13 febbraio 2012

Consiglio d’Europa: “no a dichiarazioni che scatenano odio”, l’Europa ha bisogno degli immigrati.
Il segretario generale Thorbjørn Jagland preoccupato per le violazioni dei diritti umani degli immigrati illegali e dei rom. “Tutelare i diritti umani di 15 milioni di clandestini”.
ImmigrazioneOggi, 13-02-2012
Il futuro dell’Europa passa dall’immigrazione per questo sono inspiegabili gli atteggiamenti di chiusura che spesso sfociano nel razzismo.
Parole chiare quelle pronunciate dal segretario generale del Consiglio d’Europa, Thorbjørn Jagland, che sabato scorso a Helsinki ha incontrato nove capi di Stato, tra cui Giorgio Napolitano.
“Per sostenere il livello di benessere raggiunto – ha spiegato Jagland – l’Europa ha bisogno degli immigrati. Ecco perché i leader politici debbono astenersi da dichiarazioni che scatenano odio. Certi discorsi che appena dieci anni fa erano banditi, oggi sono considerati normali. Dobbiamo preoccuparci della nuova realtà per evitare che la politica sia sovrastata da populismo e dall’estremismo”.
L’incontro di Helsinki è stato un meeting informale del cosiddetto Gruppo Arraiolos – formato dai capi di Stato di Finlandia, Austria, Germania, Ungheria, Lettonia, Portogallo, Polonia, Slovenia e Italia – costituito nel 2003 per riflettere sui fenomeni di intolleranza e razzismo che turbano in questo momento l’Europa.
A questo proposito, il Segretario generale si è detto preoccupato in modo particolare della situazione dei rom e dei diritti degli immigrati illegali. “È nostro dovere – ha dichiarato – tutelare i diritti umani dei 15 milioni di clandestini che vivono in Europa e fermare la spaventosa discriminazione di cui è vittima il popolo Rom”.
Nel suo intervento, il Segretario ha poi auspicato “un impegno maggiore dell’Europa perché non vi siano più tragedie nel Mediterraneo”.



Diritti Umani: “Immigrazione e Integrazione con dignità nella legalità”
Venerdì 17 febbraio 2012 -Auditorium 5° C D “G. Verdi” di Andria
AndriaLive.it, 13-02-2012
In linea con gli ideali d’azione indicati dall’UNESCO, si svolgerà nella serata del 17 febbraio 2012, con inizio alle ore 18:30 presso il 5° Circolo Didattico “G. Verdi” di Andria, un incontro – dibattito sul tema Diritti Umani: “Immigrazione e Integrazione con dignità nella legalità”.
L’evento culturale, organizzato dal Club UNESCO di Andria, si propone di stimolare una riflessione sull’immigrazione come fenomeno connesso direttamente alla salvaguardia interculturale del nostro Mediterraneo, all’educazione, all’integrazione sociale, al rispetto dei diritti umani.
Dopo i saluti dell’ Avv. Nicola Giorgino Sindaco di Andria, dell’Avv. Antonio Nespoli Assessore alla Cultura, dell’Ing. Francesco Chiapperini presidente del Club UNESCO di Andria e della Dott.ssa Grazia Suriano Dirigente Scolastico 5° Circolo “G. Verdi” di Andria, relazioneranno sul tema:
- il Prof. Giorgio Costantino, ordinario di Diritto Processuale Civile – Università Roma TRE e
- Mons. Luigi Renna, docente di teologia morale – Facoltà Teologica Pugliese.
Dopo gli interventi di Don Geremia Acri, responsabile della Casa di Accoglienza S. M. Goretti, della Prof.ssa Gabriella Bonadies, docente del Centro Territoriale Permanente per l’Istruzione della Scuola Degli Adulti presso la Scuola Media “G. Salvemini”, seguirà un dibattito. Chiuderà la serata l’Ing. Antonio Ruggiero Vice Presidente Nazionale dell’UNESCO.
La manifestazione sarà condotta dalla giornalista Nunzia Saccotelli.



Riccardi: cittadinanza come “diritto di cultura”, oltre lo ius soli e ius sanguinis.
Preoccupato per “il filo di violenza che percorre il confronto” tra italiani e immigrati.
ImmigrazioneOggi, 13-02-2012
Un diritto di cittadinanza basato sulla cultura, una specie di via di mezzo tra ius soli e ius sanguinis. È quanto propone il ministro per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione, Andrea Riccardi, intervenuto alla trasmissione televisiva Che tempo che fa.
Il ministro ha comunque aggiunto che “la questione della cittadinanza non tocca al Governo gestirla ma deve maturare in Parlamento”, tuttavia “tra ius soli e ius sanguinis credo che si possa trovare una via di mezzo e cioè il diritto di cultura, se questi bambini sono culturalmente italiani diamogli la cittadinanza, credo sia un fatto giusto”.
Sul rapporto tra italiani e immigrati, poi, Riccardi, ha denunciato il “filo di violenza che percorre il confronto”, ma sottolineando anche la presenza di aspetti positivi. “È l’impressione che ho avuto a Firenze, dove ho voluto parlare con i senegalesi”, dopo l’omicidio di due immigrati dal Paese africano a dicembre. “La città – afferma il ministro – ha reagito molto bene e la stessa sensazione l’ho avuta a Rosarno. Siamo in un momento in cui ci sono elementi di conflitto ma anche elementi di reazione. Noi siamo per la sicurezza per tutti e per costruire un processo di integrazione”.



Immigrati travolti da un treno Morto 23 enne nordafricano
L'incidente sulla linea Milano-Chiasso, a Como
il Giorno, 12-02-2012
Dalle prime ricostruzioni, pare che i tre giovani stranieri camminassero lungo la massicciata della ferrovia per cercare per uno di loro una casa abbandonata dove trovare riparo per la notte. Uno dei giovani è rimasto ferito, l'altro illeso
Como, 12 febbraio 2012 - Un treno ha travolto e ucciso un nordafricano di 23 anni, probabilmente tunisino, che la notte scorsa insieme con altri due immigrati stava camminando lungo la massicciata ferroviaria della linea Milano-Chiasso all’altezza di via Napoleona a Como. Il secondo immigrato, di 21 anni è  rimasto ferito in maniera non grave, mentre il terzo è illeso, ma sotto choc.
Dalle prime ricostruzioni dell'accaduto, pare che i giovani nordafricani camminassero lungo la massicciata della ferrovia Milano-Chiasso per cercare per uno di loro una casa abbandonata dove trovare riparo per la notte. Ma poco prima della mezzanotte due dei tre giovani sono stati praticamente ‘risucchiati’ dal treno, proveniente da Zurigo e diretto a Milano, e sono stati scaraventati nella scarpata a fianco dei binari. Il macchinista ha sentito un colpo, ha fermato il convoglio, ha trovato una scarpa tra i binari e ha lanciato l’allarme. I tre stranieri sono stati trovati e recuperati, anche se uno di loro era già privo di vita.



Catania: con il progetto “Relar” tirocini formativi per 50 ospiti dei Cara.
L’iniziativa è stata illustrata con un convegno alla Provincia di Catania: numerose le aziende che hanno aderito, soprattutto nel settore agricolo.
ImmigrazioneOggi, 13-02-2012
Sono stati oltre 50 i tirocini formativi a favore dei richiedenti asilo ospiti delle strutture della Protezione civile e del Cara di Mineo nel Calatino Sud Simeto, in provincia di Catania. L’intervento è stato possibile grazie al progetto “Relar” di cui sabato scorso sono stati illustrati i risultati presso la sede della Provincia di Catania.
Nell’ambito del progetto sono stati avviati due percorsi: uno per gli ospiti delle strutture di emergenza gestite dalla Protezione civile italiana in convenzione con il Consorzio Sol. Calatino s.c.s., l’altro per gli ospiti del Cara di Mineo. Si è inoltre sottolineato che è la prima volta che i migranti presenti all’interno delle strutture di prima accoglienza per richiedenti asilo hanno avuto la possibilità di accedere e partecipare ad attività di formazione e orientamento al lavoro. Le aree all’interno del quale sono stati orientati i percorsi formativi riguardano i settori agricolo, edile e del turismo.
Alcune delle aziende che hanno aderito al progetto – scrivono i promotori – hanno avviato dei percorsi di possibile assunzione dei migranti all’interno delle loro strutture, “questo sottolinea l’importanza dell’integrazione non solo da un punto di vista sociale e culturale, ma soprattutto lavorativo, affinché il migrante possa sentirsi parte integrante del territorio che lo ospita”.



I pirati del Sinai
la Repubblica, 13-02-2012
FABIO SCUTO
NAKHL (Penisola del Sinai)
I pericolo è quel filo di sabbia che si alza e si staglia sull'orizzonte: significa che ci hanno individuato e non è una buona notizia». Guida come se fosse a un rally Abudi, l' autista beduino che ha accettato l'ingaggio di attraversare in macchina la Penisola del Sinai, entrando dal tunnel sottomarino Ahmed Hamdi a Suez, fino a Taba sul Mar Rosso. Quasi 500 chilometri di strade e piste all'interno di una sterminata penisola desertica popolata quasi solo da nomadi. Una "Tortuga" secondo i servizi segreti occidentali, dove vecchie e nuove tensioni fra le popolazioni beduine si impastano con il caos egiziano, dove la "mafia araba" ha messo salde radici legando le gang criminali ai gruppi che si ispirano ad Al Qaeda e sognano la nascita di un emirato islamico, mentre i generali della giunta al Cairo sono occupati a garantirsi un futuro al sicuro dai prossimi processi contro l'ancien règime. E dove, soprattutto, da un paio di mesi sono tornati nel mirino i turisti occidentali più avventurosi che sfidano le dune, che dai resort sulle spiagge affrontano escursioni verso le montagne e finiscono nelle mani delle bände che si contendono il territorio. Trascurate e discriminate le 12 tribu beduine che popolano il Sinai, spesso reciprocamente diverse, sono abituate a vivere ai margini. Per anni hanno fatto affidamento sul contrabbando come mezzo di sopravvivenza in un territorio con poche altre opzionie conomiche. Nel 2007,quando Israele e Egitto hanno imposto il blocco economico alla confinante Striscia di Gaza dopo che Hamas ha preso il potere, i ricavi sono saliti alle stelle, un'industria che vale milioni di dollari al giorno. II Nord di questo "triangolo di sabbia" è percorso da clan e tribii dedite al contrabbando di ogni merce che si muovono supiste e vecchie rotte carovaniere solo a loro conosciute.
SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE CON UN ARTICOLO DI RENZO GUOLO
NAKHL (Penisola del Sinai)
Portano droga, armi, lavatrici, forni a microonde, automobili, matite, medicine e ogni altro genere di necessità, c'è un mercato di quasi due milioni di persone sotto assedio a Gaza da soddisfare. La rete di tunnel saldamente nelle mani della mafia araba sotto i 13 chilometri di confine con la Striscia di Gaza si occupa di farla avere dall'altra parte conguadagni milionari. Da un anno, dalla caduta di Mubarak, il Sinai è diventato terra di nessuno.
Ci sono verdeggianti appezzamenti di marijuana che ormai crescono a cielo aperto lungo le strade a sud del deserto montuoso centrale, dove la polizia egiziana mantiene una presenza soffusa. Autobotti attraversano il deserto per portare l'acqua per l'irrigazione, altri camion caricano le balle essiccate pronte per essere trasferite da qualche altra parte. Talvolta le piste usate dai contrabbandieri e dall'esercito si intrecciano; «ma i militari non hanno tempo per noi — sentenzia Abdallah, contrabbandiere dichiarato — una volta quel traffico li era nelle mani dei Tarabin (una delle tribii beduine, ndr) ma adesso è un giro d'affari troppo grande per un clan solo». El Arish, il capoluogo del nord Sinai ma anche Rafah — la città egiziana sul confine con Gaza — vivono una sorta di boom edilizio, circolano soldi, molti soldi. Negli ultimi due anni la zona di confine ha accumulato una serie di palazzi con i tetti ornati stile pagoda giapponese che sono il segno distintivo dei contrabbandieri arabi con una certa classe. Nei vicoli polverosi di Rafah, Kia, Toyota, Mercedes e altre auto di lusso — molte ancora con le targhe libiche attaccate — aspettano di essere contrabbandate attraverso i tunnel. Quasi lOmila ne sono entrate nella Striscia in sei mesi. «In una notte sola ne hanno fatte passare 131 dallo stesso tunnel», racconta la leggenda me-tropolitana in città.
Ma è il traffico d'armi che favorisce l'instabilità dell'area e preoccupa Israele. Carichi di lanciarazzi a spalla, razzi, mu- nizioni, missili a medio raggio provenienti dalla Libia sono stati intercettati dalla polizia egiziana. Ventimila missili, dice Sameh Seif AlYazal, generate egiziano in congedo e esperto di terrorismo, sono finiti recentemente nella Striscia di Gaza.Alcuni gruppi palestinesi avrebbero stretto un accordo con i libici per comprare armi pesanti in grado di colpire più efficacemente Israele.
Nel cuore di queste dune di sabbia svetta con i suoi più di duemila metri lo Jabal Musa, il monte di Mosè in lingua araba. Il Monte Sinai è una zona impervia e ostile all'uomo, dominata da due tribù beduine, l'esercito egiziano vi si avventura raramente. L'ultima volta in dicembre con l'Operazione Aquila, che non ha disturbato né i contrabbandieri né i terroristi. Fra le creste di Jabal Musa hanno trovato rifugio quasi 2mila miliziani jihadisti-contrabbandieri, gli integralisti egiziani hanno trovato qui il loro santuario. Il loro numero si è infoltito dopo le fughe in massa dalle carceri egiziane dopo la rivoluzione del gennaio 2011.
Nel Sud bande di beduini Rashaida gestiscono il traffico di esseri umani, migliaia migranti che dall'Africa, con un flusso continuo cercano una via di fuga verso Nord, verso il Medio Oriente e l'Europa. Grazie alle testimonianze dei sopravvissuti, delle ong e degli attivisti dei diritti umani, il dramma di questi profughi — taglieggiati, ricattati, depredati, tenuti in
 ostaggio — è uscito dal silenzio in cui si consumava. Clan beduini, gang criminali palestinesi e gruppi armati gestiscono questo traffico. Il fondamentalismo jihadistico si autofinanzia con attività criminali, spesso leader dei movimenti qaedisti e capi mafia sono le stesse persone. Scrive il "Washington Institute for Middle East Policy" nel suo ultimo rapporto che «bande di contrabbandieri si sono convertite al terrorismo, gruppi beduini aderiscono al salafismo, si sono legate a gruppi palestinesi della Striscia come Hams, Jihad Islamica, Comitati di resistenza e l'Esercito dell'islam del clan Daghmush». I Daghmush—soprannominati i "Sopranos di Gaza" — sono sempre stati attivi nel contrabbando, nel 2009 alcuni membri della Famiglia hanno dato vita a un gruppo salafita che nella Striscia si scontrato spesso con la polizia di Hamas.
Il confine con l'Egitto, i 240 chilometri di deserto — da Gaza sul Mediterraneo fino a Eilat sul Mar Rosso — sono diventati l'incubo strategico per Israele. Una frontiera di sabbia vasta e ampia, quasi impossibile da controllare per un esercito. Per questo in gran fretta sta costruendo un Muro — come quello in Cisgiordania — nel tentativo di contenere l'immigrazione clandestina, solo nel 2011 sono entrati in Israele 13.500clandestini, ma la conseguente perdita di controllo del Sinai ha fatto scattare l'allarme terrorismo. L'attacco terrorista nell'agosto 2011 — otto gli israeliani uccisi lungo la Highway 12 che corre lungo il confine — è stato poi l'atto decisivo per dare al muro del Sinai una urgenza «di carattere nazionale e strategico». Questo confine era considerato il più sicuro, garantito dal trattato di pace di Camp David che regge da più di trent'anni, ma adesso i pericoli maggiori per Israele vengono da qui. Se questo confine non viene "sigillato", Israele dovrà prepararsi ad affrontare nuovi attacchi contro Eilat — la località balneare più frequentata in Israele — perché il Sinai è di- ventata la base per infiltrare terroristi palestinesi.
Dalla metà degli anni Ottanta i beduini che possedevano appezzamenti di terra lungo la costa del Mar Rosso, bramati da tutti, hanno perduto il controllo delle loro terre, espropriate dal governo centrale e vendute agli operatori alberghieri. Oggi nel caos egiziano qualcuno chiede kalashnikov alla mano ciò che gli è stato tolto, l'industria del turismo è entrata nel mirino. Come dimostra quanto è successo all'Aqua Sun, un resort a 30 chilometri da Nuweiba assaltato da una banda beduina che ha chiesto mezzo milione di dollari per lasciare la struttura — che era stata minata—intatta. All'inizio di gennaio una banda di rapinatori ha assaltato l'hotel Hilton di Taba per svaligiarne la gioielleria. A Sharm el Sheikh un turista francese è stato ucciso durante una sparatoria all'inizio del mese di gennaio, due turisti americani sono stati rapiti la scorsa settimana mentre salivano su un bus verso il Monastero di Santa Caterina. Tre coreani l'altro giorno: ore di paura prima di essere rilasciati nella notte senza denaro.
È sera quando il fuoristrada si ferma davanti alla sbarra della frontiera egiziana. Davanti c'è il valico israeliano di Eilat e si intravedono le luci dei grandi alberghi, un braccio di mare largo due miglia ci separa da Aqaba che è dall'altra parte del Golfo. «Inshallah, è arrivato Mister—dice Abudil'autista— siamo stati fortunati».
 


Immigrazione:emergenza Nord-Africa; in Puglia nati 9 bambini
Nascite avvenute negli ultimi 6 mesi
(ANSA) - BARI, 11 FEB - Sono in tutto nove, sei femmine e tre maschi, i bambini nati in Puglia negli ultimi sei mesi, da genitori accolti nelle strutture gestite dal Soggetto Attuatore per l'emergenza immigrazione dal Nord Africa. Lo rende noto con un comunicato il Soggetto Attuatore per l'emergenza in Puglia Antonello Antonicelli che ha inviato una lettera all'Anci e ai comuni interessati dalle nascite. I bambini - nati da quando è scattata l'emergenza Nord-Africa in Puglia - si trovano ora con i rispettivi genitori nei luoghi di accoglienza. (ANSA).

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