal settore dei servizi operativi di supporto alle imprese e alle persone, come accade in alcune provincie del Nord Italia, e la costante richiesta del settore industriale, nei suoi diversi comparti. Nelle province di Pavia e Lucca, emerge invece la domanda di lavoratori stranieri nel settore della sanità e dell’assistenza alle persone. “Il calo delle assunzioni di stranieri da parte delle imprese è un chiaro segnale del periodo di crisi attraversato dal mondo produttivo italiano” dichiarano i ricercatori della Fondazione Leone Moressa, secondo i quali “l’assunzione di 138 mila stranieri contribuirà solo in maniera marginale ad alleviare le perdite occupazionali che hanno caratterizzato questo ultimo bienni”.

“La maggior parte dei 304mila disoccupati stranieri registrati nel primo trimestre 2011, - spiegano i ricercatori - con molta probabilità non riuscirà a trovare, in tempi brevi, una nuova occupazione, correndo il rischio di cadere nell’irregolarità solo per il fatto di non riuscire a trovare lavoro (il lavoro è la condizione necessaria per il regolare soggiorno in Italia degli stranieri). E’ quindi auspicabile che nelle strategie per la ripresa possa essere ripensata anche una politica migratoria che, tra le altre cose, privilegi dove possibile l’assunzione di quegli stranieri già presenti nel nostro territorio, ma rimasti senza lavoro a causa della crisi”.

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Società


LaRepubblica.it

Effetto crisi sulle nascite in calo per la prima volta dal'95

Il nuovo rapporto Istat sulla natalità della popolazione residente segnala una diminuzione in tutto il Paese. di FRANCESCA SIRONI


ROMA - Per la prima volta dal 1995 si arresta in Italia la crescita demografica. Nel 2010 sono stati 15.000 i nati in meno rispetto al 2009: solo 561.944 bambini hanno visto la luce. La colpa è della congiuntura economica negativa, dice l'Istat nel suo ultimo rapporto sulla natalità in Italia per il biennio 2009/2010. Le principali responsabili sono le coppie italiane mentre aumentano ancora, seppur lievemente, i nati da coppie straniere o miste, ormai il 20% del totale. I figli, riporta l'Istat, arrivano sempre più tardi: più del 6% dei nati ha una madre con almeno 40 anni. E il matrimonio conta sempre meno: i nati da genitori non coniugati nel 2010 sono oltre 134 mila. Si arresta la crescita. La battuta d'arresto per il tasso di natalità copisce tutta Italia. Se fino al 2008 almeno le regioni settentrionali trainavano la vacillante crescita demografica italiana, ora anche al Nord diminuiscono le nascite. A esclusione di piccole variazioni in positivo a Trento e in Sardegna, in tutto il resto del territorio si registrano meno maternità. Nel biennio 2009/2010 le donne residenti in Italia hanno avuto in media 1,41 figli a testa: 1,31 per le cittadine italiane e quasi il doppio (2,23) per quelle straniere. Una netta riduzione rispetto al tasso di natalità di 1,42 figli a donna registrato nel 2008, e che interessa tutte, italiane e straniere. Il calo della crescita demografica, spiega l'Istat, si muove nel più ampio quadro della congiuntura economica mondiale sfavorevole, che può essere stato un elemento determinante nell'allontanamento della maternità da parte delle donne italiane. Il fenomeno della posticipazione delle nascite nel nostro Paese è comunque una tendenza costante dalla metà degli anni '70, anche se i ruggenti anni '90 avevano fatto sperare in una inversione di tendenza.

La carica dei nuovi italiani. La colpa, nel calo delle nascite, è in particolare dei genitori italiani. I nati da coppie con almeno un genitore straniero infatti continuano ad aumentare, sebbene anch'essi con un ritmo più contenuto: sono 5 mila in media i nati in più nel 2009/2010. Un incremento dimezzato rispetto a quello del 2008, ma che incide sempre di più sul bilancio totale delle nascite. Sono 107mila infatti nel 2010 i figli di coppie miste: il 19% del totale dei nati in Italia. Il record è in Lombardia, dove è "meticcio" un bimbo su quattro. Al primo posto fra le mamme straniere in Italia si trovano le rumene (16.727 bimbi nati nel 2009), al secondo le marocchine (14.370), al terzo le albanesi (9.937) e al quarto le madri cinesi (poco più di 5 mila nati).

Mamme libere e mature. Diventare madri prima dei 25 anni di età è sempre più raro: solo l'11% dei nati in Italia ha una mamma così giovane. Le donne hanno in media 31 anni alla nascita dei figli (circa un anno e mezzo in più rispetto al 1995), valore che sale quasi a 32 anni per le madri di cittadinanza italiana. In aumento sono le maternità per le donne mature, ormai più del 6% del totale. Il matrimonio, poi, è sempre meno importante: un nato su cinque in Italia ha genitori non sposati. Nel 1995 erano solo l'8%. La tendenza è ancora più forte al centro-nord: i nati da coppie informali arrivano a sfiorare il 30% in molte regioni. La provincia più discola è Bolzano, con il 39% di nati fuori dal matrimonio.

Sfida fra santi nei nomi. Il nome più gettonato per i bambini italiani è ancora Francesco, mentre è Giulia per le femmine. Seguono a ruota Alessandro, Matteo, Sofia e Martina. Francesco si conferma il primo nome in quattro regioni del sud (Molise, Puglia, Basilicata e Calabria), mentre, rispetto al 2008, ha ceduto il primato nel Lazio a Lorenzo e in Sardegna a Gabriele. Alessandro prevale al centro-nord e si conferma come il nome più popolare in ben sei regioni italiane. Per quanto riguarda le bambine, Giulia è il nome più frequente in sette regioni del centro-nord e in Sardegna. Sempre più diffuso è il nome Sofia, che prevale in cinque regioni del centro-sud, in Lombardia, in Piemonte e nella provincia autonoma di Trento. Per i bambini, Campania e Sicilia mantengono forti le tradizioni locali, in controtendenza con le altre regioni: qui i nomi più comuni sono rispettivamente Antonio e Giuseppe. Questa peculiarità regionale è meno accentuata per i nomi femminili: si segnala, ad esempio, il primato di Martina in Campania e di Anna nella provincia di Bolzano.



Cosa significa per un’italiana dirigere una rivista cinese.

Contributo di Angela Scalzo (*)


Io penso che approfondire   i temi del confronto tra culture, religioni, e politiche diverse, rappresenta  una tappa fondamentale del  percorso di integrazione e di interazione dei popoli, soprattutto se conviventi su uno stesso territorio. L’unificazione del mondo contemporaneo ad opera della tecnica e dei mercati ha di fatto esaltato le spinte identitarie, la diversità delle appartenenze, le dinamiche legate al riconoscimento delle  proprie peculiarità, da parte di etnie, popoli e  nazioni. Per questi motivi  penso che il confronto ravvicinato fra tradizioni e culture è ricco di potenzialità di scambio ma è anche carico di problemi di comunicazione tra soggettività differenti, anche  perché vicine sullo stesso territorio. Sembriamo a volta convinti che una società multiculturale possa formarsi spontaneamente, il risultato è, invece, che qualitativamente il fenomeno migratorio sia in sostanza poco conosciuto e molto stereotipato. E noi continuiamo a vivere nella speranza  che si verifichino, nella migliore delle ipotesi,  degli avvicinamenti e delle possibili interazioni.  La comunità cinese con le sue oltre 200mila unità in Italia, di cui più102mila solo a Roma,  chiusa  fra modernità e tradizione, fra stereotipi positivi e negativi,  rappresenta un universo composto da uomini, in maggioranza, da donne, da bambini e ragazzi che vivono, lavorano e studiano, in questo Paese ed in questa provincia in particolare,  presso i loro stessi ristoranti, negozi, empori e laboratori di ogni  genere che convive tacitamente con tanti altri microcosmi etnici e con gli stessi italiani. Io  credo fermamente  che la diversità e la soggettività di una cultura va conosciuta e fatta conoscere per avviare e promuovere la fase legata all’integrazione, all’inclusione  socio-economica, all’interscambio culturale ed a quello  economico!

Per tutti questi motivi, insieme, ho accettato la responsabilità di un mensile d’immigrazione e di cultura,  intesa in senso lato, per tutto ciò mi onoro di dirigere insieme all’infaticabile  ideatrice Lanbo “La Cina in Italia”,  da ormai  dieci anni, quando  lei stessa si presentò, nell’ufficio del Comune di Roma da me diretto, con l’idea di voler aprire la sua testata bilingue. Un inizio incerto ma determinato,  supportato qualche anno dopo dalla Provincia di Roma,  che oggi, 5 settembre 2011,  ci accoglie, ed in particolare dalla lungimiranza dell’Assessorato che ne ha incubato l’attività per ben due anni. Un percorso di contaminazioni, quello della Cina in Italia,  fatto di momenti di incontri, di confronti, di rivendicazioni, di scambi, ricco di approfondimenti, di nuove conoscenze legate a due mondi in continuo movimento che condividono  esperienze e saperi culturali ed economici. Oggi siamo davanti ad un ulteriore traguardo mediatico, una finestra che si aprirà a breve sull’Italia in Cina, attraverso   una nuova corrispondenza  “Italia in Cina”,  edito dalla cooperazione tra “China Newsweek e Cina in Italia,  che allarga le braccia  ad una stretta collaborazione anche  con le istituzioni  dei due Paesi, dalla storia  millenaria, dalla raffinatezza culturale, dall’incontro tra filosofie orientali ed occidentali e di questo permettetemi di esserne davvero orgogliosa!

 (* direttore responsabile “Cina in Italia”)


 

 

 

 

 

 

 

 

 


Corriere della Sera

Scuola Il caso dell' elementare di via Paravia a San Siro

Troppi stranieri . Il ministero blocca la «classe ghetto»


MILANO - S' erano iscritti in 17, 15 sono stranieri (la burocrazia è ferrea e disinteressata alle storie umane, quindi nulla conta che 13 di quei bambini siano nati in Italia, e che molti di loro in Italia abbiano frequentato l' asilo), comunque quella classe di prima elementare non si farà: «Troppo pochi gli iscritti e troppi stranieri tra loro», hanno deciso qualche mese fa i dirigenti della scuola milanese. Ora i genitori di quei bambini sono andati in Tribunale e hanno denunciato il ministro dell' Istruzione, Mariastella Gelmini, per un' ipotesi di discriminazione. Se i bambini fossero stati tutti italiani, sostengono, quella classe non sarebbe mai stata soppressa. Quel che rende questa storia in qualche modo simbolica, rispetto ad altre, è che si parla della scuola di via Paravia, a Milano, nel quartiere San Siro, che a molti evocherà soltanto Inter e Milan, ma che è anche una zona di case popolari con densità di immigrati altissima. E che, forse per la prima volta in Italia, un paio d' anni fa, in quell' istituto c' è stata una classe di soli stranieri. Ecco, visto che la prima di quest' anno (quella soppressa) era l' unica, il fatto che non sia stata formata potrebbe significare la fine, la chiusura della scuola. Una scuola che entrerà comunque nella storia sociale di Milano, perché è stata la vera trincea-laboratorio del tema immigrazione tra i bambini. Ieri il ministero, in una nota, ha confermato «la volontà di proseguire sulla strada dell' integrazione». Ha aggiunto che «non si favorisce l' inserimento degli immigrati se si creano classi-ghetto frequentate solo da alunni stranieri». Questa è la soluzione per via Paravia, già decisa in primavera e raccontata sulle pagine del Corriere tra marzo e aprile: «I bambini sono stati trasferiti nelle scuole vicine, per essere inseriti in classi in cui possano interagire con i coetanei italiani». C' è un tetto, fissato dal ministero, che prevede massimo un 30 per cento di bambini stranieri. A San Siro, come in tutte le altre città italiane, quel tetto che vale per le classi non ha ovviamente significato nel quartiere. E quindi una scuola rischia di trasformarsi in ghetto perché quella stessa cosa è già successa in moltissimi palazzi popolari della zona. In una situazione del genere, quella scuola, la «Lombardo Radice», ha sempre rivendicato con un certo orgoglio (che i polemici considerano «ideologico» e i sostenitori «civile») di «non rifiutare nessuno». «La non formazione di una classe basata sulla eccessiva presenza di stranieri costituisce uno svantaggio determinato dalla nazionalità», affermano i legali di «Avvocati per niente», associazione che sostiene la classe mai nata. E raccontano che 13 di quei bambini, nati in Italia, la scuola materna l' hanno frequentata a Milano, conoscono l' italiano e non hanno problemi di «competenza linguistica». Due genitori, Yajaira Guerrero, dominicana, e Claudio Pallotta, milanese, hanno iscritto il loro bambino in via Paravia e hanno raccontato al Redattore sociale che il figlio, nato in Repubblica Dominicana e arrivato in Italia a soli due mesi, «ha frequentato la scuola materna a Milano. Non parla altra lingua al di fuori dell' italiano». Il direttore dell' Ufficio scolastico provinciale, Giuseppe Petralia, aggiunge però che «è in atto una riorganizzazione delle scuole, se ci sono pochi alunni le classi vengono spostate in altro complesso e così è stato in via Paravia». Quindi nessuna discriminazione, «nessun razzismo - conclude il responsabile dell' Ufficio scolastico della Lombardia, Giuseppe Colosio - anzi, al contrario: proprio perché crediamo nella scuola dell' integrazione non riteniamo opportuno formare classi di soli stranieri». Federica Cavadini Gianni Santucci RIPRODUZIONE RISERVATA **** I numeri 7,5% Nel 2010 risultavano 673.800 studenti stranieri nella scuola italiana, il 7,5% del totale degli iscritti, con una crescita complessiva del 7% rispetto al 2009 e dell' 81,1% rispetto al 2005 ( Fondazione Leone Moressa ) 123% È la scuola superiore a registrare il maggior incremento: nell' ultimo anno la variazione è stata del +9,7%, negli ultimi 5 del +123,5%. Più contenuta la crescita nelle elementari (+4,4% nell' ultimo anno e +65,4% nel quinquennio) 20% Nelle province di Milano, Roma, Torino e Brescia si conta il maggior numero di studenti stranieri. A Milano si registrano 11.096 iscritti alla scuola dell' infanzia, 18.753 alla primaria, 11.244 alle medie e 12.203 alle superiori. Ma sono Prato, Mantova e Piacenza le province dove si registra la maggior incidenza di alunni stranieri sul totale: a Prato quasi uno studente ogni cinque è straniero

Cavadini Federica, Santucci Gianni


 

 

 

 

 

 

 

 

Oil – Lavoro Dignitoso


Lavoro dignitoso per i lavoratori migranti in situazioni di precarietà, nella UE a 27

Danzica, 13 – 14 settembre 2011. (a cura del Dipartimento Politiche Migratorie della Uil)


L’obiettivo principale del movimento sindacale europeo deve essere quello di garantire condizioni di lavoro dignitoso, equo ed uguali opportunità per tutti i lavoratori, autoctoni o migranti ed  indipendentemente dal loro status. Per i migranti, però,  questo può essere difficile se appartengono a categorie fortemente parcellizzate (come il lavoro domestico o il commercio) o se si trovano in condizioni di irregolarità e lavoro nero. Può essere difficile anche per i lavoratori autoctoni, a causa di rapporti di lavoro fortemente precari e situazioni difficilmente organizzabili. Inoltre, la crisi economica ha appesantito la situazione nelle imprese, la situazione occupazionale e le condizioni di lavoro e di retribuzione. Come fare in questi tempi difficili? E quali strumenti usare?

Queste alcune delle domande dibattute nell’ambito del seminario formativo, promosso dal centro di formazione internazionale dell’OIL di Torino e dalla Confederazione europea dei sindacati, che si è tenuto a Danzica (Polonia) il 13 e 14 settembre scorso, nell’ambito di una iniziativa finanziata dall’Unione europea e mirata a quadri e dirigenti sindacali, esperti in migrazioni. Presenti Dirigenti sindacali provenienti da 15 Paesi, tra cui l’Italia, rappresentanti di EFFAT (Federazione europea dei sindacati del settore agro alimentare e turismo), della EFBWW (federazione europea sindacati delle costruzioni), rappresentanti dell’OIL del Centro Ilo di Torino, nonché il prof. Di Economia Guy Standing, dell’Università di Bath, Inghilterra. Per la UIL era presente Giuseppe Casucci, Coordinatore Nazionale Dipartimento Politiche Migratorie.

Questi gli obiettivi in discussione durante la due giorni di confronto e dibattito:

·       Migliorare la comprensione di cosa sia la precarietà del lavoro, oggi;

·       Migliorare la conoscenza sulle condizioni dei migranti nel mercato del lavoro;

·       Una migliore conoscenza di un approccio basato sui diritti  per i lavoratori migranti, attraverso l’utilizzo di strumenti OIL e europei;

·       Promozione di una cooperazione trans nazionale tra le organizzazioni dei lavoratori e diffusione di buone prassi sull’organizzazione e reclutamento di migranti in condizioni di lavoro precario, nonché la protezione dei loro diritti attraverso accordi collettivi ed altri risultati del dialogo  bipartito e tripartito;

L'Agenda del lavoro dignitoso, lanciata dall'ILO nel 1999, pone al centro le aspirazioni delle persone riguardo la propria vita lavorativa che si concretizzano attraverso la possibilità di conseguire un lavoro produttivo e giustamente remunerato, una sicurezza sul luogo di lavoro estesa ad ogni forma di protezione sociale, migliori prospettive di realizzazione  personale e di integrazione sociale e la libertà di esprimere le proprie rivendicazioni organizzandosi e partecipando alle decisioni che riguardano il proprio futuro. Il lavoro dignitoso si esprime attraverso i suoi quattro obiettivi strategici: promozione dell'occupazione; protezione sociale; dialogo sociale e tripartitismo; principi e diritti fondamentali nel lavoro. Questi obiettivi sono inseparabili, interconnessi e il mancato raggiungimento di uno di essi rischia di pregiudicare la realizzazione degli altri. La parità di genere e la non discriminazione vanno considerati come tematiche di fondo per il conseguimento degli obiettivi. Con l'adozione della Dichiarazione dell'ILO sulla giustizia sociale per una globalizzazione giusta nel 2008, il concetto di lavoro dignitoso è stato istituzionalizzato. Questo solenne documento costituisce il più importante atto di evoluzione dell'ILO dai tempi della Dichiarazione di Filadelfia confermando sempre di più la validità della visione e del mandato dell'Organizzazione nell'era della globalizzazione. La nuova Dichiarazione costituisce un punto di riferimento fondamentale per la promozione di una globalizzazione giusta fondata sul lavoro dignitoso ed anche uno strumento prezioso per accelerare il processo di realizzazione dell'Agenda del lavoro dignitoso a livello nazionale. La migrazione economica, ed il suo rapporto con lo sviluppo, è ormai emersa come un tema globale che tocca la maggior parte delle nazioni nel mondo. E’ un argomento scottante nell’agenda politica, sia internazionale, che regionale e nazionale. Attraverso il loro lavoro, i migranti contribuiscono alla crescita ed allo sviluppo dei paesi che li ospitano (in Italia l’11% del nostro PIL lo dobbiamo a loro), mentre i loro paesi d’origine traggono grandi vantaggi, sia dalle rimesse che questi  mandano regolarmente alle proprie famiglie, sia dalle competenze professionali acquisite durante l’esperienza migratoria, utilizzabili o trasferibili nel Paese, anche per creare nuova impresa e lavoro. Tuttavia, il processo migratorio ci impone spesso di rispondere a importanti sfide. Molti lavoratori migranti, specialmente quelli a bassa qualificazione, possono incorrere in situazioni di grave abuso e sfruttamento o – abbastanza usualmente – a  condizioni di discriminazione economica e  sociale, specie nel caso di migrazione irregolare. Inoltre, le donne -  che sempre più spesso migrano da sole e sono ormai più della metà dei 214 milioni di migranti nel mondo - si trovano a dover affrontare seri problemi di protezione, anche personale. Di fronte alle crescenti barriere che ostacolano la mobilità per lavoro, la crescita della migrazione irregolare, la tratta di esseri umani, diventa sempre più difficile la protezione degli esseri umani e dei loro diritti, anche quelli fondamentali. Con l’espansione e la crescente complessità della migrazione per lavoro, la comunità internazionale necessita di nuovi strumenti per governarla, in aggiunta alle norme internazionali realizzate e messe in azione negli ultimi decenni. L’ILO con la sua struttura tripartita (governi, imprenditori e sindacati),  il suo mandato sui temi del lavoro, la competenza nella definizione degli standard,   nonché la sua lunga esperienza nel promuovere giustizia sociale nel mondo del lavoro, ha l’obbligo ed un ruolo unico da giocare nello sviluppo di principi e linee guida per i governi, i partner sociali e le altre parti interessate in politiche e prassi nella migrazione per motivi di lavoro. Come già detto, malgrado gli sforzi e le lotte del movimento sindacale europeo, non sempre le condizioni di lavoro e le retribuzioni nell’Europa a 27 possono definirsi dignitose ed eque per tutti. Non lo sono per gli autoctoni, ed ancor meno per i lavoratori migranti. Il lavoro assume caratteristiche sempre più frammentate e precarie, mentre condizioni discriminatorie nei livelli di retribuzione e nei percorsi di carriera appaiono sempre più frequenti. Oggi, alla luce della crisi economica, queste condizioni tendono a peggiorare per tutti, mentre non mancano casi estremi di sfruttamento, tratta  e nuove forme di schiavismo che colpiscono il lavoro etnico specie quello irregolare. E’ nel quadro del contesto internazionale sopra descritto che, negli anni più recenti, l’ILO ha promosso un ampio dialogo. Per esempio, la Commissione mondiale sulla dimensione sociale della globalizzazione, convocata dal OIL e composta da eminenti personalità di diversa estrazione, ha osservato che l'assenza di un quadro multilaterale capace di governare i movimenti transfrontalieri ha spesso dato luogo ad una serie di problemi collaterali tra cui lo sfruttamento dei lavoratori migranti, la crescita della migrazione irregolare, l’aumento della tratta di esseri umani, e fuga di cervelli dai Paesi in via di sviluppo.  E’ su questa base che, fin dal 2005, l’Ilo ha dato vita al Piano d’azione per il lavoro migrante, sulla base di una risoluzione che osservava come: “la crescente mobilità delle persone in cerca di opportunità e di lavoro dignitoso, nonché la sicurezza delle persone, ha finito per richiamare l’attenzione dei policy- makers  stimolando il dialogo per cooperazione multilaterale in praticamente ogni regione del mondo. L’Oil intende giocare un ruolo centrale nel promuovere politiche capaci di massimizzare i benefici e minimizzare i rischi della migrazione per lavoro”. Il fulcro del piano d’azione promosso da OIL è lo sviluppo di un quadro multilaterale, basato sui diritti, della migrazione per lavoro. Il Quadro multilaterale sulla migrazione per lavoro rappresenta una meditata risposta alle diffuse richieste di indicazioni pratiche e di azioni al fine di massimizzare i benefici della migrazione per lavoro per tutte le parti.
Il quadro:

Ø      affronta le questioni principali che i policy makers si trovano a fronteggiare in materia di migrazione, a livello nazionale, regionale ed internazionale;

Ø      è una collezione completa di principi, linee guida e buone prassi sulla politica migratoria del lavoro, derivate da rilevanti strumenti internazionali e una revisione globale delle politiche migratorie del lavoro e delle pratiche delle nazioni costituenti dell'OIL.

Ø      affronta i grandi temi del lavoro dignitoso per tutti, la governance delle migrazioni, la protezione dei lavoratori migranti, la promozione della migrazione ed i collegamenti con lo sviluppo e l'espansione della cooperazione internazionale.

Ø      è un quadro non vincolante che riconosce con chiarezza il sovrano diritto di tutte le nazioni a determinare in proprio le  politiche migratorie.

Ø      accetta il ruolo cruciale delle parti sociali, il dialogo sociale e tripartitismo
nelle politiche migratorie del lavoro.

Ø      sostiene politiche migratorie sensibili ai temi di genere, che rispondono ai particolari
problemi affrontati dalle donne lavoratrici migranti.

Il seminario di Danzica si è concluso con un ampio confronto ed esposizione di buone pratiche in molti Paesi. L’appuntamento ora è per un appuntamento a carattere mondiale che si terrà a Ginevra, probabilmente nel mese di novembre 2011.