Newsletter periodica d’informazione

(aggiornata alla data del  21 febbraio 2012)

 

  In arrivo la rivoluzione dei permessi ?

 

Coda di stranieri per ottenere il permesso di soggiorno (Radaelli)

 

 

Sommario

 

o      Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti                                                                                    pag. 2

o      Tassa sui permessi – La rivoluzione dei permessi                                                                         pag. 2

o      Circolari – Pds e ricongiungimenti: servono ancora i certificati                                                   pag. 2

o      Permessi di soggiorno: tassa per intero ma durata più lunga?                                                       pag. 3

o      Immigrazione e lavoro – L’occupazione straniera resiste alla crisi nella PMI                                 pag. 4

o      Ministero del Lavoro – Comunicare l’immigrazione                                                                       pag. 6

o      Territori – Permessi. Sindacati del Lazio: “governo intervenga subito”                                      pag. 7

o      Diritti di cittadinanza – L’Italia alle prese con il proprio futuro                                                    pag. 8

o      Società – CNEL, indici di integrazione dei cittadini stranieri                                                       pag.10

o      Rifugiati – Libia, Boldrini: 2° un anno dalla rivolta, respinto il 70% delle richieste d’asilo       pag. 11

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.it                                                                                              Anno X -  n. 7



Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti


Roma, 23 febbraio 2012, ore 09.30, sala conferenze ex hotel Bologna, Via Santa Chiara, 5

Minorities Stereotypes on Media

(Angela Scalzo)

Roma, 23 febbraio 2012, ore 9.30, sede Cgil nazionale

Riunione tavolo nazionale immigrazione

(Giuseppe Casucci)

Roma, 23 febbraio 2012, ore 14.00, via Assisi 41

CIR – Focus group sul progetto: “Rifugiati: le strade dell’integrazione”

(Giuseppe Casucci)

Bruxelles, 19 marzo 2012, ore 16.00

Commissione Europea – Comitato Consultivo sulla libera circolazione dei lavoratori UE

(Giuseppe Casucci)


 

Tassa sui permessi


http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto

la rivoluzione" dei permessi

di: Massimiliano Melilli , martedì 21 febbraio 2012


Fonte della foto: Il MattinoDoveva accadere. Il Governo Monti ha deciso di occuparsi d'immigrazione. Andiamo con ordine,  ci muoviamo in un terreno tra luci e ombre. Resta la tassa, si allungano i permessi. È la "rivoluzione" annunciata dal Viminale: basta rinnovi e scadenze ravvicinate nel tempo, i permessi di soggiorno dureranno più a lungo. Non solo. Chi perde il lavoro avrà più tempo per cercarne un altro (il permesso per attesa occupazione passa da sei mesi a un anno) o un permesso illimitato se ha un contesto familiare che garantisca il suo sostentamento. E la nuova tassa firmata Maroni-Tremonti? Si pagherà per intero, ma meno spesso.  Lo spunto per intervenire sulla materia è il decreto Maroni-Tremonti, entrato in vigore il 30 gennaio scorso: col provvedimento nasce una nuova tassa (tra 80 e 200 euro, a secondo del tipo di permesso) per gli immigrati che intendono richiedere il rinnovo o rilascio dei documenti. Un balzello che si va ad aggiungere alle altre spese già sostenute per la pratica: 27,50 euro per il rilascio del permesso elettronico, 30 euro per il servizio delle Poste e 14,62 euro in marca da bollo. Il governo Monti, ereditata la stangata, ha preferito mettere mano all'intera materia dei permessi di soggiorno, piuttosto che intervenire sulla nuova tassa. Intanto  si lavora ad allungare i permessi di soggiorno:  da quelli della durata di tre mesi, a quelli che scadono dopo due anni. Tra le varie ipotesi sul tavolo, si mira anche a raddoppiarne la durata. Un modo per ridurre la nuova tassa Maroni-Tremonti, che rimane in piedi ma verrà pagata meno frequentemente (visto il prolungarsi dei permessi): una risposta alle richieste dei sindacati, Cgil, Cisl e Uil, che hanno più volte manifestato contro la nuova stangata. Un modo anche per semplificare la vita dei migranti, alle prese ogni anno con una burocrazia micidiale. Il Governo prevede di allungare a un anno la durata del permesso di soggiorno per attesa occupazione. Oggi chi perde il lavoro ha solo sei mesi di tempo per cercarne un altro, pena la scadenza del permesso. Per accelerare le pratiche si spinge sui permessi elettronici e l'uso di internet. Non esclusa anche la possibilità di bypassare le Poste, attraverso l'utilizzo della posta elettronica certificata per i migranti che ne dispongono. Resta però sul tavolo il problema della sicurezza della procedura via e -mail, visto il rischio contraffazioni: oggi Poste rilascia una ricevuta all'atto di presentazione della domanda difficilmente falsificabile, grazie al codice ologramma. 


 

Circolari

 


La UIL aveva scritto al Viminale per chiedere precisazioni

Per permessi di soggiorno e ricongiungimenti servono ancora i certificati

Niente autocertificazioni per le procedure previste dal Testo Unico sull’Immigrazione e dal regolamento di attuazione. La precisazione del Viminale. Di Elvio Pasca


Roma – 21 febbraio 2012 – Autocertificazione per tutti, ma non per gli immigrati. O, meglio, non per le procedure previste dal norme sull’immigrazione, come le domande di ricongiungimento familiare o i rinnovi dei permessi di soggiorno. Molti cittadini stranieri avevano pensato di dire addio alle via crucis tra gli uffici pubblici quando, il primo gennaio scorso, erano entrate in vigore le nuove norme sulla documentazione amministrativa. Prevedono, tra le altre cose, che gli uffici pubblici non rilascino più certificati da utilizzare in altri uffici pubblici, perché le informazioni che contengono sono già note alla Pubblica Amministrazione. Questo da più spazio, quindi, all’autocertificazione. Quelle norme però, come ha sottolineato qualche settimana fa una circolare del ministero dell’Interno, hanno modificato solo alcuni passaggi del Testo Unico sulla documentazione amministrativa, lasciando invariato l’articolo 3. Questo prevede che “i cittadini di stati non appartenenti all’Unione regolarmente soggiornanti in Italia, possono utilizzare le dichiarazioni sostitutive […]fatte salve le speciali disposizioni contenute nelle leggi e nei regolamenti concernenti la disciplina dell’immigrazione e la condizione dello straniero”. Il direttore centrale dell’immigrazione e delle frontiere del ministero dell’Interno Rodolfo Ronconi ha quindi precisato che, finchè non verrà cambiata la legge, per i procedimenti amministrativi curati dal Viminale “debbano sempre essere sempre utilizzate le certificazioni rilasciate dalla pubbliche amministrazione qualora tali acquisizione sia desumibile dalle previsioni contenute nel Testo unico dell’immigrazione o nel relativo regolamento di attuazione”. Questo vuol dire, ad esempio, che servono ancora i certificati del casellario giudiziale e quello dei carichi pendenti per chiedere la carta di soggiorno, così come il certificato di idoneità alloggiativa per farsi raggiungere in Italia da un familiare. Secondo lo stesso principio, i disoccupati che chiedono un permesso per attesa occupazione devono continuare a presentare il certificato di iscrizione al collocamento e agli studenti serve quello dell’università per rinnovare il loro permesso. Non è detto, comunque, che eliminare quei certificati avrebbe davvero semplificato la vita ai cittadini stranieri. Prima delle precisazioni del ministero dell’Interno, la Uil aveva infatti lanciato un allarme: dal momento che le Questure non sono collegate a tutte le banche dati pubbliche, per verificare eventuali autocertificazioni avrebbero dovuto contattare Comuni, Università e Tribunali e questo avrebbe dilatato ulteriormente i tempi delle pratiche. Ora l’importante è che questa interpretazione arrivi a tutti gli uffici pubblici. C’è il rischio (e alcune segnalazioni arrivate in redazione sembrano confermarlo) che ad esempio chi chiede un certificato di idoneità alloggiativa in Comune si senta rispondere che “non può più essere rilasciato, ormai si autocertifica”. Le precisazioni del ministero dell’Interno


 

 


LE SCELTE DEL GOVERNO MONTI

Immigrati, la tassa sarà per intero, ma i permessi dureranno più a lungo

Le altre novità che si annunciano: chi perde il lavoro avrà più tempo per cercarne un altro, dai sei mesi attuali, a un anno. Ci sarà il permesso illimitato per chi dimostrerà di avere una famiglia che lo sostiene. L'Esecutivo, dunque, ereditata la stangata di Maroni e Tremonti e preferisce ritoccare i permessi di soggiorno, senza ridurre la  tassa

di VLADIMIRO POLCHI, www.repubblica.it


Roma, 20 febbraio 2012 - Resta la tassa, si allungano i permessi. È la "rivoluzione" annunciata dal Viminale: basta rinnovi e scadenze ravvicinate nel tempo, i permessi di soggiorno dureranno più a lungo (anche il doppio). Non solo. Chi perde il lavoro avrà più tempo per cercarne un altro (il permesso per attesa occupazione passa da sei mesi a un anno) o un permesso illimitato se ha un contesto familiare che garantisca il suo sostentamento. E la nuova tassa firmata Maroni-Tremonti 1? Si pagherà per intero, ma meno spesso. Ecco i punti della bozza alla quale stanno lavorando in queste ore i tecnici dei ministeri dell'Interno e del Lavoro: sulla vita dei migranti si annuncia l'intervento più radicale dai tempi dellaBossi-Fini 2. 
La stangata Maroni-Tremonti. Ad offrire lo spunto per rivoluzionare la materia è il decreto Maroni-Tremonti, entrato in vigore il 30 gennaio scorso: col provvedimento nasce una nuova tassa (tra 80 e 200 euro, a secondo del tipo di permesso) per gli immigrati che intendono richiedere il rinnovo o rilascio dei documenti. Un balzello che si va ad aggiungere alle altre spese già sostenute per la pratica: 27,50 euro per il rilascio del permesso elettronico, 30 euro per il servizio delle Poste e 14,62 euro in marca da bollo. 
La "rivoluzione" dei permessi. Il governo Monti, ereditata la stangata, ha preferito mettere mano all'intera materia dei permessi di soggiorno, piuttosto che intervenire sulla nuova tassa (il cui mancato introito potrebbe peraltro configurarsi come danno erariale per la Corte dei Conti). "La norma che stiamo mettendo a punto - ha annunciato il 1° febbraio il ministro dell'Interno, Annamaria Cancellieri, alla commissione Affari Costituzionali della Camera - rivoluzionerà completamente il sistema dei permessi". E, stando alle prime indiscrezioni che arrivano dai ministeri competenti, l'annuncio potrebbe presto realizzarsi. 
In arrivo i maxipermessi. Innanzitutto si lavora ad allungare i permessi di soggiorno: di tutti, da quelli della durata di tre mesi, a quelli che scadono dopo due anni. Tra le varie ipotesi sul tavolo, si mira anche a raddoppiarne la durata. Un modo per ridurre la nuova tassa Maroni-Tremonti, che rimane in piedi ma verrà pagata meno frequentemente (visto il prolungarsi dei permessi): una risposta alle richieste dei sindacati, Cgil, Cisl e Uil, che hanno più volte manifestato contro la nuova stangata. Un modo anche per semplificare la vita dei migranti, alle prese ogni anno con la burocrazia dei permessi. 
Un anno per cercare un nuovo lavoro. Il governo prevede di allungare a un anno la durata del permesso di soggiorno per attesa occupazione. "Un anno di tempo o più in caso di cassa integrazione, indennità di disoccupazione e ammortizzatori sociali, invece di sei mesi", conferma il sottosegretario al Welfare, Maria Cecilia Guerra. Oggi chi perde il lavoro ha solo sei mesi di tempo per cercarne un altro, pena la scadenza del permesso. "Sei mesi per ritrovare un lavoro mi sembrano pochi - aveva detto anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini nel maggio 2010 - vista la congiuntura economica andrebbe previsto almeno un anno". E ancora: "Un'altra norma che portiamo avanti - spiega Cecilia Guerra - permetterebbe di non far scadere il permesso di soggiorno a quegli immigrati che perdono il lavoro e che si trovano in un contesto familiare in grado di garantire il sostenimento economico. Il permesso di soggiorno non scadrebbe finché c'è la possibilità di un mantenimento".
Pratiche via e-mail. E ancora: per accelerare le pratiche si spinge sui permessi elettronici e l'uso di internet. Un programma informatico consentirà, nello stesso momento in cui si formula la domanda online, di ottenere gli appuntamenti necessari al disbrigo della pratica. Si partirà a giorni, assicura il ministro Cancellieri, "appena sarà pronto il software per rendere del tutto operativo il sistema che consentirà di alleggerire le pratiche e contrarre i tempi". Si pensa anche alla possibilità di bypassare le Poste, attraverso l'utilizzo della posta elettronica certificata per i migranti che ne dispongono. Resta però sul tavolo il problema della sicurezza della procedura via email, visto il rischio contraffazioni: oggi Poste rilascia una ricevuta all'atto di presentazione della domanda difficilmente falsificabile (grazie al codice ologramma). 
I tempi? Dai ministeri competenti rispondono che la "rivoluzione" dovrebbe essere pronta in dieci giorni. E se per accelerare l'iter delle pratiche basterà un decreto ministeriale, per l'allungamento dei permessi si dovrà intervenire con una modifica di legge.  
Il plauso delle associazioni. "Così facendo il governo andrebbe incontro alle richieste avanzate da tutte le associazioni, dall'ARCI 3, alla Caritas 4 - spiega Pino Gulia, responsabile immigrazione del patronato Acli5 - perché l'integrazione passa anche da queste scelte che danno respiro agli immigrati, sia dal punto di vista economico, che burocratico".
 


 

Immigrazione e Lavoro


L’occupazione straniera resiste alla crisi nella piccola impresa

Aumentano i lavoratori stranieri (+0,8%) nonostante il calo complessivo dell’occupazione (-1,3%). Maggiori possibilità di impiego nelle imprese del Centro Italia e nel settore dei servizi alle persone

Comunicato del 20/02/2012 (http://www.fondazioneleonemoressa.org/newsite/)


Venezia, 20 febbraio 2012 - L’occupazione straniera nelle piccole imprese italiane fa registrare nel 2° semestre 2011 un aumento del +0,8% rispetto al semestre precedente. Positivo l’andamento in tutti i settori, fatta eccezione per l’edilizia che fa registrare un calo del -0,6%. Per la prima metà dell’anno si prevede una crescita ulteriore del +2,0%, principalmente nel settore dei servizi alle persone (+5,2%). Un mercato del lavoro, quello straniero, composto principalmente da lavoratori provenienti dall’Est Europa (primo paese di provenienza la Romania, secondo l’Albania), impiegati come operai generici e reclutati dalle imprese per supplire alla mancanza di manodopera locale. Questi i principali risultati di un’indagine condotta dalla Fondazione Leone Moressa su un panel di 800 imprese italiane con meno di 20 addetti, che analizza le caratteristiche del mercato del lavoro straniero, evidenziandone le trasformazioni congiunturali in corso.

Andamento occupazionale degli stranieri nelle piccole imprese italiane.  Le variazioni percentuali dell’occupazione straniera nella seconda parte del 2011 mostrano una ripresa nell’ordine del +0,8%, a fronte di un calo complessivo del numero di lavoratori in queste aziende del -1,3%. Si osserva un aumento maggiore degli addetti stranieri sia nelle aree del Centro (+2,6%) che del Nord (+0,5%), mentre al Sud la situazione rimane invariata. In merito alla prima parte del 2012 si prevede un ulteriore incremento del numero di occupati immigrati sull’ordine del +2,0%, in particolare per le imprese del Centro (+3,1%) e del Sud Italia (+2,5%). Nel Nord Italia si prevede una crescita più contenuta, del +1,4%. I servizi alle persone e alle imprese sono i settori che hanno evidenziato nella seconda parte del 2011 un progresso migliore in termini occupazionali rispetto alla manifattura e soprattutto rispetto all’edilizia, unico settore in cui sono diminuiti i lavoratori stranieri: infatti se nei primi tre comparti la crescita è stata, rispettivamente, del +2,7%, del +1,8% e del +0,7%, per l’edilizia si tratta di un calo dello -0,6%, Per la prima parte del 2012 si stima un andamento crescente comune a tutti i settori. L’aumento maggiore riguarderà i servizi alle persone (+5,2%) e la manifattura (+2,4%), più contenuta invece quella degli altri comparti.

Struttura occupazionale.  In termini di numerosità, su 10 stranieri occupati nella piccola impresa italiana, 4 lavorano nel settore della manifattura e 3 nell’edilizia. Nel settore dei servizi alle imprese è impiegato il 15,8% del totale dei lavoratori stranieri, e in quello dei servizi alle persone il 14,6%. Su 100 imprese di piccola dimensione, quasi 20 contano tra i loro addetti lavoratori immigrati: in questo senso, nell’edilizia e nella manifattura si registrano rispettivamente il 27,0% e il 22,4% delle imprese che danno lavoro ad almeno un lavoratore straniero. Infine, si calcola che su 100 lavoratori occupati nelle piccole imprese italiane che annoverano personale immigrato, il 24,3% è straniero. Se nella manifattura, i lavoratori stranieri pesano per il 22,7% del totale, nell’edilizia si arriva addirittura al 26,5%. La presenza femminile straniera è più marcata nel comparto del terziario, in particolare nei servizi alle persone e alle imprese, settori in cui rispettivamente il 29,1% e il 14,3% del totale degli addetti sono lavoratrici straniere. Sul totale delle donne immigrate quasi il 44% lavora nei servizi alle persone e il 33,3% in quelli alle imprese.

Le tipologie contrattuali. Per quanto riguarda i contratti di lavoro in essere, la gran parte degli stranieri (76,8%) è inquadrata con contratti di lavoro a tempo indeterminato. Più limitato è l’impiego di contratti a termine, come l’apprendistato (10,4%), il tempo determinato (6,2%), il lavoro interinale (4,2%) e la collaborazione a progetto (2,4%). Per le future assunzioni però, gli imprenditori preferiranno inquadrare i nuovi assunti stranieri con forme contrattuali a termine rispetto al cosiddetto posto fisso: il 20,7% di essi ricorrerà al tempo determinato e il 34,5% ad altri contratti di lavoro a termine, mentre il restante 44,8% lo farà con la formula del tempo indeterminato.

Identikit dei lavoratori stranieri.

Provenienza. I lavoratori stranieri attualmente occupati nelle piccole imprese provengono principalmente da paesi europei non comunitari (34,6%), come Albania (15,7%) e Moldavia (4,0%), e da paesi africani (30,1%), specie dalla Marocco (12,1%). Un altro 20,7% dei lavoratori stranieri proviene invece da paesi dell’Unione Europea, quasi esclusivamente dalla Romania (19,0%). Seguono gli asiatici, in particolare dall’India (4,6%) e gli americani.

Qualifica ed esperienza richiesta. Gli stranieri occupati nelle piccole imprese ricoprono nella maggior parte dei casi posizioni da operaio generico (60,6%), nel 37,0% posizioni da operaio specializzato, mentre in appena Il 2,4% posizioni da impiegato. A questi lavoratori, non viene richiesta un’esperienza lavorativa particolare: il 53,5% degli imprenditori intervistati ricerca lavoratori stranieri con esperienza lavorativa generica e il 10,4%, nessuna esperienza lavorativa particolare. Solo il 36,1% di essi richiede ai lavoratori stranieri esperienza nel settore d’impiego.

Incontro domanda e offerta di lavoro.  Imprenditori e lavoratori stranieri instaurano il rapporto di lavoro principalmente in seguito ad un contatto diretto (50,7%). La segnalazione di persone terze (23,3%) e l’intermediazione di agenzie per l’impiego e del volontariato (23,3%) sono percorsi anch’essi praticati, ma un po’ meno frequentemente. La maggior parte degli imprenditori (41,7%) assume stranieri per la difficoltà di trovare manodopera locale da impiegare nella propria impresa; il 21,1% perché accettano mansioni meno qualificate e più pesanti, il 13,7% perché accettano di lavorare al di fuori del consueto orario di lavoro e il 6,2% perché sono disposti a lavorare per buste paga più snelle rispetto a quelle dei colleghi italiani. L’11,3% infine, si rivolge a lavoratori immigrati perché li considera più seri ed affidabili. Per le mansioni che svolgono, quasi la metà degli imprenditori richiede ai lavoratori stranieri una conoscenza approfondita della lingua italiana (48,9%), il 48,6% si accontenta di un livello di conoscenza minimo, mentre appena il 2,5% è indifferente al fatto che i lavoratori la conoscano. Il 52,2% dei piccoli imprenditori versa gli stipendi dei lavoratori stranieri su conto corrente, il 34,4% salda i crediti tramite assegno mentre il 13,4% dei pagamenti avviene in contanti.

Scarica l’Osservatorio occupazione straniera nelle PI italiane 2°sem 2011



Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Comunicare l’immigrazione 

Un manuale ad uso degli operatori della comunicazione promosso dal Ministero del Lavoro e presentato ieri all’Università La Sapienza di Roma. Comunicato Stampa


Conoscere non basta, bisogna anche comunicare. Questa idea è alla base della pubblicazione presentata oggi, realizzata dalla Cooperativa Lai-momo (editrice della rivista Africa e Mediterraneo) e dal Centro Studi e Ricerche Idos (Roma), lo stesso che si occupa del “Dossier Statistico Immigrazione”. Di immigrazione si è trattato anche questa volta, perché il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di integrazione, attraverso il finanziamento con il Fondo Europeo per l’Integrazione di cittadini di Paesi Terzi, ha sostenuto la realizzazione di un manuale ad uso degli operatori della comunicazione. Conoscere bene l’immigrazione e comunicarla in maniera corretta:  questa l’avvertenza sottolineata dall’Ordine dei giornalisti e dalla Federazione nazionale della stampa con la “Carta di Roma” del 2008. Il presente volume, che unisce l’efficacia della grafica a una esposizione corretta dei vari temi trattati, vuole essere un sussidio a disposizione dei giornalisti per raggiungere tale obiettivo e fa parte del più ampio progetto “Co-in. Comunicare l’integrazione”, che prevede sei seminari territoriali rivolti ai giornalisti e una spring school per gli allievi delle scuole di giornalismo.  L’immigrazione viene affrontata a tutto campo, dal contesto europeo a quello italiano, a quelli territoriali. Dei 32 milioni di stranieri presenti nell’UE (che salgono a quasi 50milioni tenendo conto di quelli diventati nel contempo cittadini di uno dei 27 Stati membri), all’Italia spetta la quota di quasi 1/6 (5 milioni di presenze). Diventata un fenomeno di massa a partire dagli anni ’90, l’immigrazione negli anni Duemila è cresciuta fino a superare i 3 milioni di persone, con flussi simili a quelli che, nell’immediato dopoguerra, vedevano gli italiani fuggire da un’Italia distrutta e senza lavoro. Il manuale guida nella rivisitazione cronologica delle leggi sull’immigrazione, da quella del 1986, approvata con una maggioranza quasi plebiscitaria, a quelle man mano più contrastate del 1990, 1995, 1998, 2002 e 2009, anni nei quali sono sempre state varate anche delle regolarizzazioni, non essendo state le quote ufficiali stabilite in precedenza in grado di assorbire e incanalare tutte le persone che di fatto si inserivano nel mercato occupazionale. Anche se la crisi di questi ultimi anni ha portato a una riduzione delle quote annuali (l’ultima previsione è stata di 98.000 unità a dicembre 2009),  la popolazione straniera ha continuato a crescere a seguito dei ricongiungimenti familiari (attorno ai 100.000 all’anno, un po’ meno nel 2010) e delle nuove nascite (quasi 80.000 ogni anno). Le acquisizioni di cittadinanza nel 2010 hanno superato le 60.000 unità, includendovi anche i minori nati in Italia che hanno presentato la domanda al compimento del 18° anno di età. Gli oltre 2 milioni di lavoratori, i 229.000 cittadini stranieri titolari d’impresa, il pluralismo religioso (con 2,5 milioni di cristiani e 1,4 milioni di musulmani), gli oltre 700.000 alunni iscritti nelle scuole italiane, i 21.000 matrimoni misti, mostrano come l’immigrazione  sia diventata un fenomeno  di portata nazionale, seppure con impatti differenziati per territorio: si  va dal 61,3% del Nord al 25,2% del Centro e al 13,5% del Meridione. L’Istat prevede che la presenza straniera nel futuro è destinata ad aumentare, fino a diventare un sesto della popolazione complessiva nel 2050.  L’introduzione ai numeri si accompagna a una presentazione delle buone prassi comunicative in materia di immigrazione, dalle diverse trasmissioni della Rai, alle sperimentazioni della carta stampata, alle ormai numerosissime testate multiculturali, alle innovazioni portate dai giovani comunicatori appartenenti all’universo delle “seconde generazioni”. Vengono presentate anche le agende sull’immigrazione dell’Unione Europea fino al Programma di Stoccolma, mostrando come, pur con differenti accentuazioni, l’integrazione sia rimasta un obiettivo prioritario anche a livello europeo. L’integrazione, che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha definito un processo dinamico e bilaterale, diventa nel manuale una sorta di narrazione al positivo, che non vuole negare i problemi, che pure ci sono, ma nemmeno indulgere ai toni negativi. Il manuale, andando da una parte all’altra dell’Italia, presenta un’ampia galleria di casi riusciti di integrazione e di storie di vita, dal medico al pasticciere, dal commerciante all’artista, dallo scrittore al DJ, per fermarsi solo ad alcuni dei numerosi esempi citati. Gli immigrati appaiono così persone vicine, concrete, molto attaccate al loro nuovo paese e desiderose di riuscire e dare  il loro contributo. Per parlare e scrivere con competenza è, però, indispensabile consultare le fonti: la guida raccoglie e presenta le più significative a livello internazionale e italiano, istituzionale e sociale. Ma serve anche approfondire i concetti e a questo riguardo è stato curato un  Glossario di una cinquantina di voci. Cos’è una catena migratoria? Cosa pensare a proposito della criminalità degli immigrati? Come distinguere un respingimento da un’espulsione? Cosa prevedono gli accordi di Schengen? Questi e

numerosi altri interrogativi trovano un’esauriente risposta. La complessa legislazione del settore viene esaminata nei suoi capisaldi, dai visti ai permessi di soggiorno, dal ricongiungimento al permesso per lungo-residenti, dall’asilo alla protezione umanitaria, dall’assistenza sanitaria alle pensioni, dalle competenze nazionali a quelle regionali. L’immigrazione, dimensione essenziale della società italiana, merita una maggiore attenzione nelle notizie radio-televisive, nella carta stampata e nella letteratura. E’ un obiettivo perseguibile, come attestano i numerosi esempi citati, che però non devono indurre a trascurare le tante carenze. Parlare in positivo, è la raccomandazione dell’Unione Europea e di altre organizzazioni internazionali. Ed è lo spirito che anima questa pubblicazione perché, come precisa Natale Forlani, Direttore generale dell’Immigrazione e delle Politiche  di integrazione presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, “appare necessario garantire un’informazione obiettiva e priva di stereotipi e pregiudizi, idonei a generare o alimentare quei conflitti sociali che molto spesso caratterizzano le società contemporanee”.  Il manuale che oggi presentiamo, concepito come strumento operativo e versatile, è destinato a essere diffuso nelle redazioni di stampa, radio, tv e web di rilievo nazionale e locale, e senz’altro contribuirà a raggiungere tale importante obiettivo. 

La versione pdf del manuale è consultabile sul portale dell’integrazione del Governo

http://www.integrazionemigranti.gov.it , e sui siti www.laimomo.it  e www.dossierimmigrazione.it  


 

Dai territori

 


Tassa di soggiorno. Sindacati Lazio: “governo intervenga subito>


Immigrati, no allaumento della tassa di soggiorno (Labitalia) - Con il presidio che si è concluso ieri sera davanti alla Prefettura di Roma, in piazza SS Apostoli, Cgil Cisl e Uil hanno ribadito la necessità di intervenire sulla sovrattassa sui permessi di soggiorno che colpisce i lavoratori immigrati e le loro famiglie. "Siamo in attesa - dichiarano Claudio Di Berardino, segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, Mario Bertone, segretario generale della Cisl di Roma, e Luigi Scardaone, segretario generale della Uil di Roma e del Lazio - che il governo passi dalle parole ai fatti, sulla base di quanto dichiarato dal ministro dell'Interno quando ha annunciato la volontà di intervenire in tempi brevi sulla normativa relativa ai permessi di soggiorno e in particolare sulla sovrattassa già entrata in vigore". "Riteniamo sconcertante - avvertono - che si sia deciso di aumentare il costo per le pratiche di permesso di soggiorno (dai precedenti 72,12 euro il 'contributo' è stato portato a 152,12 euro o addirittura a 272,12 euro senza nessuna gradualità e senza alcun miglioramento nei tempi burocratici) proprio in un momento così difficile per l'economia e per le famiglie". "La sovrattassa - precisano - va quanto meno rimodulata, poiché così com'è non è accettabile, né per il peso sulle famiglie immigrate né per la sua finalizzazione. E' urgente che il governo intervenga sulla durata, almeno fino a un anno, del permesso di soggiorno per attesa di occupazione soprattutto per coloro che hanno perso il lavoro. Riteniamo inoltre necessario - continuano - che si apra subito un confronto con i sindacati confederali in merito al complesso delle norme sull'immigrazione, a partire dal recepimento della direttiva europea 52/2009 che introduce sanzioni e provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. L'ufficio del Prefetto che ha ricevuto una nostra delegazione - concludono - ha dimostrato di avere compreso la gravità del problema e ci ha assicurato di attivarsi fin da oggi per sottoporre la questione all'attenzione del ministro dell'Interno e della presidenza del consiglio". 


 


L’OIM denuncia: casi di sfruttamento di lavoratori agricoli immigrati nel foggiano

Il direttore Oropeza: “stiamo valutando coinvolgimento delle autorità per dare loro protezione”


(Adnkronos) - Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Orari e condizioni di lavoro durissime, a volte senza compenso, fino a maltrattamenti e minacce di violenza. Sono alcuni casi di sfruttamento a scapito di immigrati che lavorano come braccianti nelle campagne pugliesi. A denunciarli e'
l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) che ieri ha incontrato ieri alcuni migranti soggiornanti nei pressi di Foggia. "Nel corso dei colloqui avuti dal nostro team con i migranti, per la maggior parte provenienti da Ghana e Costa d'Avorio, ci siamo trovati di fronte a quelli che appaiono essere dei casi di sfruttamento lavorativo'', afferma Jose' Angel Oropeza, Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'Oim.  ''Molti di loro, circa una quarantina - spiega Oropeza - hanno infatti raccontato come abbiano lavorato per molti mesi - da gennaio a giugno 2011 - nei campi del foggiano in località Stornarella, senza ricevere alcun compenso, nonostante le promesse di pagamento da parte dei datori di lavoro. Dai racconti emergono dettagli su orari e condizioni di lavoro durissimi. Ma le storie assumono a volte contorni anche più gravi: e' il caso di un uomo che, dovendo affrontare delle spese urgenti a seguito dell'improvvisa morte della moglie, ha chiesto di ricevere il suo compenso e che come risposta ha ricevuto maltrattamenti e minacce di violenza fisica''. Una visita, quella dell'Oim - fatta insieme all'assessore alle Politiche per l'immigrazione della Regione Puglia, Nicola Fratoianni, e la rappresentante dell'Associazione ''Comitato per il Centro sociale'' Domenica D'Amico - per verificare quanto già nelle settimane scorse era stato segnalato da alcuni migranti ai funzionari dell'Oim che lavorano in Puglia nell'ambito del Progetto Praesidium, finanziato dal Ministero dell'Interno e realizzato insieme a Unhcr, Save the Children e Croce Rossa italiana. Molti dei migranti coinvolti - informa l'Oim – non sono in possesso di un permesso di soggiorno, motivo per cui non tutti hanno avuto il coraggio di ribellarsi e di protestare. Alcuni però si sono recati da Foggia in Campania, dove hanno denunciato l'accaduto al Csa Ex Canapificio di Caserta, il quale a sua volta ha poi presentato  denuncia presso la procura di Santa Maria Capua Vetere. ''Alla luce di quanto emerso finora - conclude Oropeza - stiamo valutando la possibilità di raccogliere, insieme all'Assessore Fratoianni e al Csa dell'ex-Canapificio di Caserta, ulteriori  informazioni e coinvolgere le autorità competenti al fine di cercare  di offrire protezione - ex art 18 T.U sull'immigrazione - a quei migranti disposti a denunciare l'accaduto, anche in considerazione dell'imminente recepimento in Italia della direttiva europea che aumenta le pene nei confronti datori di lavoro che sfruttano migranti irregolari".


 

Diritti di cittadinanza


L’Italia alle prese con il proprio avvenire

 Immigrati e futuro, da Brescia all’Italia: risorsa o svantaggio?

La campagna L'Italia sulla cittadinanza ha riacceso un dibattito in realtà mai spento.

di Alessandro Gatta, Bresciatoday.it


17 febbraio 2012 - Immigrati e futuro, da Brescia all'Italia. Risorsa o svantaggio? Immigrati, risorsa o svantaggio? La risposta forse la conosciamo tutti, e non c'è bisogno di chiamare in causa le associazioni di accoglienza, la Caritas, i movimenti giovanili. Non c'è nemmeno bisogno di studi accurati sui flussi migratori, o semplicemente di tornare indietro di qualche decennio, quando gli immigrati eravamo noi. La campagna L'Italia Sono Anch'io passa anche da questo, dalla risposta che tutti già sappiamo. E dalla doppia proposta di legge popolare, la modifica della L.91 del 5/2/92 e il diritto di elettorato senza discriminazione di città e di nazionalità. In altre parole il passaggio dallo Ius Sanguinis allo Ius Soli, e il tanto discusso voto agli immigrati. Diritto naturale in molti Paesi UE, in molti Paesi del mondo. Paesi e Stati che nei decenni (e nei secoli) hanno avuto i loro problemi, hanno avuto il loro razzismo, ma sono sempre rimasti 'fedeli alla linea'. Ovvio, c'è una certa cultura che fa dell'immigrato il nemico pubblico numero uno. C'è un retaggio storico di odio, insulti e caccia allo straniero. Ma c'è anche un sistema economico che, nonostante storture e contraddizioni assodate, quando ha delle necessità non guarda in faccia a nessuno. "A differenza dei mercati - ha detto Renzo Fior, presidente di Emmaus Italia - i flussi migratori sanno autoregolarsi". Io mi sposto dove c'è bisogno di braccia, per migliorare la mia vita ma anche per migliorare la vita del Paese che mi ospiterà. Immigrati e futuro, da Brescia all'Italia. Risorsa o svantaggio? "In dieci anni - ha sottolineato la Camera di Commercio di Milano - il sistema produttivo italiano sarebbe stato più povero senza il contributo delle imprese aperte da cittadini stranieri. Sarebbero quasi 285mila le imprese in meno, ovvero quasi due imprese su tre". Sempre nel settore imprenditoriale non possiamo non ricordare la crescita delle imprese controllate da cittadini stranieri (+200%) o, per fare un esempio locale, le imprese 'musulmane' a Brescia (+445%). Tutto in meno di dieci anni. Ogni 365 giorni in Italia nascono più di 100mila bambini che hanno almeno un genitore straniero. Su circa 60mila scuole quasi il 25% delle classi fa registrare più di un bambino straniero ogni dieci: la solita media del pollo, ci sono realtà in cui il rapporto sale a 9 su 10.

E Brescia da questo punto di vista è all'avanguardia, in piena linea con le medie europee o americane. "Facendo riferimento ai dati dell'Osservatorio Regionale per l'Integrazione e la Multietnicità ORIM - ha scritto Giovanni Valenti della Fondazione Piccinni - nella Provincia di Brescia si calcolano 191mila 500 cittadini stranieri, circa il 16% degli abitanti presenti sulla Provincia". Anche questo è un punto fondamentale: "Un cittadino su quattro è minorenne. L'età media della popolazione straniera residente, maschi e femmine, è di 34 anni a fronte dei 43 della popolazione locale. Il tasso di fecondità attuale delle famiglie straniere si assesta al doppio di quello delle famiglie italiane, 2.4 contro 1.2. Tale evoluzione demografica dimostra chiaramente che le nuove generazioni della Provincia di Brescia hanno un'altissima rappresentanza di giovani cittadini con retroterra migratorio. La cittadinanza del suolo darebbe ragione alla stabilizzazione della popolazione immigrata sul nostro territorio e accrescerebbe la responsabilizzazione delle nuove generazioni nei confronti di una comunità in continuo invecchiamento, in ripiegamento su sé stessa".

Un Paese che invecchia, e che senza i flussi migratori sarebbe destinato a un lento e inesorabile declino, storico e demografico. "Analizzando i dati ISTAT - ancora Valenti - i potenziali elettori in Provincia di Brescia, a livello locale, sarebbero quasi 92mila, numero ancora cresciuto nel corso del 2011". In molti sottolineano che non è più un problema di destra o di sinistra, e che le sfuriate dei vari Calderoli o Gasparri non hanno più molto senso. "Obiezioni antiche - ha scritto infatti GianAntonio Stella nel novembre 2011 - Nate dalla convinzione che gli immigrati siano tendenzialmente portati a votare a sinistra. E che dunque un'irruzione di voti freschi possa aiutare chi oggi sta con Bersani, con Di Pietro e soprattutto con Vendola. Chi studia l'emigrazione in realtà sa che generalmente succede l'esatto contrario. L'immigrato che si è inserito tende spesso a essere conservatore e più rigido verso i nuovi immigrati che non i cittadini originari. Chi riesce a togliersi dall'ultimo gradino della scala sociale trova spesso naturale voltarsi indietro appena è salito sul penultimo, per sputare su chi ha preso sotto il suo posto".

"I nostri nonni - continua Stella - hanno fatto le spese di tutto questo. Pochi sono stati razzisti con gli italiani quanto gli irlandesi che fino a poco prima erano stati discriminati. Per affermare un solo principio: noi siamo più americani di voi". E ricorda quell'omonimo di Umberto Bossi, sbarcato nel 1935 a Ellis Island. O i migliaia di Napolitano, emigrati negli States o in Argentina. I minatori italiani in Belgio, i pizzaioli in Germania prima dell'avvento del kebab. Paesi che "si sono resi conto di un punto centrale: è difficile chiedere alle persone di essere dei buoni cittadini se non sono pienamente cittadini". Immigrati e futuro, da Brescia all'Italia. Risorsa o svantaggio?

Se la storia non basta, per una volta possiamo chiedere aiuto all'economia, o almeno a chi in Italia ne rappresenta la parte più moderna. Non a caso lo ha ripetuto anche Tito Boeri, nella sua ultima apparizione bresciana: "Se c'è una cosa su cui investire è proprio l'immigrazione. Non dobbiamo dimenticare l'esempio degli altri Paesi, dagli Usa alla Germania. Gli immigrati hanno grandi idee, gli immigrati hanno tanto voglia di fare".“


Società


Immigrati: Cnel, Friuli Regione più accogliente. Sud Maglia nera


(ASCA) - Roma, 16 febbraio 2012  - Le regioni del centro Italia offrono agli stranieri le migliori condizioni di inserimento socio-occupazionale e il più alto indice potenziale di integrazione. In cima alla classifica il Friuli Venezia Giulia (con un valore dell'indice di 70,6 su scala 1 a 100), la Toscana (66,0) e l'Umbria (65,7). Seguono il Veneto (63,3), l'Emilia Romagna (63,1) e il Trentino Alto Adige (62,1). In testa alle regioni a medio potenziale le Marche (59,9), seguite da Liguria (60,7), Lombardia (56,6), Piemonte (56,4) e Valle d'Aosta (52,2). Il Lazio, con un indice di 49,2 si colloca al 14* posto nella graduatoria nazionale, dopo l'Abruzzo (51,6) e incorniciato tra le due Isole, la Sicilia (49,8) e la Sardegna (46,0). Agli ultimi 5 posti della graduatoria le rimanenti regioni del Sud Italia. Lo rileva l'VIII Rapporto del Cnel sugli ''Indici di integrazione degli immigrati in Italia'', presentato oggi a Villa Lubin, che misura il grado di attrattività  che province, regioni e grandi aree nazionali esercitano sulla popolazione straniera in Italia e il livello di inserimento sociale e occupazionale degli immigrati. Il Rapporto si serve di 15 indicatori statistici, suddivisi in 3 gruppi tematici di 5 indicatori ciascuno. Ogni gruppo corrisponde a un indice sintetico che attraverso i suoi 5 indicatori di base, misura l'attrattività dei territori, l'inserimento sociale e occupazionale degli immigrati. In sintesi, per quanto riguarda l'indice di attrattività territoriale, che misura la capacità di una regione di porsi come ''polo di attrazione'', al vertice figurano la Lombardia (86,2), il Veneto (79,5), l'Emilia Romagna (79), il Lazio (73,9), mentre in coda sono Campania (17,3), Calabria, (15,4), Sardegna (10,6) e Basilicata (6,5). Quanto alle province, l'indice massimo e' di Prato (84,4), seguono Brescia (71,2) e Milano (70,9). Gli indicatori che costruiscono questo indice sono: l'incidenza (% degli stranieri sulla popolazione residente), la densità (stranieri per kmq), ricettività migratoria (stranieri che, nel corso dell'anno, hanno spostato la propria residenza anagrafica da un Comune esterno a uno interno al territorio di riferimento), stabilità (% di minori tra la popolazione straniera), appartenenza familiare (% di famiglie residenti con almeno un componente straniero). Quanto all'Indice di inserimento sociale, che misura il livello di accesso degli immigrati ad alcuni beni e servizi fondamentali di welfare, le migliori condizioni si registrano in Friuli Venezia Giulia (71,6), Umbria (70,5), Marche (69,0) e Trentino Alto Adige (67,4). La situazione tra le province conferma che l'inserimento sociale degli stranieri trova condizioni migliori in contesti socio-urbanistici e amministrativi di ridotta estensione, come Trieste (69,9), Vicenza (69,8). Determinano questo indice indicatori di accessibilità al mercato immobiliare (% dei costi d'affitto medi annui nominali di una casa di 50 mq in zona periferica sul reddito medio annuo pro capite stimato della popolazione straniera non comunitaria), l'istruzione liceale (% di iscritti al liceo), tenuta del soggiorno stabile (% di permessi di soggiorno in vigore dopo un anno), naturalizzazione (numero medio di naturalizzati), capacità di iniziativa familiare (% di famiglie il cui capofamiglia e' straniero sul totale delle famiglie con almeno un componente straniero).
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Il posto fisso è un’illusione Ma non per gli stranieri

di Emanuela Fontana, www.ilgiornale.it


Roma, 15 febbraio 2012 - Non hanno una famiglia solida che li sostiene da vicino, si adattano a lavori spesso umili. Non importano gli orari e il tipo di mansione. Basta che sia vicino a casa. Ma il lavoro per loro è fisso, il contratto è molto frequentemente a tempo indeterminato. Gli stranieri in Italia sono meno disoccupati degli italiani. C'è una schiera di giovani lavoratori, circa 360mila ragazzi, che il posto garantito ce l'ha. È questo in fondo ciò che vogliono, arrivano per trovare un lavoro, quello che sia. Hanno una percentuale più alta di assunti con contratti regolari. Rispetto agli under 30 italiani impiegano almeno cinque mesi di meno a trovare un posto. Altro che co-co-co e flessibilità del lavoro. Lo straniero in Italia spesso vuole piantare radici e punta a un'occupazione sicura. È il sorprendente risultato di uno studio condotto dalla Fondazione Leone Moressa sugli ultimi dati Istat Rcfl: uno straniero su due sotto i trent'anni è occupato, mentre il posto di lavoro è appannaggio solo di un ragazzo su tre con nazionalità italiana. Se gli under 30 comunitari ed extracomunitari nel paese sono 455mila, a fronte di 95mila disoccupati, 360mila hanno uno stipendio. Lo studio prende in esame la fascia di età compresa tra i 15 e i 30 anni, e questo può contribuire ad innalzare il tasso di occupazione degli stranieri nella ricerca. Ma la differenza di percentuali è molto alta, e non è giustificabile solo con l'attitudine lavorativa degli extracomunitari fin da giovanissimi: il 44,5% degli stranieri minori di trent'anni che si trovano in Italia è occupato, contro il 32,5 degli italiani. 
In alcune regioni in particolare la differenza è più marcata: in Campania hanno un lavoro il 45,6% dei ragazzi stranieri contro il 18,6% dei coetanei italiani; in Sicilia lavorano il 21% degli under 30 italiani, mentre gli stranieri sono il doppio (40,5%). I livelli di occupazione sono più simili nelle regioni del Nord: 42,4 e 43% in Lombardia; 48,4% e 42,1% in Piemonte. Nell'Italia centrale il tasso di occupazione degli stranieri è sempre al di sopra del 40% contro il 30-40 degli italiani, con la punta dell'Umbria, dove oltre il 57% dei giovani stranieri lavora (il 40,6% tra gli italiani). Al Nord il tasso di disoccupazione è invece più alto tra i giovani stranieri, ma le percentuali si invertono di nuovo al Sud, con casi limite come la Basilicata, dove solo il 9% dei non italiani non ha un lavoro, a differenza del 29,9% degli italiani, uno su tre, a casa. Nelle tipologie di contratto, i comunitari o extracomunitari come detto battono gli italiani sul posto fisso. Tra chi lavora, quasi il 64% degli stranieri è assunto a tempo indeterminato, contro il 53,3% degli italiani: dieci punti di differenza percentuale. Sono assunti con contratti cosiddetti atipici il 33,4% degli italiani, contro il 26,6% di chi arriva da fuori confine. Gli stranieri sono mediamente pagati di meno, la differenza però non è altissima: 939 euro netti contro i 1.009 degli italiani. Ma oltre l'80% dei giovani non italiani si presta a lavorare come operaio, percentuale che si dimezza invece per i ragazzi nati nello Stivale.
Il tasso di scolarizzazione è spesso più basso tra i non italiani: il 48,3% ha al massimo la licenza di terza media, e quasi il 30% ricopre professioni non qualificate, percentuale che crolla al 6,6% tra gli italiani. Gli stranieri si accontentano di più, lavoro significa soprattutto permesso di soggiorno: il 36% dei giovani non italiani è sotto inquadrato, quota che negli italiani scende al 27,7%. Ma è soprattutto l'adattabilità a rendere uno straniero più cercato da un certo tipo di mercato del lavoro. Lo studio calcola che circa la metà degli occupati forestieri ha lavorato «almeno una volta tra notte, sera, sabato o domenica». Insomma, gli stranieri, conclude la ricerca, continuano spesso a soddisfare «una domanda di lavoro dal basso profilo che continua a essere espressa dal sistema produttivo, economico e sociale». Quasi un terzo dei giovani stranieri con un posto di lavoro assicurato (spesso fisso) sono rumeni, seguiti da albanesi (16,6%), marocchini (6,1%) e moldavi (3,5%).


 

 

  Rifugiati


Libia: Boldrini, a un anno dalla rivolta respinto 70% richieste Asilo


Libia: Boldrini, a un anno dalla rivolta respinto 70% richieste Asilo (ASCA) - Roma, 17 feb - Ad un anno dalla rivolta in Libia e l'avvio di una nuova 'Primavera Araba, in Italia ''ci troviamo ad avere il 70% dinieghi delle richieste d'asilo e il 30% di protezione. Si presentano problemi politici sui quali bisogna dare delle risposte''. Lo ha dichiarato il portavoce dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Laura Boldrini intervenuta alla presentazione della indagine <Emergenza Lampedusa un anno dopo> realizzata dall'associazione Bruno Trentin e la Cgil. ''Oggi - ha aggiunto la Boldrini - c'e' un problema che abbiamo sottoposto anche al ministro Cancellieri che ci ha assicurato che stanno valutando le possibili misure. Ci sono dinieghi a cui non e' stato dato seguito un ricorso. Al momento ci sono 3 mila ricorsi su 24.233 domande d'asilo già vagliate con un numero di dinieghi che supera quota 10 mila. Dunque si presenta un problema perché significa che queste persone sono diventate già irregolari, se non hanno fatto ricorso''. ''Bisogna dare a queste persone - ha proseguito - la facoltà di non diventare irregolari estendendo un soggiorno regolare, per poi decidere quali misure sono più adeguate per trovare una soluzione''. Il portavoce dell'Unhcr ha inoltre ricordato che in Libia ''c'e' stato un vero e proprio conflitto che ha causato la fuga di 1 milione e 300 mila persone interessate ad attraversare il Mediterraneo. Ci si aspettava un' invasione biblica e uno tsunami umano invece questo 1,3 milione di persone avevano altri programmi. Erano in gran parte lavoratori, rifugiati e famiglie che non potevano più stare in Libia e che si sono riversati nei Paesi confinanti in particolare Tunisia ed Egitto che a loro volta vivevano delle fasi molto delicate di transizione. Ad attraversare il Mediterraneo non c'e' stato uno tsunami umano ma 28 mila persone che si sono aggiunte alle altre 28 mila provenienti dalla Tunisia''. ''In questi tentativi - ha concluso la Boldrini - ci sono stati tanti morti. Solo dalla Libia sono partite 1500 persone che non sono mai arrivate dall'altra parte del Mediterraneo''.
dab/mau/rob