Newsletter periodica
d’informazione
(aggiornata alla data del
25 gennaio 2012)
o
Dipartimento Politiche
Migratorie: appuntamenti pag. 2
o
Società: in arrivo la
“tassa di soggiorno” pag. 2
o
Politiche
dell’immigrazione: analisi e proposte UIL su decreto flussi pag. 2
o
Rom e Sinti- Nasce un
tavolo interministeriale per accoglienza e integrazione pag. 4
o
Milano: sgomberi e
salute
pag. 5
o
Occupazione –
stranieri alla ricerca di lavoro pag. 6
o
Immigrazione ed asilo
– proposte ASGI per il 2012 pag. 7
o
Mediterraneo –
Monti in Libia: “rispettare i diritti dei migranti” pag. 8
o
Territori –
Consigliere aggiunto e voto ai referendum per gli immigrati napoletani pag. 9
o Foreign Press: The
promised land needs people pag. 9
A cura del
Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento
Politiche Migratorie
Rassegna ad
uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL
Tel.
064753292- 4744753- Fax: 064744751
Dipartimento
Politiche Migratorie: appuntamenti
Bruxelles, 2 febbraio 2012, ore 10.00,
sede CES
Riunione del “Migration and
Inclusion Working Group” su migrazione e cooperazione
(Giuseppe Casucci)
Roma, 11 fabbraio 2012, ore 10.00, sede
Ambasciata Filippina
Meeting on Developing a System of
Linkages, Cooperation and Coordination between Philippine and Italian Service
Providers towards Improved Service Delivery for Migrant Workers
(Giuseppe Casucci)
Da lunedì prossimo i
rinnovi costeranno fino a 100 euro in più. Per richiedere il permesso per lungo
soggiornanti ce ne vorranno € 200. Corsa degli stranieri a presentare la
domanda prima della deadline.
(redazionale UIL) Roma, 24 gennaio 2012
– Solo alcune settimane fa alcuni ministri avevano considerata necessaria
una “approfondita riflessione” sulla tassa sui permessi di soggiorno,
da non applicarsi a pioggia e sulla necessità di considerare una modulazione
proporzionale della tassa sulla base del reddito famigliare dei richiedenti.
Poi non se ne è saputo più nulla, ed ormai mancano solo sei giorni all’entrata
in vigore di un balzello, introdotto nel 2009
con il “pacchetto scurezza” e che ha un carattere evidentemente punitivo
nei confronti degli immigrati. La Uil ha da subito definito ingiusta la “tassa
di soggiorno” in quanto “va ad aggiungersi alle
tante altre sopportate dai cittadini (stranieri e non), senza che, a dovere certo,
corrisponda uguale fruibile diritto”. In effetti, è ben noto che
l’Amministrazione dello Stato è incapace di rinnovare il permesso in venti
giorni come prescrive la legge e il servizio reso arriva con ritardi a volte
insopportabili. Al danno di tempi
interminabili per avere il permesso, ora si vuole aggiungere la beffa di un
cattivo servizio a prezzi esosi. In questo senso, ha chiesto la UIL, il Governo
deve fare un passo indietro seguendo una logica di equità solidarietà. A
partire dalla prossima settimana, tranne ripensamenti tardivi dell’Esecutivo, chi
chiede il primo rilascio o il rinnovo sarà costretto a pagare, oltre ai 30 euro
richiesti da poste italiane per il servizio e al contributo di 27,50 euro per
la stampa del permesso elettronico, anche 80 euro se il permesso è
annuale, 100 euro se il permesso è biennale o 200 euro se è un permesso per
soggiornanti di lungo periodo, la cosiddetta carta di soggiorno. Convinti che
ormai la tassa sia inevitabile, migliaia di cittadini stranieri nelle ultime
settimane si stanno rivolgendo ai patronati per presentare la domanda di
rinnovo in anticipo (la legge dice che può essere fatto fino a 60 giorni prima
della scadenza). Certo un piccolo risparmio, possibile solo a chi sta per
scadere il titolo di soggiorno. Per ora nuove prime istanze non ce ne saranno
(a parte ricongiungimenti e permessi famigliari), in quanto non è previsto il
decreto flussi (eccezione per gli stagionali): dunque la tassa si applicherà ai
rinnovi ed alle richieste della ex carta di soggiorno. Il gruppo di patronati
CEPA (Cgil, Cisl, UIL e Acli) hanno richiesto un incontro urgente con i tecnici
del Viminale per sapere come l’amministrazione si stia organizzando per
informare l’utenza etnica sulla procedure e mettere a disposizione in anticipo
la nuova modulistica da utilizzare
per i rinnovi la prossima settimana. La nostra impressione è che sarà quasi
impossibile che le cose cambino in
questi ultimi giorni, in quanto da una parte il Governo ha già messo a bilancio
i maggiori introiti che proverranno dalla tassa (serviranno a finanziare il
fondo rimpatri e l’ordine pubblico). Inoltre le norme potrebbero essere
cambiate solo con un nuovo decreto ed è perlomeno dubbio che questo possa
avvenire ora.
Immigrazione, decreti flussi, analisi e
proposte UIL
Documento elaborato dal Dipartimento Politiche migratorie,
gennaio 2012
Breve storia del decreto flussi: gli ingressi in
Italia
Nell’anno 1998, l’Istat riportava
1022.896 residenti, che sommati agli ingressi successivi fino al 2010, ha
portato la popolazione straniera residente a toccare quota 4.570.317 al 1°
gennaio del 2011. La media annuale d’ingressi è stata di quasi 300 mila nuovi
cittadini l’anno, una spinta migratoria notevole seconda, in Europa, solo alla Spagna.
Tra il 1998 ed il 2011, abbiamo avuto ingressi complessivi per 3.309.624 stranieri per motivi di
lavoro, di cui 702.900 stagionali, 1447.980 per lavoro subordinato e 1.158. 744
attraverso le regolarizzazioni. Se andiamo ben a vedere, solo una quota minima
è entrata veramente con meccanismi d’ingresso regolare (forse il 25%). La
stragrande maggioranza è entrata regolarmente e si è poi trattenuta
irregolarmente, oppure è entrata attraverso canali non legali, sanando poi la
propria posizione attraverso il decreto flussi o sanatorie. Il meccanismo ha funzionato come
mantice pompando quote di immigrazione irregolare, funzionali all’area estesa
della nostra economia sommersa (25% del PIL secondo l’Istat), quote che sono
andate emergendo attraverso il meccanismo della regolarizzazione occasionale,
ma soprattutto attraverso il decreto flussi annuale che finiva per assorbire
stranieri irregolari già presenti in Italia ed occupati in nero.
All’assorbimento della quota irregolare corrispondeva in parallelo l’arrivo di
altra manodopera irregolare in meccanismo a soffietto che ha continuato ad
attrarre nuovi arrivi illegali. Tutto questo favorito, oltre che dall’economia
sommersa, anche da fattori demografici. Oggi in Italia sono presenti circa 5
milioni di stranieri residenti che contribuiscono ad oltre l’11 % del nostro
PIL. Senza di loro, la popolazione sarebbe inferiore a 55 milioni di abitanti,
il prodotto interno lordo sarebbe più piccolo di un decimo. Le previsioni sono
che entro un ventennio un quinto della popolazione italiana sarà di origine
straniera.
Oltre agli
immigrati regolari, un alto numero di stranieri irregolari (valutato dagli
esperti essere tra le 600 e le 800 mila unità) lavora e vive accanto a noi,
virtualmente privo di diritti, rischiando ogni giorno l’espulsione, e
sottoposto in molti casi a condizioni di sfruttamento e vessazione non degne di
una società civile come la nostra.
Un numero di irregolari che è in forte
crescita a causa della crisi economica e degli effetti della primavera araba.
Non c’è dubbio che le normative sull’immigrazione si sono rivelate inadatte a
governare la spinta migratoria in arrivo e – tantomeno – a produrre
un matching equilibrato tra domanda ed offerta di lavoro. La chiusura virtuale
degli ingressi regolari ha portato ad un maggior arrivo di immigrazione
irregolare, in quanto era più facile entrare in Italia di nascosto per lavorare
in nero, piuttosto che sottoporsi alla lotteria di decreti flussi di fatto
negati per chi stava fuori. Anche per chi è riuscito una volta ad avere il
permesso e ad entrare regolarmente, i ritardi cronici del rinnovo del permesso
una volta scaduto, lo condannano ad un limbo di quasi (ir) regolarità
attraverso un cedolino ed in attesa di un permesso che arriva spesso già
scaduto. Non meraviglia, dunque,
se milioni di stranieri abbiano scelto il percorso di ingresso irregolare,
adatto a rispondere alle esigenze di una economia sommersa da noi consistente e
con la speranza di uscire dal meccanismo infernale della clandestinità,
attraverso l’uso improprio del decreto flussi o, prima o poi, di una sanatoria.
La sostanza è quella di una realtà che ha accettato per anni di subire la
migrazione irregolare, direttamente con gli sbarchi dal Mediterraneo, ma
soprattutto attraverso l’esteso
fenomeno degli overstayers, irregolarità poi in gran parte riassorbita
attraverso i decreti flussi o le regolarizzazioni. Non c’è dubbio che un
prolungato periodo di non governo dell’immigrazione, con i suoi effetti in
termini di dumping lavorativo e sociale, aggiunto alla crisi economica che pesa
sul lavoro e sulla vita dei cittadini, ha prodotto una maggiore chiusura della
società favorendo il clima necessario a far passare norme volte a far barriera
all’immigrazione, non solo quella irregolare
Governo: inadeguatezza dello strumento
Recentemente il Governo ha deciso di
abolire lo strumento del decreto flussi, per sostituirlo con misure non ancora
definite. Natale Forlani, direttore per l’immigrazione del Ministero del
Lavoro, ha giustificato la scelta
con due ragioni principali:
a) lo strumento
del decreto flussi si è dimostrato inadeguato a conseguire il desiderato
matching tra domanda ed offerta di lavoro straniero. Infatti il numero di nuovi
contratti di soggiorno firmati, rispetto alle quote ed alle domande presentate
è risultato a fine anno addirittura “risibile”; b) nel secondo trimestre del
2011 c’erano ben 278 mila stranieri disoccupati, un numero in rapida crescita
che potrebbe superare quota 300 mila alla fine di quest’anno: sarebbe dunque
illogico far entrare nuove persone in un mercato del lavoro fortemente in
crisi. Va aggiunto che, secondo alcune valutazioni di esperti, l’attuale crisi
economica potrebbe produrre nel 2011 la perdita di altri 600 mila posti di
lavoro tra gli stranieri.
b) Quadro
insufficiente anche per quanto riguarda lo strumento del decreto flussi. Nel 2010, a
fronte di 98.080 quote previste, sono pervenute al Viminale 424.858 domande per
lavoro a tempo indeterminato. Il bilancio (alla data del 3 novembre 2011) è di
42.910 nulla osta rilasciati e un magro risultato di 12.027 contratti di
soggiorno sottoscritti. Peggiore ancora la situazione per il D.P.C.M.
stagionali che, a fronte di 60 mila quote previste, ha prodotto al
sottoscrizione di sole 7.379 contratti di soggiorno. La conclusione raggiunta,
nell’ambito di una riunione interministeriale è stata quella di sconsigliare
l’adozione di un decreto flussi per ingressi di lavoro subordinato, anche al
fine di evitare un incremento anomalo di persone in cerca di occupazione, con
effetti indesiderati sul mercato del lavoro, particolarmente riconducibili alla
crescita del lavoro sommerso”. Per quanto riguarda il lavoro stagionale, si è
detto, il decreto flussi ci sarà, ma il numero delle quote verrà drasticamente
ridotto (circa 30 o 35 mila) e si provvederà ad un maggiore monitoraggio delle
domande per verificarne la trasparenza e l’esistenza di un posto di lavoro
concreto.
La posizione della
UIL
Pur condividendo in generale questa
analisi – in una lettera inviata allo stesso direttore generale per
l’immigrazione del Ministero del Lavoro Natale Forlani - la nostra
Organizzazione ha fatto rivelare come la chiusura virtuale ad ogni forma di
ingresso legale per lavoro nel nostro paese (con l’eccezione degli stagionali),
potrebbe avere conseguenze anche negative, lasciando aperta in generale
un’unica chance alla pressione migratoria in arrivo comunque esistente: quella
di entrare illegalmente in Italia e ingrossare l’esercito del lavoro nero,
sfruttato e privo di diritti. Inoltre, ha ricordato la UIL, il decreto flussi è
stato in gran parte negli anni utilizzato da migranti che sono già presenti in
Italia e sono in possesso di un lavoro, sia pure irregolare. L’assenza del
decreto priverà dunque migliaia di vittime del lavoro nero dell’unico percorso
possibile di emersione dalla condizione di irregolarità e questo anche in
contrasto con la direttiva 2009/52/CE (in fase di ratifica nel nostro Paese),
che prevede la possibilità di permessi di soggiorno di durata limitata concessi
a cittadini di Paesi Terzi assunti illegalmente e che cooperano nei
procedimenti penali nei confronti dei loro datori di lavoro. Comprendendo le
perplessità del Governo, la UIL si è detta contraria ad un decreto flussi con
caratteristiche “a pioggia”, nella dimensione e nelle modalità finora
conosciute. Nondimeno, ha suggerito la possibilità di un dpcm mirato e di
dimensioni contenute che potrebbe contemplare le seguenti possibilità:
1. Una quota
riservata ai Paesi che hanno sottoscritto accordi con l’Italia di cooperazione
nella lotta contro la tratta e l’immigrazione clandestina. Il non farlo
vanificherebbe gli accordi sottoscritti dal nostro Paese con nazioni nostre
partner;
2. Una quota
riservata ai cittadini di paesi terzi che abbiano ottenuto il permesso di
soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo in un altro Paese dell’UE e che
vogliano lavorare nel nostro Paese. In effetti l’articolo 9-bis, comma 1, del
Testo Unico sull’immigrazione dispone in questi casi la possibilità di
soggiornare in Italia per un periodo superiore a 3 mesi, per svolgervi attività
varie, tra cui il lavoro subordinato e autonomo. Un diritto, questo, che è
anche previsto dalla direttiva 2003/109/CE, ratificata dall’Italia. Gli articoli
3, comma 4, e 21 del T.U. stabiliscono dei limiti numerici che sono compresi
nelle quote d’ingresso stabilite dai decreti flussi. L’assenza del decreto,
conseguentemente, vanifica il diritto di questi cittadini, pur previsto dalle
leggi italiane e comunitarie. Da qui la necessità di stabilire una quota fissa
annuale o, in alternativa, la scelta di sganciare questa categoria di cittadini
dallo stesso decreto flussi (ma in questo caso è necessaria una modifica della
legge);
3. Una quota
riservata ai cittadini stranieri di origine italiana, da parte di almeno uno
dei genitori – entro il 3° grado di ascendenza in linea diretta –
residenti in Paesi non comunitari;
4. Quote mirate
a prestazioni professionali per cui c’è comprovata scarsità nel mercato del
lavoro, anche considerando le casistiche già previste nell’art. 23 del Testo
Unico.
In attesa di nuovi strumenti
d’incontra tra domanda ed offerta di lavoro etnico, non si può semplicemente
chiudere il rubinetto. In questo senso verrà chiesto al Governo di aprire un
tavolo di consultazione con le parti sociali per affrontare questo ed altri
temi. Ad esempio, il documento unitario propone di agire sulla durata del
permesso di ricerca occupazione e su percorsi individuali di emersione nello
spirito della direttiva n. 52 della Commissione Europea.
(ASCA) - Roma, 24 gennaio 2012 - Un Tavolo
interministeriale permanente su Rom, Sinti
e Camminanti e un Piano di integrazione da varare, anche dopo gli ultimi
richiami giunti proprio oggi dall'Europa, entro febbraio. Questi i risultati di
un incontro appena terminato e al quale hanno partecipato i ministri per la
Cooperazione e l'Integrazione Andrea Riccardi,
dell'Interno Anna Maria Cancellieri, del Welfare Elsa Fornero, i
sottosegretari al Lavoro e alle Politiche Sociali Maria Cecilia Guerra e
all'Istruzione Marco Rossi Doria. Presenti anche tecnici dei dicasteri della
Giustizia e della Salute ed un rappresentante della Conferenza Stato-Regioni.
Un primo Tavolo, quello odierno, servito per fare un punto sulla non semplice
situazione del popolo Rom nel nostro paese. Da quanto si e' appreso il Piano,
che partirà dal prossimo mese, sarà di ''lunga scadenza'' e si incentrerà su
quattro direttrici principali per l'integrazione: istruzione, sanità,
situazione abitativa e lavoro. Il ministro Riccardi ha parlato della necessità
di '<superare l'ormai cronica situazione emergenziale per approntare vere
politiche di integrazione anche nella coscienza - ha sottolineato - che il
popolo rom in Italia e' costituito, per almeno la metà, da bambini e ragazzi
sotto i 18 anni di età>. Una politica, ha spiegato, che '<dovrà attingere
anche dai fondi Ue. Non avremo più, in questo senso, richiami da parte
europea''. Una necessità, quella di politiche di accoglienza e integrazione, e'
stato fatto rilevare, dovuta oltretutto agli impegni assunti (anche dal
precedente governo) in sede europea. Uno dei temi affrontati, anche quello dei
campi definiti ''disumani'' da Riccardi e ''molto spesso inaccettabili'' dalla
Fornero che ha parlato dell'urgenza di un ''instradamento'' della questione rom
verso politiche dell'integrazione non più reversibile. Politiche che debbono
incentrarsi soprattutto sul tema dell'istruzione. Assicurando la
''disponibilità'' del suo dicastero, da parte sua, il responsabile del
Viminale, Anna Maria Cancellieri ha ricordato il varo del Tavolo proprio alla
vigilia della Giornata della Memoria che ricorda la morte di migliaia di Rom
nei campi di sterminio nazista. gc/
Rom, sgomberi e salute
Presentata la ricerca dei medici volontari del Naga che descrive
la situazione nei campi irregolari di Milano.
Dario Paladini,
Terre di Mezzo
MILANO -
"Le loro condizioni di vita sono sotto il livello della decenza": non
usa giri di parole Pietro Massarotto, presidente del Naga,
associazione di medici volontari, per descrivere la situazione dei rom nei
campi irregolari di Milano. Sul loro camper hanno visitato, dal gennaio 2010 al dicembre 2011, 1.142 persone in 13
baraccopoli e nel campo comunale di via Triboniano (chiuso nell'aprile
dell'anno scorso). E hanno scoperto che una persona su quattro non è mai andata
a scuola, solo il 16% ha un lavoro in regola e solo in tre insediamenti c'era
l'acqua potabile. Condizioni di vita che minano la salute dei rom: il 20%
soffre di malattie respiratorie (bronchiti, faringiti e influenze), il 12% ha
dolori alla schiena e agli arti e il 10,5% malattie gastroenteriche. Frequenti
anche le cefalee che perseguitano l'8,6% dei rom. Un terzo delle donne sopra i
14 anni ha avuto un aborto. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista
"Epidemiologia & prevenzione" e presentato questa mattina nella
sede del Naga. "Dobbiamo smetterla di pensare ai rom come ad un'emergenza
-aggiunge Piero Massarotto-. Sono qui da anni, alcuni dal 1998, dobbiamo
affrontare con razionalità il problema delle loro condizioni di vita e di
salute. Questo è garantire sicurezza, non contrapporre rom e cittadini
italiani". Molti figli ma anche tanti aborti. Nei campi rom abusivi di
Milano il numero medio di figli per donna è di 2,8. E mentre per la fascia di
età dai 15 ai 25 anni le donne rom hanno 1,2 figli, la media sale con
l'aumentare dell'età tanto che tra i 36 e 45 anni è di 3,6 figli. I ricercatori sono rimasti sorpresi dal fatto che almeno un terzo delle
visitate, sopra i 14 anni, ha avuto un'interruzione di gravidanza (volontaria o spontanea) con una media
di 3,8 aborti per donna. La causa? Forse perché su 216 donne sopra i 14 anni a
cui è stato chiesto se fanno uso di metodi contraccettivi solo 17 (pari all'8%)
ha risposto di sì. "Il bassissimo tasso di utilizzo di metodi
anticoncezionali può spiegare in parte il ricorso all'interruzione volontaria
di gravidanza come estremo rimedio per evitare una gravidanza non
desiderata", scrivono i ricercatori. Sgomberi e salute. Nei dati dello
studio del Naga non ci sono malattie come tumori o epatiti. "La ragione è
semplice: le condizioni in cui operiamo e l'impossibilità di fare analisi non
ci permettono di scoprire le patologie più gravi -spiega Andrea Galli, medico
volontario del Naga-. I continui sgomberi, inoltre, ci impediscono di seguire
con assiduità i pazienti". Ogni volta che il Comune di Milano manda le
ruspe per abbattere le baraccopoli, la condizioni di vita dei rom peggiorano.
"Il tipo di abitazioni diventa sempre più precario a ogni sgombero -si
legge nello studio del Naga-. In alcuni casi si è passati dalla baracca alla
tenda, smontata di giorno e rimontata di notte, e i luoghi sempre più impervi e
meno visibili". La giunta Moratti si vantava di aver effettuato circa 500
sgomberi. "Con Pisapia la situazione è solo in parte migliorata visto che
hanno continuato a farli nei campi irregolari -sottolinea Piero Massarotto-. Da
dicembre c'è una moratoria e questo è un segnale positivo". Scolarità. In media i rom hanno frequentato le
scuole per circa 5 anni nella loro vita, anche se tra gli adulti 1 su 4 non ha
mai visto un'aula e sono per la maggior parte donne. La situazione migliora tra
i bambini e ragazzi, tra i quali 1 su 5 non è mai andato a scuola. Lavoro. Solo il 16% dei rom sopra i 13 anni di
età dichiara di avere un lavoro e tra loro c'è anche un ragazzino tredicenne.
Delle 83 che hanno anche specificato la professione, 29 sono muratori, 10
addetti alle pulizie, 9 operai e 4 meccanici. "In realtà sono molti di più
coloro che lavorano -spiega Cinzia Colombo, volontaria del Naga che ha curato
la ricerca-. Dalle conversazioni con le persone risultano che molte hanno occupazioni
non in regola o attività saltuarie".
Immigrazione
e lavoro
Stranieri alla ricerca di lavoro
In Italia nei
primi nove mesi del 2011 si contano oltre 2,2 milioni di occupati stranieri, ma
quasi 300mila disoccupati. Questo permette di calcolare un tasso di
disoccupazione straniero dell’11,1%, valore che si fa più marcato
nelle aree del NordOvest dove l’indicatore raggiunge quota 12,3%. Le aree
del NordEst e del Centro su allineano al dato medio nazionale, rispettivamente
10,7% e 10,8%, ma è il Mezzogiorno ad evidenziare il dato più contenuto:
9,5%. Dai primi nove mesi del 2008 allo stesso periodo del 2011 (cioè
indicativamente dall’inizio della crisi ad oggi) il numero di disoccupati
stranieri è aumentato di 126mila unità. Questo significa che su 100 disoccupati
in più creati complessivamente dalla crisi, quasi il 40% è di origine
straniera. Tale incidenza si fa più evidente nel Centro dove si sfiora quota
50%, mentre nelle aree del Nord il dato si attesta attorno al 38%. Ancora una
volta è il Sud ad evidenziare le percentuali più contenute. Per quanto
riguarda la durata della disoccupazione, stranieri e italiani mostrano
delle caratteristiche molto diverse. Se uno straniero disoccupato è tale
mediamente per 13,2 mesi (quindi poco più di un anno), per gli italiani si
tratta di 21,8 mesi (quindi quasi due anni). L’86,1% dei disoccupati
stranieri vorrebbe trovare un lavoro come dipendente, meglio se a tempo
indeterminato (97,4%), quindi un lavoro il più possibile “tutelato”. In
quanto alle caratteristiche dell’orario di lavoro, gli stranieri preferirebbero
un’occupazione a tempo pieno (48,4%). Per quel che concerne la
disponibilità a spostarsi, gli stranieri preferirebbero un lavoro
più vicino a casa. In particolare il 21,3% dei disoccupati stranieri non
si sposterebbe dal proprio comune di residenza. Attraverso questi dati
viene fornito un profilo del disoccupato straniero che cerca un lavoro il più
possibile stabile, meglio full time, ma che si accontenta di una retribuzione
modesta. Lavoro che inoltre dovrebbe trovarsi vicino a casa: questo significa
che, oltre ai problemi riguardanti la spesa per i trasferimenti in pendolarità
(che ne limiterebbe gli spostamenti per raggiungere il luogo di lavoro), gli
stranieri si accontenterebbero di trovare qualsiasi lavoro, basta che sia nei
dintorni del proprio comune di residenza. Il canale preferito dagli
stranieri per cercare un lavoro sono le reti amicali: l’85,3% dei disoccupati
infatti si rivolge a parenti, amici o conoscenti per avere il contatto con
imprese che abbiano bisogno di nuova manodopera. Come seconda strada, esaminano
offerte di lavoro sui giornali (56,9%) e inviano curriculum a privati (56,7%). Appena
il 28,3% si rivolge ad agenzie interinali o cerca lavoro su internet. Le
modalità di ricerca del lavoro differiscono da quella degli italiani: sebbene
le reti parentali o amicali rimangano il canale preferenziale per trovare
lavoro (anche se in percentuale più bassa rispetto agli immigrati), gli
italiani preferiscono inviare curriculum e fanno maggiore utilizzo della rete
internet. Meno utilizzata è invece la rete delle agenzie interinali alle quali
si rivolge appena il 16,6% dei disoccupati stranieri.
Fonte: Fondazione Leone Moressa
"América,
América si campa a meraviglia
andiamo nel Brasile con tutta la famiglia América, América si sente cantare andiamo nel Brasile Brasile a
popolare". Così recitava una canzone dei migranti veneti del 1896. Un
secolo dopo l'ondata migratoria che portò gli italiani ad attraversare l'oceano
in cerca delle terra promessa, potrebbe ripetersi. Questa volta la spinta non è
la fame di inizio Novecento, bensì la crisi. Il Paese sudamericano, che
recentemente è stato premiato con upgrade di Standard & Poor’s , sta
difatti rivedendo la sua politica sull'immigrazione in modo da favorire
l'ingresso di 400.000 professionisti altamente qualificati nelle imprese
brasiliane. «Dal momento che il
Brasile è oggi un'isola di ricchezza nel mondo, c'è molta gente qualificata che
vorrebbe lavorare qui», ha spiegato l'economista Ricardo Paes de Barros,
coordinatore del progetto allo studio del Governo. L'obiettivo è quello di
incentivare la fuga dei cervelli europei verso il Paese. Il flusso migratorio è
in costante aumento. Secondo le ultime statistiche negli ultimi quattro anni
sono stati soprattutto gli spagnoli a emigrare in Brasile alla ricerca di un lavoro, con un incremento del 45
per cento. Complessivamente, il numero di stranieri arrivati nel Paese
sudamericano è cresciuto del 52,4% nel primo semestre del 2011. Da gennaio a
settembre il ministero del Lavoro ha concesso agli stranieri 51.353
autorizzazioni, con un aumento del 32% rispetto all'anno precedente. Secondo il sito di reclutamento online
Monster, lo scorso anno circa 80.000 professionisti hanno pubblicato il loro
curriculum per trovare un lavoro in Brasile. Il processo di sviluppo del Paese
del futuro, il suo basso tasso di disoccupazione (6 per cento) e il potere di
attrazione rappresentato dai grandi eventi sportivi in programma nei prossimi
anni (i mondiali di calcio del 2014 e le olimpiadi del 2016) lo rendono una
meta sempre più attraente per
centinaia di migliaia di persone in cerca di opportunità. L' ondata
migratoria del ventunesimo secolo diventerà oggetto di una nuova novela, dopo
«Terra Nostra» che raccontava la storia di due migranti salpati da Genova nel
1888 per raggiungere la terra promessa? (L.B.)
Asgi, gennaio
2012 - Considerando che attualmente il Governo non dispone di una maggioranza
parlamentare effettiva e coesa, sufficiente ad approvare dalle due Camere
modifiche legislative, e dispone di poco più di un anno di tempo di attività,
si propone all’Esecutivo di incidere in materia di immigrazione su 3 direzioni:
1) immediata
attuazione delle direttive comunitarie scadute o in scadenza: si tratta di
obblighi comunitari ineludibili e sanzionabili 2) adottare regolamenti mancanti
e provvedimenti amministrativi 3) nominare gli organi di partecipazione e
consulenza previsti dalla legge vigente 4) predisporre con apposite commissioni
di studio miste per elaborare idee, proposte e progetti di legge (per la
successiva legislature) sui temi più controversi ed insoluti.
In
particolare si propone quanto segue:
1) Attuare
nei tempi più rapidi possibili e in modo completo tutte le direttive
comunitarie in materia di immigrazione ed asilo:
1.1. Due
d.lgs. devono essere emanati dal Governo entro 17 aprile 2012 in base all’art.
21 della legge comunitaria 2010 (legge 15 dicembre 2011, n. 217) per il
recepimento di due importanti direttive:
a) Direttiva
2009/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, che
introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di
datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è
irregolare: nel d. lgs. si deve prevedere non soltanto un inasprimento
delle misure penali, civile e amministrative, incluse quelle fiscali, contro il
lavoro irregolare, ma anche una cauta
regolarizzazione di
chi presenta documentata e verificata emersione del lavoro irregolare,
l’estensione dell’applicazione delle norme sulla protezione sociale degli
stranieri previste dall’art. 18 T.U. sull’immigrazione approvato con d. lgs. n.
286/1998, un termine per l’autodenuncia da parte di datori di lavoro e forme di
regolarizzazione dei rapporti denunciati dai datori di lavoro che erano in
corso prima della data di entrata in vigore del d.lgs. o della direttiva;
b) Direttiva
2009/50/CE del Consiglio, del 25 maggio 2009, sulle condizioni di ingresso e soggiorno di
cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati(da
attuarsi con d.lgs. che deve essere emanato entro 17 aprile 2012 in base
all’art. 21 della legge comunitaria 2010 (legge 15 dicembre 2011, n. 217)
1.2. In
ragione dei lunghi tempi di esame parlamentare delle leggi comunitarie e dei
successivi decreti legislativi occorre che siano inserite già nel ddl comunitaria
2011 attualmente all’esame della Camera dei deputati in Commissione le deleghe
legislative;
a) per
l’attuazione della Direttiva 2011/51/UE del Parlamento europeo e del Consiglio,
dell’11 maggio 2011 , che modifica la direttiva 2003/109/CE del Consiglio per estenderne l’ambito di
applicazione ai beneficiari di protezione internazionale (deve essere recepita entro il
20 maggio 2013, ma per ora il suo recepimento risulta inserita oggi nello
schema di ddl comunitaria 2012, il che ne rinvierebbe l’attuazione);
b) per
l’attuazione della direttiva 2011/98/UE del Parlamento europeo e del Consiglio
del 13 dicembre 2011 relativa a una procedura
unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini
di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a
un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano
regolarmente in
uno Stato membro (deve essere attuata entro fine 2013 e comporterebbe
semplificazioni ed eliminazione del contratto di soggiorno e soppressione del
contributo per il rilascio e il rinnovo del p.s.);
c) per
l’attuazione della direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio
del 5 aprile 2011 concernente la prevenzione
e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime,
e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI (deve essere
recepita entro il 13 aprile 2013);
d) per
attuare la direttiva
(rifusa) sulle qualifiche, cioè la direttiva 2011/95/UE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011 recante norme sull’attribuzione, a
cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di
protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le
persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul
contenuto della protezione riconosciuta (rifusione): deve essere recepita entro
il 21 dicembre 2013;
e) per
emanare un t.u. di tutte
le norme legislative di recepimento delle direttive in materia di asilo che provveda alla loro
reciproca armonizzazione e coordinamento e che rimedi a violazioni e mancate
attuazioni delle direttive (soprattutto la direttiva rimpatri)
2) Ricostituire gli organismi di
consulenza previsti
dal T.U. per iniziare ad esaminare le problematiche degli stranieri e a
individuare le misure più utili per migliorare le attività preposte a
disciplinare l’immigrazione;
2.1. Consulta
nazionale per l’immigrazione;
2.2. Commissione nazionale per le politiche di integrazione;
3) Ampliare i posti disponibili
per asilanti nell’ambito dello SPRAR fino all’effettivo fabbisogno per la media annuale recente
dei richiedenti asilo e dei titolari di protezione temporanea 4) Emanare direttiva del Ministro
dell’Interno ai Questori sul rilascio del permesso di soggiorno per motivi
umanitari agli stranieri provenienti dai Paesi arabi in rivolta;
5) Emanare il regolamento di
attuazione del d. lgs. n. 25/2008 sulle procedure di presentazione e di esame
delle domande di asilo
6) Costituire 2 Commissioni di
studio del Governo, composti di rappresentanti dei ministeri e di esperti, per
la preparazione di 2 schemi di ddl del Governo
- riforma
legge sulla cittadinanza;
- legge sulla tutela e la promozione sociale della minoranza dei Rom e dei
Sinti in Italia;
7) prevedere l’indipendenza dell’UNAR nell’ambito del prospettato
riordino dell’ordinamento delle strutture della Presidenza del Consiglio dei
Ministri;
8) prevedere
nel ddl di semplificazione la delega
legislativa al Governo per l’emanazione di un codice degli stranieri,
dell’immigrazione, dell’asilo e della cittadinanza, che raccolga in un
unicocorpo tutte le norme legislative vigenti in materia, armonizzandole.
Emergenza Mediterraneo
Monti in Libia:
rispettare i diritti dei migranti
20 gennaio
2012 - Il Consiglio italiano per
i rifugiati (CIR) ha rivolto un appello al presidente del Consiglio Mario Monti
e al Ministro degli Esteri Giulio Terzi in vista dell'incontro, che si terrà
domani, con il governo transitorio libico affinché venga sollevato il tema
della protezione dei rifugiati e dei diritti dei migranti presenti in Libia.
"La Libia, che continua a essere uno dei più importanti paesi di transito
per i profughi provenienti dall'Africa Sub - sahariana, non ha ancora firmato
la Convenzione di Ginevra e non offre alcuna protezione ai rifugiati né
garanzie per il rispetto dei diritti dei migranti" hanno Detto Savino
Pezzotta - Presidente del CIR e Christopher Hein - Direttore del CIR, nella
lettera indirizzata al governo. Il CIR si appella affinché il governo italiano
avvii una cooperazione con quello libico in tema di diritto d'asilo e
migrazione basata sul rispetto dei diritti umani e sugli obblighi
internazionali. Dobbiamo ricordare che l'attuazione dell'Articolo 19 del
Trattato di amicizia italo-libico ha avuto conseguenze drammatiche: l'avvio
della politica indiscriminata di respingimenti di rifugiati e migranti che
cercavano una protezione in Europa, la detenzione di migliaia di stranieri in
centri dove venivano praticate la tortura e trattamenti inumani e la chiusura
delle frontiere libiche. "Le mozioni votate dalla maggioranza della Camera
in questi ultimi giorni indicano una svolta politica e mettono giustamente il
rispetto dei diritti in prima linea" dichiara Hein "Ci aspettiamo dal
governo un segnale politico che rispecchi quest'orientamento".
Di fronte alla
questione irrisolta di molti migliaia di profughi arrivati nel 2011 dalla Libia
provenienti da un gran numero di Paesi dell'Africa Sub sahariana, il CIR ha
chiesto al Governo la realizzazione di un programma di ritorno volontario
assistito in Libia per quanti hanno espresso la volontà di ritornare nel Paese,
chiaramente solo una volta stabilite condizioni accettabili in termini di
sicurezza e accoglienza, e il rilascio di un permesso di soggiorno per
protezione temporanea in attesa che vengano individuate le soluzioni
individuali per ogni profugo.
Le proposte approvate
dalla giunta De Magistris. Un rappresentante dei residenti extracomunitari avrà
diritto di parola a Palazzo San Giacomo
Roma – 20
gennaio 2012 – Un rappresentante degli immigrati in consiglio comunale e
la possibilità di partecipare ai referendum consultivi ai quali possono essere
chiamati tutti gli altri cittadini di Napoli. Sono le novità in arrivo per i
cittadini stranieri che vivono nel capoluogo campano, previste da due proposte
firmate dagli assessori ai beni comuni ed alle Politiche Sociali Alberto
Lucarelli e Sergio D’ Angelo approvate ieri dalla giunta guidata da Luigi De
Magistris. Sono due schemi di regolamento che ora passeranno al vaglio del
consiglio comunale. Il primo provvedimento prevede che gli immigrati
maggiorenni regolarmente residenti a Napoli possano eleggere democraticamente
tra loro un “consigliere aggiunto”. Non avrà diritto di voto (per quello
bisognerebbe modificare la legge nazionale), ma potrà intervenire su tutti gli
argomenti all’ordine del giorno a Palazzo San Giacomo. L’altro regolamento
estende invece ai cittadini che abbiano compiuto il sedicesimo anno di età,
residenti comunitari ed extracomunitari, il diritto di voto nei
referendum comunali. Si tratta di consultazioni su temi di interesse locale,
che possono essere promosse dai cittadini o dall’amministrazione. Secondo Lucarelli,
i provvedimenti confermano "il cammino di questa amministrazione per
la costruzione di un modello di partecipazione democratica ed inclusiva esteso
a tutti i membri della comunità in controtendenza con la prassi sempre più
diffusa a livello nazionale di pratiche accentratrici ed escludenti”. Una
scelta, aggiunge D’Angelo, “che nasce in considerazione del carattere ormai
multietnico della comunità cittadina”.
Scarica
la proposta di regolamento sul consigliere aggiunto
Foreign Press
The Economist, Jan
21st 2012 | TEL AVIV |
from the print edition
THIS month Teva, an Israeli drug firm, announced that it had poached a
new boss, Jeremy Levin, from Bristol-Myers Squibb, an American rival. Mr Levin
is exactly the kind of immigrant Israel needs. He swotted at Oxford and
Cambridge and has run companies in New York. He has lived in six countries and
has contacts in dozens. And he loves Israel. “The opportunity to live and work
in Israel”, he said, “is compelling.” The dynamism of Israeli business owes
much to immigration. In the decade after the Soviet Union collapsed, 1m
immigrants flocked to Israel. This huge influx of energy and talent helped
kick-start Israel’s start-up boom. Diaspora ties help, too. Israeli
entrepreneurs nearly all know people in other countries. Many divide their time
between home and abroad. Their connections keep the latest ideas from Palo Alto
and Hong Kong flowing into Tel Aviv, and help Israeli start-ups find new
markets and new recruits. But Israel’s demographic advantage is fading. The
Soviet Union will not collapse again. “We’re not going to get another million
Russians,” sighs an official in Tel Aviv. Immigration has collapsed from
200,000 in 1990 to a mere 17,000 in 2010. Living standards are higher in
America, and the neighbours less scary. The fastest-growing population groups
in Israel are those least plugged in to the high-tech economy: Israeli Arabs,
who lag educationally, and haredim (ultra-orthodox Jews), whom the
government pays to study the Torah. Two-thirds of working-age haredi men
don’t work. They do procreate, however. In 1960 only 15% of Israeli schoolkids
attended Arab or haredi schools. Now it’s about 50%, and if
current trends continue it will be 78% by 2040, according to the Taub Centre,
an Israeli think-tank. If tomorrow’s haredim are as workshy as today’s, the
start-up nation is doomed. But trends that can’t continue, won’t, says Glenn
Yago of the Milken Institute, a global think-tank. The haredim are
highly literate and perfectly capable of working. Some day, they will
have to.