13 giugno 2012

Lombardia: il Consiglio vota no alla mozione che chiede l’impegno della Regione per la cittadinanza alle seconde generazioni.
Iniziativa delle opposizioni, votano contro Lega Nord e la maggior parte dei conglieri Pdl.
Immigrazioneoggi, 13-06-2012
Il Consiglio regionale della Lombardia ha respinto una mozione che chiedeva l’impegno della Regione Lombardia a “farsi promotrice di una legge che riconosca la cittadinanza ai minori nati in Italia da genitori stranieri”.
Il documento – presentato dal consigliere regionale del Pd Francesco Prina e firmato da Idv, Sel, Udc e dal consigliere regionale del Pdl Vanni Ligasacchi – si appellava alle dichiarazioni dell’arcivescovo di Milano Angelo Scola e alla sollecitazione del Consiglio pastorale dell’Arcidiocesi di Milano ai politici per “promuovere una riforma delle norme sull’acquisizione della cittadinanza riconoscendola ai minori stranieri nati in Italia”.
Hanno votato contro il gruppo della Lega Nord, che bolla la mozione come un’operazione di “marketing politico”, e la maggioranza dei consiglieri regionali del Pdl. Fra le richieste anche quella di “promuovere una diffusa informazione atta a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’acquisizione della cittadinanza italiana”.



Borgomanero, stranieri via dalle scuole materne
Polemica tra Consiglio di circolo e Comune sulla scelta di inserire la cittadinanza al primo posto tra i criteri di esclusione. Contrario il sindaco di centrodestra, favorevole il dirigente scolastico, primo dei non eletti della lista di centrosinistra
la Repubblica, 13-06-2012
ERICA DI BLASI
FUORI i bimbi stranieri dalle materne del centro. Accade a Borgomanero, in provincia di Novara. Secondo il Consiglio di circolo, la precedenza va agli alunni con cittadinanza italiana. E così una quarantina di bimbi, tutti stranieri, vengono respinti: "I loro genitori possono cercare posto in una delle scuole sparse nelle diverse frazioni del Comune". La polemica ci mette poco a ingigantirsi. La decisione del Consiglio stride con gli articoli 2, 3 e 34 della Costituzione e con l'articolo 45 del Dpr 394 del 1999: "I minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno diritto all'istruzione... nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani".
A insorgere sono per primi i genitori, subito dopo il sindaco: "Trovo inopportuno  -  sottolinea Anna Tinivella, primo cittadino di Borgomanero  -  inserire al primo posto tra i criteri di esclusione la cittadinanza. In qualità di sindaco non ho autorità sul Consiglio di circolo. La settimana scorsa ho comunque incontrato la direttrice per avere delle spiegazioni, ma a scuola restano fermi sulle loro posizioni". Anche dal Provveditorato è arrivato l'invito a modificare i criteri di selezione. "Non vogliamo discriminare nessuno  -  replica il dirigente scolastico, Teresa Valsesia  -  è solo un problema di spazi. Abbiamo chiesto alla Regione di poter istituire una sezione in più nelle scuole del centro. L'alternativa è che il Comune metta a disposizione una navetta per il trasporto dei bambini
nelle frazioni. A quel punto toglieremmo il criterio della cittadinanza". Dal canto suo l'amministrazione non è restata a guardare. È di giorni fa la richiesta alla Regione per inserire in una scuola elementare una sezione di materna. Per farlo però è necessario un via libera.
Oggi, nel Comune di Borgomanero, si contano sei scuole materne. Il problema del sovraffollamento riguarda però solo quelle centrali: corso Roma, via delle Scuole e via Pascoli. Ed è presto spiegato. "Molti genitori  -  fa notare Mbacke Khady, presidente dell'associazione Donne per l'integrazione  -  rinunciano a mandare i figli a scuola perché, non avendo l'auto, non sanno come fare. Un conto è il centro, un altro le frazioni, troppo lontane". Una ventina di mamme e papà, alcuni anche italiani, stanno portando avanti una protesta contro la decisione del dirigente scolastico. Dopo la loro lettera, anche l'Asgi, Associazione dei giuristi dell'immigrazione, sale sulle barricate: "Invitiamo la direzione didattica a revocare la delibera, altrimenti avvieremo, assieme ai genitori dei bambini esclusi, una causa antidiscriminatoria in base all'articolo 44 del Testo unico dell'immigrazione". Un caso che potrebbe arrivare fino alla Commissione europea. "Mio figlio è nato in Italia  -  denuncia Bogdan Cojocaru  -  Come posso spiegargli che lui non può andare a scuola perché io e mia moglie siamo romeni?".
Un altro aspetto curioso complica la vicenda e promette ulteriori polemiche: il sindaco Tinivella, contraria al provvedimento, milita nel centrodestra, mentre il dirigente Valsesia è stata la prima dei non eletti del centrosinistra alle elezioni comunali di maggio.



Il patto segreto tra Italia e Libia per fermare i migranti
Corriere della sera, 13-06-2012
Monica Ricci Sargentini
Un nuovo accordo tra l’Italia e la Libia sull’immigrazione è stato firmato in gran segreto  il 3 aprile scorso dalla ministra dell’Interno Annamaria Cancellieri e il leader del Consiglio nazionale  di transizione Mustafa Abdul Jalil che è al potere nel Paese nordafricano dopo la caduta del colonnello Muhammar Gheddafi. Lo denuncia Amnesty International in un rapporto pubblicato oggi a Bruxelles dal titolo “Sos Europe” sull’impatto dei controlli in materia di immigrazione sui diritti umani.  ”Nonostante le rimostranze di Amnesty International e altri gruppi sulle violazioni dei diritti umani – è scritto nel documento -il 3 aprile del 2012 l’Italia ha firmato un nuovo accordo con la Libia per limitare il flusso dei migranti. I termini dell’accordo non sono stati resi noti. Un comunicato stampa si limitava a dare la notizia senza fornire ulteriori dettagli sulle misure decise o denunciare la terribile situazione di migranti e rifugiati nel Paese” (nella foto sopra un somalo in un campo profughi).
Già all’indomani della visita effettuata a Tripoli da Cancellieri, Amnesty International Italia aveva scritto al ministro dell’Interno  rinnovando le preoccupazioni per lo sviluppo degli accordi tra Italia e Libia, in considerazione della negativa situazione dei diritti umani nel paese nordafricano, con particolare riferimento ai maltrattamenti di migranti subsahariani, ritenuti collettivamente, assieme ai libici di pelle nera, lealisti pro-Gheddafi o sanzionati da uno status d’immigrazione irregolare. Nella lettera, Carlotta Sami, direttrice di Amnesty International Italia, chiedeva alla ministra di rendere pubblico il testo dell’accordo ricordandole le assicurazioni ricevute nel corso di un incontro il 15 marzo scorso circa la trasparenza delle negoziazioni.
Secondo Amnesty l’intesa dà alle autorità italiane il diritto di respingere i migranti e rispedirli in Libia. Ma questi termini rappresentano una violazione della Convenzione europea sui diritti umani perché non contengono le tutele adeguate per chi fugge dalla sua patria: “L’Italia – si legge nel rapporto -, nella migliore delle ipotesi, ha ignorato la terribile situazione dei migranti. O, nella peggiore delle ipotesi, si è mostrata disponibile a passare sopra agli abusi dei diritti umani per il proprio tornaconto politico interno”. Nel 2011 almeno 1500 persone sono affogate tentando di raggiungere l’Europa e quelli che sono riusciti a traversare il mare non hanno di certo trovato una calda accoglienza.
E’ noto che i rifugiati dall’Eritrea o dalla Somalia rischiano di subire abusi e persino torture una volta rientrati a Tripoli. Molti di loro vengono accusati di aver lavorato come mercenari per le truppe pro-Gheddafi.  Lo scorso febbraio la Corte Europea dei diritti umani aveva condannato l’Italia per i respingimenti in mare. La sentenza riguardava il caso  Hirsi Jamaa e altri contro l’Italia, ossia il ritorno forzato in Libia nel 2009 di 11 somali e 13 eritrei che avevano lasciato il Paese su tre navi insieme ad altre duecento persone. L’Italia ha sostenuto che l’operazione era un salvataggio e che gli accordi bilateri con la Libia hanno dei precedenti nel diritto internazionale. Ma per la Corte chiunque salga a bordo di una nave italiana deve essere soggetto alla Convenzione dei diritti umani. Al tempo il governo italiano aveva accettato la sentenza e si era impegnato al “rispetto assoluto dei diritti umani e del bisogno di salvaguardare la vita dei migranti”.
Secondo Amnesty International al momento è impossibile “una qualsiasi collaborazione con la Libia in materia di controllo dell’immigrazione, giacché nel paese mancano anche le minime garanzie nei confronti dei diritti e delle libertà fondamentali”.
 L’Ong ha già chiesto al governo italiano che:
    qualsiasi forma di cooperazione con la Libia abbia come presupposto un miglioramento dei diritti umani nel paese, sia trasparente e subordinata all’impegno e alla capacità delle due parti di rispettare appieno i diritti umani di richiedenti asilo, rifugiati e migranti, e risulti in linea con il diritto internazionale dei diritti umani e il diritto internazionale dei rifugiati;
    il governo utilizzi i propri rapporti diplomatici privilegiati con la Libia per chiedere alle autorità di Tripoli di stabilire al più presto la base legale della presenza dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati in Libia, attraverso un memorandum d’intesa che consenta lo svolgimento di attività di protezione quali registrazione, determinazione dello status di rifugiato e visita ai luoghi di detenzione; fermare le uccisioni illegali e altri attacchi violenti; porre fine agli arresti e alle detenzioni arbitrarie; prevenire la tortura e altri trattamenti disumani e degradanti; ripristinare lo stato di diritto, anche combattendo il razzismo e la xenofobia e attuando un processo di disarmo e di smantellamento degli organismi responsabili delle violazioni dei diritti umani.
Ora si attende la risposta del premier Monti e della ministra Cancellieri.



Soccorso gommone sgonfio con 48 immigrati: a bordo anche due donne incinte
Intervento della Guardia costiera di Catania a sud della costa di Pozzallo, nel Ragusano
Corriere della sera, 13-06-2012
CATANIA - Ancora sbarchi sulle coste siciliane, ancora immigrati in pericolo di vita a bordo delle navi della speranza. La scorsa notte la Guardia Costiera di Catania ha soccorso un gommone in difficoltà 15 miglia a sud della costa di Pozzallo, nel Ragusano, con a bordo 48 migranti. La presenza dell'imbarcazione era stata segnalata dall'Autorità marittima maltese alla Guardia Costiera italiana, al confine fra le acque di soccorso italo-maltesi.
Il gommone, ormai sgonfio, è stato avvicinato dalla motovedetta della Guardia Costiera: tra le 48 persone a bordo anche 14 donne di cui due incinta, tutti sedicenti somali. Prima che il gommone affondasse, i migranti sono stati fatti trasbordare sulla motovedetta e portati in salvo a Porto Palo, dove sono giunti intorno alla mezzanotte.



“Mediazioni Metropolitane” un confronto su richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale a Roma, Milano e Firenze.
Una ricerca e un convegno promossi dalla Caritas il prossimo 15 giugno in occasione della Giornata mondiale del rifugiato.
Immigrazioneoggi, 13-06-2012
Roma, Milano e Firenze, tre grandi città a confronto sulla questione dei richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale. Di questo si parlerà il prossimo 15 giugno nel convegno organizzato dalla Caritas di Roma in occasione della Giornata mondiale del rifugiato in programma alle ore 9.30 presso la Sala Pietro da Cortona dei Musei Capitolini.
L’iniziativa rientra nell’ambito del Progetto “Mediazioni Metropolitane: studio e sperimentazione di un modello di dialogo e intervento a favore dei richiedenti e titolari di protezione internazionale in situazione di marginalità” co-finanziato dal Fondo europeo per i rifugiati 2008-2013 (Prog. 4645, PA 2010, Azione 1.B).
Nell’ambito del Convegno verrà presentato il Rapporto di ricerca Mediazioni Metropolitane, un’indagine con testimonianze e statistiche frutto degli interventi svolti negli insediamenti spontanei in cui vivono richiedenti e titolari di protezione internazionale nelle aree metropolitane di Roma, Firenze e Milano.
Con l’occasione si aprirà un tavolo istituzionale nazionale e locale di confronto ed analisi delle politiche di accoglienza, tra criticità e proposte.
Interverranno: monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana di Roma; Sveva Belviso, vice sindaco di Roma Capitale; Riccardo Compagnucci, vice capo Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno; Daniela Di Capua, direttrice del Servizio sentrale SPRAR, e rappresentanti delle amministrazioni comunali e delle Caritas di Roma, Milano e Firenze.



Una nuova politica per l'immigrazione...
Dai Cie "polveriere umane" da "disinnescare" all'Isola di Lampedusa che ritorna porto d'accoglienza
Guidasiciliait, 13-06-2012
"Abbiamo avuto la conferma che i Cie sono delle polveriere umane e che la legge voluta dal governo Berlusconi e dall'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni è un disastro".
Il deputato del Pd Livia Turco ha visitato lunedì scorso, assieme ai deputati nazionali democratici Alessandra Siragusa, Roberto Giachetti e Roberto Zaccaria, i due centri di Trapani: la struttura di Milo e il Serraino Vulpitta.
Per Turco all'interno dei Cie "si vivono drammi umani": gli immigrati "sono costretti a una 'carcerazione' che si prolunga fino a 18 mesi. Riferiremo al ministro dell'Interno, Annamaria Cancellieri la drammatica situazione che abbiamo riscontrato nei Cie, anche per capire se abbia consapevolezza dell'entità del problema".
Quella di lunedì è stata la prima di tre visite che i parlamentari del Pd effettueranno a Trapani. In questi giorni sono previste ispezioni anche in altri centri in Sicilia, Campania e Friuli. "A conclusione - ha detto l'onorevole Zaccaria - redigeremo un report finale dove individueremo le criticità".
Oggi a Milo ci sono 109 immigrati; 43 sono gli ospiti del Vulpitta. "Rispetto a un mese fa - ha spiegato Alessandra Siragusa - le condizioni sono migliorate; mentre prima mangiavano per terra, adesso hanno dei tavoli a disposizione per consumare i pasti".
Fulvio Vassallo, membro dell'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, che ha accompagnato la delegazione parlamentare, ha raccontato che al Vulpitta "c'era un ospite con lividi anche se non abbiamo le prove che si sia trattato realmente di maltrattamenti".
Intanto ieri il sindaco di Lampedusa e Linosa, Giusi Nicolini, ha incontrato il ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri. "Una riunione decisa per discutere della questione immigrazione e sbarchi, che si è positivamente allargata al tema dello sviluppo sostenibile delle Pelagie" ha spigato il sindaco Nicolini. "Dal ministro ho avuto l'importante conferma che quello di Lampedusa manterrà la natura giuridica di centro di primo soccorso e accoglienza", ha raccontato il sindaco. Niente più luoghi di detenzione di "maroniana memoria", dunque, in caso di sbarchi le persone verranno soccorse e ospitate sull'isola per il breve tempo necessario al loro trasferimento.
Il ministro Cancellieri ha inoltre voluto sottolineare il debito del paese verso Lampedusa e i suoi abitanti per lo sforzo profuso negli ultimi anni sul fronte degli sbarchi. Da qui due proposte che ora Comune e Governo si impegnano a perseguire. "Abbiamo condiviso il progetto di recupero dei barconi - ha spiegato il primo cittadino -: oggi vengono smantellati a caro prezzo, mentre il loro recupero, che sia a fini sociali o per la vendita, creerebbe lavoro qualificato per i lampedusani. Inoltre c'è la bellissima idea di creare a Lampedusa un polo di specializzazione universitaria rivolta ai giovani del Mediterraneo".
In conclusione Giusi Nicoli ha chiesto al ministro "un'attenzione particolare alla delicata azione di ripristino di legalità in corso a Lampedusa, in particolare rispetto all'emersione del sistema di corruzione che le indagini dei magistrati e della Guardia di finanza stanno portando alla luce e che ha drammaticamente distinto la gestione del Comune durante la scorsa amministrazione". Il sindaco ha inoltre chiesto al ministro la rateizzazione degli oneri fiscali del 2011 che i lampedusani dovrebbero pagare quest'anno insieme agli oneri del 2012.



Israeliani, ebrei, razzisti e i raid anti-immigrati
l'Unità, 10-06-2012
Moni Ovadia
Un paio di settimane fa Umberto de Giovannangeli dava conto su questo giornale di attacchi razzisti scatenati in Israele contro immigranti africani. Gli attacchi ai limiti del pogrom hanno avuto luogo, incredibile a udirsi, nei sobborghi di Tel Aviv, la laicissima città della Israele più colta e moderna, città della movida, del buon vivere all’occidentale.
La teppaglia che ha scatenato i raid contro esseri umani, colpevoli solo di essere quello che sono, era composta da oltranzisti della destra israeliana, laica e religiosa. Anche i leader della odiosa campagna xenofoba sono israeliani, non arabi, quindi ebrei. La domanda che si impone con urgenza è: «Si può essere israeliani, ebrei e razzisti?» La risposta è: «Ma certo! Eccome!». Qualche lustro fa una simile domanda e una simile risposta sarebbero state scandalose in quanto tali, si sarebbero trovati esponenti autorevoli delle comunità ebraiche della diaspora (e si trovano ancora) pronti a lanciare anatemi contro chi avesse osato porre simili domande e dare simili risposte. Il malcapitato sarebbe stato immediatamente marchiato con l’infamante epiteto di antisemita, magari con un surplus di infamia: «Schifoso antisemita!». In tempi più recenti qualche anima bella, di fronte a manifestazioni di razzismo da parte di ebrei, con accenti addolorati e incredulo stupore diceva (e ancora dice ): «Ma come??? Proprio loro??? Con quello che hanno passato???».
Ebbene sì proprio noi, con quello che abbiamo passato, abbiamo i nostri razzisti, i nostri xenofobi, i nostri fascisti e se andiamo avanti di questo passo avremo anche di peggio, ( mi astengo dalla definizione per il rispetto che devo a quelli fra i nostri che furono annientati e ridotti in cenere). Come è potuto accadere? È facile capirlo. Gli ebrei sono solo esseri umani come tutti gli altri, con le loro miserie e le loro glorie. Pertanto è bastato lasciarsi andare con cupidigia all’idolatria della terra perché sorgessero fra gli ebrei i nazionalisti fanatici e religiosi e dunque razzisti, e xenofobi.
L’eccellenza ebraica nel corso di 30 secoli non è mai stata dovuta ad un supposto ed equivocato talento dell’ebreo in quanto tale, ma è nata da condizioni socio esistenziali, da scelte culturali e dal fatto di essere un popolo di meticci avventizi che seppero colonizzare il cielo con il Dio universale che a sua volta li elesse perché erano schiavi e stranieri, sbandati e «poco raccomandabili». Gli ebrei ebbero la folgorante intuizione di aggregarsi intorno ad una patria mobile, la Torah. E tutte le volte che hanno tradito questa vocazione sono cominciati i guai. Non quelli che vengono dall’esterno, ma dall’interno. E quelli sono i più insidiosi.



Immigrazione, razzismo, ebraismo
Moni Ovadia sull’Unità scrive un pezzo in cui si stupisce che qualcuno si stupisca del comportamento razzista di alcuni israeliani.
Agoravox, 13-06-2012
Citando qualcuno che si chiede "Ma come, proprio loro? Con quello che hanno passato?" non esita a rispondere “Ebbene sì proprio noi, con quello che abbiamo passato, abbiamo i nostri razzisti, i nostri xenofobi, i nostri fascisti e se andiamo avanti di questo passo avremo anche di peggio”, non accorgendosi che di nazisti in Israele già ce ne sono: proprio in questi giorni lo Yad Vashem, il museo della Shoah di Gerusalemme, è stato deturpato da scritte naziste in ebraico.
L'artista commentatore, di origini ebraico-bulgare, poi afferma: “Come è potuto accadere? È facile capirlo. Gli ebrei sono solo esseri umani come tutti gli altri, con le loro miserie e le loro glorie”.
Che gli ebrei siano solo esseri umani come tutti gli altri, curiosamente c’è bisogno di dirlo. Si vede che nessuno ci aveva pensato prima. Se molti altri sono razzisti (e ne abbiamo ampie prove) perché mai alcuni ebrei non dovrebbero esserlo?
Se andiamo ad approfondire la questione, notiamo che - per quella curiosa ideologia ebraica conosciuta come il “popolo eletto” - gli ebrei in realtà sono sempre stati accusati di razzismo, almeno da un paio di millenni a questa parte. E molti lo sostengono ancora.
Non sembra importante che gli ebrei stessi non vedano nella "elezione" motivo di superiorità o privilegi, casomai di maggiori responsabilità e oneri; e nemmeno sembra importante che il termine ‘eletto’ - che tutte le lingue neolatine condividono dal momento che deriva dal latino ‘electus’ - contenga un senso di “superiore” o innalzato un gradino sopra gli altri che però non sembra attenere all’originale ebraico.
Tant’è che gli anglosassoni, pur avendo il verbo “to elect” usato nel caso di elezioni politiche, quando parlano degli ebrei usano l'espressione “chosen people” che significa “popolo scelto”. Ed è piuttosto chiaro che se un ‘eletto’ sta sopra gli altri, uno ‘scelto’ non sta necessariamente sopra a qualcuno: si può essere scelti anche solo per lavare i pavimenti ad esempio. O per rifare i letti. O per andare a fare la spesa. A me tocca spesso e non per questo mi sento superiore a qualcuno. Anzi.
Ma questi distinguo da filologi non sono mai stati presi in considerazione. Gli ebrei sono stati accusati di razzismo perché “dicevano di essere superiori agli altri” e tanto bastava (e basta tuttora) a larga parte dell’opinione popolare. La cosa è una bufala, separarsi e stare per conto proprio non significa essere automaticamente dei razzisti (altrimenti che dovremmo dire dei cinesi?).
Quindi come mai adesso qualcuno si stupisce se alcuni israeliani (ebrei) hanno davvero comportamenti razzisti? La faccenda dovrebbe essere presa come una scontata conferma di un razzismo esistito (e sempre immaginato), ma evidentemente le cose non stanno così.
Se poi uno volesse girare la frittata dovrebbe chiedersi come mai - se i cristiani si pensano non-razzisti in quanto detentori di una cultura ‘universalistica’ per definizione - proprio dall’Europa cristiana sono sgorgati nei secoli (e non parlo solo del nazismo) i peggiori crimini razzisti della storia.
E, a pensarci bene, pure l'Islam è una religione universalistica, ma i primi segni di distinzione da portare cuciti sugli abiti degli ebrei li ha imposti proprio il califfo Omar (Umar ibn al-Khaṭṭāb) agli albori della civiltà islamica.
Sull’argomento ebrei-razzismo curiosamento tornano anche Sergio Romano, sempre lunedì sul Corriere, che parla dei centri di raccolta israeliani degli immigrati irregolari (sarebbero i nostri CIE), ed anche Gideon Levy (giornalista di Haaretz) in un articolo su Internazionale in cui accusa Israele di essere razzista perché “in nessun altro stato i politici possono parlare degli immigrati come fanno quelli israeliani e restare al loro posto” e “solo in Israele un parlamentare del partito di governo può definire gli immigrati un ‘cancro’”.
Povero Levy, deve essere un po’ ingenuo oppure poco informato su quello che negli ultimi dieci-dodici anni è successo in Europa. Non avrà mai letto quello che dicono i leghisti di lotta e di governo (da Borghezio a Salvini e compagnia cantando), non avrà mai ascoltato gli attuali governanti ungheresi o Marine Le Pen che non sarà al governo, ma i suoi bravi successi li raccoglie. O gli esaltati e maneschi neonazi greci di Alba Dorata che pure loro rastrellano un bel pacco di voti.
Romano invece torna sulla politica dei CIE e, meno ingenuamente di Levy, afferma “Come in Italia anche in Israele, l’immigrato clandestino suscita le reazioni ostili di una parte importante della popolazione, ma s’inserisce abbastanza facilmente nel mercato nero del lavoro e degli alloggi”.
Insomma il problema dell’immigrazione è enorme e di difficile gestione, è facilmente manipolabile per fini elettoralistici e può essere amplificato ad arte o sottaciuto altrettanto ad arte. Quell’orrore dei respingimenti in mare che hanno provocato giustamente una condanna internazionale del nostro paese per manifesto disprezzo dei più elementari diritti umani è peggiore, ma non assolve, quell’altro orrore dei CIE dove gente colpevole di niente viene trattenuta in carcere (pudicamente sono definiti "ospiti") iin condizioni deplorevoli in violazione di qualsiasi umanità e civiltà.
E se i leghisti volevano far cantare i cannoni, magari ricordiamoci che i CIE (ex CPT) sono stati istituiti dalla legge Turco-Napolitano del 1998, firmata cioè da Livia Turco, deputata del Partito Democratico e da Giorgio Napolitano proveniente dallo stesso partito ed attuale Presidente della Repubblica.

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