14 giugno 2012

Napolitano: 'Immigrati parte attiva della società'  'Lavoratori stranieri essenziali per economia'
ANSA, 14-06-2012
ROMA  - "I lavoratori stranieri rappresentano una componente essenziale della nostra economia" e "gli immigrati sono inoltre parte attiva del tessuto sociale e culturale dell'Italia, con significative affermazioni, in particolare delle seconde generazioni, nella letteratura, nell'arte e nello sport". Lo dice Giorgio Napolitano.
L'immigrazione "porta con sé tensioni da non sottovalutare e nuove sfide per la società" e chiama "le istituzioni a un costante impegno per favorire l'integrazione pienamente, garantendo il principio di legalità, senza peraltro mai trascurare il rispetto dei diritti umani e della dignità delle persone".
"Una corretta percezione dell'immigrazione da parte dell'opinione pubblica ha bisogno di una accurata comunicazione da parte dei media, se si vuole evitare di alimentare ansia sociale e odiosi episodi di intolleranza. Fortunatamente, i sondaggi più recenti rilevano un'opinione pubblica meno sconcertata dal fenomeno migratorio e più incline a riconoscere ai cittadini stranieri i diritti necessari" per "l' inclusione sociale". Così Napolitano in un messaggio al convegno dei radicali sull'immigrazione.
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione del convegno 'Immigrazione: una sfida e una necessità' promosso dal Partito Radicale a Roma a Palazzo Giustiniani, ha inviato al Vice Presidente del Senato, Emma Bonino, un messaggio augurale in cui rileva che "l'immigrazione è da tempo in Italia un fenomeno strutturale, pur non essendo mai cessato - vale la pena ricordarlo - ogni flusso emigratorio, che anzi di recente ha fatto registrare una ripresa soprattutto nella fascia di età più produttiva, tra i 20 e i 40 anni, compresi laureati e figure altamente professionalizzate". "I lavoratori stranieri - sottolinea - rappresentano una componente essenziale della nostra economia, soprattutto nelle attività di cura e di assistenza, nei servizi, nell'edilizia, nel settore manifatturiero, nell'agricoltura e nell'allevamento; ma anche nel lavoro autonomo si registrano presenze di rilievo. Gli immigrati sono inoltre parte attiva del tessuto sociale e culturale dell'Italia, con significative affermazioni, in particolare delle seconde generazioni, nella letteratura, nell'arte e nello sport. Fondamentale è infine il contributo degli immigrati per contrastare le tendenze demografiche che in loro assenza vedrebbero il nostro paese alle prese con una drammatica denatalità e un preoccupante invecchiamento". "Insieme ai numerosi benefici - prosegue il Capo dello Stato - il fenomeno migratorio porta con sé tensioni da non sottovalutare e nuove sfide per la società ospitante. Esso chiama, infatti, le istituzioni a un costante impegno per favorire l'integrazione pienamente garantendo il principio di legalità, senza peraltro mai trascurare il rispetto dei diritti umani e della dignità delle persone, anche nei casi di difficile gestione come i respingimenti, le espulsioni, gli sgomberi". "Una corretta percezione dell'immigrazione da parte dell'opinione pubblica ha bisogno di una accurata comunicazione da parte dei media, se si vuole evitare di alimentare ansia sociale e odiosi episodi di intolleranza. Fortunatamente, i sondaggi più recenti rilevano un'opinione pubblica meno sconcertata dal fenomeno migratorio e più incline a riconoscere ai cittadini stranieri i diritti necessari a garantire una corretta inclusione sociale", conclude Napolitano.



Viaggio nei Cie d’Italia dove la dignità è optional
l'Unità, 14-06-2012
Livia Turco
LA STANZA CHE CI ACCOGLIE APPENA ENTRIAMO NEL CIE DI TRAPANI HA LE PARETI RICOLME DI SCRITTE DI NOMI DI UOMINI E DONNE IN ARABO, TUNISINO, EGIZIANO, LINGUE DI COLORO CHE ARRIVANO CON I BARCONI DAL MARE. Tra essi campeggia una svastica nazista con accanto la parola «italiani». Questa sala è quella che varcano i dannati dei Cie, ed è anche quella in cui trascorrono un po’ del tempo interminabile della loro prigionia. Perché di questo si tratta. «Contro il carcere per gli innocenti», avevamo scritto nella nostra campagna per contrastare la normativa Berlusconi-Maroni che protrae fino a diciotto mesi la permanenza nei Cie. Purtroppo avevamo ragione. Constatare cosa significa questa detenzione nel rapporto diretto con chi la vive è stato un durissimo pugno nello stomaco. Abbiamo cominciato da Trapani, una delegazione parlamentare composta oltre che dalla sottoscritta da Alessandra Siragusa, Roberto Giachetti, Roberto Zaccaria e le nostre preziose collaboratrici. Proseguiremo nei prossimi giorni per i Cie di Santa Maria di Capua, Bologna, Gradisca. La visita nei Cie è un’attività che in modo costante svolgono i parlamentari del Pd.
Due sono i Cie di Trapani: Sarraino Vulpitta che contiene 40 persone e Milo che ne contiene 200 e ora ne accoglie 100. Il primo è una struttura più antica che sorge accanto ad un centro per anziani quasi nel centro della città, una struttura vecchia e fatiscente ma che almeno ha un campo di calcetto. L’altra è nuova, con spazi ampi, tutti recintati con alte sbarre senza neanche uno spazio in cui fare due passi all’aperto. Per fortuna lì vicino campeggiano il Monte di Erice e il meraviglioso panorama della Sicilia. «Molti fuggono», mi dicono i poliziotti, con tono rassegnato ed anche consapevole della durezza della condizione, «stare qui fino a diciotto mesi è disumano per loro, ma anche per noi». È difficile dire tutte le storie che abbiamo ascoltato. Abbiamo cercato di ascoltarli tutti. E abbiamo scoperto un dato inatteso: i giovani sono pochi, sono tunisini ed egiziani venuti lo scorso anno o sbarcati recentemente. I loro volti sono i più disperati. Non conoscono la nostra lingua. La loro disperazione sta nel vedersi reclusi quando pensavano di venire in Italia per trovare lavoro, mentre invece non sanno cosa sarà di loro.
La grande quantità di persone che abbiamo incontrato sono in Italia da tanti anni. Parlano bene l’italiano, hanno qui parenti e amici. Si trovano nei Cie perché sono stati in carcere e hanno scontato la pena ma anziché essere rilasciati, vengono portati in questi luoghi, tante volte passando dall’uno all’altro in giro per l’Italia per essere identificati. La domanda che viene naturale è: non sono stati identificati in carcere? Usciti dal carcere non dovrebbero ricevere l’intimazione a lasciare il nostro territorio o, come ti dicono molti di loro, se hanno pagato i loro sbagli, tante volte dovuti ad una vita di marginalità, non dovrebbero essere aiutati ad inserirsi nella società? Scopriamo che manca la collaborazione tra il Ministero di Grazia e Giustizia e il Ministero degli Interni per l’identificazione della persona che dovrebbe avvenire in carcere e dovrebbe servire anche per il rilascio dell’intimazione a lasciare il territorio, quando la persona ha estinto la pena. Ci sono poi tunisini richiedenti asilo che si sono visti respinti la domanda d’asilo. Ci sono i lavoratori che esibiscono i loro contratti di lavoro, il loro permesso di soggiorno scaduto che hanno figli e famiglia e non sanno perché si trovano lì a dover essere identificati, quando le autorità italiane conoscono benissimo le loro generalità. Il fatto è che, scaduto il permesso di lavoro e dunque di soggiorno, ne avevano chiesto il rinnovo, stavano cercando un altro lavoro ma non hanno fatto in tempo a sottrarsi alla tagliola della Bossi-Fini che impone, anche in questi casi, l’espulsione.
Gli operatori sociali della «Cooperativa Insieme» ci raccontano delle difficoltà a costruire una dimensione di vita vagamente umana. Perché quel luogo è peggio del carcere, è irragionevole. Nel carcere sai perché ci stai e ci sono spazi di lavoro e di vita, nel Cie uno non capisce perché ci sta e soprattutto perché ci deve stare fino a diciotto mesi. Questo tempo così lungo farà diventare i Cie una polveriera di tensioni. Di questo devono avere consapevolezza i Ministri di questo Governo. Ora la «Cooperativa Insieme» lascerà la gestione del Centro perché la gara d’appalto, indetta con il criterio esclusivo del minor costo, è stata vinta da un ente gestore che ritiene di essere in grado di accogliere quelle persone in modo dignitoso con un costo di 24 euro al giorno. Altro tema su cui interrogheremo il Ministro degli Interni. Una cifra così irrisoria non può francamente garantire un vitto e un’assistenza sanitaria decente.
Nei Cie si riflettono le contraddizioni della politica dell’immigrazione, in particolare quella relativa alle espulsioni e ai respingimenti. Noi pensiamo una cosa molto semplice: la normativa del centro-destra va abrogata e i Cie vanno superati. Sento tante volte stabilire un parallelismo tra i Cie attuali ed i Cpt della legge del centro-sinistra, sento stabilire una linea di continuità. Questa tesi è falsa e infondata. È contraddetta dalle sentenze della Corte Costituzionale che avevano definito coerenti con la nostra Costituzione i Cpt, luoghi nati per identificare coloro che negano in modo ripetuto le loro generalità e prevedeva il trattenimento di venti giorni, prorogabile a trenta, per poter attivare la collaborazione con i Consolati della autorità locali. C’è una bella differenza tra 20-30 giorni e 18 mesi. C’è una bella differenza tra l’espulsione amministrativa ed il reato di immigrazione clandestina. Ma non potremo sottrarci dal rispondere alla domanda: come accertare le generalità di chi le nega? Perché certamente non possiamo lasciar circolare liberamente nel nostro Paese chi è privo di identità. Dovremo cercare strade nuove ed efficaci. Ma dovremo farlo. Nel frattempo chiediamo al Governo di garantire che nei Cie ci sia il più scrupoloso rispetto della dignità umana e che venga massimamente incentivato il rimpatrio volontario assistito.



Non sono italiani: fuori 30 bambini dalla materna
A Borgomanero (Novara) il primo criterio di selezione è quello della cittadinanza: esclusi i figli di stranieri
il Fatto, 14-06-2012
Ferruccio Sansa
Una porta chiusa. Già alla materna. Non è un esordio facile nel mondo della scuola per trentasei bambini di Borgomanero (Novara). Ma a scorrere la graduatoria si scopre altro: tre su quattro sono stranieri. Semplice: tra i primi requisiti richiesti per l’ammissione c’è la cittadinanza italiana. Un altro caso è servito nelle scuole del profondo Nord, ma stavolta con una sorpresa: il preside della scuola (statale), Maria Teresa Valsesia, alle ultime elezioni era candidata in una lista che sosteneva il centrosinistra.
DI PIÙ: il presidente del consiglio di circolo è anche lui un ex assessore di centrosinistra. E invece il sindaco che si batte per ammettere i bambini è un rappresentante del centrodestra, sostenuto dalla Lega. Alla fine la delibera “incriminata” viene ritirata dopo le pressioni del Provveditore. Poco importa, però, la polemica va ben oltre le discussioni che da giorni animano la vita di Borgomanero.
Ormai, si sa, i posti nelle materne valgono oro. Ci sono troppi bambini e poche scuole pubbliche. E allora si ricorre alle graduatorie. Ma quando a Borgomanero vengono resi noti i criteri di ammissione scoppia il putiferio: residenza nel comune, presenza di fratelli nella stessa scuola e residenza nella zona vicina alla scuola (il centro storico). Fin qui niente di strano. Ma ai primi posti ecco un ulteriore criterio “anomalo”: cittadinanza italiana. E così una trentina di bambini immigrati rimangono alla porta dell’asilo. Ma bussano a quella del Comune. Il sindaco Anna Tinivella decide di incontrare i genitori. E alla fine interviene: “Non è una questione di nostra competenza (l’istituto, appunto, è statale), ma non condivido assolutamente la scelta. Si sono create tensioni che si potevano evitare con un po’ di buon senso. Quando sono emerse le prime proteste ho incontrato la direttrice didattica e ho espresso le mie perplessità: mi ha risposto che è sempre stato così e che non capiva il clamore, non trattandosi di scuola dell’obbligo”. Il sindaco cerca una soluzione: “Ho spiegato che avremmo cercato di trovare una soluzione. Il rischio è che si crei ulteriore tensione, perché c’è già qualcuno che sta facendo osservare ai genitori dei bambini ammessi che, cambiando i criteri, il loro posto non è più assicurato”.
COSÌ, COME ha raccontato il Corriere di Novara, il Comune propone una soluzione che accontenti tutti: la creazione di una nuova classe. Intanto la delibera è stata annullata. Dopo l’intervento del provveditore di Novara, Giuseppe Bordonaro che ha esaminato la documentazione ricevuta dalla preside: “Mi aveva chiesto dei chiarimenti e, in accordo con l'Ufficio scolastico regionale, le ho suggerito di sospenderla e di annullarla. La delibera – spiega Bordonaro – avrebbe penalizzato anche i bambini figli di cittadini tedeschi o francesi, non solo extracomunitari”. Quindi, tra l’altro, era contraria alle norme dell’Unione Europea. Ma Bordonaro aggiunge: “Non bisogna dimenticare che, per legge, la scuola è aperta anche ai figli delle persone che non sono nemmeno in possesso del permesso di soggiorno. La professoressa Valse-sia avrebbe sostenuto che, non essendo scuola dell'obbligo, le normative avrebbero potuto essere bypassate. Ma non è così. E in ogni caso avrebbe dovuto prevalere il buon senso”. A Borgomanero, però, c’è chi sostiene che il criterio della cittadinanza italiana non sarebbe soltanto una scelta della preside. Avrebbe pesato parecchio anche il consiglio di circolo, cioè i genitori. La porta per i piccoli stranieri (ma non solo loro), quindi, si riapre. Ma intanto a Borgomanero non si parla d’altro. E non solo lì, la storia è arrivata alla Regione Piemonte (guidata dal leghista Roberto Cota). A difesa dei bambini esclusi intervengono partiti, sindacati e senatori, come Roberto Di Giovan Paolo (Pd). Ormai l’asilo di Borgomanero è sulle prime pagine dei giornali. Oggetto di dibattito in città e di polemica politica. Qualcuno ricorda la storia dell’asilo di Fossalta di Piave, con la bambina marocchina rimasta senza mensa e il sindaco che si era opposto alla decisione delle maestre di dare alla piccola i propri buoni pasto. Stavolta, però, è più complesso, le parti politiche sono confuse: “No, mi dispiace, non siamo una giunta di destra anti-immigrati. Anzi, siamo impegnati nel sociale. Ma credo che neanche la preside e i genitori abbiano adottato quella delibera per cattiveria. Non sono tipi”, sorride amara Anna Tinivella (centrodestra). Conclude: “Peccato, perché è una bellissima cittadina, un esempio di integrazione, dagli anni Sessanta quando arrivarono centinaia di persone dal Sud”. Una cosa resta la stessa (che sia Borgomanero, Fossalta o Adro), a prescindere dalla scuola: in mezzo ci finiscono i bambini.


 

Stranieri? No, siamo italiani
Famiglia Cristiana, 14-06-2012
ANNACHIARA VALLE
E'un atto doveroso, è interesse nazionale». Andrea Riccardi, ministro dell'Integrazione e della Cooperazione, è convinto che «è una grave responsabilità non riconoscere legalmente l'integrazione degli immigrati già avvenuta nei percorsi normali nel Paese». Lo ha detto alla Conferenza nazionale convocata il 6 giugno per presentare alla Camera le ultre 200 mila firme raccolte con la campagna "L'Italla sono an- ch'io". «Ritenere che si debba ancora applicare lo ius sanguinis e non lo ius soli è antistorico. Occorrerebbe introdurre anche lo ius cultu- rale, l'ottenimento della cittadinanza per i minori stranieri che hanno frequentato un ciclo scolastico in Italia».
«Quella della cittadinanza è forse l'unica riforma in grado oggi di allargare la coesione sociale senza alcun aggravio di spesa per lo Stato», ha spiegato Andrea Olivero, presidente delle Acli. L'associazione è fra quelle che più si sono battute per sostenere la campagna, che ha trova to il sostegno di forze politiche e Comumi in tutta Italia, «Non c'e nessun motivo sino ideologico  per dire no al riconoscimento della cittadinanza per i figli di stranieri che nascono in Italia». Il presidente della Camera Gianfranco Fini ha ricordato che sono
State presentate proposte di legge che dovrebbero approdare in aula a giugno.
«Anche la nostra parte politica», ha detto Rosi Bindi, «ha presentato proposte di legge per estendere il diritto di cittadinanza, ma non è un místero  che ci siano forze polotiche anche tra quelli che sostengono il governo, che sono su posizioni molto diverse.E' evidente che, se per tenere su un Governo si deve rinunciare a esprimere la propria visione culturale, bisogna accelerare la costruzione di un'alternativa. Non sto dicendo che vanno anticipate le elezioni, ma che va anticipato il futuro, questo si».

 


Immigrati: Corte Ue, non basta soggiorno temporaneo a ingresso Schengen
(ASCA) - Roma, 14 giu - Il cittadino di un paese terzo che sia in possesso di un permesso di soggiorno temporaneo rilasciato da uno Stato membro, in attesa di una decisione sulla sua domanda di soggiorno o sulla sua domanda d'asilo, e che lascia il territorio dello Stato nel quale ha introdotto la sua domanda non puo' rientrarvi con la sola copertura del suo documento di soggiorno provvisorio. Lo ha stabilito oggi una sentenza della Corte di giustizia europea, nell'ambito di un ricorso formulato dall'Associazione nazionale d'assistenza alle frontiere per gli stranieri di Parigi (ANAFE) nei confronti del Consiglio di Stato francese diretto all'annullamento di una circolare ministeriale del 21 settembre 2009 che vieta il rientro, in Francia, dei cittadini di paesi terzi soggetti all'obbligo del visto, titolari soltanto di un permesso di soggiorno temporaneo rilasciato in attesa dell'esame di una prima domanda di permesso di soggiorno o di una domanda d'asilo, e che non sono in possesso di un visto di ritorno rilasciato dalle autorita' consolari.
Nella sentenza la Corte Ue interpreta la nozione di ''visto di ritorno'', che costituisce un'autorizzazione nazionale che puo' essere rilasciata al cittadino di un paese terzo che non e' in possesso ne' di un permesso di soggiorno, ne' di un visto, ne' di un visto con validita' territoriale limitata ai sensi del codice dei visti , che gli consente di lasciare uno Stato membro per un determinato scopo per rientrarvi successivamente.
Il Trattato Schengen, spiega la Corte, deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro, che rilascia al cittadino di un paese terzo un ''visto di ritorno'', non puo' limitare l'ingresso nello spazio Schengen ai soli punti del suo territorio nazionale.



Manifesti razzisti per le elezioni Pdl e Lega condannati a Milano
Il tribunale civile ha definito discriminatorio l'uso dell'espressione 'Zingaropoli' usata contro l'allora
candidato sindaco Giuliano Pisapia. Nel mirino che le dichiarazioni rilasciate da Bossi e Berlusconi
la Repubblica, 14-06-2012
ZITA DAZZI
Avevano tappezzato Milano di manifesti in cui assicuravano che, in caso di vincita di Pisapia alle comunali del 2011, la città si sarebbe trasformata in una "zingaropoli" con la "moschea più grande d'Europa". Termini ricorrenti in tutti i comizi dell'allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi e dell'ex leader della Lega Umberto Bossi, scesi personalmente in campo a sostegno del sindaco uscente Letizia Moratti. Oltre ad aver tappezzato Milano con le affissioni che prospettavano l'invasione dei rom, avevano ribadito il concetto nell'"Appello per Milano", diffuso via Internet e tramite lettere spedite a casa degli elettori, arrivando addirittura a prefigurare l'avvento di una "Zingaropoli islamica".
Per tutto questo il giudice Orietta Micciché ha accolto il ricorso del Naga, storica associazione di volontariato per i diritti degli stranieri, nella causa civile intentata nei confronti di Lega Nord e Pdl. I due partiti, sconfitti alle elezioni nonostante la campagna martellante giocata soprattutto su questi temi, sono stati condannati per "condotta discriminatoria", con l'obbligo di pubblicare a loro spese il dispositivo
dell'ordinanza che bolla come "discriminatori " temi, parole ed argomenti della campagna elettorale impostata sullo slogan di "Zingaropoli". Il "neologismo  -  secondo il giudice  -  ha valenza chiaramente dispregiativa in quanto i gruppi etnici zingari vengono utilizzati come elemento di negatività e da rifuggire". Il giudice richiama i principi costituzionali di garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo, di uguaglianza e della pari dignità sociale di tutti i cittadini, violati da chi in comizi e manifesti ha usato con disprezzo la declinazione della parola "zingaro" riferito a persone "senza fissa dimora, trascurate, in condizioni di scarsa igiene, che trae sostentamento da attività illecite".
Il magistrato rimarca che "emerge con chiarezza la valenza gravemente offensiva e umiliante di tale espressione che ha l'effetto non solo di violare la dignità dei gruppi etnici sinti e rom, ma altresì di favorire un clima intimidatorio e ostile nei loro confronti". Canta vittoria il Naga, attraverso il presidente Pietro Massarotto, avvocato: "Per la prima volta in Italia c'è un provvedimento giudiziario che condanna dei partiti politici per discriminazione. È un messaggio molto chiaro contro la normalizzazione dell'emarginazione e delle pratiche di esclusione sociale a cui purtroppo siamo stati abituati".
Indignato è invece Matteo Salvini, eurodeputato e segretario regionale lombardo della Lega Nord: "Ma dove vive certa gente? Gli unici discriminati sono i milanesi che vivono nelle vicinanze dei campi rom o che ci litigano quotidianamente in metropolitana, sugli autobus o ai semafori. Sarebbe gradito se qualche giudice minorile avesse un'ora di tempo libero per una visita in qualunque campo rom per verificare le condizioni di sopravvivenza e sfruttamento dei bambini da quelle parti. La sentenza di oggi non può che incitare la Lega Nord e tutta la gente per bene a continuare a lottare perché cessino abusi e violenze". Replica l'assessore al Welfare, Pierfrancesco Majorino: "Mi pare bello che la giustizia chieda che sia rispettata la dignità dei popoli, anche se questo non significa che ci sono dei problemi sul territorio, che vanno risolti ".



Miss Italia nel Mondo: al via oggi le iscrizioni al concorso di bellezza dedicato alle giovani di origine straniera.
Fino al 24 luglio sarà possibile aderire alla selezione. La finale il 9 settembre a Montecatini in diretta su Rai Uno.
Immigrazioneoggi, 14-06-02012
Miss Italia da oggi è aperto alle ragazze di origine straniera. È infatti possibile da stamane, nel sito www.missitalia.it, iscriversi per le selezioni del concorso di bellezza che, per la prima volta quest’anno, istituisce il premio Miss Italia nel Mondo per le non italiane.
Le candidate dovranno avere un’età tra i 18 e i 26 anni ed essere residenti da almeno un anno in Italia.
L’iniziativa – spiega l’organizzazione – ha avuto riscontri molto positivi da parte delle comunità di immigrati e di varie associazioni.
Le immigrate che hanno la nazionalità italiana mantengono, come da tradizione, la possibilità di concorrere a Miss Italia.
Le iscrizioni si chiuderanno il 24 luglio. Le candidate dovranno presentarsi due giorni dopo a Roma per un casting. Dopo un’ulteriore selezione, venti di esse si riuniranno nella prima settimana di settembre a Montecatini Terme dove domenica 9, durante la prima delle due serate di Miss Italia trasmesse da Raiuno, sarà assegnato il titolo. La nuova frontiera di Miss Italia potrebbe essere, nei prossimi anni, un unico concorso in cui “vecchie” e “nuove”italiane gareggiano insieme. “Sarebbe un’altra rivoluzione – spiega l’organizzatrice Patrizia Mirigliani – un modo per ribadire che oggi la bellezza dell’Italia ha anche occhi a mandorla o pelle scura”.

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