30 novembre 2012

Flussi d’ingresso: per Forlani (Ministero lavoro) è un “dibattito retaggio del passato”.
Per il dirigente “occorre cambiare l’agenda, parlare di integrazione, lavoro qualificante e mobilità interna”.
Immigrazioneoggi, 30-11-2012
Con una crescita dal 2,2% al 7,5% della popolazione straniera, due milioni e mezzo di lavoratori, che rappresentano un decimo del totale degli occupati, e che contribuiscono al 6% del Pil e promuovono il 7,4% delle imprese, l’Italia nell’arco di un decennio è diventata il quarto Paese per accoglienza di immigrati nell’ambito Ue, dopo Spagna, Germania e Regno Unito. La presenza degli stranieri è caratterizzata da una crescente stabilità delle comunità, con una quota del 52% di soggiornanti di lungo periodo, centomila ricongiungimenti familiari all’anno, e circa un milione di minori, di cui 756 mila iscritti nelle scuole. I dati sono stati citati alla giornata di studi Un nuovo orizzonte per l’immigrazione organizzata dal Cnel e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
“La presenza di stranieri è inevitabilmente elevata. Di contro – sottolinea Natale Forlani, direttore generale per l’Immigrazione del Ministero del lavoro – il dibattito è ancora concentrato sui flussi, risentendo di un retaggio del passato. Il Paese su questi temi ha invece bisogno di cambiare l’agenda, parlando di integrazione e lavoro, che è qualificante nel promuovere la mobilità sociale interna”.
Con due questioni: per la prima volta l’offerta di lavoro da parte degli immigrati supera la domanda e bisogna fare i conti con aspirazioni crescenti. Negli anni della crisi – spiega il Cnel – c’è stato un incremento di oltre 5 punti percentuali (arrivata al 12%), che segna un cambiamento rispetto agli anni passati. Queste novità “invitano a spostare l’attenzione dalla programmazione dei flussi alle politiche di integrazione basate su una maggiore capacità di favorire la mobilità interna del lavoro”.



IMMIGRAZIONE - LINGUA ITALIANA - IN LOMBARDIA.13.000 IMMIGRATI HANNO CERTIFICATO LORO ITALIANO: 7.722 DONNE CONTRO 4.582 UOMINI. IL 37% E' DIPLOMATO, IL 19% LAUREATO
Italian Network, 30-11-2012
  In Lombardia, dall'inizio del 2006 a oggi, 18.351 immigrati si sono iscritti al progetto 'Certifica il tuo italiano. La lingua per l'inclusione sociale, il lavoro è la cittadinanza'. Grazie a questa opportunità, in molti hanno potuto partecipare al corso d'italiano gratuito rivolto a stranieri adulti appartenenti alle fasce più deboli.
I dati sono stati resi noti oggi al convegno 'L'alfabeto dell'integrazione formazione linguistica di base per migranti in Europa', cui ha partecipato l'assessore regionale alla Famiglia, Conciliazione, Integrazione e Solidarietà sociale Carolina Pellegrini che, affrontando il tema dell'integrazione, ha sottolineato come il dialogo interreligioso sia "un tema di assoluta importanza e rilevanza".
  Il corso, che prepara alla certificazione e consente di iscriversi gratuitamente all'esame per ottenerla, è un progetto  ofinanziato dal Ministero della Solidarietà Sociale e dalla Regione Lombardia ed è realizzato in collaborazione con l'Ufficio scolastico regionale per la Lombardia, la Fondazione Ismu e l'Osservatorio regionale per l'integrazione e la multietnicità. Sono già 13.844 gli immigrati che hanno superato gli esami e ottenuto la certificazione linguistica L2 utile per inserirsi nel mondo del lavoro.
"Il prossimo anno - ha detto Pellegrini - sarà l'anniversario dell'editto di Costantino; il Comune di Milano è già sceso in campo per rimarcare che il dialogo fra le persone passa, anche, attraverso la libertà religiosa e il riconoscimento dell'altro. Aprirsi all'altro significa riconoscerne l'identità e solo chi ha un'identità solida non ha paura ad aprirsi al Confronto".
L'assessore Pellegrini, leggendo un tratto dell'editto di Costantino, ha ricordato come "Milano,fin dal 313, si è imostrata una città aperta e accogliente, auspico che, insieme, si possa continuare a lavorare per la pace e il dialogo. Solo attraverso il rispetto dell'altro si può, infatti, arrivare a una coesione sociale vera, che in questo momento è messa in
seria discussione e pericolo".
 "La conoscenza della lingua italiana che si declina nelle possibilità di trovare un lavoro - ha sottolineato Carolina Pellegrini - è senza dubbio il primo impegno e il primo input da dare e credo che i risultati positivi di questo progetto ci spingano a proseguire in questa direzione. Tutto ciò, ovviamente, non basta. Occorre parlare, dialogare, interagire, capirsi, confrontarsi per mettere in campo con il territorio, e insieme ai soggetti coinvolti, una serie di azioni sussidiarie per predisporre politiche integrate.
  I corsi sono stati frequentati in maggioranza da donne, che nel periodo in esame sono state in totale 10.812, mentre gli uomini sono stati 6.809. Le donne superano gli uomini anche per quanto riguarda le certificazioni: 7.722 contro 4.582. Per quanto riguarda i titoli di studio: il 15 per cento dei corsisti dichiara di non avere nessun titolo o solo le lementari, il 29 per cento ha un diploma di scuola media, il 37 per cento delle superiori e il 19 per cento una laurea.
Il primato dei partecipanti va al Nord Africa, seguito da India, Bangladesh e Cina. Dal 2006 a oggi i corsi erogati in tutte le province lombarde sono stati 1.055 e sono stati organizzati da 18 reti costituite da Ctp (Centri territoriali permanenti per l'educazione degli adulti), Enti locali e associazioni.
"Questo tema mi ha sempre coinvolto - ha concluso l'assessore Pellegrini - prima di diventare assessore, infatti, ero, e sono tutt'ora, consigliera di Parità in Regione Lombardia e, proprio in questa veste, mi sono occupata di immigrazione, integrazione e politica del lavoro, tematiche che, anche oggi, continuano a coinvolgermi. Sono convinta che Regione Lombardia, proprio per via della tipologia di popolazione che ha, con un numero di immigrati significativo, non possa non operare nella direzione dell'integrazione per questo continuerò a coinvolgere tutta me stessa per portare avanti il compito che mi è stato affidato".(29/11/2012-ITL/ITNET)



«Rinfrescati le idee nel fiume» Migranti, la punizione dei militari.
La punizione inflitta ai migranti ubriachi a Montagnana (Padova). Patteggiano tre carabinieri ma sullo sfondo resta una morte misteriosa.
Melting Pot Europa, 29-11-2012
Il corpo di Abderrahman Salhi lo aveva trovato un contadino riverso a faccia in giù nelle fredde acque del Frassine, a pochi chilometri da Montagnana in provincia di Padova. Gli amici con cui condivideva la baracca in riva al fiume non avevano sue notizie da nove giorni, da quando qualcuno lo aveva visto salire a bordo di una macchina dei carabinieri nel centro storico di Montagnana durante la «Festa del prosciutto».
Era ubriaco Abderrahman quella sera, si era comportato un po’ sopra le righe e aveva infastidito qualche paesano. Per questo, alla fine, erano dovuti intervenire i carabinieri che lo avevano fatto salire in macchina e portato via verso un buco nero da cui uscì cadavere soltanto nove giorni dopo, la mattina del 24 maggio 2010.
«Morto affogato», la più facile delle conclusioni per quel cittadino marocchino venticinquenne, senza fissa dimora, spesso ubriaco e clandestino. Un invisibile, in sostanza. E invece è stata proprio la fine di Abderrahman a sollevare il velo su una storia incredibile che lunedì ha portato al patteggiamento di tre carabinieri della stazione di Montagnana: 2 anni, pena sospesa, per il maresciallo capo Claudio Segata e 1 anno e 10 mesi per Giovanni Viola, entrambi accusati di concorso in sequestro di persona e violenza privata. Ha patteggiato invece una multa di 300 euro l’appuntato scelto Daniele Berton, accusato di omessa denuncia di reato da parte di un pubblico ufficiale, la stessa ipotesi per cui andrà a processo l’appuntato scelto Angelo Canazza.
Perché scavando nella vicenda di Abderrahman il procuratore aggiunto di Padova Matteo Stuccilli e il sostituto Roberto D’Angelo hanno portato alla luce una vicenda assurda di violenza e diritti violati.
Il marocchino, infatti, dopo essere stato fermato in paese era stato condotto dai militari sul greto del Frassine e poi costretto a saltare dentro le acque buie del fiume dove poi venne ritrovato cadavere. L’inchiesta per omicidio colposo, però, si avvia ormai a chiusura perché la procura ha già depositato la richiesta di archiviazione a carico dei militari. L’autopsia sul cadavere del venticinquenne, eseguita dal professor Massimo Montisci, ha infatti rilevato segni nella parte frontale della testa di Abdherrahman compatibili con una caduta, ma ha fissato il momento della morte ad alcuni giorni dopo la sera del suo «prelievo» ad opera dei carabinieri.
Abdherrahman, in sostanza, è morto sì affogato dopo essere caduto nelle acque del Frassine, è rimasto sì cadavere per alcuni giorni nel greto del fiume, ma il tutto sarebbe accaduto in un momento successivo rispetto a quando fu costretto a saltarci dentro dai carabinieri. Discorso chiuso, allora, pur con tutti i dubbi che la perizia medico legale non è riuscita a fugare.
Quello che è invece è andato avanti fino ad arrivare al patteggiamento di lunedì, invece, è il fascicolo che la procura ha aperto in base ai risultati dell’inchiesta. Un lavoro che ha permesso di scoprire che quanto capitato ad Abdherrahman non era un fatto eccezionale, ma si trattava piuttosto di un «protocollo informale» che i carabinieri Segata e Viola hanno utilizzato in seguito in altri quattro casi.
Tutti con storie più o meno simili che hanno visto per protagonisti altri due immigrati. Fermati in strada o perché ubriachi o perché responsabili di molestie, «privati della libertà - hanno scritto i magistrati nell’atto di chiusura indagini - costretti a salire su veicolo di istituto e condotti in località argine del fiume Frassine» dove poi li «costringevano a immergersi in acqua». Un rito ripetuto per altre quattro volte, fra l’estate del 2010 e quella del 2011, dopo la morte di Abdherrahman Salhi.
Una sorta di punizione sommaria inflitta agli immigrati sorpresi ubriachi a disturbare la quiete dei diecimila abitanti del Comune amministrato, da maggio 2011, dalla sindaca leghista Loredana Borghesan. Fatti che, hanno scritto i magistrati, gli appuntati Berton e Canazza avrebbero «omesso di denunciare» nonostante fossero «agenti di polizia giudiziaria ai quali incombeva l’obbligo del rapporto».
Sono stati, infatti, propri i due immigrati vittima del «trattamento speciale» a raccontare alla procura di Padova di quelle pratiche, del prelievo in città e del bagno nelle acque del Frassine. Lo stesso Salhi, prima di quell’ultima sera in cui fu visto vivo salire nell’auto dei carabinieri, ad aprile 2010 aveva dovuto subire il medesimo trattamento.
Ricostruzioni che i carabinieri coinvolti non hanno potuto smentire, spiegando che si trattava unicamente di una pratica «per far rinfrescare le idee» agli extracomunitari obbligati.
Articolo di Massimo Solani
tratto da: unita.it



Altro episodio di razzismo nel calcio
CIRDI, 29-11-2012
Seregno, 15esima giornata di campionato nazionale serie D, un gradino prima del professionismo. È qui che giovani (tifosi?) brianzoli in trasferta si macchiano della peggiore delle infamie. Domenica scorsa, dall’inizio del secondo tempo, nello spicchio di gradinate riservate agli ospiti partono cori, insulti e sputi rivolti a Isoken Guobadia, calciatore di origini nigeriane in forza al Voghera. Il difensore non fa una piega, non cede alla provocazione e la partita fila via liscia. L’arbitro registra tutto, però, e alla fine dell’incontro stende il referto.
Il caso arriva nelle mani della commissione disciplinare. La Federcalcio usa la mano pensate e decide che la prossima partita, quella casalinga contro la Fersina Perginese, sarà disputata a porte chiuse. Alla società arriva anche un‘ammenda di 2mila euro. Perché, si legge nel comunicato della Federazione, i tifosi hanno rivolto “nel corso del secondo tempo e in più occasioni, urlando, espressioni comportanti denigrazione per motivi di razza a un calciatore di colore della squadra avversaria. Il medesimo giocatore veniva fatto oggetto del lancio di numerosi sputi che lo attingevano in varie parti del corpo”.
Non è la prima volta che una frangia del pubblico della squadra brianzola si distingue per episodi del genere. Era già successo al termine della trasferta di Mezzocorona. In quell’occasione, sul campo della formazione trentina, gli sputi erano stati indirizzati a un assistente arbitrale. Anche in quel caso era scattata la squalifica del campo per i brianzoli. La società dalle pagine del proprio sito prende le distanze dal comportamento dei propri tifosi e in un comunicato ufficiale “rivolgere le più sentite scuse all’A.C. Voghera, ma soprattutto al giocatore Isoken Guobadia, a cui va la nostra più sincera solidarietà per gli episodi accaduti”.

    
    
Afghanistan, ragazzina sgozzata S'è rifiutata di fare la moglie
Aveva 14 anni. Gli aggressori le hanno tagliato la testa. Il delitto è avvenuto nella provincia di Kunduz, a 355 chilometri a nord di Kabul. La giovane aveva detto "No", d'accordo con suo padre, alle richieste di matrimonio di un parente stretto. I progetti di Plan Italia contro il fenomeno delle spose bambine
la Repubblica.it, 30-11-2012
ROMA - Una ragazzina afgana è stata decapitata con un coltello perché aveva rifiutato di sposare, d'accordo con suo padre, un suo parente stretto che pretendeva di sposarla. La polizia ha arrestato due uomini accusati di questo delitto agghiacciante. E' accaduto nella provincia di Kunduz, a poco più di 50 km dal confine con il Tajikistan e a 355 km nord di Kabul.
L'agguato a un passo da casa sua. All'inizio di questo mese, quattro poliziotti erano stati incarcerati e condannati a 16 anni di prigione per aver stuprato una giovane donna nella stessa provincia di Kunduz. La ragazza, stando a quanto è stato possibile apprendere, si occupava del trasporto di acqua potabile che, da un pozzo portava a casa sua, nel distretto di Imam Sahib. L'agguato sarebbe avvenuto mentre percorreva il breve tratto di strada che divide il luogo di approvvigionamento dell'acqua alla sua abitazione.
L'incubo delle spose bambine. La storia dell'adolescente afghana sgozzata ieri perché aveva rifiutato di sposare un pretendente riaccende i riflettori su un tema di drammatica importanza. Ogni anno, 10 milioni di bambine sono costrette a sposarsi: una ogni tre secondi, qualcuno ha calcolato. Una su sette si sposa prima dei 15 anni, alcune addirittura ad appena 5 anni. 150 milioni di bambine, insomma, sotto i 18 anni sono vittime di stupro o altre forme di violenza sessuale.
Fuori dalla scuola, dai giochi, da tutto. Per milioni di ragazze, anche solo raggiungere la pubertà può rappresentare il primo passo verso un matrimonio forzato. Troppo spesso, sono allontanate dalla scuola, isolate dai loro amici e costrette a sposarsi. Il matrimonio precoce nega loro la possibilità di realizzare le loro aspirazioni ma anche i loro bisogni e diritti. Anche se il matrimonio precoce colpisce sia i ragazzi sia le ragazze, queste ultime subiscono maggiori pressioni, legalmente e socialmente, e arrivano al matrimonio in età inferiore rispetto ai maschi.
 "Il contributo delle donne per lo sviluppo delle comunità è fondamentale ma affinché abbiano la possibilità di mettersi in gioco è importante che vengano garantite loro un'infanzia e un'istruzione  -  spiega Tiziana Fattori, Direttore Nazionale di Plan Italia - Il primo passo è sensibilizzare sempre più famiglie sull'importanza, per le bambine, di accedere e portare a termine gli studi, fornendo loro informazioni e un aiuto concreto. E' necessario anche arrivare ai leader, politici e religiosi, per fare in modo che impongano e facciano rispettare un limite minimo di età per le nozze. Quello che ci sta più a cuore, poi, è lavorare al fianco delle bambine e delle ragazze garantendo loro tutto il supporto possibile, a scuola e all'interno della comunità. Ed è proprio nelle scuole che le prepariamo con corsi di educazione sulla salute riproduttiva per informarle sui rischi di matrimoni e gravidanze precoci".
 Gravidanza e parto prime cause di morte. La gravidanza e il parto sono le prime cause di morte per le adolescenti di età compresa tra 15 e i 19 anni (UNFPA 2007). Già i primi mesi di gravidanza possono avere un impatto negativo sia sulla salute fisica sia mentale delle giovani donne, oltre a ripercussioni sulla salute del bambino e conseguenze per lo sviluppo della società nel suo insieme. Le giovani mogli e madri non sono istruite e non possono qualificarsi dal punto di vista professionale, ciò riduce la percentuale di lavoratori qualificati nella comunità utili a portare avanti lo sviluppo socio-economico del Paese e contribuisce a perpetrare la disuguaglianza di genere soprattutto a livello giuridico nella società.
 Basta una notte passata fuori casa con il rapitore. "Il nostro Child Marriage Project ci ha permesso di imparare molto sul matrimonio precoce delle ragazze e sulle sue cause sociali - racconta Tiziana Fattori -  Per la legge indonesiana, ad esempio, sia i ragazzi sia le ragazze fino all'età di 18 anni sono considerati "bambini" a meno che non siano sposati. Questo è il motivo per cui, ad esempio, la tradizione del "Selarian" obbliga una ragazza a sposare un uomo che la rapisce e la trattiene per una notte nella propria casa. In queste circostanze, è obbligata dalla famiglia e dalla società al matrimonio e nonostante ciò avvenga contro la sua volontà, non è protetta dalla legge. A contatto con le storie di tante ragazze costrette alle nozze in età molto giovane, abbiamo incoraggiato le nostre scuole ad essere più attive nella campagna contro i matrimoni precoci coinvolgendo le bambine stesse".
 Per sostenere il progetto. Per sostenere le bambine private dell'infanzia e di un'istruzione di qualità, Plan ha lanciato in Italia e nel mondo la campagna Because I am a Girl e ha sostenuto presso l'ONU l'importanza di istituire una Giornata Internazionale della Bambina, indetta a partire da quest'anno l'11 ottobre.
 

Share/Save/Bookmark