20 gennaio 2012

Sulla Cooperazione due ministri in contesa
Sono il titolare della Farnesina, Giulio Terzi, e il collega Andrea Riccardi
Le Ong: dare maggiore potere, oltre che risorse, al nuovo dicastero
l'Unità, 20-01-2012  
UMBERTO DE GIOVANNANGELI
ROMA -Non è una questione personale. È un problema politico, che chiama in causa il futuro stesso della Cooperazione italiana: il nodo delle attribuzioni di responsabilità. Non è lo scontro tra Giulio Terzi, titolare della Farnesina, e Andrea Riccardi, ministro del neonato dicastero della Cooperazione internazionale e Integrazione, ma dalla decisione che il presidente del Consiglio Mario Monti è sollecitato a prendere, dipenderà se una speranza crescerá o sfiorirà definitivamente.
Non è solo una questione di risorse finanziarie, ma di chi è chiamato a gestirle. Prende le mosse da questo nodo cruciale da sciogliere, l'incontro di ieri della delegazione dell'Associazione delle Ong italiane Aoi) con il Ministro della Cooperazione e dell'Integrazione, Andrea Riccardi. Nel corso dell'incontro, i rappresentanti dell'Aoi hanno espresso il loro forte apprezzamen- to per la scelta fatta dal governo Monti di istituire un Ministro della Cooperazione - come accade nella maggior parte dei Paesi avanzati - nominando una persona di grande valore e dimostrata sensibilità come Riccardi. «Si tratta di un segnale di discontinuità politica e istituziona- le, fortemente innovativo che auspichiamo possa essere di carattere permanente», dichiara Francesco Petrelli, presidente dell'Aoi.
«Oggi, nel mondo in costante e rapida trasformazione, la cooperazione internazionale non è solo parte integrante della politica estera, ma deve essere uno strumento essenziale di tutta la strategia internazionale dell'Italia, in termini di coerenza, coordinamento ed efficacia delle politiche, per ridare ruolo e credibilità al nostro Paese. Solo cosi si potrà rispondere positivamente al momento di fortissima crisi della cooperazione italiana, sia sul piano delle risorse - in seguito ai tagli di bilancio di circa l'88% avvenuti tra il 2008 e il 2011 - che di Strategie e prospettive». Al tempo stesso l'Associazione delle Ong ha auspicato che vengano sciolti presto alcuni nodi attraverso i piú appropriati strumenti di carattere legislativo. A partire dal conferimento di deleghe, poteri e strumenti che mettano in condizione il Ministro di agire efficacemente. In assenza di questi atti tutto rischia di esser vanificato. Non possiamo permetterci un Ministro della "cultura della cooperazione", ma dobbiamo contare su un Ministro che abbia un ruolo definito e risorse adeguate per produrre fatti e azioni che a loro volta producano politiche. "L'istituzione del Ministro della cooperazione è una grande occasione che l'Italia che non può perdere, tornando alla situazione precedente. Tutti, ciascuno per la sua parte e con il suo ruolo: Ong, governo, forze politiche, deb- bono dare il loro contributo», sostiene Petrelli. «Con l'innovazione introdotta dal governo Monti, occorre ora che venga sciolto ogni conflitto di attribuzione tra il Ministro della cooperazione e il Ministro degli esteri a cui la normativa in vigore conferisce la competenza sulla cooperazione allo sviluppo, che può essere delegata solo ad un Sottosegretario agli esteri», rilancia Link 2007, secondo cui il compromesso bicefalo introdotto il 29 dicembre scorso negli articoli sulla cooperazione civile del decreto di proroga delle missioni internazionali non può reggere a lungo. «Alcune modifiche alla legge - suggerisce il documento della rete di Ong - potrebbero essere fatte subito, inserendole in un decreto legge in cui siano al contempo chiaramente attribuite le deleghe al Ministro per la cooperazione internazionale, al fine di dotarlo dei necessari strumenti politici e operativi». Nell'incontro con Riccardi, l'Aoi ha avanzato alcune proposte per realizzare quest'obiettivo. In primis, la costituzione di un Tavolo interistituzionale di coordinamento per garantire la coerenza delle politiche, in stretta collaborazione e coordinamento con gli altri dicasteri del quale il Ministro della Cooperazione potrebbe costituire il ri- ferimento; in secondo luogo, la creazione nell'ambito del Tavolo interistituzionale di un tavolo di dialogo strutturato con la pluralità degli attori, sociali e istituzionali ( associazioni, Ong, autorità locali, imprese, università ecc.). È altresi necessaria - rimarcano i dirigenti delle Ong italiane - la convocazione nei prossimi mesi di una «Con-venzione per il rilancio della cooperazione italiana», con la partecipazione attiva di tutti gli attori, con lo scopo di proporre nuovi indirizzi per arrivare alla riforma della cooperazione e a una nuova legge. Infine, anche tenendo in conto la difficilissima crisi economica, è indispensabile un'inversione di tendenza rispetto al "punto zero" toccato dalla cooperazione italiana, per farla ripartire con nuove risorse finanziarie e umane».*



Riccardi vuole pure gli immigrati Gli altri ministri non lo reggono più
Libero, 20-01-2012
Da una parte c'è Andrea Riccardi, dall'altra tre colleghi di peso come Giulio Terzi (Esteri), Anna Maria Cancellieri (Interno) e Elsa Fornero (Welfare). Nel mezzo di questo scontro in piena regola, le deleghe su cooperazione e più in generale politiche dell'immigrazione. Che il títolare del dicastero alla Cooperazione vorrebbe per sé e che gli altri tre ministri hanno poca voglia di cedere. L'intenzione è stata ribadita in una lettera promossa da Terzi e controfirmata dalle altre due ministre.
A essere maggiormente toccata dalla questione è proprio la Farnesina, per cui la Cooperazione è un asset strategico. Per questioni non tanto di budget (sempre cospicuo, sebbene anch'esso uscito ridimensionato dai recenti tagli), quanto di politica: trattasi infatti di strumento principe della politica estera, fortemente ancorato al ministero ed incarnante una buona fetta della sua mission. Quanta sia l'importanza della struttura è testimoniato anche dal fatto che alla sua guida è stata designata una diplomatica di altíssimo livello come l'ex responsabile dell'Unità di crisi Elisabetta Belloni. L'ipotesi di privarsi dei dipartímento per distaccarlo ad altro ministero, per la nostra diplomazia, è poco meno che irricevibile.
A muoversi preventivamente è però stato anche il Viminale. Come svelato dal blog di Franco Bechis su liberoquotidiano.it, nei giorni scorsi il ministro Cancellieri ha prelevato oltre due milioni di euro da destínare a vittime di guerra e reduci dei lager dalla Missione "Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti". Ossia dal fondo che rischia di traslocare dal Viminale al ministero di Riccardi. E che rischia adesso di arrivarci in versione light.
Il pronostico del braccio di ferro nell'esecutivo vede Riccardi perdente. Ma non è il caso di escludere sorprese. Il ministro alla Cooperazione - uno dei nomi meno tecnici della squadra di Mario Monti - vuole evitare l'effetto scatola vuota per il proprio dicastero. Molto presente sul piano mediatico (si vedano le visite con telecamere al seguito nel campo nomadi di Torino o tra gli immigrati di Rosarno) e parimentí attivo su quello politico (l'ultíma voce che gira è che sia il sogno proibito del Pd per le prossime Comunali a Roma), di certo il fondatore di Sant'Egidio non vuole che il proprio mandato ministeriale si risolva con un poco o nulla di fatto: di quelle deleghe (e di quei soldi) ha un gran bisogno.



Ridiamo futuro e dignità ai profughi della guerra in Libia
Avvenire, 20-01-2012
PAOLO LAMBRUSCHI
Alla vigilia del viaggio di Mario Monti in libia, è urgente porre alle nuove autorità di Tripoli la questione dei richiedenti asilo subsahariani giunti in Italia nel 2011 a seguito della primavera nordafricana. Sono meno della metà di tutti quelli sbarcati. La Camera, con il voto dell'altro giorno, ha già impegnato il governo a chiedere ai libici il rispetto dei diritti umani di profughi e migranti, evitando il ricorso ai respingimenti in mare. Ora le organizzazioni umanitarie mettono sul tappeto il tema della particolare condizione di questi profughi che, se non verrà risolta, potrebbe provocare situazioni drammatiche e avere pesanti ricadute sociali sui nostri territori. Senza contare che si commetterebbe una colossale ingiustizia. Proviamo a riassumere. Secondo il Cir, Consiglio italiano per i rifugiati, sono in tutto circa 62mila i profughi provenienti dal Nordafrica. La cifra include i tunisini sbarcati prima del 6 aprile. Ma sono invece 28 mila i subsahariani giunti dalla Libia, quelli che il colonnello Gheddafi utilizzò come «bombe umane» per rispondere agli ordigni lanciati dalla Nato. Persone che magari da 10-15 anni risiedevano e lavoravano, spesso in nero, in un Paese ricco di petrolio che, con neanche cinque milioni di abitanti, aveva bisogno di importare manodopera. Il rais li fece imbarcare a forza dai suoi miliziani su sgangherate carrette del mare puntando per ritorsione il timone su Lampedusa e le coste siciliane. Morirono in mare circa 2.200 persone, per quel che ne sappiamo. I sopravvissuti, una volta giunti in Italia perlopiù contro la loro volontà e dopo aver perso quel poco che avevano guadagnato, non volevano rimpatriare né potevano tornare nella Libia in guerra. Allora hanno presentato domanda d'asilo e oltre 22mila sono ospitati nei centri di accoglienza della Protezione Civile, suddivisi nelle regioni e gestiti anche da realtà diocesane. Ma il 70% delle richieste d'asilo ha buone probabilità di venire respinto. Molti di loro non hanno infatti i requisiti richiesti in quanto Cittadini di Paesi terzi e presto dovranno lasciare i centri. Quando la commissione respinge la richiesta, viene infatti fissato il ricorso dopo mesi. Per dare un'idea, a coloro che hanno ricevuto il diniego a dicembre è stata data una seconda chance a giugno. Fino ad allora resteranno nei centri di accoglienza senza poter lavorare per legge, in una situazione di assistenzialismo. Dopo il secondo diniego, dovranno lasciare il Belpaese. Facile intuire che finiranno in Strada entro l'autunno tra le file degli irregolari. Ma c'è una proposta per provare a uscire da questa situazione complicata. Da tempo le organizzazioni chiedono al governo di concedere con decreto un permesso temporaneo di sei mesi per motivi umanitari a questi profughi. In questo periodo il richiedente asilo dovrebbe decidere tra rimpatrio volontario, proseguimento del percorso di integrazione - se l'iter dell'asilo lo consente e non ha ricevuto il diniego - oppure, ecco la novità, ritorno volontario assistito in Libia. Per favorire la riallocazione dei lavoratori subsahariani occorre, però, che le autorità italiane chiedano la collaborazione del nuovo governo di Tripoli, al quale potrebbe interessare il ritorno di manodopera per far ripartire l'economia. C'è un'ulteriore opportunità: finito il conflitto sono tomate in Libia alcune Ong occidentali e ha riaperto l'ufficio dell'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati. Come si finanzia il ritorno? Utilizzando i fondi stanziati per i centri, ad esempio, dato che ogni richiedente asilo nei centri costa al contribuente 40 euro al giorno. Magari con il denaro risparmiato evitando inutili ricorsi giudiziari a chi ha ricevuto il diniego. Sono soldi investiti nella dignità di una persona, certo, perché i migranti non sono numeri, come ricordava domenica scorsa il Papa. Perciò non sprechiamoli, ma proviamo a impiegarli per creare futuro e speranza.



Immigrati, miti d’oggi
Tra sanatorie e introduzione del reato di clandestinità la presenza degli stranieri in Italia ha prodotto politiche condizionate solo da opposte ideologie
Europa, 20-01-2012
Asher Colombo
Nel campo delle politiche migratorie, paesi con burocrazie forti ottengono in genere risultati più confortanti, a parità di altre condizioni, dei paesi con burocrazie dotate di una forza solo moderata o deboli. Dei primi fanno parte gli Stati dell’Europa settentrionale o centrale, che dispongono di apparati consolidati da una lunga tradizione, centralizzati ed efficienti, ma ne fanno parte anche Stati asiatici o mediorientali, come Kuwait o Singapore.
Dei secondi fanno parte i paesi dell’Europa meridionale, tra cui l’Italia, ma anche la Spagna. Qui l’assenza di burocrazie forti e centralizzate riduce anche drasticamente la capacità di imporre politiche restrittive e di farle rispettare. L’assenza di indagini specifiche in Italia su questo punto rende particolarmente difficile valutare il ruolo delle burocrazie nella capacità di attuare le politiche di controllo migratorio. Tuttavia il nostro paese ha strutture amministrative dell’immigrazione ancora in fase di maturazione, in parte evidentemente in conseguenza del carattere tutto sommato relativamente recente del fenomeno che si trovano a gestire. Queste strutture amministrative in via di maturazione hanno dovuto affrontare un fenomeno che se (...) non ha le dimensioni colossali che molti pensano e non ha proporzioni superiori a quelle che hanno dovuto affrontare altri paesi, è stato tuttavia decisamente rapido.
La gestione delle richieste, dei rinnovi e dei rilasci dei permessi di soggiorno, la gestione delle regolarizzazioni e delle sanatorie, il contrasto delle migrazioni illegali con il suo corollario di espulsioni, respingimenti, trattenimenti, la gestione delle relazioni con i paesi di origine e di transito, il controllo della sicurezza dei porti, degli scali aerei e così via costituiscono solo alcune delle funzioni che hanno registrato una crescita molto rapida negli ultimi anni nel nostro paese. Gran parte di queste sono state affidate alle competenze della polizia di Stato, e negli anni hanno vissuto un processo di specializzazione e autonomizzazione, l’ultima tappa del quale è avvenuta nel 2002 quando la nuova legge sull’immigrazione ha da un lato introdotto gli sportelli unici per l’immigrazione – costituiti tra il 2005 e il 2006 –, che si occupano delle procedure di assunzione dei lavoratori stranieri di fatto gestendo i decreti flussi e la complessa procedura di assunzione dei lavoratori, che richiede complesse interazioni tra più autorità amministrative, e dall’altro, presso il dipartimento di pubblica sicurezza del ministero dell’interno, la direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere che ha concentrato in sé gran parte della gestione della materia relativa al controllo dell’immigrazione.
Il paradosso liberale
Nei confronti dell’immigrazione gli Stati nazionali sono (...) intrappolati in una tensione di difficile risoluzione. Da un lato forze economiche legate all’espansione di settori a basso contenuto di capitale e alto contenuto di lavoro – agricoltura estensiva, piccola e media industria, servizi alla persona – spingono in direzione di una maggiore apertura all’immigrazione (insieme a forze politiche ideologicamente favorevoli all’immigrazione in sé); dall’altro l’emergere di opposizioni di natura politica, religiosa, culturale spingono nella direzione opposta di una decisa chiusura. Ma non sono solo le forze del mercato a spingere in direzione opposta alle politiche restrittive perseguite dai governi.
Le strutture giuridiche liberali proprie degli Stati di diritto – il cosiddetto «liberalismo incorporato» (embedded liberalism) – non permettono di troncare definitivamente i processi migratori senza ledere diritti umani fondamentali o minacciare principi giuridici che tutelano gli individui, senza quindi colpire tutti i cittadini. Di fatto, tanto più in un paese sono presenti e operanti un potere giudiziario indipendente e una costituzione scritta, tanto più difficile diventa adottare e applicare politiche decisamente restrittive, politiche che, all’opposto, non incontrano ostacoli in paesi in cui i cittadini sono più simili a sudditi, come accade, per limitarsi a un esempio, nei paesi dell’area del Golfo persico.
A differenza delle democrazie occidentali, questi paesi non riconoscono il diritto all’asilo, non permettono la residenza a chi non abbia un lavoro, non garantiscono alcun accesso legale alle abitazioni, ai benefici sociali, alle cure mediche, non riconoscono agli stranieri il diritto al ricorso in contestazione di decisioni prese dalle autorità relativamente al loro status, consentono l’espulsione dello straniero in qualsiasi momento in base a procedure puramente amministrative. In questi paesi gli stranieri non sono tutelati da strutture giuridiche indipendenti o dalla titolarità di diritti umani inviolabili.
Questo «paradosso liberale», come è stato battezzato dallo studioso americano James Hollifield all’inizio degli anni Novanta con un’espressione che si è rapidamente affermata nella letteratura accademica, ha caratterizzato il contesto nel quale sono state prese le decisioni politiche non solo dell’Italia, ma di tutti i paesi europei e occidentali, compresi quelli tradizionalmente giudicati più rigidi in fatto di politiche migratorie, come la Germania. I fattori suggeriti dallo schema del paradosso liberale ci aiutano a spiegare almeno una parte del calo del tasso netto di espulsioni effettive (...) come una conseguenza di un riallineamento degli interventi dei governi alle garanzie costituzionali a sua volta riconducibile alla relativa indipendenza del potere giudiziario che è intervenuto più volte per emendare decisioni di natura politica. In Italia lo ha fatto nel 2004, quando ha sottratto una parte dei rimpatri dalle competenze dei questori a quelle dei magistrati; nel 2010, quando ha dichiarato illegittima la punizione dell’inottemperanza all’ordine del questore di lasciare il paese quando esiste un motivo giustificato per non farlo; ancora nel 2010, quando ha annullato la norma che dichiara un’aggravante dei reati la condizione di irregolarità; e dal gennaio del 2011, anticipando una sentenza della Corte di giustizia europea, quando alcuni tribunali italiani hanno smesso di punire con il carcere l’inottemperanza all’ordine di espulsione emesso da un questore. Allo stesso schema appartengono i casi in cui gli stranieri possono ricorrere contro decisioni giudicate ingiuste o illegittime. Così possono essere spiegati anche i vincoli al trattenimento degli stranieri irregolari (...), come quello per il quale il prolungamento del trattenimento amministrativo deve essere convalidato da un giudice.
Non si tratta di particolarità italiane. Come hanno scritto qualche tempo fa gli autori di una delle più importanti ricerche comparate sulle politiche di controllo in Europa e Stati Uniti, «l’effetto congiunto dei mercati e dei diritti (...) spiega molte delle attuali difficoltà a controllare l’immigrazione in Europa e negli Stati Uniti». In un effimero quanto rapido intervento sulla piattaforma informatica di Twitter, qualche tempo fa Hein de Haas è riuscito a sintetizzare, in una sorta di paradossale lista di ingredienti per una ricetta, l’insieme degli elementi che dovrebbero essere rimossi dal nostro mondo per consentire alle politiche di controllo migratorio dei paesi europei di corrispondere all’irrealistico e irraggiungibile obiettivo dell’azzeramento dell’immigrazione indesiderata: uscire dall’Unione europea, cancellare il libero commercio e i trattati e le convenzioni per la protezione dei diritti umani, regolare rigidamente il mercato del lavoro, ridurre la ricchezza prodotta. Essendo lontane tutte queste condizioni, la metafora della fortezza sembra poco appropriata. Forse a questa se ne potrebbe sostituire un’altra, più pertinente e più adatta a descrivere un caso come quello italiano.
Quella che richiama l’immagine di un sedicente locale esclusivo – rivolto a una platea non del tutto selezionata – i cui prezzi di ingresso crescono con una progressione piuttosto decisa e solo in parte ragionevole data l’offerta, presidiato all’esterno da sorveglianti che fanno entrare la maggior parte dei potenziali clienti mostrando loro un certo grado di condiscendenza, e sorvegliato all’interno da ronde che allontanano qualche cliente intemperante, ma senza esagerare nello zelo per non alzare i costi dell’impresa al di sopra dei benefici attesi.
I brani di Asher Colombo che pubblichiamo sono tratti da Fuori controllo? Miti e realtà dell’immigrazione in Italia in libreria per il Mulino. Colombo insegna sociologia generale e sociologia della devianza all’università di Bologna ed è uno dei massimi esperti della materia, su cui indaga da anni insieme ai ricercatori dell’Istituto Cattaneo. Fuori controllo è basato su informazioni e dati comparati largamente inediti e ricostruisce l’intera vicenda, compresi gli sbarchi seguiti alle recenti crisi nordafricane.



Istat: 20 righe per descrivere l’immigrazione in Italia. Presentato il volume “Noi Italia” un compendio sugli aspetti sociali, economici e demografici del Paese.
Cresce ancora la presenza straniera in particolare per i ricongiungimenti familiari e le nascite di bambini “immigrati”.
Immigrati Oggi, 20-01-2012
L’Italia continua la crescita demografica, seppur a tassi molto bassi, solo grazie agli stranieri, una presenza questa sempre più radicata e strutturata in famiglie.
È quanto emerge sull’immigrazione nel volume Noi Italia presentato dall’Istat, un compendio che ha l’obiettivo di offrire un quadro d’insieme dei diversi aspetti economici, sociali, demografici e ambientali del Paese, della sua collocazione nel contesto europeo e delle differenze regionali che lo caratterizzano.
Nel 2010 il tasso di crescita naturale si è attestato su un valore lievemente negativo, (-0,42 per mille abitanti), molto simile a quello del 2002 (-0,34); tuttavia la popolazione residente nel Paese cresce, esclusivamente grazie alla dinamica migratoria che, nel 2010, ha fatto registrare un tasso migratorio estero pari a 6,28 per mille abitanti. Nel contesto europeo, l’Italia fa registrare valori di crescita naturale più vicini ai Paesi di nuova adesione all’Unione. Per quanto riguarda la crescita migratoria, l’Italia si colloca ai primi posti della graduatoria, come forza attrattiva. Su un piano più generale, l’Istat rileva che i cittadini stranieri iscritti nelle anagrafi dei comuni italiani all’inizio del 2011 sono circa 4,6 milioni, il 7,5 per cento del totale dei residenti. Rispetto al 2001 sono più che triplicati; nel 2010 sono cresciuti del 7,9 per cento, con un ritmo di crescita meno sostenuto rispetto agli anni precedenti.
La struttura per cittadinanza della popolazione straniera residente in Italia è piuttosto variegata. Le prime cinque collettività per consistenza al 1° gennaio 2011 (rumeni, albanesi, marocchini, cinesi, ucraini), tuttavia, rappresentano da sole più del 50 per cento del totale. Tra le comunità più presenti, nel corso del 2010 sono cresciute maggiormente quelle dell’Europa dell’Est e del subcontinente indiano.
Al 1° gennaio 2010 i cittadini stranieri non comunitari regolarmente presenti in Italia sono 3 milioni e 400 mila, in crescita rispetto all’anno precedente. Nel tempo sono anche cambiati i motivi per i quali gli stranieri con permesso di soggiorno scelgono di vivere nel nostro Paese. È sempre più elevata la quota di coloro che sono in Italia per motivi familiari: erano il 13 per cento circa nel 1992, sono il 34 per cento nel 2010. Gli stranieri in età 15-64 anni residenti in Italia presentano livelli di istruzione simili a quelli della popolazione nazionale. Circa la metà degli stranieri è in possesso al più della licenza media (il 49,7 per cento, a fronte del 46,3 per cento degli italiani). Il 40,3 per cento ha un diploma di scuola superiore e il 10,0 una laurea. Le forze di lavoro straniere rappresentano il 9,4 per cento del totale. Il tasso di occupazione degli stranieri è più elevato di quello degli italiani (67,0 a fronte del 60,6 per cento), così come il tasso di disoccupazione (11,6 e 8,1 per cento, rispettivamente). Il tasso di inattività della popolazione straniera è, invece, inferiore di dieci punti percentuali a quello della popolazione italiana (28,6 contro 38,6 per cento).



"Quello che gli immigrati ci chiedono": un aiuto per i cittadini stranieri
È previsto per domani sabato 21 gennaio l'appuntamento a Fontanellato organizzato dal Comune e da Ciac, per fornire ai cittadini immigrati indicazioni utili sui dubbi in merito alla burocrazia
ParmaToday, 20-01-2012
Alice Pisu
Carta di soggiorno, cittadinanza, ricongiungimento famigliare, permesso di soggiorno a punti, circolazione dei cittadini Ue, solo alcune delle tematiche che generano maggiori dubbi nei cittadini stranieri che vivono nel nostro territorio. Cercare di dare risposta alle perplessità, fornendo in modo concreto indicazioni e informazioni utili, l'intento dell'appuntamento previsto per domani 21 gennaio alle ore 15,00 a Fontanellato nella sala civica "La ghiacciaia".
L'incontro, dal titolo "Quello che gli immigrati ci chiedono", organizzato dal Centro Immigrazione Asilo e Cooperazione Internazionale di Parma e Provincia (Ciac) e dal Comune di Fontanellato, è inserito nel ciclo di incontri dedicati appositamente ai cittadini immigrati, in particolar modo per fornire una guida tra normative e pratiche burocratiche che possono generare confusione in particolar modo da chi ha difficoltà con la lingua. Presenti all'incontro pubblico Francesco Trivelloni, Vice Sindaco di Fontanellato con delega ai Servizi Sociali, Gazmir Cela, esperto CIAC, Sportello immigrati del Comune di Fontanellato, Umberto Sorrentino, Vice Prefetto, Prefettura-UTG di Parma, un Rappresentante del CTP di San Secondo, Calogero Musso, avvocato, CIAC.



Cittadinanza italiana? Discriminazione Sospeso il servizio civile per tutti i volontari
Avvenire, 19-01-2012
L'avvio al Servizio civile nazionale è sospeso con effetto immediato per tutti i volontari selezionati per i progetti inseriti sia nel bando nazionale di 10.481 volontari, sia nei bandi regionali e delle province autonome. Lo ha stabilito l'Ufficio nazionale per il servizio civile in seguito all'ordinanza n. 15243/11RG del 9/1/2012 del tribunale di Milano - sezione lavoro - che ha dichiarato discriminatoria la limitazione prevista dall'art. 3 del "Bando per la selezione di 10.481 volontari da impiegare in progetti di servizio civile in Italia e all'estero" pubblicato il 20/09/2011, nella parte in cui chiede il possesso della cittadinanza italiana quale requisito di ammissione allo svolgimento del Servizio civile nazionale. Con la stessa decisione il giudice ha ordinato alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Ufficio nazionale del servizio civile di sospendere le procedure di selezione, di modificare il bando nella parte in cui richiede il requisito della cittadinanza consentendo l'accesso anche agli stranieri soggiornanti regolarmente in Italia e di fissare un nuovo termine per la presentazione delle domande.
"Sono altresì - si legge nel sito dell'Ufficio nazionale del servizio civile - sospese tutte le attività di cui all'avviso del 15 novembre 2011, relative al rilascio del nulla osta da parte dell'Ufficio ed all'invio delle graduatorie da parte degli enti. Sarà cura di quest'Ufficio comunicare con successivi "Avvisi" l'evolversi della vicenda in relazione agli esiti della richiesta urgente della sospensione degli effetti dell'ordinanza in argomento e dell'appello presentato avverso la suddetta ordinanza. Si assicura fin da ora che l'Ufficio adotterà tutte le misure ritenute più opportune al fine di limitare i disagi agli enti ed ai giovani derivanti dalla situazione venutasi a determinare con la pronuncia giurisdizionale in argomento".



Immigrati, corsi di lingua: accordo tra Regione e Università stranieri
Questa mattina è stato firmato un accordo di collaborazione tra Regione Umbria , Ufficio scolastico regionale e Università per stranieri per un corso di lingua italiana per gli immigrati
PerugiaToday, 19-01-2012
Partendo dal presupposto che la conoscenza della lingua e della cultura italiana è un requisito essenziale per l'integrazione degli immigrati nella comunità di accoglienza, oltre che un indicatore del successo del percorso migratorio e della capacità di inserimento professionale e sociale, è stato sottoscritto, giovedì a Palazzo Donini, un accordo di collaborazione tra Regione Umbria, Ufficio scolastico regionale ("Usr") e Università per Stranieri di Perugia che dà continuità e consolida le attività già avviate insieme per favorire l'apprendimento dell'italiano tra i cittadini non comunitari regolarmente residenti in regione, consentendo loro di ottenere una certificazione che attesti il livello di conoscenza della lingua come previsto dalle disposizioni normative in materia di immigrazione.
L'atto è stato firmato dalla vicepresidente della Giunta regionale e assessore al Welfare e Immigrazione, Carla Casciari, dal direttore regionale dell'Usr Maria Letizia Melina, e dal rettore dell'Università per Stranieri, Stefania Giannini.
Con la convenzione, di durata triennale, le parti si impegnano a collaborare per la realizzazione di attività di insegnamento e diffusione della conoscenza della lingua italiana attraverso l'attivazione di corsi formativi che permettano ai cittadini immigrati, regolarmente presenti sul territorio umbro, di acquisire competenze linguistiche e conoscenze di base della cultura e dell'educazione civica italiana ed elementi di formazione di base nel campo dei diritti e dei doveri lavorativi.
L'accordo, inoltre, è finalizzato a garantire agli immigrati extracomunitari pari condizioni di accesso al sapere e rafforzare l'educazione interculturale, a promuovere e favorire l'acquisizione della certificazione che ha valore ufficiale di attestazione di conoscenza della lingua italiana e a favorire l'integrazione socio-lavorativa e le migliori interrelazioni nel contesto sociale di accoglienza.
"La Regione Umbria - sottolinea la Casciari - ha puntato a sviluppare una politica di integrazione sempre più organica e rispondente agli specifici progetti migratori dei nuovi cittadini. In questa scommessa, sono state coinvolte le diverse articolazioni della società civile e istituzionali e soprattutto le scuole, con risultati positivi, attestati da una recente ricerca del Cnel, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, che colloca l'Umbria al primo posto tra le regioni italiane per il potenziale di inserimento sociale, in quanto in rapporto al proprio contesto sociale, assicura comunque lo scarto meno forte tra le condizioni di vita degli immigrati e quelle degli autoctoni'".



Roma: corsi professionali gratuiti promossi dalla Fondazione Il Faro.
Corsi per aiuto cameriere, aiuto cuoco e aiuto panettiere destinati a giovani, italiani e stranieri.
Immigrazione Oggi, 20-01-2012
Insegnare ai giovani in difficoltà, italiani e stranieri, un mestiere per facilitare l’accesso al mercato del lavoro e migliorare la propria condizione sociale. È questo l’obiettivo della Fondazione Il Faro, fondata nel 1997 da Susanna Agnelli.
La Fondazione, riconosciuta nel 2004 come centro internazionale di orientamento e formazione dalla Regione Lazio, propone tre attività formative di 150 ore ciascuna per imparare il mestiere di aiuto cameriere, aiuto cuoco e aiuto panettiere. I corsi per aiuto cameriere o cuoco sono rivolti a massimo 14 ragazzi di età compresa tra i 17 ed i 27 anni italiani e stranieri, questi ultimi in possesso di permesso di soggiorno, se non comunitari, e con una adeguata conoscenza della lingua italiana. Quello per aiuto panettiere è destinato a massimo 15 cittadini bulgari o romeni che parlino italiano.
Per frequentare i corsi è necessario superare una selezione. Per candidarsi c’è tempo fino al 31 gennaio (aiuto cameriere e aiuto cuoco) o al 3 febbraio (aiuto panettiere). I corsi cominceranno il 20 febbraio per concludersi il 24 aprile 2012.
Per informazioni contattare la segreteria didattica della Fondazione Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. , tel. 06 65747781, via Virginia Agnelli, 21 - Roma o Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. , tel. 06 55590767.



Bari: aperte le iscrizioni per il progetto Start-It-Up rivolto ad aspiranti imprenditori extracomunitari.
Dopo Torino anche nel capoluogo pugliese prende il via il progetto di Unioncamere nazionale previsto in città.
Immigrazione Pggi, 20-01-2012
Anche a Bari prende il via “Start-It-Up”, il progetto realizzato da Unioncamere e indirizzato a cittadini immigrati extracomunitari che chiedono di attivare nuove iniziative imprenditoriali da iscrivere presso la Camera di commercio di Bari.
L’iniziativa, nata dalla collaborazione tra Ministero del Lavoro ed Unioncamere nazionale e che si estende ad altre 9 città italiane, intende supportare i cittadini immigrati extracomunitari che vogliono fare impresa attraverso l’erogazione di servizi di orientamento, formazione ed accompagnamento alla creazione di impresa. Il progetto Start-It-Up, realizzato dalla Camera di commercio di Bari attraverso la sua Azienda speciale IFOC, è finalizzato a far aumentare la consapevolezza dei futuri imprenditori attraverso il trasferimento di informazioni utili sul microcredito, sugli eventuali bandi di concessione di contributi pubblici regionali, sulla modalità di predisposizione di un appropriato business plan nonché sui punti di forza e di debolezza dell’idea imprenditoriale.
Le domande di adesione possono essere presentate fino al 24 febbraio 2012. Maggiori e più dettagliate informazioni possono essere richieste ad IFOC, via Emanuele Mola n. 19 a Bari.

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