Migranti e profughi da Tunisia e Libia

Serve una soluzione non palliativi sulla sorte dei  40 mila africani arrivati dal Nord Africa

A cura del Dipartimento Politiche Migratorie della UIL


Nel corso del 2011, a causa dei rivolgimenti sociali della cosiddetta Òprimavera arabaÓ e della guerra in Libia, sono arrivati dalle coste nordafricane in imbarcazioni di fortuna oltre 60 mila persone, in parte migranti, in parte titolati a presentare richiesta dĠasilo. Per circa 25 mila tunisini, arrivati prima del 5 aprile 2011,  stato concesso un permesso per protezione umanitaria, che pu˜ essere convertito in permesso di lavoro (senza necessitˆ di decreto flussi).  Per gli altri, arrivati dopo il quella data, e per circa 30 mila profughi e migranti arrivati dalle coste della Libia (in parte lavoratori sub sahariani fuggiti dalla guerra, in parte profughi dal Corno dĠAfrica), non  stato previsto nulla.  Attualmente il permesso di protezione temporanea per i tunisini  scaduto lo scorso 5 aprile. Si calcola che circa 11 mila tunisini siano ancora presenti in Italia e siano da due settimane sprovvisti di ogni forma di permesso o  protezione. A questi vanno aggiunti 30 mila centroafricani  arrivati dalle coste della Libia, che da un anno vagano per lĠItalia o finiscono nei CIE, senza che nessuna assistenza venga loro garantita (tranne quella preziosa delle associazioni religiose, di volontariato o lĠappoggio dei sindacati). Molti di queste persone hanno fatto (incautamente) richiesta dĠasilo, nella maggior parte dei casi negata dalle autoritˆ. Il problema vero  che non si  ipotizzata per loro nessuna soluzione: non vengono espulsi perchŽ probabilmente la cosa appare impraticabile e inumana; non vengono regolarizzati perchŽ la legge non lo permette (ma, allora, perchŽ lĠeccezione per i tunisini?). Come spesso succede da noi, le cose restano sospese a mezzĠaria in una sorta di limbo le cui conseguenze le pagano per˜ i diretti interessati. Per rimanere ai tunisini, abbiamo notizie che un provvedimento di proroga del permesso di protezione umanitaria sia stato redatto per tempo dal Governo, ma che sia attualmente bloccato alla Corte dei Conti per motivi a noi non noti. Ad avviso della UIL, questo modo di fare le cose a metˆ  sbagliato per almeno due ragioni:

a)      PerchŽ concede la protezione umanitaria solo ad una parte dei tunisini e non a tutti quelli arrivati durante i rivolgimenti in Patria.

b)      PerchŽ non estende i permessi a chi  fuggito da una situazione di guerra come quella avuta in Libia.

c)      PerchŽ affrontare una situazione cos“ seria con provvedimenti parziali e palliativi, serve solo a causare sofferenza a quelle persone e una cattiva impressione nellĠopinione pubblica che non capisce la ratio dellĠagire pubblico in materia di immigrazione.

Se riteniamo oggi conclusa la situazione di emergenza in quellĠarea, restano due possibilitˆ: o regolarizziamo chi di loro trova un lavoro in Italia o pensiamo a forme di ritorno volontario assistito, magari sulla base di accordi con il nuovo governo libico e con la Tunisia, dove molti di loro prima lavoravano. Quello che  veramente importante, soprattutto in questa situazione di grave crisi   economica,  di non usare due pesi e due misure e – tantomeno – offrire palliativi che spostano in avanti il problema ma non lo risolvono mai. Che senso ha infatti se, da una parte giustamente si ratifica la direttiva 52 per combattere il lavoro irregolare, ma dallĠaltra si lasciano 40 mila persone nel limbo dellĠirregolaritˆ?