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Rassegna ad uso
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Anno X n. 41 del 20 dicembre 2012 |
Consultate www.uil.it/immigrazione
Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri
18 dicembre 2012, l’Italia ha ratificato la Convenzione ILO sul lavoro domestico: una vittoria del sindacato
Il Dipartimento UIL Politiche Migratorie augura a tutti buon Natale e un 2013 migliore Durante il Convegno di Cgil, Cisl, Uil sul lavoro domestico, realizzato il 18 dicembre presso la sede italiana dell’ILO, il Ministro del Lavoro Elsa Fornero ha annunciato la firma imminente, da parte del Ministro degli Esteri, della Convenzione ILO n. 189 e Raccomandazione n. 201: “lavoro dignitoso per lavoratrici e lavoratori domestici”. Poche ore dopo la conferma dalla Farnesina: sia il Presidente Napolitano che il Ministro Terzi hanno firmato”. L’Italia è il primo Paese UE, e 7° nel mondo, a ratificare la Convenzione. La Farnesina ora scriverà a Ginevra per formalizzare l’atto.
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SOMMARIO
Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti pag. 2
18/12/12 – L’Italia ha ratificato la Conv. OIL 189 pag. 2
Il Ministro Terzi: “grande passo in avanti” pag. 5
Tribunale ammette a concorso cittadina croata pag. 6
Amnesty: ancora sfruttati nei campi pag. 6
ILO: rapporto sul lavoro forzato pag. 7
Demografia: l’Italia cresce solo grazie agli stranieri Dal Censimento Istat pag. 8
Perù: I Congresso mondiale dei familiari, dei rimpatriati e delle comunità peruviane all’estero pag. 9
ETUC welcomes Italy’s ratification pag.10
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A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento Politiche Migratorie
Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751
Dipartimento Politiche Migratorie:
Il governo italiano ratifica la convenzione internazionale sui diritti dei lavoratori domestici
Dichiarazione di Guglielmo Loy - Segretario confederale Uil
Roma, 18 dicembre 2012 - Il governo italiano ratifica la convenzione internazionale sui diritti dei lavoratori domestici : un atto significativo, una vittoria del Sindacato. L'Italia è il primo paese europeo che ha deciso di ratificare la convenzione ILO sui diritti dei lavoratori domestici e questa è una notizia positiva. Sono oltre 100 milioni le donne e gli uomini che lavorano presso famiglie in tutti i paesi del mondo e la stragrande maggioranza sono lavoratori migranti. I collaboratori domestici sono troppo spesso privi di tutele e senza la dignità che spetterebbe loro come persone. Dopo mesi di pressioni, il sindacato mondiale e quello italiano sono riusciti a "convincere" 7 governi, tra cui quello italiano, scrivendo così una pagina importante nella storia dei diritti dei lavoratori. La Uil dà atto ai ministri degli Esteri e del Lavoro di aver, con questo atto, raccolto la volontà dei lavoratori domestici che vivono e lavorano in Italia – nel nostro Paese sono circa 1 milione - e del sindacato confederale. Da oggi è necessario mettersi al lavoro per rafforzare le politiche di regolarizzazione e di emersione delle ancora troppe sacche di lavoro irregolare.
L’Italia ha ratificato la Convenzione ILO sul lavoro domestico: un’importante vittoria voluta e conseguita dal sindacato italiano ed internazionale.
Durante il Convegno di Cgil, Cisl, Uil sul lavoro domestico, realizzato il 18 dicembre presso la sede italiana dell’ILO, il Ministro del Lavoro Elsa Fornero ha annunciato la firma imminente, da parte del Ministro degli Esteri, della Convenzione ILO n. 189 e Raccomandazione n. 201: “lavoro dignitoso per lavoratrici e lavoratori domestici”. Poche ore dopo la conferma dalla Farnesina: sia il Presidente Napolitano che il Ministro Terzi hanno firmato”. L’Italia è il primo Paese UE, e 7° nel mondo, a ratificare la Convenzione. La Farnesina ora scriverà a Ginevra per formalizzare l’atto.
Roma,
19 dicembre 2012. E’ fatta: l’Italia ha ratificato la Convenzione ILO 189 e la
Raccomandazione n. 201: “lavoro dignitoso per le lavoratrici ed i lavoratori
domestici”. Lo ha fatto ieri, 18 dicembre e giornata internazionale del
migrante, durante un convegno voluto da Uil, Cgil e Cisl, assieme a ILO,
proprio sulla ratifica di questo importante strumento internazionale. Un
segnale che ha una valenza anche simbolica: in quanto realizzato durante
un’iniziativa importante del sindacato a favore della Convenzione e in quanto
questo avviene nella data dedicata internazionalmente alla figura del
lavoratore migrante ed alla sua famiglia. Il pensiero, naturalmente, va alla
Convenzione ONU del 1990, sui diritti dei lavoratori migranti e delle loro
famiglie, dispositivo mai adottato dall’Italia, né da alcun Paese europeo e che
il sindacato ha rilanciato durante il convegno realizzato ieri presso la sede
italiana di ILO a Roma. L’Italia è dunque il primo Paese europeo ad adottare
la Convenzione ed il 7° nel mondo, dopo Filippine, Uruguay, Mauritius,
Nicaragua, Paraguay e Bolivia. Un ottimo segnale dato al resto del mondo, ma
soprattutto agli altri Paesi europei, sull’importanza di adottare uno strumento
internazionale di tutela per una parte crescente del mondo del lavoro, che
conta a livello planetario di oltre 100 milioni di lavoratori, al 90 % donne,
all’80% migranti. La Convenzione stabilisce una serie di norme minime che certo
in Italia sono già garantite, anche se non lo sono in vaste aree del mondo: il
diritto ad un contratto scritto e ad una retribuzione certa, nella quantità e
nella modalità di pagamento; ad un orario di lavoro e riposi stabiliti; ad un
ambiente sano e dignitoso in cui lavorare; al divieto del lavoro infantile; al diritto
ad organizzarsi in un sindacato e a strumenti con cui accedere alla giustizia,
quando necessario; a regole e condizioni certe per i migranti, tra cui il
contratto scritto nella loro lingua, prima di lasciare il proprio Paese. Ma è
soprattutto uno strumento, la Convenzione, che rende finalmente visibile un
lavoro che finora da molti non era considerato tale. Il “popolo degli
invisibili”, come sono state chiamate le colf e le bandanti, hanno ora uno
strumento internazionale che restituisce loro la dignità di cui hanno
pienamente diritto e che stabilisce che non vi possono essere discriminazioni
di trattamento tra chi lavora nel settore domestico e chi lo fa in altri
settori d’impiego. La Convenzione ILO 189 è stata adottata dalla Conferenza
Internazionale del Lavoro a Ginevra il 16 giugno 2011. A novembre dello stesso
anno, la Confederazione Internazionale dei Sindacati ha lanciato la campagna
“12 by 12”, con l’obiettivo di raggiungere la ratifica da parte di 12 Paesi
entro quest’anno. La Csi ha creato comitati organizzativi di mobilitazione in
ben 85 Paesi che hanno realizzato decine di iniziative in tutto il mondo anche
recentemente, la scorsa settimana tra il 12 ed il 18 dicembre. Il Convegno di
ieri era l’impegno principale del sindacato italiano in supporto alla ratifica.
Cgil, Cisl e Uil hanno fatto nei mesi scorsi un’azione costante di lobbying nei
confronti del Governo, sollecitando la procedura di ratifica. Un’azione che ha
incontrato la sensibilità dell’Esecutivo che si è prodigato nel ricercare una
procedura breve per accelerare i tempi di adozione dello strumento. Di questo
dobbiamo particolarmente ringraziare il Ministero del Lavoro e quello degli
Esteri, che hanno lavorato bene e che ci hanno tenuti costantemente informati
sullo stato dell’arte.
I lavori del Convegno - La giornata di ieri è stata, dunque, un pieno successo di Uil, Cgil e Cisl, non solo perché è stata coronata dall’eccellente notizia della ratifica, ma anche per la piena riuscita dell’iniziativa, molto partecipata e qualificata nei contenuti degli interventi. Luigi Cal, direttore ILO per l’Italia e San Marino, in qualità di anfitrione, ha ringraziato gli ospiti ed i partecipanti, soffermandosi sull’importanza delle Convenzioni come strumento “tripartito” di sostegno agli attori sociali, nel mondo del lavoro. Ha ricordato che l’Italia ha anche ratificato le convenzioni 97 e 143, entrambe sul tema dei lavoratori migranti. Alla notizia della ratifica, Cal ha commentato: “C’è grandissima soddisfazione per la ratifica della Convenzione 189 da parte dell’Italia perché avviene in una giornata dal forte significato simbolico, quella che le Nazioni Unite dedicano ai migranti, e perché la notizia è arrivata a conclusione del Convegno organizzato da CGIL, CISL e UIL presso lo stesso ufficio dell’ILO di Roma “. “La Convenzione rappresenta dunque uno strumento in più, a fianco di quelli del contratto collettivo e della bilateralità, messo a disposizione delle parti sociali e del Governo per estendere le tutele in un settore considerato fino a poco tempo fa di seconda categoria: La ratifica spingerà le parti sociali e il Governo — ha spiegato ancora Cal — ad assumersi tutte le responsabilità per poter dare compimento alle richieste della Convenzione”.
Nella sua introduzione, il Coordinatore Del Dipartimento UIL Politiche Migratorie Giuseppe Casucci aveva sottolineato tre urgenze:
a) La ratifica subito del dispositivo ILO;
b) Il superamento delle differenze esistenti di trattamento tra lavoratrici madri domestiche e quelle degli altri settori;
c) A necessità di politiche positive di incentivo all’emersione per un settore che è ancora per il 40% sommerso: questo può avvenire attraverso forme di aiuto alle famiglie, ad esempio con la fiscalizzazione degli oneri sociali.
“Si tratta di una strategia già adottata con successo da altri paesi, come ha sottolineato Casucci, secondo cui solo effettive politiche di sostegno alle famiglie potranno condurre ad una emersione del sommerso che riguarda forse il 40% di tutti i lavoratori domestici del nostro Paese”.
Qualificanti anche gli interventi delle rappresentanti sindacali delle categoria: Giuliana Mesina, della segreteria nazionale FILCAMS Cgil si è soffermata sul rapporto tra lavoratori domestici e migrazione in Italia: “Lavoratori che devono essere considerati come un vero pilastro della nostra società”, ha sottolineato la dirigente FILCAMS, che prevede “una crescita esponenziale del settore nei prossimi anni”. Una crescita che deve essere accompagnata dalle istituzioni e dalle parti sociali, come ha rilevato Rosetta Raso, segretaria nazionale della FISASCAT, che propone investimenti in formazione e in salute e sicurezza.
Ivana Veronese, Segr. Nazionale Uiltucs UIL, si è soffermata sul tema delle lavoratrici madri e sulle differenze di trattamento che ancora le separano dalle colleghe di altri settori d’impiego: “abbiamo sollecitato le controparti a trovare un punto d’incontro nell’ambito del contratto, finora però senza risultato. Su questi temi, ha rilevato Veronese, è bene trattare per trovare soluzioni, prima che la Convenzione, la legge, piuttosto che la sentenza di un giudice ce lo imponga”. Oltre che del contributo di alcuni lavoratori del settore il Convegno è stato arricchito dalla presenza delle parti datoriali rappresentate da Teresa Benvenuto, esponente FIDALDO, e Lorenzo Gasparrini, vice presidente di DOMINA, che hanno sottolineato le difficoltà economiche di molte famiglie: “Siamo contenti dell’iter di questa Convenzione — ha detto la Benvenuto — perché protegge un settore che non deve essere considerato residuale; da questo punto di vista la formazione è essenziale per sostenere le richieste delle famiglie”. Anche per Gasparrini non esiste distanza ideologica ma piuttosto esistono le difficoltà economiche in cui molte famiglie versano: “Dobbiamo applicare le norme in maniera progressiva — ha detto il vice presidente di Domina — perché le famiglie non possono sopportare ulteriori costi”. È proprio la crisi economica, dunque, a segnare la linea tra ciò che sarebbe opportuno fare e ciò che realisticamente potrà essere messo in pratica. Adriana Cretu, lavoratrice di origine rumena, è però intenzionata a festeggiare nonostante la crisi in quanto lavoratrice domestica e immigrata: “Sì, la crisi ci sta soffocando — ha detto Adriana — ma proprio in questo momento è ancora più importante un sostegno morale; i problemi sono delicati e difficili da verificare perché il lavoro si svolge all’interno di case ma abbiamo la stessa dignità di altri lavoratori”. Adriana e le sue colleghe hanno da oggi un nuovo importantissimo strumento per difendere finalmente la propria dignità e i propri diritti.
il Ministro del Lavoro Elsa Fornero, non ha nascosto, sin dal suo ingresso in sala, l’ottimismo per una imminente ratifica della Convenzione: “L’Italia è pronta a ratificare la 189 — aveva annunciato il ministro entrando nella sede dell’ILO — ed eserciterò tutta la mia influenza per convincere il ministro degli Esteri Terzi a firmare il prima possibile, forse anche nella giornata di oggi”. Sul tema di possibili aiuti alle famiglie, come strumento di emersione dalla irregolarità, il Ministro ha invece richiamato il sindacato “alla ragionevolezza” , escludendo la possibilità che il Governo possa mettere risorse finanziarie a disposizione, vista la grave situazione economica del Paese. Il Segretario Confederale della UIL Guglielmo Loy, intervenuto subito dopo, ha comunque fatto notare che l’emersione di oltre 500 mila lavoratori domestici da una condizione di irregolarità e lavoro nero porterebbe alle casse dello stato molte più risorse di quanto possano costare gli incentivi alle famiglie. “Bisogna partire dal dato di fatto che le famiglie oggi – attraverso 1,5 milioni di lavoratori domestici – surrogano un mancato welfare che costerebbe allo Stato ingentissime risorse. “Le persone fanno riferimento ai lavoratori domestici anche perché lo Stato non garantisce alcuni servizi fondamentali — ha spiegato Loy — e se il Governo dovesse mancare di concedere incentivi aggiungerebbe la beffa al danno”. “Ognuno deve fare la propria parte – ha aggiunto il dirigente UIL – ed anche lo Stato deve fare la sua”. Più tardi, alla notizia della ratifica, Loy ha poi ringraziato il Governo per la decisione: “La Uil – ha scritto in un comunicato - dà atto ai ministri degli Esteri e del Lavoro di aver, con questo atto, raccolto la volontà dei lavoratori domestici che vivono e lavorano in Italia. E’ anche un segnale di disponibilità verso il sindacato confederale che ha richiesto con forza nell’ultimo anno l’adozione di questo importante strumento internazionale”. “Da oggi – ha concluso il dirigente UIL - è necessario mettersi al lavoro per rafforzare le politiche di regolarizzazione e di emersione delle ancora troppe sacche di lavoro irregolare”. Anche secondo Piero Soldini, responsabile immigrazione della Cgil, - intervenuto in una tavola rotonda nell’ambito del Convegno - servono “politiche per cercare di 'formalizzare' il lavoro informale”, e “lo strumento più efficace per fare emergere l'enorme sacca di lavoro nero che si annida in quello domestico e' la defiscalizzazione degli oneri con una vasta azione di regolarizzazione”.
Presente al Convegno anche Marieke Koning della CSI, responsabile della campagna internazionale “12 by 12”. La dirigente sindacale ha fatto una panoramica delle iniziative in corso nella settimana, con mobilitazioni in atto in 51 Paesi. Per Marieke la ratifica da parte dell’Italia è un ottimo segnale verso gli altri Paesi europei, alcuni dei quali (ad esempio la Germania) potrebbero seguire a breve la stessa strada.
Una campagna rilanciata appunto da Cgil, Cisl e Uil che hanno voluto darsi ieri appuntamento presso l’ufficio romano dell’ILO proprio per l’evento conclusivo che avviene al termine di una settimana di azioni dimostrative. I rappresentanti dei sindacati hanno dunque auspicato una maggiore attenzione per un settore che, se incentivato adeguatamente, potrebbe rappresentare un vero volano occupazionale: « C’è uno stretto legame — ha detto Liliana Ocmin, segretario confederale della CISL — fra occupazione giovanile, femminile e lavoro dei migranti ma per poter rilanciare il settore bisogna ipotizzare politiche fiscali per non sovraccaricare le famiglie e per contrastare il lavoro in nero ».
(ASCA)
- Roma, 18 dicembre 2012 - ''Oggi compiamo uno storico passo in avanti nella
tutela dei diritti dei lavoratori, riconoscendo sul piano giuridico il lavoro
domestico quale forma effettiva di attività professionale''. Così, il Ministro
degli Esteri, Giulio Terzi, che ha firmato oggi la ''Convenzione sul lavoro
dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici''.
''L'Italia ha voluto essere tra i primi Paesi europei a firmarla - sottolinea
il capo della diplomazia italiana – perché è una Convenzione che favorisce
la coesione sociale e l'affermazione dei diritti, in particolare quelli delle
donne, parametro fondamentale di civiltà. Vi aderiamo anche grazie al grande
impegno personale del Ministro Elsa Fornero, con cui ho lavorato in stretto
coordinamento''. Assume un alto valore simbolico, sottolinea la Farnesina, la
circostanza che la firma sia volutamente avvenuta in coincidenza con la
Giornata internazionale del migrante. Il pieno rispetto dei diritti dei
migranti e' presupposto indispensabile per lo sviluppo economico e sociale dei
Paesi in cui essi vivono e lavorano. In tal senso, anche in considerazione
dell'alto tasso di cittadini stranieri impiegati in Italia nel settore, riveste
particolare rilevanza per l'Italia la specifica protezione accordata dalla
Convenzione ai lavoratori domestici stranieri. La Convenzione sul lavoro
dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici e' stata adottata nel
giugno dello scorso anno, e mira ad assicurare uno standard adeguato di tutela
in favore dei lavoratori domestici, nel pieno rispetto dell'uguaglianza di
genere, tenuto conto anche dell'elevato numero di donne impiegate in tale
settore. La Convenzione prevede, in particolare, il diritto dei lavoratori
domestici ad essere informati sui termini e sulle condizioni di impiego, vieta
il lavoro forzato e regola i metodi per l'assunzione. Allo stesso tempo vengono
introdotti requisiti minimi in termini di alloggio e rispetto della privacy per
i lavoratori che vivono presso le famiglie d'impiego. Gli Stati che aderiscono
alla Convenzione sono anche chiamati a fissare un'età minima per l'ammissione
al lavoro domestico, in conformità con gli strumenti di tutela internazionale
dei minori. com-rba
Campagna 12 by 12
La Campagna per l'affermazione dei diritti prosegue!!!
Discriminazioni
Il Tribunale di Roma dichiara la natura discriminatoria del concorso pubblico indetto per il reclutamento di personale docente
Riconosciuto ad una cittadina croata, familiare di cittadino comunitario, il diritto a concorrere al bando per il reclutamento di undicimilacinquecento docenti
Il Tribunale
di Roma ha dichiarato la natura discriminatoria della condotta tenuta dal MIUR
nei confronti di una cittadina croata, familiare di cittadino comunitario e
titolare di permesso di soggiorno per lungo periodo, per non essere stata
ammessa a partecipare al concorso per personale docente. Il Giudice ha
ricordato che il familiare di cittadino dell’U.E. e il soggiornante
di lungo periodo godono, ai sensi del d.lgs. 30/2007 e della direttiva
comunitaria 109/2003, degli stessi diritti dei cittadini italiani anche
riguardo all’accesso al pubblico impiego con la sola esclusione delle attività
che implicano l’esercizio di potestà pubbliche nel cui ambito “non rientrano
i posti di docente delle scuole pubbliche di ordine e grado … ed è evidente che
il diritto di svolgere siffatte attività, nel caso in cui si accede per
concorso, implica il diritto a partecipare alla relativa selezione”.Il
Tribunale di Roma, quindi, ha ordinato all’Amministrazione di rimuovere gli
effetti della discriminazione consentendo, senza indugio, alla cittadina
extracomunitaria di partecipare alle prove preselettive fissate per il 17 e 18
dicembre. I legali dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione
(ASGI), che hanno sostenuto le ragioni della ricorrente con il contributo
dell’Open Society Foundations, pur soddisfatti del risultato positivo conseguito,
proseguiranno l’azione giudiziale intrapresa, impugnando, per conto
dell’Associazione, con l’intervento della Rete G2 – Seconde Generazioni,
la sentenza nella parte in cui, richiamandosi ad una superata sentenza della
Corte di Cassazione n. 2470/2006, già definita “isolata”
dalla Corte Costituzionale nell’ordinanza n.139/2011, ha negato che il diritto
a non essere discriminati nell’accesso al lavoro sia da riconoscere a tutti i
lavoratori regolarmente presenti in Italia e che il ruolo delle associazioni per
la promozione dei diritti riguardi anche la tutela giudiziale delle
discriminazioni collettive per nazionalità.
Lavoro nero
“Piaga diffusa in tutto il Paese. Gli irregolari non possono chiedere giustizia per salari inferiori a quanto concordato, per il mancato pagamento o per essere sottoposti a lunghi orari di lavoro”. Rapporto dell’organizzazione umanitaria
(http://www.stranieriinitalia.it/) Roma
– 18 dicembre 2012 - "Lavoro 9-10 ore al giorno dal lunedì al
sabato, poi cinque ore la domenica mattina, per tre euro l'ora. Il datore di
lavoro – racconta Sunny - mi dovrebbe pagare 600-700 euro al mese; io
contavo di mandare 500 euro al mese a mio padre in India. Negli ultimi sette
mesi, però, il datore di lavoro non mi ha pagato il salario intero. Mi dà solo
100 euro al mese per le spese. Non posso andare alla polizia perché non ho
documenti: mi prenderebbero le impronte e dovrei lasciare l'Italia."
"Quando non hai i documenti – spiega Ismael - ti danno solo 'lavoro
nero', che è mal pagato. Prendiamo dai 25 ai 30 euro al giorno per otto o nove
ore di lavoro. Ma quando ci facciamo male non prendiamo niente". Gli fa
eco Jean-Baptiste: "Quando il datore di lavoro non paga, che cosa puoi
fare per avere il denaro? Senza documenti, come puoi andare alla polizia? Senza
documenti, sei espulso. Ma non hai fatto niente di male...". Sono
testimonianze di lavoratori indiani e africani impiegati nei campi nelle
zone di Latina e Caserta raccolte da Amnesty International, che oggi ha
pubblicando un rapporto sullo sfruttamento dei migranti nel
settore agricolo italiano. Una realtà diffusa in tutto il Paese,
denuncia l’organizzazione umanitaria, che chiede all’Italia di “rivedere le
politiche che contribuiscono allo sfruttamento dei lavoratori migranti e che
violano il loro diritto a condizioni di lavoro giuste e favorevoli e
all'accesso alla giustizia”. I braccianti stranieri ricevono paghe inferiori di
circa il 40 per cento, a parità di lavoro, rispetto al salario italiano minimo
concordato tra le parti sociali e lavorano un maggior numero di ore. Le vittime
dello sfruttamento del lavoro sono migranti africani e asiatici e, in alcuni
casi, cittadini dell'Unione europea (soprattutto bulgari e rumeni) e cittadini
di paesi dell'Europa orientale che non fanno parte dell'Unione europea (tra cui
gli albanesi). "Nell'ultimo decennio le autorità italiane hanno alimentato
l'ansia dell'opinione pubblica sostenendo che la sicurezza del paese è
minacciata da un'incontrollabile immigrazione 'clandestina', giustificando in
questo modo l'adozione di rigide misure che hanno posto i lavoratori migranti
in una situazione legale precaria, rendendoli facili prede dello
sfruttamento" denuncia Francesca Pizzutelli, ricercatrice del Segretariato
Internazionale di Amnesty International e autrice del rapporto. Amnesty
sottolinea che le attuali politiche italiane intendono controllare il numero
dei migranti stabilendo delle quote d'ingresso per tipi diversi di lavoratori e
rilasciando permessi sulla base di un contratto scritto. Queste quote,
tuttavia, sono molto inferiori all'effettivo fabbisogno di lavoratori migranti
e questo sistema, oltre a essere inefficace e a prestarsi ad abusi, incrementa
il rischio di sfruttamento del lavoro dei migranti. “L'esito di tutto
questo, spesso, per i lavoratori migranti consiste in paghe ben al di sotto del
salario concordato tra le parti sociali, riduzioni arbitrarie dei compensi,
ritardato o mancato pagamento, lunghi orari di lavoro. Si tratta di un problema
diffuso e sistematico" dice Pizzutelli. I datori di lavoro
preferiscono assumere lavoratori già presenti in Italia a prescindere dalle
quote d'ingresso fissate dal governo. Alcuni lavoratori possono avere il
permesso già scaduto mentre altri possono aver ottenuto il visto d'ingresso
attraverso intermediari ma non riescono poi a ottenere il permesso di
soggiorno. In questo modo, molti lavoratori migranti finiscono per trovarsi
senza documenti che ne attestino la presenza regolare in Italia e rischiano
l'espulsione. Il rapporto ricorsa poi che la legislazione italiana ha
introdotto il reato di "ingresso e soggiorno illegale",
stigmatizzando così i lavoratori migranti irregolari, alimentando la xenofobia
e la discriminazione nei loro confronti. “Questa legislazione pone i lavoratori
migranti nella condizione di non poter chiedere giustizia per salari inferiori
a quanto concordato, per il mancato pagamento o per essere sottoposti a lunghi
orari di lavoro. La prospettiva, per molti di loro, è che se denunciano lo
sfruttamento vengono arrestati ed espulsi a causa del loro status irregolare”.
"Le autorità italiane – conclude Pizzutelli - dovrebbero
modificare le politiche in materia d'immigrazione concentrandosi prima e
soprattutto sui diritti dei lavoratori migranti, indipendentemente dal loro status
migratorio, garantendo loro un efficace accesso alla giustizia, istituendo
meccanismi sicuri e accessibili per i lavoratori migranti che intendono
presentare esposti e denunce contro i datori di lavoro, senza timore di essere
arrestati ed espulsi". Scarica
"Exploited labour: Migrant workers in
Italy's agricultural sector" (609.85 KB)
Sintesi in Italiano
Lavoro forzato e traffico di esseri umani
Secondo quanto stimato dal BIT, almeno 20,9 milioni di uomini,
donne e bambini nel mondo sono vittime del lavoro forzato, intrappolati in una
forma di sfruttamento da cui non riescono a liberarsi e sono sottomessi
all’arbitrio dei datori di lavoro, di intermediari o di agenti senza scrupoli.
Sono a volte le vittime di un traffico a fini sessuali commerciali, ma sono più
spesso coinvolti in settori economici “classici” come l’agricoltura, la
costruzione o la produzione informale, spesso causa di un debito che non
possono rimborsare. Le donne e le ragazze
destinate al lavoro domestico, i lavoratori immigrati clandestini e i popoli
indigeni sono i più vulnerabili. Inoltre, un numero considerevole di individui
sono inghiottiti dalla spirale del lavoro forzato imposto dallo Stato o dai
suoi rappresentanti. Il traffico degli esseri umani ha assunto proporzioni
spaventose: più di 2,4 milioni di individui nel mondo subiscono oggi uno
sfruttamento che deriva da tale traffico. La metà sono bambini. Ovunque siano
presenti, il lavoro forzato e la tratta di esseri umani costituiscono un freno
allo sviluppo sociale e economico e una violazione dei diritti umani. L’ILO
possiede le competenze che permettono la lotta al lavoro forzato e alla tratta
di esseri umani. Combatte il lavoro forzato grazie alle sue Convenzioni in
materia, e il traffico di esseri umani attraverso norme fissate per il lavoro
forzato, gli abusi nei confronti dei lavoratori migranti, la discriminazione
sul posto di lavoro e le peggiori forme di lavoro minorile.
Il Programma di azione speciale dell’ILO per combattere il lavoro forzato (SAP-FL) e il suo Programma internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile (IPEC) collaborano con altre organizzazioni internazionali ai seguenti fini:
· condurre ricerche sul lavoro forzato e il traffico di esseri umani
· sostenere gli sforzi dei governi, delle organizzazioni di datori di lavoro, di lavoratori e della società civile per la prevenzione del lavoro forzato e del traffico di esseri umani
· soccorrere e reinserire le vittime, e ristabilirne i diritti
· potenziare la capacità della giustizia e della polizia di inseguire i criminali.
Cooperiamo strettamente con i programmi SAP-FL e IPEC per condividere le conoscenze e le esperienze pratiche dell’Organizzazione nella lotta al lavoro forzato e alla tratta di esseri umani, tramite uno sforzo di potenziamento delle capacità. Proponiamo anche materiale di formazione che intende assistere i governi, i datori di lavoro, i lavoratori, le organizzazioni dei partner sociali e i membri della società civile nella lotta allo sradicamento del lavoro forzato e della tratta di esseri umani. Per qualsiasi informazione complementare, si prega di consultare la pagina Internet dedicata al Programma delle norme e dei principi e diritti fondamentali sul lavoro.
Demografia
Al 9 ottobre 2011, data di riferimento del 15° Censimento generale, la popolazione residente nel Paese è pari a 59.433.744 persone. Secondo la rilevazione Istat, incremento del 4,3% rispetto al 2001: in 10 anni 2 milioni e 700mila stranieri in più, mentre la popolazione di cittadinanza italiana è diminuita dello 0,5%.
Roma, 19
dicembre 2012 - Al 9 ottobre 2011, data di riferimento del 15° Censimento
generale della popolazione e delle abitazioni, la popolazione residente in
Italia ammonta a 59.433.744 persone. Rispetto al 2001, quando si contarono
56.995.744 residenti, l'incremento è del 4,3%, ''da attribuire esclusivamente
alla componente straniera'', rileva l'Istat. ''Infatti - sottolinea l'Istituto
di statistica - nel decennio intercensuario la popolazione di cittadinanza
italiana è diminuita di oltre 250mila individui (-0,5%), mentre quella
straniera è aumentata di 2.694.256 unità''. I cittadini stranieri risultano in
crescita in tutte le regioni della Penisola, mentre gli italiani diminuiscono
nel Mezzogiorno oltre che in Piemonte, Liguria e Friuli-Venezia Giulia. In
particolare, i cittadini italiani aumentano nel 43,2% dei comuni (3.493) e
diminuiscono nel restante 56,8% (4.599). I comuni in cui si registra il maggior
incremento di residenti italiani sono Rognano, Sant'Alessio con Vialone e
Roncaro, tutti in provincia di Pavia; quelli che ne perdono di piu' sono Paludi
in provincia di Cosenza, Quindici in provincia di Avellino e Rocca de' Giorgi
in provincia di Pavia. ''Nel periodo intercensuario - viene rilevato - i
maggiori incrementi di popolazione si rilevano nelle regioni del Centro-Nord,
specie in Trentino-Alto Adige (+9,5%), Emilia-Romagna (+8,5%), Lazio (+7,6%),
Lombardia (+7,4%) e Veneto (+7,3%). Al contrario, nelle regioni del Sud e delle
Isole si registrano incrementi lievi (intorno all'1% in Campania, Puglia e
Sicilia) e perdite di popolazione (superiori al 2% in Molise, Basilicata e
Calabria). In Italia, al 9 ottobre 2011, ci sono 93,7 uomini ogni 100 donne
(28.745.507 uomini, 30.688.237 donne). ''A livello territoriale - prosegue
l'Istat - non si segnalano differenze significative, anche se nell'Italia Centrale
il rapporto di mascolinità scende al 92,3% (5.568.595 uomini, 6.032.080 donne),
mentre nelle regioni del Sud, nelle Isole e nel Nord-Est si attesta
rispettivamente a 94,3% (6.783.667 uomini, 7.193.764 donne), 94,1% (3.219.998
uomini, 3.422.268 donne) e 94,2% (5.551.923 uomini, 5.895.882 donne). Il
rapporto di mascolinità è più alto in Trentino-Alto Adige (95,9%), Basilicata
(95,8%) e Sardegna (95,6%) mentre il piu' basso si registra in Liguria
(89,5%)''. In 1.898 comuni, pari al 23,5% del totale, ''il rapporto di
mascolinità risulta sbilanciato a favore della componente maschile, con il
primato che spetta a due centri del cuneese: Castelmagno (182,8 uomini ogni 100
donne) e Valmala (190,9 uomini ogni 100 donne). Al contrario, si contano solo
67,8 uomini ogni 100 donne a Montebello sul Sangro in provincia di Chieti, e
69,4 a Introzzo in provincia di Lecco''. L'analisi territoriale mostra ''una
geografia dell'invecchiamento abbastanza variabile. Considerando l'età media
della popolazione residente, che per l'Italia nel suo complesso è pari a 43
anni, le regioni del Sud presentano valori al di sotto del dato nazionale. In
Calabria, Puglia, Trentino-Alto Adige e Sicilia l'età media è di 42 anni,
mentre in Campania scende al livello minimo di 40 anni. Quattro sono le regioni
che si attestano sul valore medio nazionale (Lazio, Basilicata, Veneto e
Lombardia); nel resto della Penisola l'età media varia dai 44 anni di Sardegna,
Valle d'Aosta, Abruzzo e Molise, ai 45 anni di Marche, Emilia-Romagna, Umbria,
Piemonte e Toscana, fino a toccare il valore massimo in Friuli-Venezia Giulia
(46 anni) e Liguria (48 anni). Il comune mediamente più giovane è Orta di
Atella, in provincia di Caserta, con una età media di 32 anni, il più vecchio è
Zerba, in provincia di Piacenza, dove l'età media è di 65 anni''. Dal 2001 ad
oggi, in 4.867 comuni italiani (60,1%) la popolazione è aumentata. In
particolare si registra un incremento di residenti nell'81% dei comuni di
dimensione compresa tra 5mila e 50mila abitanti, nel 68,4% dei comuni tra
50.001 e 100.000 abitanti e nel 51,8% di quelli con meno di 5mila abitanti.
Analizzando il dato per ripartizione geografica, nel Nord-Ovest 2.145 comuni
(70,1% della ripartizione) hanno avuto un incremento di popolazione, e in 197
casi l'aumento e' superiore al 25%. Incrementi consistenti si registrano anche
nel Nord-Est (in 1.124 comuni, ovvero il 75,9% di quelli localizzati nella
ripartizione) e nel Centro (in 694 comuni, 69,7%). Nel Sud e nelle Isole al
contrario prevalgono i comuni che hanno ridotto il numero di residenti; in
particolare, 1.153 comuni del Meridione (64,4%) hanno perso popolazione e per
179 la diminuzione e' stata superiore al 15%. La popolazione residente nel
nostro Paese si distribuisce per il 26,5% nell'Italia Nord-Occidentale, per il
23,5% nell'Italia Meridionale, per il 19,5% nelle regioni dell'Italia Centrale,
per il 19,3% nell'Italia Nord-Orientale e per il restante 11,2% in quella
Insulare. La regione piu' popolosa e' la Lombardia con 9.704.151 residenti,
quella con meno abitanti la Valle d'Aosta (126.806). In termini di popolazione,
i cinque comuni piu' grandi d'Italia sono: Roma (2.617.175 residenti), Milano
(1.242.123), Napoli (962.003), Torino (872.367) e Palermo (657.561). Nel
Nord-Ovest si concentrano i comuni più piccoli: Pedesina (30 residenti) e
Menarola (46) in provincia di Sondrio, Morterone (34) in provincia di Lecco,
Moncenisio (42) in provincia di Torino, e Briga Alta (48) in provincia di
Cuneo. TRIPLICATI GLI STRANIERI - Nel corso dell'ultimo decennio la popolazione
straniera residente in Italia è triplicata, passando da 1.334.889 persone a
4.029.145, con una crescita pari al 201,8%. Due su tre risiedono nel Nord
(35,4% nell'Italia Nord-Occidentale e 27,1% nel Nord-Est), il 24,0% nel Centro
e solo il 13,5% vive nel Mezzogiorno. ''La componente femminile rappresenta il
53,3% del totale degli stranieri, valore che sale al 56,6% nel Meridione. Il
rapporto di mascolinità, diminuito di oltre 10 punti percentuali rispetto al
2001, è di 87,6 maschi ogni 100 femmine. La variabile sesso non sembra incidere
significativamente sulla distribuzione territoriale dei cittadini stranieri,
tanto che la componente femminile si distribuisce alla stregua di quella
maschile: nel Nord Italia - viene sottolineato - risiede circa il 60% di donne
straniere, nelle regioni centrali poco più del 24%''. Il 46% degli stranieri
residenti ha un'età compresa tra 25 e 44 anni, uno su quattro ha tra i 30 e i
39 anni. L'età media è di 31,1 anni e la componente maschile risulta più
giovane (29,7 anni) di quella femminile (32,3 anni).
Esteri
I° Congresso mondiale dei familiari, dei rimpatriati e delle comunità peruviane all’estero.
LIMA 12/14 DICEMBRE 2012.
Si è svolto a Lima, nella prestigiosa cornice del Museo del Congresso e dell’Inquisizione il primo Congresso Mondiale dei familiari, dei rimpatriati e delle comunità peruviane all’estero, sotto l’auspicio della Camera dei deputati del Perù e di altre importante istituzioni tra le quali non poteva mancare il Patronato ITAL UIL che ha una sede operativa a Lima.
Lo slogan della manifestazione chiarissimo: per l’esercizio dei diritti fondamentali e l’inclusione sociale dei peruviani emigrati nel mondo e dei loro familiari in Perù. In effetti la comunità peruviana ha vissuto una vera e propria diaspora a partire dagli anni ’80 in particolare. Milioni di cittadini (si contano circa tre milioni di peruviani residenti all'estero) hanno lasciato il paese per andare in altri paesi latinoamericani (Argentina, Cile) ma soprattutto verso gli USA e l’Europa (con in testa Spagna e Italia), ma ci sono peruviani anche in Giappone, Australia… una storia simile a quella vissuta precedentemente dagli italiani. Ora molti peruviani stanno tornando a casa, del resto anche l’economia mondiale è decisamente cambiata e la crisi spagnola (ma anche italiana) spinge un numero consistente di peruviani a fare la seconda grande scelta, tornare a casa e magari provare a lavorare con successo in Perù. Il governo peruviano si è impegnato a favorire questo rientro e questo è stato uno dei tanti temi del congresso. Altre importante materia di discussione la creazione del distretto elettorale per i peruviani all’estero e le tematiche delle rimesse. Il rappresentante dell’ITAL UIL ha invece focalizzato il suo intervento su un tema molto importante e sentito: la richiesta di una convenzione bilaterale in materia di previdenza sociale tra i due paesi.
Alfredo Carpentieri ha sottolineato come senza la convenzione molti cittadini non riescano ad esercitare il diritto al pensionamento. Attualmente infatti solo i cittadini italiani possono riscattare il lavoro svolto in Perù (anche integralmente) vale a dire che ci sono persone che senza aver lavorato neanche un giorno in Italia hanno poi una pensione Inps a condizioni abbastanza vantaggiose soprattutto se comparate alle politiche di tagli in corso in Italia. Quindi la normativa è fortemente discriminatoria perché non tutti i cittadini italiani possono pagarsi il riscatto e addirittura ai peruviani non viene concessa neanche questa possibilità. In definitiva è dimostrabile che anche dal punto di vista economico una convenzione sarebbe sostenibile poiché ciascun Paese pagherebbe per la percentuale di contributi effettivamente versati al proprio sistema previdenziale e non ci sarebbero più cittadini con due pensioni e altre senza nessuna pensione. ITAL UIL e FORUM dei peruviani all’estero / Italia hanno raccolto e presentato firme alle rispettiva autorità consolari sollecitando l’avvio di negoziati, l’on. Fabio Porta ha fatto una interrogazione parlamentare in tal senso e se il governo italiano dimostra scarsa attenzione e sensibilità sull’argomento, quello peruviano invece ha chiesto ufficialmente nell'incontro svolto a Lima dalla sottosegretaria Marta Dassú, di avviare un negoziato sulla sicurezza sociale, un primo importante passo frutto anche della mobilitazione di ITAL UIL e del FORUM dei peruviani in Italia.. La riunione di Lima contribuirà certamente a far crescere il consenso e ad incrementare la mobilitazione a favore di una convenzione bilaterale tra Italia e Perù, paesi protagonista di un singolare interscambio migratorio nel corso dei secoli. Tra gli altri interventi si segnalano quelli di Carlos Brito (Fopex Italia) a favore del distretto elettorale, dell’ambasciatore Manuel Talavera che ha presentato i risultati della prima inchiesta su peruviani all’estero e la chiusura dei lavori del presidente del Tribunale Costituzionale Ernesto Alvarez. I peruviani all'estero hanno diritto ad uno loro rappresentanza parlamentare, del resto é stato dimostrato come anche numericamente sia corretto creare un distretto elettorale estero (visto che quasi 800.000 sono gli aventi diritto al voto all'estero, numero di votanti superiore a quello di diverse regioni del Perú.) la tre giorni ha fatto incontrare con le istituzioni i peruviani all'estero, le loro famiglie e i rimpatriati, permettendo anche di ascoltare alcune toccanti storie personali e collettive, inoltre ha favorito l'avvio di percorsi legislativi a favore del rientro dei peruviani in patria, nonché l'apertura di un dibattito sia sul distretto elettorale sia sulla convenzione bilaterale con l'Italia. In definitiva dunque un bilancio positivo ed é da sottolineare che ITAL UIL ha partecipato, unico patronato italiano che sostiene la lotta dei peruviani in Italia.
Alfredo Carpentieri
PATRONATO ITAL UIL
P. Rospigliosi 105
Lima 4 Peru
Tel. 0051 1 4460167
www.italuil.it
Notizie in breve
L’Italia sottoscrive la “Convenzione
sul lavoro dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici”.
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Giornata internazionale del
migrante, Napolitano: “ai tanti immigrati auguro di riuscire a superare le
difficoltà che incontrano, oggi aggravate dalla crisi economica”.
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Amnesty International accusa le
politiche italiane “che contribuiscono allo sfruttamento dei lavoratori
migranti”.
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Musica: #caropresidente, un rap di
Amir per chiedere al presidente Napolitano di ricordare le seconde
generazioni nel discorso di fine anno.
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Censimento:
in dieci anni la popolazione cresciuta solo grazie agli stranieri.
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Se
lo straniero è titolare del permesso CE per lungo soggiornanti, il coniuge
può ottenere subito lo stesso permesso senza attendere 5 anni di regolare
soggiorno.
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In
edilizia è straniero un lavoratore su cinque, nel 2012 sono aumentati gli
immigrati disoccupati.
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The European Trade Union Confederation (ETUC) congratulates the Italian Government on becoming the first European country to ratify ILO Convention 189 on Domestic Work. The Italian ratification follows a successful campaign by the Italian trade unions that have pressed for a speedy ratification Convention. The campaign forms part of the wider 12 x 12 Campaign that is mobilising European and International trade unions for a full endorsement of the Convention on Domestic Work in all member states of the ILO. Italy is the eight country to ratify the Convention worldwide.
Thanks to this Convention, domestic workers now have the same rights as all other workers, including the right to the minimum wage, access to social security, maximum working time and obligatory rest periods. Domestic workers can now defend their rights collectively. Although Italian legislation and a collective agreement already provide a complete legal framework for domestic workers, only half of them are covered by social security and 40% of them work in an irregular situation. The ratification will give new impetus to achieve decent working conditions for all domestic workers. It will be of primary benefit to women and migrants. This ratification is even more meaningful because it took place on International Migrants Day. Most domestic workers are migrants and women, who are often exposed to poor or irregular working conditions, in Europe as elsewhere. The ratification in all Member States should be a first step to restoring the dignity of domestic work and to concretely improving their working and living conditions. The ETUC urges all EU Member States not to delay in following the Italian example.