Newsletter periodica
d’informazione
(aggiornata alla data del
21 febbraio 2012)
In arrivo la rivoluzione dei permessi ?
o
Dipartimento Politiche
Migratorie: appuntamenti pag. 2
o
Tassa sui permessi
– La rivoluzione dei permessi pag. 2
o
Circolari – Pds
e ricongiungimenti: servono ancora i certificati pag. 2
o
Permessi di soggiorno:
tassa per intero ma durata più lunga? pag. 3
o
Immigrazione e lavoro
– L’occupazione straniera resiste alla crisi nella PMI pag. 4
o
Ministero del Lavoro
– Comunicare l’immigrazione
pag. 6
o
Territori – Permessi.
Sindacati del Lazio: “governo intervenga subito”
pag. 7
o
Diritti di
cittadinanza – L’Italia alle prese con il proprio futuro pag. 8
o
Società – CNEL,
indici di integrazione dei cittadini stranieri pag.10
o
Rifugiati –
Libia, Boldrini: 2° un anno dalla rivolta, respinto il 70% delle richieste
d’asilo
pag. 11
A
cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento
Politiche Migratorie
Rassegna
ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL
Tel.
064753292- 4744753- Fax: 064744751
Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti
Roma, 23 febbraio 2012, ore
09.30, sala conferenze ex hotel Bologna, Via Santa Chiara, 5
Minorities Stereotypes on
Media
(Angela Scalzo)
Roma, 23 febbraio 2012, ore 9.30,
sede Cgil nazionale
Riunione tavolo nazionale
immigrazione
(Giuseppe Casucci)
Roma, 23 febbraio 2012, ore
14.00, via Assisi 41
CIR – Focus group sul
progetto: “Rifugiati: le strade dell’integrazione”
(Giuseppe Casucci)
Bruxelles, 19 marzo 2012, ore
16.00
Commissione Europea –
Comitato Consultivo sulla libera circolazione dei lavoratori UE
(Giuseppe Casucci)
Tassa sui permessi
Doveva accadere. Il Governo
Monti ha
deciso di occuparsi d'immigrazione. Andiamo con ordine, ci muoviamo in un
terreno tra luci e ombre. Resta la tassa, si allungano i permessi. È la "rivoluzione"
annunciata dal Viminale: basta
rinnovi e scadenze ravvicinate nel tempo, i permessi di soggiorno dureranno più
a lungo. Non solo. Chi perde il lavoro avrà più tempo per cercarne un altro
(il permesso per attesa occupazione passa da sei mesi a un anno) o un permesso
illimitato se ha
un contesto familiare che garantisca il suo sostentamento. E la nuova tassa firmata Maroni-Tremonti?
Si pagherà per intero, ma meno spesso. Lo
spunto per intervenire sulla materia è il decreto Maroni-Tremonti, entrato
in vigore il 30 gennaio scorso: col
provvedimento nasce una nuova tassa (tra 80 e 200 euro, a secondo del tipo
di permesso) per gli immigrati che intendono richiedere il rinnovo o rilascio dei documenti. Un balzello che si va ad aggiungere
alle altre spese già sostenute per la pratica: 27,50
euro per il
rilascio del permesso elettronico, 30 euro per il servizio delle Poste e 14,62
euro in marca da
bollo. Il governo Monti, ereditata la stangata, ha preferito mettere mano
all'intera materia dei permessi di soggiorno, piuttosto che
intervenire sulla nuova tassa. Intanto si lavora ad allungare i
permessi di soggiorno: da quelli della durata di tre
mesi, a quelli che scadono dopo due
anni. Tra le varie ipotesi sul tavolo, si mira anche a
raddoppiarne la durata. Un modo per ridurre la nuova tassa Maroni-Tremonti, che
rimane in piedi ma verrà pagata meno frequentemente (visto il prolungarsi dei
permessi): una risposta alle richieste dei sindacati, Cgil, Cisl e Uil, che hanno più volte manifestato contro la nuova
stangata. Un modo anche per semplificare la vita dei migranti, alle prese ogni
anno con una burocrazia micidiale. Il Governo
prevede di allungare a un anno la durata del permesso di soggiorno per attesa
occupazione. Oggi chi perde il lavoro ha solo sei mesi di tempo per cercarne
un altro, pena la scadenza del permesso. Per accelerare le pratiche si spinge
sui permessi elettronici e l'uso di internet. Non esclusa anche la possibilità
di bypassare le Poste,
attraverso l'utilizzo della posta elettronica certificata per i migranti che ne dispongono.
Resta però sul tavolo il problema della sicurezza della procedura via e -mail,
visto il rischio contraffazioni: oggi Poste rilascia
una ricevuta all'atto di presentazione della domanda difficilmente
falsificabile, grazie al codice ologramma.
Circolari
Roma
– 21 febbraio 2012 – Autocertificazione per tutti, ma non per gli
immigrati. O, meglio, non per le procedure previste dal norme
sull’immigrazione, come le domande di ricongiungimento familiare o i rinnovi
dei permessi di soggiorno. Molti cittadini stranieri avevano pensato di dire
addio alle via crucis tra gli uffici pubblici quando, il primo gennaio scorso,
erano entrate in vigore le nuove norme sulla documentazione amministrativa.
Prevedono, tra le altre cose, che gli uffici pubblici non rilascino più
certificati da utilizzare in altri uffici pubblici, perché le informazioni che
contengono sono già note alla Pubblica Amministrazione. Questo da più spazio,
quindi, all’autocertificazione. Quelle norme però, come ha sottolineato qualche
settimana fa una circolare del ministero dell’Interno,
hanno modificato solo alcuni passaggi del Testo Unico sulla documentazione
amministrativa, lasciando invariato l’articolo 3. Questo prevede che “i
cittadini di stati non appartenenti all’Unione regolarmente soggiornanti in
Italia, possono utilizzare le dichiarazioni sostitutive […]fatte salve le
speciali disposizioni contenute nelle leggi e nei regolamenti concernenti la
disciplina dell’immigrazione e la condizione dello straniero”. Il direttore
centrale dell’immigrazione e delle frontiere del ministero dell’Interno Rodolfo
Ronconi ha quindi precisato che, finchè non verrà cambiata la legge, per i
procedimenti amministrativi curati dal Viminale “debbano sempre essere sempre
utilizzate le certificazioni rilasciate dalla pubbliche amministrazione qualora
tali acquisizione sia desumibile dalle previsioni contenute nel Testo unico
dell’immigrazione o nel relativo regolamento di attuazione”. Questo vuol dire,
ad esempio, che servono ancora i certificati del casellario giudiziale e quello
dei carichi pendenti per chiedere la carta di soggiorno, così come il
certificato di idoneità alloggiativa per farsi raggiungere in Italia da un
familiare. Secondo lo stesso principio, i disoccupati che chiedono un permesso
per attesa occupazione devono continuare a presentare il certificato di
iscrizione al collocamento e agli studenti serve quello dell’università per
rinnovare il loro permesso. Non è detto, comunque, che eliminare quei
certificati avrebbe davvero semplificato la vita ai cittadini stranieri. Prima
delle precisazioni del ministero dell’Interno, la Uil aveva infatti lanciato un
allarme: dal momento che le Questure non sono collegate a tutte le banche dati
pubbliche, per verificare eventuali autocertificazioni avrebbero dovuto
contattare Comuni, Università e Tribunali e questo avrebbe dilatato
ulteriormente i tempi delle pratiche. Ora l’importante è che questa
interpretazione arrivi a tutti gli uffici pubblici. C’è il rischio (e alcune
segnalazioni arrivate in redazione sembrano confermarlo) che ad esempio chi
chiede un certificato di idoneità alloggiativa in Comune si senta rispondere
che “non può più essere rilasciato, ormai si autocertifica”. Le precisazioni del ministero dell’Interno
di
VLADIMIRO POLCHI, www.repubblica.it
Roma, 20 febbraio 2012 - Resta la
tassa, si allungano i permessi. È la "rivoluzione" annunciata dal
Viminale: basta rinnovi e scadenze ravvicinate nel tempo, i permessi di
soggiorno dureranno più a lungo (anche il doppio). Non solo. Chi perde il
lavoro avrà più tempo per cercarne un altro (il permesso per attesa occupazione
passa da sei mesi a un anno) o un permesso illimitato se ha un contesto
familiare che garantisca il suo sostentamento. E la nuova tassa firmata Maroni-Tremonti 1?
Si pagherà per intero, ma meno spesso. Ecco i punti della bozza alla quale
stanno lavorando in queste ore i tecnici dei ministeri dell'Interno e del
Lavoro: sulla vita dei migranti si annuncia l'intervento più radicale dai tempi
dellaBossi-Fini 2.
La stangata Maroni-Tremonti. Ad
offrire lo spunto per rivoluzionare la materia è il decreto Maroni-Tremonti,
entrato in vigore il 30 gennaio scorso: col provvedimento nasce una nuova tassa
(tra 80 e 200 euro, a secondo del tipo di permesso) per gli immigrati che
intendono richiedere il rinnovo o rilascio dei documenti. Un balzello che si va
ad aggiungere alle altre spese già sostenute per la pratica: 27,50 euro per il
rilascio del permesso elettronico, 30 euro per il servizio delle Poste e 14,62
euro in marca da bollo.
La "rivoluzione"
dei permessi. Il governo
Monti, ereditata la stangata, ha preferito mettere mano all'intera materia dei
permessi di soggiorno, piuttosto che intervenire sulla nuova tassa (il cui
mancato introito potrebbe peraltro configurarsi come danno erariale per la
Corte dei Conti). "La norma che stiamo mettendo a punto - ha annunciato il
1° febbraio il ministro dell'Interno, Annamaria Cancellieri, alla commissione
Affari Costituzionali della Camera - rivoluzionerà completamente il sistema dei
permessi". E, stando alle prime indiscrezioni che arrivano dai ministeri
competenti, l'annuncio potrebbe presto realizzarsi.
In arrivo i maxipermessi. Innanzitutto
si lavora ad allungare i permessi di soggiorno: di tutti, da quelli della
durata di tre mesi, a quelli che scadono dopo due anni. Tra le varie ipotesi
sul tavolo, si mira anche a raddoppiarne la durata. Un modo per ridurre la
nuova tassa Maroni-Tremonti, che rimane in piedi ma verrà pagata meno
frequentemente (visto il prolungarsi dei permessi): una risposta alle richieste
dei sindacati, Cgil, Cisl e Uil, che hanno più volte manifestato contro la
nuova stangata. Un modo anche per semplificare la vita dei migranti, alle prese
ogni anno con la burocrazia dei permessi.
Un anno per cercare un nuovo lavoro. Il governo prevede di allungare a un
anno la durata del permesso di soggiorno per attesa occupazione. "Un anno
di tempo o più in caso di cassa integrazione, indennità di disoccupazione e
ammortizzatori sociali, invece di sei mesi", conferma il sottosegretario
al Welfare, Maria Cecilia Guerra. Oggi chi perde il lavoro ha solo sei mesi di
tempo per cercarne un altro, pena la scadenza del permesso. "Sei mesi per
ritrovare un lavoro mi sembrano pochi - aveva detto anche il presidente della
Camera, Gianfranco Fini nel maggio 2010 - vista la congiuntura economica
andrebbe previsto almeno un anno". E ancora: "Un'altra norma che
portiamo avanti - spiega Cecilia Guerra - permetterebbe di non far scadere il
permesso di soggiorno a quegli immigrati che perdono il lavoro e che si trovano
in un contesto familiare in grado di garantire il sostenimento economico. Il
permesso di soggiorno non scadrebbe finché c'è la possibilità di un
mantenimento".
Pratiche via e-mail. E
ancora: per accelerare le pratiche si spinge sui permessi elettronici e l'uso
di internet. Un programma informatico consentirà, nello stesso momento in cui
si formula la domanda online, di ottenere gli appuntamenti necessari al
disbrigo della pratica. Si partirà a giorni, assicura il ministro Cancellieri,
"appena sarà pronto il software per rendere del tutto operativo il sistema
che consentirà di alleggerire le pratiche e contrarre i tempi". Si pensa
anche alla possibilità di bypassare le Poste, attraverso l'utilizzo della posta
elettronica certificata per i migranti che ne dispongono. Resta però sul tavolo
il problema della sicurezza della procedura via email, visto il rischio
contraffazioni: oggi Poste rilascia una ricevuta all'atto di presentazione
della domanda difficilmente falsificabile (grazie al codice ologramma).
I tempi? Dai
ministeri competenti rispondono che la "rivoluzione" dovrebbe essere
pronta in dieci giorni. E se per accelerare l'iter delle pratiche basterà un
decreto ministeriale, per l'allungamento dei permessi si dovrà intervenire con
una modifica di legge.
Il plauso delle associazioni. "Così facendo il governo andrebbe
incontro alle richieste avanzate da tutte le associazioni, dall'ARCI 3, alla Caritas 4 - spiega Pino Gulia, responsabile
immigrazione del patronato Acli5 -
perché l'integrazione passa anche da queste scelte che danno respiro agli
immigrati, sia dal punto di vista economico, che burocratico".
Immigrazione e Lavoro
Aumentano i
lavoratori stranieri (+0,8%) nonostante il calo complessivo dell’occupazione
(-1,3%). Maggiori possibilità di impiego nelle imprese del Centro Italia e nel
settore dei servizi alle persone
Comunicato del
20/02/2012 (http://www.fondazioneleonemoressa.org/newsite/)
Venezia, 20
febbraio 2012 - L’occupazione straniera nelle piccole imprese italiane fa registrare
nel 2° semestre 2011 un aumento del +0,8% rispetto al semestre precedente.
Positivo l’andamento in tutti i settori, fatta eccezione per l’edilizia che fa
registrare un calo del -0,6%. Per la prima metà dell’anno si prevede una
crescita ulteriore del +2,0%, principalmente nel settore dei servizi alle
persone (+5,2%). Un mercato del lavoro, quello straniero, composto
principalmente da lavoratori provenienti dall’Est Europa (primo paese di
provenienza la Romania, secondo l’Albania), impiegati come operai generici e
reclutati dalle imprese per supplire alla mancanza di manodopera locale. Questi
i principali risultati di un’indagine condotta dalla Fondazione Leone Moressa
su un panel di 800 imprese italiane con meno di 20 addetti, che analizza le
caratteristiche del mercato del lavoro straniero, evidenziandone le
trasformazioni congiunturali in corso.
Andamento
occupazionale degli stranieri nelle piccole imprese italiane. Le variazioni
percentuali dell’occupazione straniera nella seconda parte del 2011 mostrano
una ripresa nell’ordine del +0,8%, a fronte di un calo complessivo del numero
di lavoratori in queste aziende del -1,3%. Si osserva un aumento maggiore degli
addetti stranieri sia nelle aree del Centro (+2,6%) che del Nord (+0,5%),
mentre al Sud la situazione rimane invariata. In merito alla prima parte del
2012 si prevede un ulteriore incremento del numero di occupati immigrati
sull’ordine del +2,0%, in particolare per le imprese del Centro (+3,1%) e del
Sud Italia (+2,5%). Nel Nord Italia si prevede una crescita più contenuta, del
+1,4%. I servizi alle persone e alle imprese sono i settori che hanno
evidenziato nella seconda parte del 2011 un progresso migliore in termini
occupazionali rispetto alla manifattura e soprattutto rispetto all’edilizia, unico
settore in cui sono diminuiti i lavoratori stranieri: infatti se nei primi tre
comparti la crescita è stata, rispettivamente, del +2,7%, del +1,8% e del
+0,7%, per l’edilizia si tratta di un calo dello -0,6%, Per la prima parte del
2012 si stima un andamento crescente comune a tutti i settori. L’aumento
maggiore riguarderà i servizi alle persone (+5,2%) e la manifattura (+2,4%),
più contenuta invece quella degli altri comparti.
Struttura
occupazionale. In
termini di numerosità, su 10 stranieri occupati nella piccola impresa italiana,
4 lavorano nel settore della manifattura e 3 nell’edilizia. Nel settore dei
servizi alle imprese è impiegato il 15,8% del totale dei lavoratori stranieri,
e in quello dei servizi alle persone il 14,6%. Su 100 imprese di piccola
dimensione, quasi 20 contano tra i loro addetti lavoratori immigrati: in questo
senso, nell’edilizia e nella manifattura si registrano rispettivamente il 27,0%
e il 22,4% delle imprese che danno lavoro ad almeno un lavoratore straniero.
Infine, si calcola che su 100 lavoratori occupati nelle piccole imprese
italiane che annoverano personale immigrato, il 24,3% è straniero. Se nella
manifattura, i lavoratori stranieri pesano per il 22,7% del totale,
nell’edilizia si arriva addirittura al 26,5%. La presenza femminile straniera è
più marcata nel comparto del terziario, in particolare nei servizi alle persone
e alle imprese, settori in cui rispettivamente il 29,1% e il 14,3% del totale
degli addetti sono lavoratrici straniere. Sul totale delle donne immigrate
quasi il 44% lavora nei servizi alle persone e il 33,3% in quelli alle imprese.
Le
tipologie contrattuali. Per quanto riguarda i contratti di
lavoro in essere, la gran parte degli stranieri (76,8%) è inquadrata con
contratti di lavoro a tempo indeterminato. Più limitato è l’impiego di
contratti a termine, come l’apprendistato (10,4%), il tempo determinato (6,2%),
il lavoro interinale (4,2%) e la collaborazione a progetto (2,4%). Per le
future assunzioni però, gli imprenditori preferiranno inquadrare i nuovi
assunti stranieri con forme contrattuali a termine rispetto al cosiddetto posto
fisso: il 20,7% di essi ricorrerà al tempo determinato e il 34,5% ad altri
contratti di lavoro a termine, mentre il restante 44,8% lo farà con la formula
del tempo indeterminato.
Identikit
dei lavoratori stranieri.
Provenienza. I lavoratori
stranieri attualmente occupati nelle piccole imprese provengono principalmente
da paesi europei non comunitari (34,6%), come Albania (15,7%) e Moldavia
(4,0%), e da paesi africani (30,1%), specie dalla Marocco (12,1%). Un altro
20,7% dei lavoratori stranieri proviene invece da paesi dell’Unione Europea,
quasi esclusivamente dalla Romania (19,0%). Seguono gli asiatici, in
particolare dall’India (4,6%) e gli americani.
Qualifica ed esperienza richiesta. Gli
stranieri occupati nelle piccole imprese ricoprono nella maggior parte dei casi
posizioni da operaio generico (60,6%), nel 37,0% posizioni da operaio
specializzato, mentre in appena Il 2,4% posizioni da impiegato. A questi
lavoratori, non viene richiesta un’esperienza lavorativa particolare: il 53,5%
degli imprenditori intervistati ricerca lavoratori stranieri con esperienza
lavorativa generica e il 10,4%, nessuna esperienza lavorativa particolare. Solo
il 36,1% di essi richiede ai lavoratori stranieri esperienza nel settore
d’impiego.
Incontro
domanda e offerta di lavoro. Imprenditori
e lavoratori stranieri instaurano il rapporto di lavoro principalmente in
seguito ad un contatto diretto (50,7%). La segnalazione di persone terze
(23,3%) e l’intermediazione di agenzie per l’impiego e del volontariato (23,3%)
sono percorsi anch’essi praticati, ma un po’ meno frequentemente. La maggior
parte degli imprenditori (41,7%) assume stranieri per la difficoltà di trovare
manodopera locale da impiegare nella propria impresa; il 21,1% perché accettano
mansioni meno qualificate e più pesanti, il 13,7% perché accettano di lavorare
al di fuori del consueto orario di lavoro e il 6,2% perché sono disposti a
lavorare per buste paga più snelle rispetto a quelle dei colleghi italiani.
L’11,3% infine, si rivolge a lavoratori immigrati perché li considera più seri
ed affidabili. Per le mansioni che svolgono, quasi la metà degli imprenditori
richiede ai lavoratori stranieri una conoscenza approfondita della lingua italiana
(48,9%), il 48,6% si accontenta di un livello di conoscenza minimo, mentre
appena il 2,5% è indifferente al fatto che i lavoratori la conoscano. Il 52,2%
dei piccoli imprenditori versa gli stipendi dei lavoratori stranieri su conto
corrente, il 34,4% salda i crediti tramite assegno mentre il 13,4% dei
pagamenti avviene in contanti.
Scarica l’Osservatorio occupazione straniera nelle PI
italiane 2°sem 2011
Un manuale ad uso degli
operatori della comunicazione promosso dal Ministero del Lavoro e presentato
ieri all’Università La Sapienza di Roma. Comunicato Stampa
Conoscere
non basta, bisogna anche comunicare. Questa idea è alla base della
pubblicazione presentata oggi, realizzata dalla Cooperativa Lai-momo (editrice
della rivista Africa e Mediterraneo) e dal Centro Studi e Ricerche Idos (Roma),
lo stesso che si occupa del “Dossier Statistico Immigrazione”. Di immigrazione
si è trattato anche questa volta, perché il Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali – Direzione Generale dell’Immigrazione e delle
Politiche di integrazione, attraverso il finanziamento con il Fondo Europeo per
l’Integrazione di cittadini di Paesi Terzi, ha sostenuto la realizzazione di un
manuale ad uso degli operatori della comunicazione. Conoscere bene
l’immigrazione e comunicarla in maniera corretta: questa l’avvertenza sottolineata dall’Ordine dei giornalisti
e dalla Federazione nazionale della stampa con la “Carta di Roma” del 2008. Il
presente volume, che unisce l’efficacia della grafica a una esposizione
corretta dei vari temi trattati, vuole essere un sussidio a disposizione dei
giornalisti per raggiungere tale obiettivo e fa parte del più ampio progetto
“Co-in. Comunicare l’integrazione”, che prevede sei seminari territoriali rivolti
ai giornalisti e una spring school per gli allievi delle scuole di
giornalismo. L’immigrazione viene
affrontata a tutto campo, dal contesto europeo a quello italiano, a quelli
territoriali. Dei 32 milioni di stranieri presenti nell’UE (che salgono a quasi
50milioni tenendo conto di quelli diventati nel contempo cittadini di uno dei
27 Stati membri), all’Italia spetta la quota di quasi 1/6 (5 milioni di
presenze). Diventata un fenomeno di massa a partire dagli anni ’90,
l’immigrazione negli anni Duemila è cresciuta fino a superare i 3 milioni di
persone, con flussi simili a quelli che, nell’immediato dopoguerra, vedevano
gli italiani fuggire da un’Italia distrutta e senza lavoro. Il manuale guida
nella rivisitazione cronologica delle leggi sull’immigrazione, da quella del
1986, approvata con una maggioranza quasi plebiscitaria, a quelle man mano più
contrastate del 1990, 1995, 1998, 2002 e 2009, anni nei quali sono sempre state
varate anche delle regolarizzazioni, non essendo state le quote ufficiali stabilite
in precedenza in grado di assorbire e incanalare tutte le persone che di fatto
si inserivano nel mercato occupazionale. Anche se la crisi di questi ultimi
anni ha portato a una riduzione delle quote annuali (l’ultima previsione è
stata di 98.000 unità a dicembre 2009),
la popolazione straniera ha continuato a crescere a seguito dei
ricongiungimenti familiari (attorno ai 100.000 all’anno, un po’ meno nel 2010)
e delle nuove nascite (quasi 80.000 ogni anno). Le acquisizioni di cittadinanza
nel 2010 hanno superato le 60.000 unità, includendovi anche i minori nati in
Italia che hanno presentato la domanda al compimento del 18° anno di età. Gli
oltre 2 milioni di lavoratori, i 229.000 cittadini stranieri titolari
d’impresa, il pluralismo religioso (con 2,5 milioni di cristiani e 1,4 milioni
di musulmani), gli oltre 700.000 alunni iscritti nelle scuole italiane, i
21.000 matrimoni misti, mostrano come l’immigrazione sia diventata un fenomeno di portata nazionale, seppure con impatti differenziati per
territorio: si va dal 61,3% del
Nord al 25,2% del Centro e al 13,5% del Meridione. L’Istat prevede che la
presenza straniera nel futuro è destinata ad aumentare, fino a diventare un
sesto della popolazione complessiva nel 2050. L’introduzione ai numeri si accompagna a una presentazione
delle buone prassi comunicative in materia di immigrazione, dalle diverse
trasmissioni della Rai, alle sperimentazioni della carta stampata, alle ormai
numerosissime testate multiculturali, alle innovazioni portate dai giovani comunicatori
appartenenti all’universo delle “seconde generazioni”. Vengono presentate anche
le agende sull’immigrazione dell’Unione Europea fino al Programma di Stoccolma,
mostrando come, pur con differenti accentuazioni, l’integrazione sia rimasta un
obiettivo prioritario anche a livello europeo. L’integrazione, che il Ministero
del Lavoro e delle Politiche Sociali ha definito un processo dinamico e
bilaterale, diventa nel manuale una sorta di narrazione al positivo, che non
vuole negare i problemi, che pure ci sono, ma nemmeno indulgere ai toni
negativi. Il manuale, andando da una parte all’altra dell’Italia, presenta
un’ampia galleria di casi riusciti di integrazione e di storie di vita, dal
medico al pasticciere, dal commerciante all’artista, dallo scrittore al DJ, per
fermarsi solo ad alcuni dei numerosi esempi citati. Gli immigrati appaiono così
persone vicine, concrete, molto attaccate al loro nuovo paese e desiderose di
riuscire e dare il loro
contributo. Per parlare e scrivere con competenza è, però, indispensabile
consultare le fonti: la guida raccoglie e presenta le più significative a
livello internazionale e italiano, istituzionale e sociale. Ma serve anche
approfondire i concetti e a questo riguardo è stato curato un Glossario di una cinquantina di voci.
Cos’è una catena migratoria? Cosa pensare a proposito della criminalità degli
immigrati? Come distinguere un respingimento da un’espulsione? Cosa prevedono
gli accordi di Schengen? Questi e
numerosi
altri interrogativi trovano un’esauriente risposta. La complessa legislazione
del settore viene esaminata nei suoi capisaldi, dai visti ai permessi di
soggiorno, dal ricongiungimento al permesso per lungo-residenti, dall’asilo
alla protezione umanitaria, dall’assistenza sanitaria alle pensioni, dalle
competenze nazionali a quelle regionali. L’immigrazione, dimensione essenziale
della società italiana, merita una maggiore attenzione nelle notizie
radio-televisive, nella carta stampata e nella letteratura. E’ un obiettivo
perseguibile, come attestano i numerosi esempi citati, che però non devono
indurre a trascurare le tante carenze. Parlare in positivo, è la
raccomandazione dell’Unione Europea e di altre organizzazioni internazionali.
Ed è lo spirito che anima questa pubblicazione perché, come precisa Natale
Forlani, Direttore generale dell’Immigrazione e delle Politiche di integrazione presso il Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali, “appare necessario garantire un’informazione
obiettiva e priva di stereotipi e pregiudizi, idonei a generare o alimentare
quei conflitti sociali che molto spesso caratterizzano le società
contemporanee”. Il manuale che
oggi presentiamo, concepito come strumento operativo e versatile, è destinato a
essere diffuso nelle redazioni di stampa, radio, tv e web di rilievo nazionale
e locale, e senz’altro contribuirà a raggiungere tale importante
obiettivo.
La versione pdf del manuale è
consultabile sul portale dell’integrazione del Governo
http://www.integrazionemigranti.gov.it
, e sui siti www.laimomo.it e www.dossierimmigrazione.it
Dai territori
(Labitalia) -
Con il presidio che si è concluso ieri sera davanti alla Prefettura di Roma, in
piazza SS Apostoli, Cgil Cisl e Uil hanno ribadito la necessità di intervenire sulla
sovrattassa sui permessi di soggiorno che colpisce i lavoratori
immigrati e le loro famiglie. "Siamo in attesa - dichiarano Claudio Di
Berardino, segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, Mario Bertone,
segretario generale della Cisl di Roma, e Luigi Scardaone, segretario generale
della Uil di Roma e del Lazio - che il governo passi dalle parole ai fatti,
sulla base di quanto dichiarato dal ministro dell'Interno quando ha annunciato
la volontà di intervenire in tempi brevi sulla normativa relativa ai permessi
di soggiorno e in particolare sulla sovrattassa già entrata in vigore".
"Riteniamo sconcertante - avvertono - che si sia deciso di aumentare il costo per le
pratiche di permesso di soggiorno (dai
precedenti 72,12 euro il 'contributo' è stato portato a 152,12 euro o
addirittura a 272,12 euro senza nessuna gradualità e senza alcun miglioramento
nei tempi burocratici) proprio in un momento così difficile per l'economia e
per le famiglie". "La sovrattassa - precisano - va quanto meno
rimodulata, poiché così com'è non è accettabile, né per il peso sulle famiglie
immigrate né per la sua finalizzazione. E' urgente che il governo intervenga
sulla durata, almeno fino a un anno, del permesso di soggiorno per attesa di
occupazione soprattutto per coloro che hanno perso il lavoro. Riteniamo inoltre
necessario - continuano - che si
apra subito un confronto con i sindacati confederali in merito al complesso
delle norme sull'immigrazione, a partire dal recepimento della
direttiva europea 52/2009 che introduce sanzioni e provvedimenti nei confronti
dei datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è
irregolare. L'ufficio del Prefetto che ha ricevuto una nostra delegazione -
concludono - ha dimostrato di avere compreso la gravità del problema e ci ha
assicurato di attivarsi fin da oggi per sottoporre la questione all'attenzione
del ministro dell'Interno e della presidenza del consiglio".
L’OIM denuncia: casi di sfruttamento di lavoratori agricoli
immigrati nel foggiano
Il direttore Oropeza: “stiamo valutando coinvolgimento delle
autorità per dare loro protezione”
(Adnkronos) - Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Orari e condizioni di
lavoro durissime, a volte senza compenso, fino a maltrattamenti e minacce di
violenza. Sono alcuni casi di sfruttamento a scapito di immigrati che lavorano
come braccianti nelle campagne pugliesi. A denunciarli e'
l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) che ieri ha incontrato
ieri alcuni migranti soggiornanti nei pressi di Foggia. "Nel corso dei
colloqui avuti dal nostro team con i migranti, per la maggior parte provenienti
da Ghana e Costa d'Avorio, ci siamo trovati di fronte a quelli che appaiono
essere dei casi di sfruttamento lavorativo'', afferma Jose' Angel Oropeza,
Direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'Oim. ''Molti di loro, circa una quarantina -
spiega Oropeza - hanno infatti raccontato come abbiano lavorato per molti mesi
- da gennaio a giugno 2011 - nei campi del foggiano in località Stornarella,
senza ricevere alcun compenso, nonostante le promesse di pagamento da parte dei
datori di lavoro. Dai racconti emergono dettagli su orari e condizioni di
lavoro durissimi. Ma le storie assumono a volte contorni anche più gravi: e' il
caso di un uomo che, dovendo affrontare delle spese urgenti a seguito
dell'improvvisa morte della moglie, ha chiesto di ricevere il suo compenso e
che come risposta ha ricevuto maltrattamenti e minacce di violenza fisica''.
Una visita, quella dell'Oim - fatta insieme all'assessore alle Politiche per
l'immigrazione della Regione Puglia, Nicola Fratoianni, e la rappresentante
dell'Associazione ''Comitato per il Centro sociale'' Domenica D'Amico - per
verificare quanto già nelle settimane scorse era stato segnalato da alcuni
migranti ai funzionari dell'Oim che lavorano in Puglia nell'ambito del Progetto
Praesidium, finanziato dal Ministero dell'Interno e realizzato insieme a Unhcr,
Save the Children e Croce Rossa italiana. Molti dei migranti coinvolti -
informa l'Oim – non sono in possesso di un permesso di soggiorno, motivo
per cui non tutti hanno avuto il coraggio di ribellarsi e di protestare. Alcuni
però si sono recati da Foggia in Campania, dove hanno denunciato l'accaduto al
Csa Ex Canapificio di Caserta, il quale a sua volta ha poi presentato denuncia presso la procura di Santa
Maria Capua Vetere. ''Alla luce di quanto emerso finora - conclude Oropeza -
stiamo valutando la possibilità di raccogliere, insieme all'Assessore
Fratoianni e al Csa dell'ex-Canapificio di Caserta, ulteriori informazioni e coinvolgere le autorità
competenti al fine di cercare di
offrire protezione - ex art 18 T.U sull'immigrazione - a quei migranti disposti
a denunciare l'accaduto, anche in considerazione dell'imminente recepimento in
Italia della direttiva europea che aumenta le pene nei confronti datori di
lavoro che sfruttano migranti irregolari".
Diritti di cittadinanza
L’Italia alle prese con il proprio avvenire
La campagna
L'Italia sulla cittadinanza ha riacceso un dibattito in realtà mai spento.
di Alessandro
Gatta, Bresciatoday.it
17
febbraio 2012 - Immigrati e futuro, da Brescia all'Italia. Risorsa o
svantaggio? Immigrati, risorsa o svantaggio? La risposta forse la conosciamo
tutti, e non c'è bisogno di chiamare in causa le associazioni di accoglienza,
la Caritas, i movimenti giovanili. Non c'è nemmeno bisogno di studi accurati
sui flussi migratori, o semplicemente di tornare indietro di
qualche decennio, quando gli immigrati eravamo noi. La campagna L'Italia Sono
Anch'io passa anche da questo, dalla risposta che tutti già
sappiamo. E dalla doppia proposta di legge popolare, la modifica della L.91 del
5/2/92 e il diritto di elettorato senza discriminazione di città e di
nazionalità. In altre parole il passaggio dallo Ius Sanguinis allo Ius Soli, e
il tanto discusso voto agli immigrati. Diritto naturale in molti Paesi UE, in
molti Paesi del mondo. Paesi e Stati che nei decenni (e nei secoli) hanno avuto
i loro problemi, hanno avuto il loro razzismo, ma sono sempre rimasti 'fedeli
alla linea'. Ovvio, c'è una certa cultura che fa dell'immigrato il nemico
pubblico numero uno. C'è un retaggio storico di odio, insulti e caccia allo
straniero. Ma c'è anche un sistema economico che, nonostante
storture e contraddizioni assodate, quando ha delle necessità non guarda in
faccia a nessuno. "A differenza dei mercati - ha detto Renzo
Fior, presidente di Emmaus Italia - i flussi migratori sanno
autoregolarsi". Io mi sposto dove c'è bisogno di braccia, per migliorare
la mia vita ma anche per migliorare la vita del Paese che mi ospiterà. Immigrati e futuro, da Brescia
all'Italia. Risorsa o svantaggio? "In dieci anni - ha sottolineato
la Camera di Commercio di Milano - il sistema produttivo italiano sarebbe stato
più povero senza il contributo delle imprese aperte da cittadini
stranieri. Sarebbero quasi 285mila le imprese in meno, ovvero
quasi due imprese su tre". Sempre nel settore imprenditoriale non
possiamo non ricordare la crescita delle imprese controllate da cittadini
stranieri (+200%) o, per fare un esempio locale, le imprese
'musulmane' a Brescia (+445%). Tutto in meno di dieci anni. Ogni
365 giorni in Italia nascono più di 100mila bambini che
hanno almeno un genitore straniero. Su circa 60mila scuole quasi il 25% delle
classi fa registrare più di un bambino straniero ogni dieci: la solita media
del pollo, ci sono realtà in cui il rapporto sale a 9 su 10.
E
Brescia da questo punto di vista è all'avanguardia, in piena linea con le medie
europee o americane. "Facendo riferimento ai dati dell'Osservatorio
Regionale per l'Integrazione e la Multietnicità ORIM - ha scritto Giovanni
Valenti della Fondazione Piccinni - nella Provincia di Brescia si calcolano
191mila 500 cittadini stranieri, circa il 16% degli abitanti presenti sulla
Provincia". Anche questo è un punto fondamentale: "Un cittadino su
quattro è minorenne. L'età media della popolazione straniera residente, maschi
e femmine, è di 34 anni a fronte dei 43 della popolazione locale. Il tasso di
fecondità attuale delle famiglie straniere si assesta al doppio di quello delle
famiglie italiane, 2.4 contro 1.2. Tale evoluzione demografica dimostra
chiaramente che le nuove generazioni della Provincia di Brescia hanno
un'altissima rappresentanza di giovani cittadini con retroterra
migratorio. La cittadinanza del suolo darebbe ragione alla
stabilizzazione della popolazione immigrata sul nostro territorio e
accrescerebbe la responsabilizzazione delle nuove generazioni nei confronti di
una comunità in continuo invecchiamento, in ripiegamento su sé
stessa".
Un
Paese che invecchia, e che senza i flussi migratori sarebbe destinato a un
lento e inesorabile declino, storico e demografico. "Analizzando i dati
ISTAT - ancora Valenti - i potenziali elettori in Provincia di Brescia, a
livello locale, sarebbero quasi 92mila, numero ancora cresciuto nel corso del
2011". In molti sottolineano che non è più un problema di destra o di
sinistra, e che le sfuriate dei vari Calderoli o Gasparri non hanno più molto
senso. "Obiezioni antiche - ha scritto infatti GianAntonio Stella nel
novembre 2011 - Nate dalla convinzione che gli immigrati siano tendenzialmente
portati a votare a sinistra. E che dunque un'irruzione di voti freschi possa
aiutare chi oggi sta con Bersani, con Di Pietro e soprattutto con Vendola. Chi
studia l'emigrazione in realtà sa che generalmente succede l'esatto contrario.
L'immigrato che si è inserito tende spesso a essere conservatore e più rigido
verso i nuovi immigrati che non i cittadini originari. Chi riesce
a togliersi dall'ultimo gradino della scala sociale trova spesso naturale
voltarsi indietro appena è salito sul penultimo, per sputare su chi ha preso
sotto il suo posto".
"I
nostri nonni - continua Stella - hanno fatto le spese di tutto questo. Pochi
sono stati razzisti con gli italiani quanto gli irlandesi che fino a poco prima
erano stati discriminati. Per affermare un solo principio: noi siamo più
americani di voi". E ricorda quell'omonimo di Umberto Bossi,
sbarcato nel 1935 a Ellis Island. O i migliaia di Napolitano, emigrati
negli States o in Argentina. I minatori italiani in Belgio, i pizzaioli in
Germania prima dell'avvento del kebab. Paesi che "si sono resi conto di un
punto centrale: è difficile chiedere alle persone di essere dei buoni cittadini
se non sono pienamente cittadini". Immigrati
e futuro, da Brescia all'Italia. Risorsa o svantaggio?
Se la
storia non basta, per una volta possiamo chiedere aiuto all'economia,
o almeno a chi in Italia ne rappresenta la parte più moderna. Non a caso lo ha
ripetuto anche Tito Boeri,
nella sua ultima apparizione bresciana: "Se c'è una cosa su
cui investire è proprio l'immigrazione. Non dobbiamo dimenticare l'esempio
degli altri Paesi, dagli Usa alla Germania. Gli immigrati hanno
grandi idee, gli immigrati hanno tanto voglia di fare".“
Società
(ASCA)
- Roma, 16 febbraio 2012 - Le
regioni del centro Italia offrono agli stranieri le migliori condizioni di
inserimento socio-occupazionale e il più alto indice potenziale di
integrazione. In cima alla classifica il Friuli Venezia Giulia (con un valore
dell'indice di 70,6 su scala 1 a 100), la Toscana (66,0) e l'Umbria (65,7).
Seguono il Veneto (63,3), l'Emilia Romagna (63,1) e il Trentino Alto Adige
(62,1). In testa alle regioni a medio potenziale le Marche (59,9), seguite da
Liguria (60,7), Lombardia (56,6), Piemonte (56,4) e Valle d'Aosta (52,2). Il
Lazio, con un indice di 49,2 si colloca al 14* posto nella graduatoria
nazionale, dopo l'Abruzzo (51,6) e incorniciato tra le due Isole, la Sicilia
(49,8) e la Sardegna (46,0). Agli ultimi 5 posti della graduatoria le rimanenti
regioni del Sud Italia. Lo rileva l'VIII Rapporto del Cnel sugli ''Indici di
integrazione degli immigrati in Italia'', presentato oggi a Villa Lubin, che
misura il grado di attrattività
che province, regioni e grandi aree nazionali esercitano sulla
popolazione straniera in Italia e il livello di inserimento sociale e
occupazionale degli immigrati. Il Rapporto si serve di 15 indicatori
statistici, suddivisi in 3 gruppi tematici di 5 indicatori ciascuno. Ogni
gruppo corrisponde a un indice sintetico che attraverso i suoi 5 indicatori di
base, misura l'attrattività dei territori, l'inserimento sociale e
occupazionale degli immigrati. In sintesi, per quanto riguarda l'indice di
attrattività territoriale, che misura la capacità di una regione di porsi come
''polo di attrazione'', al vertice figurano la Lombardia (86,2), il Veneto
(79,5), l'Emilia Romagna (79), il Lazio (73,9), mentre in coda sono Campania
(17,3), Calabria, (15,4), Sardegna (10,6) e Basilicata (6,5). Quanto alle
province, l'indice massimo e' di Prato (84,4), seguono Brescia (71,2) e Milano
(70,9). Gli indicatori che costruiscono questo indice sono: l'incidenza (%
degli stranieri sulla popolazione residente), la densità (stranieri per kmq),
ricettività migratoria (stranieri che, nel corso dell'anno, hanno spostato la
propria residenza anagrafica da un Comune esterno a uno interno al territorio
di riferimento), stabilità (% di minori tra la popolazione straniera),
appartenenza familiare (% di famiglie residenti con almeno un componente
straniero). Quanto all'Indice di inserimento sociale, che misura il livello di
accesso degli immigrati ad alcuni beni e servizi fondamentali di welfare, le
migliori condizioni si registrano in Friuli Venezia Giulia (71,6), Umbria
(70,5), Marche (69,0) e Trentino Alto Adige (67,4). La situazione tra le
province conferma che l'inserimento sociale degli stranieri trova condizioni
migliori in contesti socio-urbanistici e amministrativi di ridotta estensione,
come Trieste (69,9), Vicenza (69,8). Determinano questo indice indicatori di
accessibilità al mercato immobiliare (% dei costi d'affitto medi annui nominali
di una casa di 50 mq in zona periferica sul reddito medio annuo pro capite
stimato della popolazione straniera non comunitaria), l'istruzione liceale (%
di iscritti al liceo), tenuta del soggiorno stabile (% di permessi di soggiorno
in vigore dopo un anno), naturalizzazione (numero medio di naturalizzati),
capacità di iniziativa familiare (% di famiglie il cui capofamiglia e'
straniero sul totale delle famiglie con almeno un componente straniero).
map/mau/bra
di Emanuela Fontana, www.ilgiornale.it
Roma, 15
febbraio 2012 - Non hanno una famiglia solida che li sostiene da vicino, si
adattano a lavori spesso umili. Non importano gli orari e il tipo di mansione.
Basta che sia vicino a casa. Ma il lavoro per loro è fisso, il contratto è
molto frequentemente a tempo indeterminato. Gli stranieri in Italia sono meno
disoccupati degli italiani. C'è una schiera di giovani lavoratori, circa
360mila ragazzi, che il posto garantito ce l'ha. È questo in fondo ciò che
vogliono, arrivano per trovare un lavoro, quello che sia. Hanno una percentuale
più alta di assunti con contratti regolari. Rispetto agli under 30 italiani
impiegano almeno cinque mesi di meno a trovare un posto. Altro che co-co-co e
flessibilità del lavoro. Lo straniero in Italia spesso vuole piantare radici e
punta a un'occupazione sicura. È il sorprendente risultato di uno studio
condotto dalla Fondazione Leone Moressa sugli ultimi dati Istat Rcfl: uno
straniero su due sotto i trent'anni è occupato, mentre il posto di lavoro è
appannaggio solo di un ragazzo su tre con nazionalità italiana. Se gli under 30
comunitari ed extracomunitari nel paese sono 455mila, a fronte di 95mila
disoccupati, 360mila hanno uno stipendio. Lo studio prende in esame la fascia
di età compresa tra i 15 e i 30 anni, e questo può contribuire ad innalzare il
tasso di occupazione degli stranieri nella ricerca. Ma la differenza di
percentuali è molto alta, e non è giustificabile solo con l'attitudine
lavorativa degli extracomunitari fin da giovanissimi: il 44,5% degli stranieri
minori di trent'anni che si trovano in Italia è occupato, contro il 32,5 degli
italiani.
In alcune regioni in particolare la differenza è
più marcata: in Campania hanno un lavoro il 45,6% dei ragazzi stranieri contro
il 18,6% dei coetanei italiani; in Sicilia lavorano il 21% degli under 30
italiani, mentre gli stranieri sono il doppio (40,5%). I livelli di occupazione
sono più simili nelle regioni del Nord: 42,4 e 43% in Lombardia; 48,4% e 42,1%
in Piemonte. Nell'Italia centrale il tasso di occupazione degli stranieri è
sempre al di sopra del 40% contro il 30-40 degli italiani, con la punta
dell'Umbria, dove oltre il 57% dei giovani stranieri lavora (il 40,6% tra gli
italiani). Al Nord il tasso di disoccupazione è invece più alto tra i giovani
stranieri, ma le percentuali si invertono di nuovo al Sud, con casi limite come
la Basilicata, dove solo il 9% dei non italiani non ha un lavoro, a differenza
del 29,9% degli italiani, uno su tre, a casa. Nelle tipologie di contratto, i
comunitari o extracomunitari come detto battono gli italiani sul posto fisso.
Tra chi lavora, quasi il 64% degli stranieri è assunto a tempo indeterminato,
contro il 53,3% degli italiani: dieci punti di differenza percentuale. Sono
assunti con contratti cosiddetti atipici il 33,4% degli italiani, contro il
26,6% di chi arriva da fuori confine. Gli stranieri sono mediamente pagati di
meno, la differenza però non è altissima: 939 euro netti contro i 1.009 degli
italiani. Ma oltre l'80% dei giovani non italiani si presta a lavorare come
operaio, percentuale che si dimezza invece per i ragazzi nati nello Stivale.
Il tasso di scolarizzazione è spesso più basso
tra i non italiani: il 48,3% ha al massimo la licenza di terza media, e quasi
il 30% ricopre professioni non qualificate, percentuale che crolla al 6,6% tra
gli italiani. Gli stranieri si
accontentano di più, lavoro significa soprattutto permesso di soggiorno: il 36%
dei giovani non italiani è sotto inquadrato, quota che negli italiani scende al
27,7%. Ma è soprattutto l'adattabilità a rendere uno straniero più cercato da
un certo tipo di mercato del lavoro. Lo studio calcola che circa la metà degli
occupati forestieri ha lavorato «almeno una volta tra notte, sera, sabato o
domenica». Insomma, gli stranieri, conclude la ricerca, continuano spesso a
soddisfare «una domanda di lavoro dal basso profilo che continua a essere
espressa dal sistema produttivo, economico e sociale». Quasi un terzo dei
giovani stranieri con un posto di lavoro assicurato (spesso fisso) sono rumeni,
seguiti da albanesi (16,6%), marocchini (6,1%) e moldavi (3,5%).
Rifugiati
(ASCA) - Roma, 17 feb - Ad un anno dalla rivolta in Libia e
l'avvio di una nuova 'Primavera Araba, in Italia ''ci troviamo ad avere il 70%
dinieghi delle richieste d'asilo e il 30% di protezione. Si presentano problemi
politici sui quali bisogna dare delle risposte''. Lo ha dichiarato il portavoce
dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Laura Boldrini
intervenuta alla presentazione della indagine <Emergenza Lampedusa un anno
dopo> realizzata dall'associazione Bruno Trentin e la Cgil. ''Oggi - ha
aggiunto la Boldrini - c'e' un problema che abbiamo sottoposto anche al
ministro Cancellieri che ci ha assicurato che stanno valutando le possibili
misure. Ci sono dinieghi a cui non e' stato dato seguito un ricorso. Al momento
ci sono 3 mila ricorsi su 24.233 domande d'asilo già vagliate con un numero di
dinieghi che supera quota 10 mila. Dunque si presenta un problema perché
significa che queste persone sono diventate già irregolari, se non hanno fatto
ricorso''. ''Bisogna dare a queste persone - ha proseguito - la facoltà di non
diventare irregolari estendendo un soggiorno regolare, per poi decidere quali
misure sono più adeguate per trovare una soluzione''. Il portavoce dell'Unhcr
ha inoltre ricordato che in Libia ''c'e' stato un vero e proprio conflitto che
ha causato la fuga di 1 milione e 300 mila persone interessate ad attraversare
il Mediterraneo. Ci si aspettava un' invasione biblica e uno tsunami umano
invece questo 1,3 milione di persone avevano altri programmi. Erano in gran
parte lavoratori, rifugiati e famiglie che non potevano più stare in Libia e
che si sono riversati nei Paesi confinanti in particolare Tunisia ed Egitto che
a loro volta vivevano delle fasi molto delicate di transizione. Ad attraversare
il Mediterraneo non c'e' stato uno tsunami umano ma 28 mila persone che si sono
aggiunte alle altre 28 mila provenienti dalla Tunisia''. ''In questi tentativi
- ha concluso la Boldrini - ci sono stati tanti morti. Solo dalla Libia sono
partite 1500 persone che non sono mai arrivate dall'altra parte del
Mediterraneo''.
dab/mau/rob