Consultate
www.uil.it/immigrazione
. Aggiornamento quotidiano sui temi
di
interesse di cittadini e lavoratori stranieri
Newsletter periodica d’informazione
(aggiornata alla data del 31 maggio
2012)
Permesso di un anno per l’immigrato che perde il lavoro. La norma
approvata al Senato
D.d.l.
n. 3249, art. 58
Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti pag.
2
Eventi – Coordinamento Nazionale
immigrati il prossimo 12 luglio pag.
2
Senato – Permesso di un anno a chi ha
perso il lavoro pag.2
Nord Africa: stato dell’arte e proposte della
UIL pag.
3
ILO –Guy Ryder eletto Direttore Generale pag.
4
Crisi ed immigrazione – Gli inglesi
chiedono il blocco della libera circolazione pag.
5
Cassazione – Omicidio colposo per
trafficanti di persone, in caso di morte
pag.
6
Giovani – Migrantes, sempre più giovani
emigrano all’estero pag.
6
Società- “Io, clandestino, ho denunciato i miei
sfruttatori” pag.8
A cura del
Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento
Politiche Migratorie
Rassegna
ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL
Tel.
064753292- 4744753- Fax: 064744751
Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti
Roma,
04 giugno 2012, ore 15.00, Via Ostiense, 106
Nessun
Luogo è Lontano – Assemblea “Immigrazione: appunti per un nuovo contratto
sociale”
(Angela
Scalzo, Giuseppe Casucci)
Roma,
05 giugno 2012
Ore
15.00 - Riunione Tavolo Immigrazione
Ore
17.00 – Incontro con il Ministro Riccardi
(Guglielmo
Loy, Giuseppe Casucci, Piero Bombardieri)
Roma,
06 giugno 2012, ore 15.00, Via Galvani 108
Università
Roma Tre - Convegno: “Lavoro e condizione migrante”
(Angela
Scalzo)
Roma,
15 giugno 2012, ore 10.00, via del Velabro, 5
Comitato
direttivo del Cir
(Giuseppe
Casucci)
Madrid,
19-20 giugno 2012
ILO
– CES – EFFAT - Incontro su: " Lavoro dignitoso per le
lavoratrici e i lavoratori domestici"
(Giuseppe
Casucci, Ivana Veronese)
Roma,
12 luglio 2012, ore 09.30, sede Uil nazionale, sala 7° piano
Coordinamento
Nazionale Immigrati - Dibattito: “ Costruire un’identità ed una posizione
sindacale europea in materia migratoria”
(Anna Rea, Luca Visentini, Guglielmo
Loy, Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)
Eventi
Partecipanti ed Invitati:
Luca
Visentini, Segretario Confederale CES
Anna
Rea, Segretario Confederale UIL
Prof
Saverio Ruperto, Sottosegretario all’Interno, con delega sull’immigrazione
Natale
Forlani , Direttore Generale per l’Immigrazione, Ministero del Lavoro
Antonio
Golini, Demografo
Conclude:
Guglielmo Loy, Segr. Confederale UIL
Modera:
Giuseppe Casucci, Coord. Naz. Dipartimento Politiche Migratorie UIL
Immigrazione
e Lavoro
Roma, 31 maggio
2012 - Validità dei permessi raddoppiata per evitare che i disoccupati
diventino irregolari. Palazzo Madama approva la riforma del governo, ora il
testo passa alla Camera
Roma –
31 maggio 2012 – Più tempo agli immigrati disoccupati per cercare
un nuovo lavoro. Un salvagente per chi rischia, a causa della crisi economica,
di perdere il permesso di soggiorno e diventare irregolare. Tra ieri sera e
stamattina, il governo ha incassato in Senato la fiducia sui quattro
maxiemendamenti al disegno legge di riforma del mercato del lavoro. Il testo, a
parte piccole limature, è quello approvato dalla Commissione Lavoro di Palazzo
Madama, compreso l’unico articolo dedicato espressamente ai lavoratori
stranieri. Questo prevede che chi ha perso il lavoro possa rimanere iscritto
alle liste di collocamento, e quindi avere un permesso di soggiorno per attesa
occupazione, almeno per un anno (oggi il limite è di sei mesi) e comunque per
tutta la durata di eventuali ammortizzatori sociali, come la cassa
integrazione. Scaduto questo periodo, potrà rimanere in Italia solo chi
dimostra di avere un reddito sufficiente a mantenersi, calcolo in cui andrà
considerato anche il reddito complessivo dei familiari conviventi.
Dopo aver
votato la fiducia, oggi pomeriggio il Senato procederà all’approvazione del
disegno di legge. Poi il testo passerà alla Camera dei Deputati.
Ecco il testo
approvato dal Senato:
“All’articolo 22, comma 11, secondo
periodo, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, le parole «per un periodo non inferiore a
sei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «per un periodo non inferiore ad un
anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al
reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore. Decorso il
termine di cui al secondo periodo, trovano applicazione i requisiti reddituali
di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b)". Elvio
Pasca, www.stranieriinitalia.it
Approfondimenti
(a cura del Dipartimento Politiche Migratorie
della UIL, maggio 2012)
L’Africa in Italia
Gli stranieri
in Italia sono calcolati essere vicini a quota 5 milioni, pari all’8% della
popolazione complessiva. Sono invece meno di un milione gli stranieri residenti
nel nostro Paese, provenienti dal continente africano. Secondo stime Caritas,
al 1° gennaio 2011, tra le prime 33 nazionalità presenti in Italia, 8 erano di
origine africana con quasi 900 mila , di cui 675 mila provenienti da Marocco,
Tunisia, Egitto ed Algeria. Queste cifre sono al netto degli arrivi nel 2011 e
2012. La comunità di gran lunga più rappresentata è quella marocchina, con 453
mila presenze. I dati escludono i migranti irregolari calcolati essere in media
un quinto del totale.
Profughi e migranti dal Mediterraneo: la
situazione
Dal primo di
gennaio a 2011 al 31 maggio 2012, risultano arrivati in Italia ( via mare), oltre 64 mila persone, di cui 27 mila circa dalla Tunisia, e 37
mila dalla Libia, questi ultimi di nazionalità mista, in prevalenza da paesi
sub sahariani.
Il governo precedente ha concesso
permessi di soggiorno temporanei per motivi umanitari (durata sei mesi) solo ai
nordafricani arrivati entro il 5 aprile del 2011 (circa 22 mila, quasi tutti
tunisini), mentre per gli altri arrivati dopo (42 mila) non è stato previsto
alcun dispositivo di legalizzazione, né di aiuto umanitario. Come risultato,
queste persone sono andate ad ingrossare il già grande esercito di migranti
irregolari presenti in Italia, valutati essere attualmente 800 mila. Il
permesso temporaneo è stato rinnovato ad ottobre 2011 ed a maggio 2012, dal
nuovo governo e riguarda ora non più di 6 mila tunisini. Gli altri, o se ne
sono andati dall’Italia o hanno convertito il titolo in permesso di soggiorno
per lavoro. Per oltre 40 mila persone (in gran parte sub sahariani) è iniziato
un calvario ancora in corso. Alla maggior parte è stato consigliato di fare la
domanda d’asilo: un percorso che è stato
rigettato al 70% dalle commissioni territoriali preposte, per “assenza dei
requisiti”. Dopo il rigetto c’è il ricorso, ma è una strada senza uscita. Molti
di loro sono in una situazione di
irregolarità e soggetti a rischio di lavoro nero, emarginazione, o addirittura
di espulsione in qualsiasi momento. Va poi
considerata la tragedia dei morti nel Mediterraneo: oltre 16 mila dal 1988 e -
dall’inizio del 2011 - ben 1.674
morti accertati (dati Fortress Europe). In termini di costi, secondo Caritas,
dall'aprile dell'anno scorso ad oggi sono stati spesi 700 milioni di euro, con
un costo medio di 15.000 euro a persona, una spesa inutile perché la maggior
parte di queste persone hanno ricevuto il diniego alla richiesta d'asilo.
La posizione della UIL
Sin dall’inizio dei
rivolgimenti sociali in Nord Africa (primavera araba e poi guerra in Libia) e
con gli arrivi dei profughi via mare, la UIL ha chiesto formalmente al Governo
l’utilizzo dei permessi di soggiorno per motivi
umanitari ex art. 20 D.lgs 286/98, poi effettivamente concessi ma solo per chi
era arrivato entro il 5 aprile 2011. Successivamente abbiamo chiesto la proroga
dei permessi e la loro estensione anche a chi era arrivato dopo, specialmente
le migliaia di persone in arrivo dalla Libia. Abbiamo anche suggerito la
possibilità di conversione dei permessi
per chi trovava lavoro e la messa a disposizione di mezzi di accoglienza
adeguati a rispondere ad una situazione assolutamente incontrollata. In effetti
il Governo precedente ha operato attraverso una logica di pura emergenza, prima
ammassando i profughi e gli immigrati sull’isola di Lampedusa, poi in centri
sparsi nel Sud che poco avevano a che fare con centri d’accoglienza, per
lasciarli infine a vagare, abbandonati a se stessi, per tutta la penisola. Le organizzazioni
umanitarie (Caritas, Comunità di S. Egidio, Arci, Centro Astalli, Migrantes, ecc.) hanno ospitato circa
20/ 25 mila persone, con una difficoltà crescente in seguito al mancato
rimborso delle spese da parte dello Stato. Per quanto riguarda la situazione
attuale la Uil ha recentemente espresso le seguenti posizioni: La UIL ha
dato un giudizio positivo sull’ultimo decreto del Governo, anche se considera
la misura insufficiente ed inadeguata a rispondere alla complessità dei
problemi. Abbiamo da tempo più volte sollecitato il Governo a pensare a
soluzioni definitive per risolvere un problema che rischia di trasformarsi in
una bomba ad orologeria.
Percorsi
e soluzioni possibili
Abbiamo
indicato alcuni possibili percorsi, non alternativi tra di loro:
Primo
percorso: concedere a tutti un permesso per ricerca di occupazione per il
periodo di un anno, in modo che chi può abbia il tempo per trovarsi
un’occupazione regolare;
Secondo
percorso: contrattare con la Libia la possibilità
di un ritorno di una parte di questi lavoratori, che già erano occupati in quel
Paese prima della guerra.
Terzo
percorso: contrattare il ritorno, quando possibile, anche con i Paesi
d’origine, specie quelli con cui l’Italia ha sottoscritto accordi di
collaborazione. In questo senso però bisognerebbe prevedere anche un decreto
flussi che confermi quote d’ingresso regolare per il 2012, meccanismo già
sottoscritto negli accordi stipulati con queste nazioni.
Quarto
percorso: offrire a chi non trova lavoro e non ha prospettive di un
permesso stabile, la chance del ritorno volontario assistito (previsto dalla
direttiva 2009/52/CE, in fase di ratifica) con un’offerta economica non
risibile. Per fare questo ci potrebbe ricorrere a fondi italiani ed europei.
Conclusioni
Ci
sono, a nostro parere, solo due possibili approcci da parte delle autorità: o
queste migliaia di persone vengono in qualche modo regolarizzate ed integrate o
si deve proporre loro una forma di ritorno volontario nei loro Paesi.
L’espulsione di massa è fuori discussione: sia perché eticamente e moralmente
inaccettabile, sia perché concretamente
impraticabile anche in termini di costi. Quello che non si può davvero
fare è usare il meccanismo discriminatorio di due pesi e due misure (ai
tunisini il permesso umanitario, agli altri no). E non si può nemmeno
trascinare all’infinito una situazione che lascia queste migliaia di esseri
umani in un limbo dal quale non vedono via d’uscita.
ILO
Guy Ryder eletto Direttore Generale ILO
Comunicato
stampa | 28 maggio 2012
Ginevra (ILO
News) — L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha eletto Guy
Ryder come il decimo Direttore Generale della sua storia. Ryder, attualmente
Direttore Esecutivo dell’ILO per le norme internazionali del lavoro e i
principi e i diritti fondamentali nel lavoro, è stato eletto a scrutinio
segreto dal Consiglio di Amministrazione dell’ILO. Il suo mandato di cinque
anni inizierà ad ottobre 2012. « Sono molto felice: questa elezione
rappresenta per me una grande opportunità, nel bel mezzo della crisi, per fare
la differenza nella vita di milioni di persone, per migliorare le loro vite,
comprese quelle persone che non hanno mai sentito parlare
dell’ILO », ha dichiarato il neo-eletto Direttore Generale.
« Ringrazio il Consiglio di Amministrazione per la sua fiducia. Credo che
il significato di quello che è accaduto oggi sarà giudicato per quello che
faremo da qui in avanti, cioè mettere le persone e il mondo del lavoro al
centro della nostra azione ». Greg
Vines, Presidente del Consiglio di Amministrazione ha dichiarato:
« Sono convinto che il Consiglio di Amministrazione può avere piena
fiducia nel fatto che, sotto la guida di Guy Ryder, l’ILO sarà in grado di
rappresentare in modo efficace e forte gli interessi dei nostri membri
tripartiti, assicurandosi che l’Organizzazione continuerà ad accrescere la sua
influenza nei dibattiti globali e, in particolare, nel far fronte alle enormi
sfide del mondo di oggi ». Luc
Cortebeeck, Vicepresidente (lavoratori) del Consiglio di Amministrazione ha
dichiarato: « In quanto lavoratori, siamo felici. Guy Ryder ha
lavorato all’ILO e conosce bene il mondo del lavoro. Nel suo nuovo incarico,
lavorerà con i governi, i datori di lavoro e i lavoratori e sarà sempre un
difensore del tripartismo e del dialogo sociale ».
« Guy
Ryder è un eccellente professionista di grande esperienza. Penso che tutti e
nove i candidati fossero personalità di rilievo», ha affermato
Daniel Funes de Rioja, Vicedirettore (imprenditori) del Consiglio di
Amministrazione. « Ryder ha tutto il nostro rispetto. Conosce la
casa e pensiamo di poter lavorare insieme. La situazione mondiale attuale
richiede profonde riforme ».
Nel suo
intervento dopo l’elezione, l’attuale
Direttore Generale Juan Somavia ha dichiarato: « La mia presenza
qui testimonia il totale e incondizionato sostegno dell’Ufficio per assicurare
una transizione fluida da questo momento fino ad ottobre. Personalmente, caro
Guy, Direttore Generale eletto, le auguro pieno successo, gioia e soddisfazione
nell’adempimento del suo mandato ».
Guy Ryder è
stato eletto con 30 voti su 56 dei membri titolari del Consiglio di
Amministrazione dell’ILO. La votazione si è svolta presso la sede dell’ILO a
Ginevra. In totale erano 9 i candidati al posto di Direttore Generale.
L’elezione è stata decisa dal Consiglio di Amministrazione dell’ILO a seguito
dell’annuncio, da parte dell’attuale Direttore Generale, di lasciare il suo
incarico a fine settembre 2012, 18 mesi prima della scadenza del suo
mandato.
By James
Kirkup and Robert Winnett
I giocatori di poker dicono che ognuno
ha un segno, un piccolo tic che tradisce il loro stato d’animo rispetto alla
mano che stanno per giocare. Nel caso di Theresa May, Ministro dell’Interno
britannico, sono gli occhi. Falle una domanda difficile, o magari impertinente,
e gli occhi si restringono a due fessure: in modo felino e diffidente
25 maggio
2012 - Il Ministro dell’Interno britannico sceglie le parole con una
delicatezza feline, dolorosamente consapevole che, nella sua posizione, parole
fuori posto o fare promesse avventate potrebbe essere suicida. L’approccio
“sicurezza al primo posto” l’ha servita bene finora. Nonostante qualche
scalfittura, dopo due anni di lavoro la sua posizione è sicura - o almeno,
sicura quanto lo può essere chi sta in un reparto pericoloso come Whitehall. La
maggior parte degli incidenti che l'hanno sbattuta in prima pagina sono
provenuti dal delicato tema dell’immigrazione britannica. I dati ufficiali di
questa settimana ha dimostrato ancora che l'immigrazione netta (ingressi meno
uscite) non solo è ancora largamente positiva, ma che è superiore alle 250.000
unità l'anno, ben al di sopra delle "decine di migliaia" che i
conservatori - ma non i Lib Dem - avevano promesso che la Coalizione avrebbe
ottenuto. Perché le cifre degli ingressi di immigrati non sono scese come il
suo partito aveva promesso? Pur dando la colpa ai laburisti della portata del
problema, il ministro ha ammesso che quello che la Coalizione è riuscita a fare
è stabilizzare i numeri della migrazione. Ma ben presto, lei insiste, quelle
cifre scenderanno, in quanto le restrizioni sui visti di lavoro e di studio si
rifletteranno sulle statistiche. "Stiamo vedendo scendere il numero di
visti rilasciati, ma c'è un ritardo tra questi ed il riflesso sulle cifre
statistiche della migrazione netta." E’ questa una promessa che la ridotta
cifra di decine di migliaia d’ingressi già promessa in passato, verrà raggiunta
per le prossime elezioni? A questa domanda i suoi occhi si restringono a
fessure: “beh, questo è l’obiettivo a cui stiamo mirando”, dice. Oggi, però, il
suo obiettivo è colpire coloro presenti in Gran Bretagna illegalmente, e su
questo punto le espressioni del ministro diventano vivaci: "L'obiettivo,
dice, è quello di creare qui in Gran Bretagna un ambiente molto ostile per la
migrazione illegale". Stiamo lavorando per rendere impossibile l’accesso
dei migranti irregolari al lavoro, all’alloggio, ai servizi e ad un conto
bancario. "Quello che non vogliamo è una situazione in cui le persone
pensano di poter venire qui come turisti e rimanere come overstayer, tanto sono
comunque in grado di accedere a tutto ciò di cui hanno bisogno", dice. “Il
ministero delle finanze e la dogana usano la mano dura sulle compagnie che
impiegano migranti irregolari, il Dipartimento del Lavoro e Pensioni ha assunto
l’approccio della “tolleranza zero” sulle richieste di ammortizzatori sociali,
mentre le amministrazioni locali stanno chiudendo gli improvvisati ricoveri che
offrivano un letto e riparo”, commenta l’intervistata. Ed ora l’Autorità dei
Confini inglese ha richiesto l’aiuto di CIFAS, una non profit per i servizi
finanziari, con l’obbiettivo della chiusura di conti bancari individuali.
"Parleremo cin i membri di CIFAS, commenta il Ministro, e con le
istituzioni finanziarie, circa la possibilità di chiudere conti di persone che
non hanno diritto di essere qui". "Se hai intenzione di creare un
ambiente ostile per i migranti clandestini ... l'accesso ai servizi finanziari
è parte di questo." Alcuni critici incolpano la UE dei problemi britannici
sull’immigrazione, a causa dicono della libertà di movimento delle persone che
viene garantita all’interno dei confini europei. La signora May dice che i suoi
recenti colloqui con le controparti dell'UE indicano che lo stato d'animo
europeo sta cambiando. “Le discussioni all’interno della Unione Europea
guardano sempre più al tema dell’immigrazione, come qualcosa che necessita di
essere considerato ed affrontato”, dice. “All’interno della UE, in un contesto
più ampio, la gente riconosce sempre di più la necessità di prevenire gli abusi
della libera circolazione”. E cosa succede se l’eurozona collassa mandando migliaia
di migranti economici verso Nord, dalla Grecia o dalla Spagna? Può la Gran
Bretagna restringere legalmente il loro diritto ad entrare nel suolo inglese?
Questo è un altro dei suoi occhi a fessura: “come in ogni altro Ministero del
Governo, è giusto che noi approntiamo qualche piano di emergenza per affrontare
situazioni come queste”, dice. “Questo è un lavoro che è già in corso”,
informa. “Ma saremmo in grado di restringere gli ingressi nel Paese in una
situazione di emergenza economica?”. “Dobbiamo fare piani di emergenza”.
L’altra faccia della medaglia immigrazione sono i problemi incontrati da alcuni
britannici a ritornare le loro proprio Paese. La signora May ammette che le
lunghe code sperimentate di recente a Heathrow e da altre parti sono “inaccettabili”,
ma insiste che le cose miglioreranno. Più personale e un migliore coordinamento
dei turni con l'arrivo dei voli dovrebbe far terminare il calvario esasperante
di stare in coda , magari fissando gli ingressi vuoti riservati agli immigrati.
Tali miglioramenti dovrebbero "fare in modo che abbiamo tutti i varchi
siano aperti nelle ore di punta, in modo da poter fornire alle persone i
servizi che vogliono." Può lei quindi garantire l’assenza di esasperanti
varchi vuoti durante la stagione estiva? Su questo, lei accenna una promessa.
"Quello che stiamo facendo è lavorare con gli aeroporti e gli operatori...
in modo da poter garantire il personale di controllo dei varchi d’ingresso,
assicurando che essi siano tutti presidiati, specie nei momenti di picco”.
Giurisprudenza
Roma, 26
maggio 2012 - La Cassazione opera un giro di vite nei confronti degli
organizzatori dei viaggi della speranza in container. E, con una sentenza della
Quarta sezione penale, spiega che risponde di omicidio colposo chi organizza i
viaggi della disperazione finiti male. Poco importa il preventivo
"consenso" del clandestino. In questo modo, la Quarta sezione penale
ha convalidato una condanna a due anni di reclusione per omicidio colposo nei
confronti di Daniel B., un romeno 36enne che al porto di Livorno organizzava,
dietro compenso, viaggi nei container per clandestini. Secondo la Suprema
Corte, "correttamente e' stata esclusa ogni valenza al consenso delle
vittime a quelle peculiari e pericolose modalità di emigrazione, cioè al loro
confinamento nei container, e quindi ad affrontare il pericolo, in modo da
sfuggire al controllo". I fatti analizzati da piazza Cavour si riferiscono
al 13 dicembre 2001 quando nel porto di Montreal, in Canada, furono trovati due
cadaveri, in avanzato stato di decomposizione, all'interno di un container trasportato
da una nave proveniente da Livorno da dove era partita tredici giorni prima. Le
indagini, come ricostruisce la sentenza 20245, fecero ritenere che i
clandestini, di origine rumena, erano stati chiusi nel container a Livorno, la
sera prima del loro ritrovamento da Daniel B.. Dunque, secondo la Suprema
Corte, che ha fatto sue le motivazioni della Corte d'appello di Firenze,
nell'aprile 2009, "asfissia o inalazione venefica o a freddo non sarebbero
state mortali se le persone avessero avuto la possibilità di tornare all'aria,
o di andare più al caldo o, comunque, di chiedere soccorso". Ecco perché
"e' conforme alla più elementare logica la prevedibilità dell'evento
dannoso che ne seguì, sicché la colpa dell'imputato, che peraltro si esplicò
anche nella fase induttiva a quel tipo di emigrazione clandestina oltre che in
quella esecutiva, fu davvero enorme tanto da rasentare la colpa cosciente che,
comunque, e' stata esclusa e si pose come causa diretta delle morti". Da
qui l'inammissibilità del ricorso presentato dalla difesa di Daniel D. che
inizialmente venne processato per omicidio volontario.
Giovani
e crisi
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Sono oltre 4,2 milioni gli
italiani iscritti all’Aire, il 48% donne. Nell’ultimo anno sono cresciuti di
93.742, quasi tutti giovani
Al 1° gennaio 2012 sono 4.208.977 i cittadini italiani
iscritti all'Aire, di cui 2.017.163 donne (47,9%). L'aumento rispetto allo
scorso anno è di 93.742 unità. E' il dato che viene fornito dal Rapporto Migrantes "Italiani nel
Mondo" presentato, con una conferenza a Roma.
Caratteristiche socio-demografiche. Rispetto agli
oltre 60 milioni di italiani residenti in Italia all'inizio del 2011 i
connazionali residenti all'estero incidono per circa il 7%. Ben il 54% del
totale degli iscritti ha dato come motivo di iscrizione l'espatrio, ma continua
l'ascesa dei "nati all'estero", arrivati al 38,3% (più di 1 milione e
600 mila). A rilevante distanza invece, si collocano gli iscritti per aver
acquisito la cittadinanza italiana (3,2%, 133.577). Il 37,1% (1,6 milioni) è
all'estero da più di 15 anni e il 14,9% (quasi 630 mila) lo è da 10-15 anni.
Continuano ad aumentare (1 milione 131 mila) coloro che sono iscritti all'Aire
da 5-10 anni che sono il 26,9% del totale. L'11,5% (quasi 500 mila italiani) è,
invece, iscritto solo da 3 anni (tra di essi, quindi, anche i nuovi
espatriati). Quasi 800 mila hanno più di 65 anni (19,0%), quasi 665 mila sono,
invece, minorenni (15,8%). Il 21,2% ha un'età compresa tra i 19 e i 34 anni
(890 mila), ma il 25,0% (poco più di 1 milione) ha tra i 35 e i 49 anni. Il
19,1%, infine, ha un'età compresa tra i 50 e i 64 anni (poco più di 800 mila).
La stragrande maggioranza è celibe/nubile (53,7%) mentre i coniugati sono il
38,2%.
Continenti e Paesi di residenza. La
ripartizione continentale è così strutturata: Europa (2.306.769, 54,8%), America
(1.672.414, 39,7%), Oceania (134.008, 3,2%), Africa (54.533, 1,3%) e Asia
(41.253, 1,0%). In Europa è l'UE a 15 a fare la parte del leone con 1.695.955
(40,3%) residenti italiani perché include i paesi di vecchia e tradizionale
emigrazione italiana. Proprio in quest'area si trovano le collettività più
numerose, a partire dagli italiani in Germania (639.283, 15,2%); seguono le
collettività francese (366.170, 8,7%), belga (252.257, 6,0%), britannica
(201.705, 4,8%) e spagnola (118.690, 2,8%). Seguono gli altri paesi europei,
con prevalenza della Svizzera (546.614, 13,0%). La comunità negli Stati Uniti è
composta da 216.767 italiani in possesso di cittadinanza (5,2%); in Canada
sono, invece, 135.070 persone (3,2%).
Più
articolata la situazione nell'America meridionale, Latina specialmente, dove
l'Argentina torna, nel 2012, ad essere il primo paese prendendo il posto che,
nel 2011, era la Germania, con 664.387 italiani (15,8%). Seguono il Brasile
(298.370, 7,1%) e il Venezuela (113.271, 2,7%). L'Oceania con 134.008 (3,2%) è
il terzo continente a livello numerico e quasi tutti si trovano in Australia
(130.570, 3,1%).Regioni, province e comuni di partenza. Il 53,3% degli attuali
cittadini italiani all'estero è registrato nel Meridione (oltre 1 milione e 400
mila dal Sud e quasi 800 mila dalle Isole) e 1.327.000 (31,5%) nel Nord Italia
(poco più di 657 mila dal Nord Ovest e quasi 670 mila dal Nord Est) e il 15,2%,
infine, ovvero 640 mila, è partito dalle regioni del Centro Italia. Nella
graduatoria regionale al primo posto troviamo, come sempre, la Sicilia
(674.572) seguita, nell'ordine, da Campania (431.830), Lazio (375.310),
Calabria (360.312), Lombardia (332.403, aumento annuale di 41 mila ), Puglia
(319.111) e Veneto (306.050), per limitarci alle regioni con minimo 300 mila
connazionali. "La settima edizione del Rapporto Italiani nel Mondo, pur
mantenendo invariata la sua struttura, presenta contenuti innovativi a livello
statistico, socio-culturale, economico e pastorale. Rispetto al passato si
colloca in un anno in cui la messa in sicurezza delle finanze pubbliche ha
comportato, per il 2012, una ulteriore e pesante decurtazione nel bilancio del
Ministero degli Affari Esteri". Cosi si legge nell'Introduzione al
Rapporto Migrantes 2012 nella quale mons. Giancarlo Perego, Direttore Generale
della Fondazione Migrantes, richiama la necessità di una maggiore attenzione
alle collettività di connazionali che vivono nel mondo, dalle quali può venire
un significativo aiuto all'Italia per superare questa difficile fase di crisi.
GLI
EMIGRATI ITALIANI DATI DI SINTESI
Residenti
italiani all’estero (01.01.2012):
Consistenza:
4.208.977
Incidenza
sulla popolazione italiana: 6,9%
Caratteristiche
socio-anagrafiche
Donne:
2.017.167 e incidenza del 47,9% sul totale AIRE
Minori:
664.666 e incidenza del 15,8%
Over 65enni:
797.619 e incidenza del 19,0%
Celibi:
53,7%
Coniugati:
38,9%
Iscritti
per espatrio: 54,0%
Iscritti
per nascita: 38,3%
Acquisizioni
di cittadinanza: 3,2%
Luoghi
di partenza e mete di arrivo
Primi 5
Paesi di residenza all’estero: Argentina (664.387),
Germania
(639.283), Svizzera (546.614), Francia (366.170)
e Brasile
(298.370).
Prime 5
Regioni di partenza: Sicilia (674.572),
Campania
(431.830), Lazio (375.310), Calabria (360.312)
e Lombardia
(332.403).
Prime 5 Province
di partenza: Roma (289.556),
Cosenza
(147.601), Agrigento (142.985), Salerno (115.822)
e Napoli
(110.703).
Primi 5
Comuni di partenza: Roma (266.652), Milano (58.107),
Napoli
(36.975), Torino (36.346) e Genova (29.950).
Flussi
riguardanti l’Italia
Iscrizioni
dall’estero 2000-2010: 404.952
Cancellazioni
per l’estero 2000-2010: 450.161
Iscrizioni
dall’estero 2010: 28.192
Cancellazioni
per l’estero 2010: 39.545
Flussi
riguardanti il Meridione
Trasferimenti
al Centro-Nord (2009): 109.000
Regioni di
destinazione: Lombardia, Emilia Romagna, Lazio
Regioni di
partenza: Campania, Sicilia, Puglia, Calabria
Protagonisti: età
media 32,5 anni, per il 32,5% laureati
Trasferimenti
all’estero (2009): 12.000
Paesi di
destinazione: Germania, Svizzera e Regno Unito
Pendolarismo
di lungo raggio (2010): 134 mila (dato 2010)
Verso il
Centro Nord: 121 mila
Verso
l’estero: 13,2 mila
Società
Andrea Gabellone, http://www.linkiesta.it/
Mohammad, matematico pakistano, è
fuggito dal Pakistan per evitare un matrimonio combinato. Ora sfida chi lo ha
ingannato e lo ha fatto venire in Italia di nascosto, facendosi pagare 11 mila
euro. Ha dovuto pagare per avere un contratto (fasullo), ha trovato un lavoro
ma con stipendi di fame. Ora ha deciso di denunciare tutto, per esasperazione e
forse anche per dignità.
Roma, 31 maggio
2012 - «Quel che accade attorno all’immigrazione, in Italia, è tutto un grande
giro illegale di affari. Sono a disposizione della legge italiana per
raccontare quello che ho vissuto: un sistema criminale che rovina la vita di
migliaia di persone».
Quello
di Muhammad Farooq, 28 anni, matematico pachistano, clandestino
nel nostro paese, è un urlo disperato, ma fiero. Nonostante le minacce che
pendono sulla sua incolumità e su quella della sua famiglia, è determinato a
raccontare quello che gli è accaduto: «La mia vita, così com’è oggi, non va in
nessuna direzione. Non ho paura né dei trafficanti né della polizia. Comunque,
non potrebbe andare peggio di così. Denuncio questa situazione soprattutto per
evitare che tante altre persone commettano gli errori che ho commesso io».
Quando
Muhammad comincia a raccontare le sua storia, sembra di vivere un déjà vu. Le sue parole
descrivono situazioni simili, anche nei dettagli apparentemente più
insignificanti, a quelle di migliaia di altri migranti come lui. Se non si
scappa da una guerra, si scappa dalla povertà. Quasi sempre, più che
all’inseguimento di un sogno, alla ricerca di un benessere tanto evocato,
quanto sconosciuto.
Muhammad
ci tiene a raccontare il suo viaggio verso l’Italia, perché quel
viaggio ha cambiato per sempre la sua vita. Partire da Gujranwala – nella
provincia del Punjab – per attraversare l’Iran, la Grecia e il Mar
Adriatico gli è costato 11 mila euro. Il prezzo di una vacanza di lusso in
crociera. Lui ha viaggiato su mezzi fatiscenti, percorrendo rotte pericolose e
sopportando condizioni durissime. Costantemente sotto il ricatto dei
trafficanti.
Muhammad
è partito nel 2009 per fuggire da un matrimonio combinato dalla sua famiglia al quale non
si era mai rassegnato. Per sostenere il viaggio fino ad Atene ha dovuto
privarsi di tutti i suoi risparmi; poi, trascorsi sette giorni in un Cie greco
e qualche mese alla ricerca di una vita nuova, ha deciso di venire in Italia. È
arrivato di notte, non sa dire dove; comunque al Nord. Ci è arrivato dopo due giorni
trascorsi in compagnia di un afghano, chiusi in un camion, con a disposizione
uno spazio simile ad una bara e una bottiglia d’acqua. E dopo un primo periodo
passato in Lombardia, Muhammad vive a Lecce.
Durante
il suo racconto, specifica più volte l’entità del debito contratto con i
trafficanti e il
valore che quei soldi assumono in un paese povero come il Pakistan; rivendica
la sua scelta senza pentimento, come a voler sottolineare l’importanza di quel
salto nel vuoto che lo ha portato fin qui. Dai paesi asiatici, intanto,
qualcuno continua a vendere l’Italia come un sogno, come un trampolino per la
ricchezza, il paese delle meraviglie.
Muhammad,
da tre anni a questa parte, è senza un’occupazione, una stabilità, se non lavori
fugaci che bastano solo a sopravvivere. Un mese da lavapiatti, poi in strada a
vendere bigiotteria cinese, un lavoretto in campagna. L’alternarsi casuale di
queste attività – di certo faticose, ma poco remunerative – gli ha
logorato il fisico, la mente e la speranza. E si mangia quel che si può, con
soli 60 euro al mese da spendere per il cibo.
«Credi
che se decidessi di tornare in Pakistan – racconta Muhammad – avrei
possibilità di trovare un lavoro? No, te lo dico
io: non posso trovare nulla. Una volta lì, le prime persone ad accogliermi
sarebbero sicuramente i miei creditori. Il Paese dove si vive, per me, è come
una mamma; è una figura familiare perché ti dà una casa, ti dà un lavoro, ti dà
da mangiare. In questo momento, però, mi sento come un orfano. Mi sento
straniero ovunque; anche in Pakistan».
Muhammad
è un professionista che vive in balìa degli eventi e si sente
prigioniero di una scelta passata. Se potesse tornare indietro sotterrerebbe
l’idea di un viaggio in Europa sotto le pietre aride della sua terra.
Come tanti altri migranti, è arrivato nel nostro Paese attirato dalla
sanatoria del 2009: un
decreto legge che permetteva ai datori di lavoro di regolarizzare la posizione
contributiva degli immigrati clandestini alle loro dipendenze – come colf
e badanti – agevolando l’acquisizione di permessi di soggiorno validi. In
realtà, l’operazione si è rivelata, per molti sedicenti faccendieri, un
pretesto per truffare gli immigrati, vendendo loro contratti di lavoro a prezzi
altissimi: da 2000 fino a 5000 euro.
Questo,
grosso modo, è ciò che succede in maniera più frequente anche con il
decreto flussi, la legge che definisce annualmente le quote massime di
stranieri che possono entrare e soggiornare in Italia, sia per motivi di lavoro
subordinato che per lavoro autonomo. La norma italiana, a maglie strettissime,
che consente l’entrata regolare nel nostro Paese è, a dir poco, macchinosa.
Per un
extracomunitario che voglia lavorare come dipendente, le tappe da seguire, in
successione cronologica, sono un percorso che si stringe a tal punto da
congestionare l’accesso:
– è necessario aspettare che il Presidente del Consiglio pubblichi il
decreto sui flussi e sperare che sia riservata una quota di ingressi a
cittadini del suo Paese;
– deve sperare che in Italia ci sia qualcuno disposto a fare la chiamata
nominativa impegnandosi ad assumerlo alle proprie dipendenze ed a fornirgli
alloggio;
– deve sperare ed aspettare che questo qualcuno sia abbastanza veloce da
effettuare la prenotazione prima della saturazione delle quote disponibili;
– deve sperare e aspettare che la Questura, dopo le opportune verifiche
sulla affidabilità del datore di lavoro e sulle sue risorse economiche, conceda
il nulla osta all’ingresso;
– deve sperare e aspettare che la DPL (Direzione Provinciale del Lavoro)
dopo le opportune verifiche, accerti che nessun residente italiano voglia o
possa ricoprire il posto di lavoro destinato allo straniero;
– deve sperare e aspettare che lo Sportello Unico sull’Immigrazione
autorizzi l’ingresso e trasmetta l’autorizzazione alla competente autorità
diplomatica o consolare;
– a questo punto, deve recarsi presso la predetta autorità diplomatica o
consolare e richiedere il ritiro dell’autorizzazione ed il rilascio del visto
di ingresso;
– sottoporsi ai controlli di frontiera per ottenere il timbro di
ingresso; precipitarsi con il suo datore di lavoro presso lo Sportello Unico
per la sottoscrizione del contratto di soggiorno e lavoro; richiedere entro 8
giorni il permesso di soggiorno.
Nella migliore delle ipotesi, per il completamento di tutta la procedura
occorrono 18 mesi, ma si può arrivare anche a 24 mesi ed oltre.
Per
quanto riguarda il lavoro autonomo, invece, il passaggio è completamente
inaccessibile: l’ultimo
decreto che prendeva in considerazione i lavoratori con partita iva – tra
l’altro, solo ultra qualificati – risale al 2005. Questo rappresenta per
migliaia di persone il decreto flussi: un muro presso che invalicabile. Loro,
che cercano una qualsiasi chance di riscatto sociale, sono disposti a tutto pur
di entrare in Italia. Ed è proprio su questo presupposto che nasce e si
sostiene l’illegalità.
A
Muhammad, durante il suo primo periodo al Nord, e precisamene a Milano, avevano
chiesto 4000 euro per essere contrattualizzato e poter rimanere legalmente in
Italia. Senza poter lavorare, però.
A
dirla con lui, «l lavoro vero e proprio, in tutto questo giro di soldi, non c’è
mai. Esiste
solo una compravendita di contratti e documenti. E, spesso, truffano anche su
quelli. Io ho perso tutto». Il problema è proprio questo: un volume d’affari
enorme che vive della disperazione dei migranti. «Noi extracomunitari –
racconta Muhammad – arriviamo in Italia attirati da nostri connazionali,
che fungono da mediatori e ci promettono lavori ben pagati e una vita
dignitosa. Questa gente, di norma, risiede in Italia da più di 10 anni e ha
contatti consolidati con la piccola imprenditoria locale. Anche loro sono,
solitamente, proprietari di attività commerciali: spesso hanno dei negozi di
bigiotteria o dei doner kebabs, locali che vendono specialità alimentari arabe.
Chiedono da 4000 a 9000 euro, a volte anche di più, per un contratto che
permetta l’entrata nel vostro Paese. I datori di lavoro, che normalmente
ricevono la metà del compenso, spesso sono commercianti o ristoratori e,
insieme ai “mediatori”, ricattano e sfruttano le vittime di tratta».
Il
sistema, ormai sedimentato su tutto il territorio nazionale, vedrebbe stranieri e italiani
collaborare in un business proficuo che include, oltre ai contratti di lavoro,
anche le dichiarazioni di ospitalità: documenti indispensabili agli stranieri
che devono dichiarare la loro residenza in Italia. «Quasi sempre, i proprietari
delle case affittate ad extracomunitari – aggiunge Muhammad –
rilasciano la dichiarazione di ospitalità a cifre che vanno da 200 a 600 euro».
Un affare da centinaia di migliaia di euro che si rinnova in maniera ciclica e
che, spesso, si trasforma in crudele sfruttamento.
Esattamente
ciò che è accaduto a S. J., indiano e,
attualmente, clandestino in territorio italiano. S. J. ha voluto denunciare,
proprio in questi giorni, la sua raccapricciante esperienza alla Procura della
Repubblica di Lecce, nonostante le ripetute minacce dei suoi aguzzini.
Arrivato
a Fiumicino nel 2009, con un contratto stagionale alle dipendenze di un
pasticcere e dopo aver pagato 15 mila euro a tre fratelli della sua stessa
nazionalità, si è ritrovato a lavorare in un’azienda agricola in provincia di
Lecce. La sua è una storia di autentica schiavitù durata 14 mesi. La sua dimora
è stata, per tutto quel tempo, una stalla, dove dormiva e mangiava tra maiali e
galline. Lavorava dalle 4 di mattina alle 11 di sera, senza poter riposare, 365
giorni l’anno, con qualsiasi condizione climatica e in qualunque stato di
salute. Il suo pranzo era un panino, col pane del giorno prima, e la sua cena
un po’ di pasta.
Queste
sono storie che, giura Muhammad, «succedono in tutta Italia. Solo nella città di Lecce
conosco tanti mediatori asiatici, che si occupano di trovare contatti con i
datori di lavoro italiani e sono tutti di nazionalità diverse: Pakistan,
Bangladesh, India e Sri Lanka. Alcuni li conosco personalmente perché sono
asiatico come loro, ma, in buona sostanza, ogni Paese ha i suoi rappresentanti;
questo la dice lunga su quanto siano radicate e ben manovrate queste organizzazioni.
Al Nord il sistema non cambia affatto: alcuni miei amici, che vivono in altre
zone del Paese, hanno dovuto pagare cifre astronomiche per rimanere qui.
Bologna, Pisa, Bergamo, Brescia, Lucca, Roma: sono tutte città in cui funziona
così. Inoltre, contrariamente alla finalità della legge, gran parte delle
persone che decidono di accettare questo abuso si trovano già,
clandestinamente, sul territorio italiano. A voler dare una cifra
approssimativa, su 100 extracomunitari che riescono ad avere il permesso di
soggiorno grazie al decreto flussi, 95 sono costretti a pagare e a ingrossare
questo apparato mafioso».
Insomma,
secondo la denuncia di Muhammad, le norme che regolano l’ingresso dei cittadini extracomunitari
nel nostro territorio si sarebbero rivelate un enorme “vaso di Pandora” a
beneficio di cellule criminali. Gruppi di stranieri e italiani che, insieme,
gestirebbero tutto il fenomeno dell’immigrazione: dal traffico illegale di
esseri umani fino alla loro riduzione in schiavitù nel nostro Paese.
Ora Muhammad
attende di sapere qual è il suo destino: «Vorrei
collaborare con le forze dell’ordine o con la magistratura per aiutarli a
smantellare questo processo scellerato, ma, per farlo, ho bisogno di
protezione. Ribellarsi a questo regime di illegalità vuol dire rischiare sulla
propria pelle e mettere in pericolo anche i familiari. C’è tanta gente che non
vuole e non merita di essere trattata come merce; quando si è in difficoltà,
tutto sembra molto più grande di noi, ma bisogna avere il coraggio di reagire e
assumersene le responsabilità. Sono convinto che, dopo questa mia denuncia,
tanti altri extracomunitari mi seguiranno perché, in questo modo, non possiamo
proprio andare avanti».
Per
tutti gli stranieri che oggi, in Italia, si trovano a patire condizioni
disagiate, di
indigenza o, addirittura, disumane si aprono due possibili strade da
percorrere: da una parte, si può continuare ad alimentare un meccanismo
perverso fatto di abusi e ritorsioni e, dall’altra, c’è la via della legalità.
Muhammad Farooq, clandestino con due euro al giorno per mangiare –
sfidando la sorte e i luoghi comuni – la sua scelta l’ha già fatta.