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Sentenza n. 5266 del 19 settembre 2011 Consiglio di Stato

Diniego permesso di soggiorno - emersione dal lavoro irregolare di domestico - condanna per il reato di violazione all’ordine di espulsione previsto dall’art. 14, co. 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998

     

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato


in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 5410 del 2011, proposto da:
*****, rappresentato e difeso dagli avv. Ciro Centore e Sergio Orlando, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro n. 13;

contro

Questura di Pescara, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato e domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. ABRUZZO - SEZ. STACCATA DI PESCARA: SEZIONE I n. 00268/2011, resa tra le parti, concernente DINIEGO DEL PERMESSO DI SOGGIORNO

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Questura di Pescara;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 luglio 2011 il Cons. Angelica Dell'Utri e udito l’avv. Centore;

Visto l’art. 60 cod. proc. amm.;

Rilevato che sussistono i presupposti per definire il giudizio in forma semplificata nell’odierna camera di consiglio, fissata per la decisione della domanda cautelare;

Preavvertite in proposito le parti;

Ritenuto e considerato quanto segue:

1. – Con il ricorso di primo grado proposto dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, l’odierno appellante signor ***** ha impugnato il provvedimento di rigetto dell’istanza di rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato (in sostanziale diniego di emersione dal lavoro irregolare di domestico dichiarato dal signor ***** ai sensi dell’art. 1-ter del d.l. 1° luglio 2009 n. 78 conv. in l. 3 agosto 2009 n. 102), emesso dal Questore di Pescara sul presupposto dell’esistenza a carico del medesimo di pregiudizi penali ostativi, consistenti nella condanna per il reato di violazione all’ordine di espulsione previsto dall’art. 14, co. 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998.

Avverso la sentenza di reiezione pronunciata dal T.A.R. il signor ***** ha proposto appello lamentando, con unico, articolato motivo di impugnazione, eccesso di potere per erronea applicazione della legge n. 102/2009 in relazione al d.lgs. n. 286/1998 e violazione artt. 15 e 16 direttiva comunitaria n. 115/2008.

Nell’interesse dell’Amministrazione appellata, l’Avvocatura generale dello Stato si è costituita in giudizio ed ha depositato il rapporto in data 19 luglio 2011 della Questura di Pescara, in cui si rappresenta che la stessa, “esaminata l’istanza di riesame prodotta dall’interessato e verificata l’insussistenza degli elementi richiesti, non ritiene di poterla definire favorevolmente” in ossequio alle più recenti direttive ministeriali, secondo cui, nel caso di dinieghi fondati esclusivamente (come nella specie) sulla esistenza di sentenza di condanna per il reati di cui all’art. 14, co. 5, del d.lgs. n. 286 del 1998, gli Sportelli unici per l’immigrazione dovranno “procedere al riesame degli atti solo in presenza di un’apposita istanza prodotta dal datore di lavoro, unico soggetto legittimato alla presentazione della richiesta ai sensi della l. 102/2009…”.

2.- Pur tenuto conto della circostanza riferita appena sopra, l’appello è procedibile.

Il descritto esito negativo del riesame richiesto dal signor ***** consegue ad un procedimento parallelo, ossia non sostituivo, rispetto a quello conseguente all’eventuale annullamento del provvedimento a suo tempo impugnato in primo grado; quest’ultimo procedimento evidentemente dovrà essere preceduto dal riesame, alla stregua del giudicato, dell’originaria istanza-dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare avanzata dal datore di lavoro (che, peraltro, non risulta formalmente definita), non già di un’istanza di riesame prodotta dallo stesso datore di lavoro, sicché non può ritenersi venuto meno l’interesse dell’appellante alla decisione dell’appello in trattazione.

3.– Il medesimo appello è altresì fondato e dev’essere accolto alla stregua dei seguenti, risolutivi, principi di diritto e precedenti giurisprudenziali conformi:

- la questione giuridica della riconducibilità o meno ai reati previsti dagli articoli 380 e 381 c.p.p. del delitto di violazione dell’ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato, previsto dall’art. 14, co. 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998, deve ormai ritenersi del tutto priva di rilevanza, dal momento che l’applicazione della norma da ultimo indicata è oggi preclusa dagli artt. 15 e 16 della direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008 n. 2008/115/CE (le cui disposizioni risultano sufficientemente precise ed incondizionate e dunque come tali suscettibili di immediata applicazione negli Stati membri una volta decorso il termine del 24 dicembre 2010 fissato per il suo recepimento senza che il legislatore italiano abbia a ciò provveduto), che “deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa di uno Stato membro … che preveda l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo” (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza 28 aprile 2011 in causa C-61/11 PPU );

- per effetto, dunque, dell’entrata in vigore della direttiva, il reato previsto dal menzionato art. 14, co. 5-ter, non può più considerarsi tale, versandosi in un’ipotesi di abolitio criminis che, a norma dell’art. 2, co. 2, c.p., ha effetto retroattivo e fa cessare l’esecuzione della condanna con i relativi effetti penali (Cons. St., ad. plen., nn. 7 e 8 del 2011);

- il provvedimento amministrativo oggetto del presente giudizio, adottato sul presupposto di una condanna per un fatto che ormai non è più previsto come reato, in quanto tuttora sub iudice non può ritenersi insensibile al detto mutamento della normativa di riferimento; pertanto, poiché la condanna penale a suo tempo riportata dall’odierno appellante per il reato di cui al cit. art. 14, co. 5-ter, non può più essere considerata ostativa all’accoglimento della sua istanza di emersione dal lavoro irregolare e, dunque, all’ottenimento del conseguente permesso di soggiorno per motivi di lavoro, il medesimo provvedimento deve ritenersi illegittimo per insussistenza dei presupposti sui quali l’Amministrazione ha fondato il diniego; pertanto, com’è accennato al precedente paragrafo, la sottostante, originaria istanza dev’essere dalla stessa Amministrazione nuovamente esaminata conformandosi alle statuizioni della presente decisione (Cons. St., sez. III, n. 2845/2011).

4. – In definitiva l’appello va accolto, con conseguente riforma della gravata sentenza nel senso dell’accoglimento del ricorso di primo grado ed annullamento del provvedimento di diniego impugnato.

Tenuto conto dell’epoca in cui detto provvedimento è stato adottato, si ravvisano ragioni affinché possa essere disposta la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata accoglie il ricorso di primo grado ed annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 luglio 2011

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 19/09/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Lunedì, 19 Settembre 2011

 
 
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