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Sentenza n. 23 del 10 gennaio 2012 Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

Diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo

     

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1909 del 2010, proposto da: *****, rappresentato e difeso dall'avv. Angela La Venuta, con domicilio eletto presso Angela La Venuta in Napoli, via Maddaloni N.6;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t.,
Questura di Napoli, in persona del Questore p.t.,
entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliataria per legge con sede in Napoli, via Diaz, 11;

per l'annullamento

del decreto di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo ** emesso dal Questore di Napoli il 18/06/2009; nonché di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente, se lesivo.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Questura di Napoli;

Vista la relazione in atti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 novembre 2011 il dott. Luca Cestaro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

FATTO

1.1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato, ***** impugnava i provvedimenti indicati in epigrafe e, in virtù di numerose censure in fatto e in diritto, ne chiedeva l’annullamento.

1.2. Si costituivano il Ministero dell’Interno e la Questura di Napoli che chiedevano il rigetto del ricorso.

1.3. Dopo un rinvio disposto all’udienza del 12.07.2011 per impedimento del legale di parte ricorrente, all’esito dell’udienza di trattazione del 22.11.2011, il Collegio tratteneva la causa in decisione.

DIRITTO

2.1. Con il provvedimento impugnato, la Questura di Napoli negava il rinnovo del permesso di soggiorno al ricorrente in quanto risultava essere gravato da due precedenti penali per i reati di cui agli artt. 474 e 648 c.p. (introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi e ricettazione commessi il 27.05.2003) e 11 co. 1 D.lgs. 313/1991 (immissione in commercio di giocattoli privi del marchio CE commesso il 28.02.2007). In particolare, il Questore di Napoli induceva dai due precedenti penali la conclusione secondo cui il ricorrente avrebbe utilizzato la “propria autorizzazione al soggiorno per motivi di lavoro autonomo” al fine di commettere “attività delittuose che mettono in pericolo la pubblica sicurezza e da cui trae, anche in parte, beneficio e su cui basa il proprio sostentamento” così da renderlo ascrivibile a una delle categorie di cui all’art. 1 L. 1423/1956.

2.2.1. Il ricorrente, con le due articolate censure, lamenta: che la valutazione di pericolosità sociale effettuata dall’Amministrazione intimata non abbia tenuto conto dei legami familiari e della situazione complessiva del ricorrente, affetto dal morbo di Crohn; che il provvedimento di diniego sia, comunque, sproporzionato rispetto ai delitti commessi, anche ai sensi dell’art. 8 Conv. E.D.U.; che il provvedimento negativo non sarebbe stato preceduto dall’art. 10 bis L. 241/1990.

2.2.2. All’udienza di discussione, la difesa di parte ricorrente ha, altresì, sostenuto che l’Amministrazione avrebbe dovuto tener conto dell’avvenuto ricongiungimento familiare in favore del ricorrente - che, appunto, ha raggiunto la propria famiglia quando era ancora minorenne - e ciò ai sensi dell’art. 5 co. 5, ult. periodo del D.lgs. 286/1998 (o Testo Unico Immigrazione, d’ora innanzi, T.U.; “nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonchè, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale”).

2.3. Nelle proprie difese, l’Amministrazione, nel ribadire la propria valutazione negativa, ha rilevato che il reato commesso è preclusivo dell’ottenimento del permesso di soggiorno per lavoro autonomo ai sensi dell’art. 26 co. 7 bis del T.U. e che la patologia lamentata non integra alcuna delle condizioni che, a norma dell’art. 35 del T.U., impediscono l’espulsione.

3.1. In primo luogo, va evidenziata l’effettiva sussistenza di una condizione preclusiva al rilascio del permesso di soggiorno per lavoro autonomo consistente nell’avvenuta condanna irrevocabile per i reati di cui agli artt. 474 e 648 c.p.. (ai sensi dell’art. 26 co. 7 bis T.U.: “la condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l'espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica”).

3.2. Tale condizione è espressamente menzionata nel provvedimento impugnato che, peraltro, racchiude ulteriori valutazioni in merito alla pericolosità del ricorrente mutuate da un’altra, più recente, sentenza di condanna per il reato di immissione in commercio di giocattoli privi del marchio “CE”; in proposito, si osserva che la relativa Sentenza, resa dal Tribunale di Napoli V sez. penale del 15.05.2008, è stata prodotta in atti, circostanza che smentisce la, pur perplessa, contestazione della commissione del reato in esame da parte del ricorrente (pag. 3 del ricorso).

3.3. La sussistenza di un precedente penale per il reato di cui all’art. 474 c.p. integra una condizione preclusiva al rilascio del titolo di soggiorno che non lascia in capo all’Amministrazione alcun margine di discrezionalità . Il semplice richiamo alla preclusione descritta è, quindi, idoneo a sorreggere il provvedimento, palesandosi l’ultroneità delle altre valutazioni operate dalla Questura.

3.4. La vincolatezza del provvedimento adottato è, peraltro, evidenziata dall’Amministrazione allorchè richiama –invero non del tutto correttamente per quanto si dirà- l’art. 21 octies L. 241/1990, applicabile, appunto, solo nei confronti di atti vincolati.

4.1. Le argomentazioni che precedono non sono vinte da quelle svolte da parte ricorrente.

4.2. Da un lato, infatti, non è applicabile il citato art. 5 co. 5 T.U., ultimo periodo, in quanto il ricongiungimento familiare è stato richiesto dal ricorrente, nei confronti della propria famiglia di origine, diversi anni addietro (era ancora minorenne), mentre oggi viene evidenziato il legame con la moglie e il figlio rispetto ai quali nessun ricongiungimento è stato, allo stato, esercitato.

4.3. Per altro verso, la patologia lamentata, come descritta nella relazione peritale allegata da parte ricorrente, non richiede cure urgenti e indifferibili tali da impedire l’espulsione, né, comunque, per quanto più specificamente riguarda il presente giudizio, lo stato di salute del ricorrente impone il rilascio del permesso di soggiorno (Consiglio Stato , sez. VI, 15 novembre 2010 , n. 8055); nel caso in cui ne ricorressero i presupposti, infatti, il ricorrente potrebbe richiedere il permesso di soggiorno per cure mediche ai sensi dell’art. 36 del T.U., ciò che, almeno sino ad ora, non ha fatto (cfr. Consiglio Stato , sez. VI, 15 novembre 2010 , n. 8055).

4.4. Inoltre, la presunzione di pericolosità sottesa alla formulazione dell’art. 26 co. 7 bis T.U. , non introduce alcun elemento di ‘sproporzione’, in quanto la severa valutazione legislativa (da ultimo generalizzata, v. art. 4 co. 3, ult. periodo, T.U. introdotto dalla L. 94/2009), ben si giustifica nei confronti di reati (contro il diritto d’autore) suscettibili di pregiudicare il benessere economico del paese in rapporto alla sua peculiare struttura produttiva in settori di particolare importanza (ad es., nel settore della moda e dell’abbigliamento).

4.5. Infine, quanto argomentato in materia di vincolatezza del provvedimento dimostra l’applicabilità dell’art. 21 octies L. 241/1990 (“Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”) e la conseguente irrilevanza, ai fini dell’efficacia del provvedimento, della lamentata violazione dell’art. 10 bis L. 241/1990.

4.6. Per quanto, in ragione delle argomentazioni appena svolte, non rifluisca sulla legittimità del provvedimento, va, comunque, rilevata la scorrettezza del comportamento dell’amministrazione che non ha ottemperato agli obblighi procedimentali imposti dalla legge sulla base di una valutazione in merito alla vincolatezza del provvedimento impropriamente svolta nella fase amministrativa («errano, quindi, le amministrazioni che intendono l'art. 21-octies, come introduzione della facoltà per la p.a. di non rispettare le regole procedimentali; in tal modo, verrebbe violato il principio di legalità, mentre, al contrario, le amministrazioni non debbono tenere conto della disposizione in sede amministrativa, limitandosi ad utilizzarla in sede giurisdizionale, quando sono stati commessi degli errori e non si è riusciti a correggerli attraverso l'esercizio del potere di autotutela», Consiglio di stato, sez. VI, 02 febbraio 2009 , n. 552).

5.1. Alla luce delle argomentazioni che precedono, il ricorso è da ritenersi infondato e deve, perciò, essere respinto.

5.2. La particolarità della materia, relativa ai diritti fondamentali del ricorrente e l’obiettiva ricorrenza della violazione di cui all’art. 10 bis L. 241/1990 (pur non viziante il provvedimento) integrano gravi ragioni per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensate le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 22 novembre 2011

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/01/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


 

Martedì, 10 Gennaio 2012

 
 
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