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Sentenza n. 4827 del 26 agosto 2011 Consiglio di Stato

Diniego emersione da lavoro irregolare - presentazione da parte del datore di lavoro di un documento fiscale non veritiero

     

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato


in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 5456 del 2011, proposto da:
*****, rappresentato e difeso dagli avv. Simonetta Geroldi, Melissa Cocca, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

U.T.G. - Prefettura di Brescia, Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA: SEZIONE I n. 00210/2011, resa tra le parti, concernente DINIEGO EMERSIONE DA LAVORO IRREGOLARE

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Brescia e di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 agosto 2011 il Cons. Pier Giorgio Lignani e uditi per le parti gli avvocati Nessuno presente;



FATTO E DIRITTO

1. L’appellante, già ricorrente in primo grado, cittadino pakistano presente in Italia senza permesso di soggiorno, espone di avere prestato attività lavorativa “in nero” alle dipendenze di un cittadino italiano, il signor *****; e che i datore di lavoro ha avviato una pratica di regolarizzazione (“emersione”) giovandosi della legge n. 102/2009, art. 1-ter.

Inizialmente la pratica ha avuto andamento favorevole, ma la Prefettura di Brescia ha sottoposto a verifica i requisiti di legge ed ha appurato che il sig. ***** aveva presentato un documento fiscale non veritiero. Di conseguenza la Prefettura ha revocato il beneficio.

2. Lo straniero interessato ha impugnato quest’ultimo provvedimento davanti al T.A.R. di Brescia. Il ricorso è stato respinto con sentenza semplificata.

L’interessato propone appello davanti al Consiglio di Stato, chiedendo anche un provvedimento cautelare.

3. In sede di trattazione della domanda cautelare in camera di consiglio, in assenza delle parti il Collegio ritiene di poter procedere alla definizione immediata.

4. Nel merito, va premesso che la legge n. 102/2009 consente l’emersione ponendo, fra l’altro, la condizione che il datore di lavoro dimostri per l’anno 2008 un reddito non inferiore ad euro 20.000 (lo scopo di questa disposizione è chiaramente quello di evitare richieste di sanatoria per rapporti di lavoro fittizi).

A tal fine, il signor C.C. aveva esibito un CUD (certificazione fiscale del suo datore di lavoro) dal quale risultava un reddito di euro 21.114. La Prefettura tuttavia ha accertato che il documento non era veritiero e che il vero CUD del sig. C.C. indica un reddito di euro 10.072.

Questi i dati emergenti dalla motivazione del provvedimento impugnato in primo grado; e che nella loro oggettività non sono smentiti dal ricorrente, ora appellante.

Il ricorrente, invece, si limita a protestare la sua estraneità all’attività fraudolenta del ***** e si diffonde nel sostenere che egli non può esserne ritenuto responsabile, ma semmai una vittima. A tal fine deduce di aver presentato una denuncia-querela contro il *****.

5. Il Collegio osserva che ai fini del presente giudizio l’unico fatto rilevante è quello, accertato, che il signor *****. non possedeva il requisito del reddito. E’ poi secondario (e potrà rilevare semmai in altra sede) il fatto che C.C. abbia tentato di dimostrare il contrario producendo un documento non veritiero. A maggior ragione è secondaria e ininfluente la questione se lo straniero fosse più o meno consapevole e partecipe dell’attività fraudolenta del *****; anche se non ci si può nascondere che se l’inganno fosse andato a buon fine egli ne avrebbe goduto i frutti.

Il diniego della sanatoria, dal punto di vista amministrativo, non è la sanzione per una condotta illecita imputabile (in ipotesi) all’uno e/o all’altro degli interessati; è la semplice presa d’atto della insussistenza di uno dei requisiti.

6. In conclusione, l’appello va respinto.

Si ravvisano tuttavia motivi di equità per compensare le spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, rigetta l’appello. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 agosto 2011 con l'intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore

Lanfranco Balucani, Consigliere

Vittorio Stelo, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/08/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Venerdì, 26 Agosto 2011

 
 
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