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di interesse di cittadini e lavoratori stranieri

 

Newsletter periodica d’informazione

(aggiornata alla data del 09 luglio 2012)

 

  Coordinamento Nazionale Immigrati UIL: “costruire una politica europea sull’immigrazione in tempi di crisi”       

 

Dibattito: giovedì 12/07/12, ore 09.30, Grand Hotel Palatino, via Cavour 213/M, Roma

 

Sommario

 

Saiba mais... Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti                                                                       pag. 2

Saiba mais... Coordinamento Nazionale Immigrati a Roma il 12 luglio 2012, sede UIL, 7° piano                    pag. 2

Saiba mais... Immigrati – Chi denuncia lo sfruttatore avrà il permesso di soggiorno                                        pag. 2

Saiba mais... Approfondimento - Immigrazione e crisi: è possibile un cambio di governance?                                   pag. 2

Saiba mais... Diritti di cittadinanza – La riforma per i minori bloccata alla Camera                                          pag. 6

Saiba mais... Minori stranieri, cittadinanza a rischio                                                                                         pag. 7

Saiba mais... Quasi 800 mila asiatici in Italia -                                                                                                 pag. 8

Saiba mais... Contro il razzismo – Rom pride ed EGAM incontro a Sofia                                                              pag.9                  

Saiba mais... International Migration Outlook – Scheda Italia                                                                           pag.9

Saiba mais... Notizie in breve -                                                                                                                      pag.11                   

 

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.it                                                                                                 Anno X -  n. 26



Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti


Roma, 10 luglio 2012, ore 10.30, sede Cnel

Riunione CNEL – ONC su Immigrazione

(Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)

Roma, 11 luglio 2012, ore 15.30,  Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri

Presentazione indagine Istat: “Gli immigrati visti dagli italiani”

(Angela Scalzo)

Roma, 12 luglio 2012, ore 09.30, Grand Hotel Palatino, Via Cavour 213/M

Coordinamento Nazionale Immigrati - Dibattito: “ Costruire un’identità ed una posizione sindacale europea in materia migratoria”

(Anna Rea, Luca Visentini, Guglielmo Loy, Alberto Sera, Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)



“Coordinamento Nazionale Immigrati

Roma, 12 luglio 2012, sede Uil nazionale, salone al 7° piano, ore  09.30

Dibattito: “ Costruire un’identità ed una posizione sindacale europea in materia migratoria”

Introduce e modera:

Giuseppe Casucci

Immigrati, chi denuncia lo sfruttatore potrà avere il permesso di soggiornoPartecipanti ed Invitati:

Luca Visentini, Segretario Confederale CES

Anna Rea, Segretario Confederale UIL

Prof Saverio Ruperto,  Sottosegretario all’Interno, con delega sull’immigrazione 

Natale Forlani , Direttore Generale per l’Immigrazione, Ministero del Lavoro

Antonio Golini, Demografo

Alberto Sera, Vicepresidente Ital

Conclude: Guglielmo Loy, Segr. Conf. UIL  

Modera: Giuseppe Casucci,  Coord. Naz. Dipartimento Politiche Migratorie UIL


Comunicato stampa


La UIL accoglie con soddisfazione il recepimento della direttiva 2009/52/CE

Va prevista una fase transitoria per permettere ai datori di lavoro e famiglie di far emergere i dipendenti eventualmente irregolari.

Nota di Guglielmo Loy, Segr. Confederale UIL


Roma, 06 luglio 2012 - La UIL accoglie con grande soddisfazione la ratifica da parte del Consiglio dei Ministri di della direttiva 2009/52/UE che prevede pene più severe per i datori di lavoro che assumono stranieri in condizioni di irregolarità. La direttiva stabilisce, tra l’altro, percorsi di emersione per i lavoratori stranieri che denunciano condizioni di sfruttamento, la cui gravità però è  spesso tenuta in ombra per paura di licenziamento od espulsioni. Meglio prevedere, allora, una breve fase transitoria di applicazione, per permettere a famiglie e datori di lavoro che vogliano regolarizzare i propri dipendenti di poterlo fare, sulla base di una denuncia all’INPS del rapporto di lavoro, senza incorrere subito nelle sanzioni previste dalla nuova normativa.



Immigrati, chi denuncia lo sfruttatore potrà avere il permesso di soggiorno

Il governo adotta norme con profonde innovazioni per la nuova legge sull'immigrazione. In particolare quella per combattere il caporalato che premia la denuncia con la regolarizzazione. Norma transitoria per i datori di lavoro per mettersi in regola

di VLADIMIRO POLCHI , La Repubblica.it


ROMA – Pene più severe per chi assume e sfrutta un immigrato irregolare. Permesso di soggiorno per sei mesi allo straniero vittima di "grave sfruttamento" che denuncia il suo datore di lavoro. Due norme che promettono di migliorare la vita dei migranti. Ma è la terza, la norma transitoria, che annuncia di rivoluzionare il destino di molti: la sanatoria per chi mette in regola il dipendente extracomunitario, stipulando finalmente un contratto alla luce del sole. E' questo il risultato del decreto legislativo che il Consiglio dei ministri oggi ha approvato in via definitiva. 
Via libera alla direttiva europea. Il decreto approvato su proposta del ministro per gli Affari europei e del ministro del Lavoro, recepisce finalmente la normativa comunitaria in materia: la direttiva europea (2009/52/CE)  sulle "norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare". Nel nostro Paese impiegare chi non è in regola col permesso di soggiorno è già un reato previsto dalla legge Bossi-Fini e punito con l'arresto da tre mesi a un anno e una multa di cinquemila euro per ogni lavoratore impiegato. Ora le pene si fanno più severe: sanzioni aumentate, in particolare, se i lavoratori occupati sono più di tre, se sono minori in età non lavorativa o se sono sottoposti a condizioni di "pericolo". 
Il permesso a chi denuncia. Non solo: l'immigrato, vittima di casi di "grave sfruttamento", che denuncia il suo datore di lavoro, potrà avere un permesso di soggiorno della durata di sei mesi, rinnovabili. E ancora: il decreto nei fatti potrebbe dare il via libera a una piccola sanatoria. Una norma transitoria permette, infatti, al datore di lavoro di "pentirsi" (entro una finestra temporale che si aprirà dopo la pubblicazione delle nuove norme) e denunciare i propri dipendenti irregolari. Stipulando contratti di lavoro e, dunque, avviando anche in questo modo il processo di regolarizzazione.

La regolarizzazione. Il ministro Andrea Riccardi qualche mese fa, ha infatti espresso l'opinione che fosse necessario accompagnare l'applicazione delle nuove norme con una breve fase transitoria che preveda la possibilità di un "ravvedimento operoso" per il datore di lavoro, permettendo allo stesso di adeguarsi in tempi congrui alla nuova disciplina, previo pagamento di una somma, per evitare sanzioni più gravi. Le Commissioni parlamentari della Camera (24 maggio 2012) e del Senato della Repubblica (4 e 5 giugno 2012) nel formulare il loro parere sullo schema di decreto legislativo hanno espresso a larga maggioranza la volontà di prevedere questa fase transitoria. I tecnici dei Ministeri interessati stanno ora lavorando per ultimare i dettagli. Si parla di una sanzione intorno ai 1.000 euro, oltre ai mancati pagamenti degli oneri fiscali, previdenziali ed assistenziali.

 

 

Approfondimento


L’immigrazione in tempi di crisi: è possibile un cambio di “governance”?

Abbiamo davvero capito le dinamiche della nostra immigrazione? E cosa possiamo fare per cambiare un modello di governance finora risultato disastroso?

Di Giuseppe Casucci, Coord. Naz. Dipartimento Politiche Migratorie UIL


Roma, 12 luglio 2012 – La crisi economica colpisce duramente le condizioni di lavoro e di vita delle persone e, in primo luogo, l’occupazione, sia essa “autoctona”, oppure “etnica”. Se è vero che il livello dei senza lavoro in Italia sta raggiungendo punte record, specialmente tra i giovani, è altrettanto vero che nel 2011 e nel 2012 almeno 300 mila stranieri hanno perso il lavoro (oltre il 13% degli occupati stranieri complessivi). A dirlo è la Fondazione Moressa, ma lo confermano anche i dati Istat, mentre la Caritas ipotizza che il numero di immigrati che hanno perso il lavoro possa addirittura toccare quota 600 mila. C’è poi chi confronta i dati Istat con quelli del censimento e ipotizza che in due anni siano scomparsi dai registri quasi un milione di stranieri. Quello che conta è che la situazione è in continuo movimento e diventa difficile capire se una persona o una famiglia sia scivolata in una condizione di clandestinità, sia andata in un altro Paese,  o semplicemente se ne sia tornata a casa dove il tasso di crescita del PIL è da anni molto più alto che in Europa (vale per l’Asia, per l’America Latina e anche per alcuni Paesi africani).

a) Un quadro sintetico dell’immigrazione in Italia

Secondo dati pubblicati recentemente da Eurispes, gli stranieri in Italia erano al 1* gennaio 2011 4.570.317, in aumento del 7,9% rispetto all'anno precedente. I cittadini stranieri diventati italiani sono 600mila. Hanno un’età media notevolmente inferiore a quella degli italiani (31,8 anni contro 43,5 anni). Il 22% degli immigrati e' costituito da giovani minorenni. Solo il 2,4% della popolazione straniera ha piu' di 64 anni e in un Paese che invecchia sempre più rapidamente, questi sono dati che avranno un forte impatto economico e sociale nei prossimi decenni'. Profonde trasformazioni sociali che stanno investendo anche il mercato del lavoro, dove ormai gli stranieri rappresentano il 10% della forza lavoro del paese: sarebbero oltre 2, 3 milioni di persone. Circa il 60% e' occupato nei servizi, il 36% nell'industria (la metà nelle sole costruzioni), e il 4,3% nell'agricoltura. Senza dimenticare che sono 2 milioni e mezzo le famiglie italiane che godono di un'assistenza fornita da circa 1,5 milioni di lavoratori domestici, quasi tutti stranieri. Sebbene siano in possesso di un titolo di studio medio-alto, gli immigrati nel nostro Paese svolgono lavori dequalificanti e sottopagati e la crisi economica sta ulteriormente ampliando questo divario: il 10,4% degli stranieri risulta sottoccupato, a fronte del 3,6% rilevato tra i lavoratori italiani. Una condizione di estrema debolezza sociale confermata anche dalle retribuzioni nette mensili medie: 973 euro al mese, contro i 1.286 euro percepiti in media dai lavoratori italiani. Una situazione di vero dumping sociale prodotto non solo dal brain waste, ma soprattutto dalla condizione di debolezza e ricattabilità sociale in cui le normative vigenti pongono – de facto - i lavoratori immigrati. Senza il lavoro, infatti, viene meno anche il diritto al permesso di soggiorno. Infine, ricorda l'Eurispes, gli stranieri che lavorano in Italia, rappresentano una vera e propria ricchezza economica, contribuendo per oltre il 12% alla formazione del Pil del nostro Paese, con importanti ricadute economiche anche sul versante contributivo e previdenziale grazie ai quasi 11 miliardi di euro di contributi previdenziali e fiscali versati ogni anno nelle casse dello Stato dai lavoratori stranieri, a cui vanno aggiunti 9 miliardi di euro in rimesse mandate ai Paesi d’origine. Anche sul versante dei consumi gli immigrati in Italia sono sempre più spesso protagonisti attivi dei consumi: nel 2010 l'8,7% delle abitazioni acquistate ha avuto un compratore straniero.

b) Il disastro della (non) governance

Un sistema che voglia governare davvero l’immigrazione dovrebbe – come minimo -  avere un monitoraggio complessivo dei flussi di manodopera: non limitarsi a conteggiare chi entra, ma anche avere il quadro aggiornato di chi esce e perché, altrimenti si corre il rischio di non capire quanti siano veramente gli immigrati presenti: 5 milioni come ha stimato la Caritas basandosi sui dati dell’Istat, o gli scarsi 4 milioni registrati dal Censimento. Se non si ha un quadro chiaro dell’immigrazione, delle sue sfaccettature e molteplici complessità, è ben difficile poter sviluppare una politica efficace di gestione della mobilità e, soprattutto, di valorizzazione della ricchezza professionale e culturale che arriva con questi nuovi cittadini, al fine di una buona integrazione. Non è un caso de in dieci anni abbiamo decuplicato il numero di stranieri residenti, facendoli passare quasi tutti dalle forche caudine della irregolarità.

La legge Bossi – Fini certo non aiuta l’immigrazione regolare, specialmente in un momento di grave crisi economica e di chiusura della società. Ad appesantire la situazione, per un lavoratore straniero, c’è il fatto che la legge attualmente in vigore in Italia sull’immigrazione lega strettamente il permesso di soggiorno per lavoro all’esistenza di un contratto in essere al momento del rinnovo. Chi perde il lavoro ha pochi mesi di tempo per cercarne un’altro (la recente riforma del mercato del lavoro  - legge 92/2012 - ha portato questo periodo alla durata di un anno), dopo di che dovrebbe tornarsene a casa o, più probabilmente, sceglierà la strada del lavoro nero e della presenza irregolare. L’allungamento della durata del permesso per ricerca di occupazione è un grande passo in avanti, una vittoria del movimento sindacale che per anni ha segnalato il rischio che la crisi economica possa tradursi in un incremento consistente dell’economia sommersa e del lavoro etnico irregolare. L’art. 4, comma 30, della Legge 92/2012, in vigore dal prossimo 18 luglio, ha anche prodotto un grande passo in avanti concettuale, rompendo per la prima volta lo stretto rapporto voluto dalla Bossi – Fini tra lavoro e residenza. Dice infatti il testo dell’art 4, comma 30, che decorso il periodo di ricerca occupazione (12 mesi più eventualmente le prestazioni di sostegno al reddito) “trovano applicazione i requisiti reddituali di cui all'articolo 29, comma 3, lettera b) del dlgs n. 286/1998”. Il riferimento è al meccanismo del ricongiungimento familiare che viene concesso indipendentemente dal lavoro, se uno può dimostrare comunque di avere un reddito derivante da fonti lecite, non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale (nel 2012, € 5.577).  In pratica, con la nuova legge, terminato il permesso per ricerca occupazione,  se uno straniero può dimostrare un reddito lecito anche minimo avrà diritto al rinnovo del permesso. E’ un grande miglioramento della normativa, un piccolo successo che ci consola sulla possibilità, se prevale il buon senso,  di ottenere modifiche positive (anche in una fase politicamente così difficile) della inefficace legislazione in materia di immigrazione.

Ed è forse il momento davvero di chiederci:

3) Perché non ha funzionato il governo dell’immigrazione e che caratteristiche ha quella italiana?

L’istituto Fieri di Torino dice che, dal punto di vista statistico, nell’ultimo decennio, siamo stati l’unico tra i maggiori paesi europei in cui si è osservata una correlazione sistematicamente negativa tra immigrazione e crescita: in pratica una media di 300 mila nuovi ingressi all’anno, malgrado il calo di domanda di lavoro. Il paradosso di una forte immigrazione con crescita debole, nulla e persino negativa, si spiega soltanto se l’immigrazione in Italia è determinata prevalentemente da fattori demografici, invece che puramente economici. Avremmo, cioè secondo gli studiosi,  una pressione migratoria che arriva per rimpiazzare i vuoti della popolazione, non perché richiamata dalla dinamicità del nostro mercato. Questa  “immigrazione di rimpiazzo” è particolarmente necessaria in quei settori e per tutti quei lavori che - per ragioni materiali  e simboliche (scarso prestigio) - i giovani italiani continuano a rifiutare. L’immigrazione in Italia è il prodotto di determinanti demografiche anche in un altro senso. Una componente molto significativa degli afflussi è infatti indotta dalla domanda crescente di servizi di cura da parte delle famiglie, in particolare per l’assistenza alle persone anziane.

Certo, è forte il sospetto che una parte della nostra economia abbia ricercato una forma di competitività, non sull’innovazione di processo e di prodotto, ma sulla compressione del costo del lavoro e dei diritti: in pratica sul dumping sociale.

Un’immigrazione con le caratteristiche appena richiamate presenta vantaggi evidenti nel breve periodo. E’ un’immigrazione che non si pone in concorrenza con l’offerta nazionale sul mercato del lavoro. Essa presenta, inoltre, tassi di attività alti e livelli di disoccupazione bassi, in confronto a ciò che si registra nella maggior parte degli altri paesi europei. Di conseguenza, è anche un’immigrazione particolarmente vantaggiosa dal punto di vista del suo impatto sulla spesa pubblica, poiché permette risparmi importanti (il ”welfare parallelo” delle “badanti”), pur avendo costi relativamente ridotti (bassa domanda di servizi, specialmente in campo sanitario e pensionistico).

Le critiche della UIL vanno ad un modo sbagliato di concepire, subire e – in sostanza - non governare la pressione migratoria. E’ quello che ha fatto l’Italia nell’ultimo decennio rendendo – di fatto – difficile l’immigrazione regolare e lasciando campo libero all’economia sommersa. Infatti, il modello migratorio italiano ha un basso costo anche dal punto di vista del governo del fenomeno: basandosi essenzialmente sull’incontro diretto tra domanda e offerta in condizione di irregolarità e su successive regolarizzazioni. Così si può fare a meno di adeguati investimenti in infrastrutture amministrative preposte alla determinazione, selezione e gestione dei flussi legali.

4) Il dumping sociale non risolve il problema

I vantaggi a breve termine di un modello che l’Istituto Fieri ha definito di “immigrazione low cost” tendono ad assottigliarsi in tempo di crisi e probabilmente a tramontare nel medio-lungo termine. Intanto, perché la crisi obbliga molti italiani a fare lavori prima rifiutati e quindi a mettersi in diretta concorrenza con gli immigrati. C’è poi il tema delle nuove generazioni che si formano qui e che saranno in diretta competizione con i nostri figli, com’è giusto che sia. Questo “voglia di farcela”, con la disponibilità al sacrificio e la tenacia che spesso l’accompagnano, andrebbe vista come una risorsa per la collettività. Ma, se queste aspirazioni dovessero continuare a scontrarsi con barriere strutturali (accesso alla cittadinanza limitato, discriminazioni nell’accesso alle filiere scolastiche e ai lavori migliori), andremmo incontro a un contraccolpo di sfiducia e conflittualità socialmente molto costoso.

5) Cosa fare, allora? 

Occorre, innanzitutto, guardarsi da una lettura semplicistica, secondo cui la realtà è solo in bianco o in nero. I problemi non si risolvono con i “vadano a casa loro” o “tolleranza zero verso i clandestini”, né con lo slogan “gli italiani al primo posto”. Nel momento in cui un cittadino straniero lavora e vive accanto a noi, è potenzialmente titolare degli stessi nostri diritti e doveri. Inoltre abbiamo visto che è impossibile e costosa la politica delle espulsioni. Inoltre, con la applicazione della direttiva europea n. 52, saranno più chiari i diritti fondamentali anche degli irregolari e più duro il prezzo da pagare per chi sfrutta il lavoro etnico irregolare. L’Europa, inoltre, con le sue direttive e stimoli ci costringe a guardare la realtà con gli occhi di una maggiore comprensione di questi fenomeni. Non esiste, ad esempio, l’immigrato tipico: ogni uomo, ogni storia sono il portato di problemi, aspirazioni e ricchezza individuali diverse a cui vanno date risposte pertinenti e adeguate. Bisogna anche avere la consapevolezza che le politiche non hanno mai condizionato, se non in modo parziale e in misura limitata, i processi migratori e di integrazione. Più che in altri ambiti, nel settore delle politiche migratorie, fare propaganda e promettere risultati mirabolanti (tolleranza zero, tutti a casa…) è controproducente. La chiarezza e la moderazione (o realismo) delle proposte e degli obiettivi giocano, dal punto di vista della costruzione del consenso, un ruolo decisivo. In particolare, se è giusto perseguire l’obiettivo di flussi più selezionati, occorre non illudersi, e non illudere l’opinione pubblica, con la retorica di una immigrazione altamente qualificata. A lungo, infatti, il fabbisogno di lavoro straniero espresso dall’Italia continuerà a concentrarsi prevalentemente nelle fasce basse e medie del mercato del lavoro. Il nostro mercato del lavoro manca di addetti in settori, mestieri e  funzioni dove non è richiesta alta professionalità. Per quanto riguarda gli high skills, inoltre, non dobbiamo dimenticare le decine di migliaia di nostri giovani laureati e con master che emigrano all’estero, cercano lavoro altrove, in quanto non lo trovano in Italia. Questa dura realtà forse  servirà a darci un quadro più chiaro del nostro mercato del lavoro, autoctono o etnico che sia.

La domanda-chiave, per il futuro della politica migratoria italiana dovrebbe dunque essere, a parere della UIL, su come superare l’attuale modello  di cattiva gestione di una immigrazione a basso costo ed indiscriminata e su come favorire il passaggio a un modello migratorio - non solo più soddisfacente ed equo dal punto di vista dei diritti fondamentali dei migranti e dei loro discendenti - ma anche più efficiente e fruttuoso dal punto di vista dello sviluppo e della competitività del nostro Paese.


 

Diritti di cittadinanza


Cittadinanza. La riforma per i minori è impantanata alla Camera

Lega Nord e Popolo delle Libertà continuano a bloccare la discussione in commissione Affari Costituzionali. E le nuove regole per diventare italiani sono scomparse dal calendario dell’Aula


Roma – 3 luglio 2012 – Arranca alla Camera la riforma della legge sulla cittadinanza per le seconde generazioni. Chi sperava di vederla in Aula in questi giorni, secondo il calendario voluto dal Partito Democratico, non ha  fatto i conti con le sabbie mobili del confronto in Commissione affari costituzionali. La Commissione sta  esaminando quattro proposte sulla “cittadinanza dei minori nati da genitori stranieri”, presentate da Gianclaudio Bressa (Pd),Souad Sbai (Pdl), Pierluigi Mantini (Udc) e Aldo Di Biagio (Fli). Finora, però, i deputati non hanno iniziato nemmeno a parlare di “come” cambiare le regole per diventare italiani, perché Popolo delle Libertà e Lega Nord mettono ancora in dubbio “se” sia il caso di cambiarle, come dimostrano i resoconti delle riunioni. Quando il 18 giugno è iniziata la discussione, la deputata del Pdl Isabella Bertolini ha esordito dicendo di ritenere “a titolo personale” che il tema “necessiterebbe comunque un esame più esteso della materia”. Secondo lei non si può parlare della cittadinanza dei minori senza considerare anche quella degli adulti, e così Bertolini sembra dimenticare che proprio quest’accoppiata ha fatto finora arenare ogni tentativo di riforma. Il suo collega di partito Giuseppe Calderisi, nella stessa seduta, ha sottolineato che “è emerso con chiarezza, come vi siano tra i gruppi politici  posizioni molto distanti”, aggiungendo che sarebbe quindi più opportuno affrontare questo tema “nella prossima legislatura”, quando le urne potrebbero infatti mandare al governo “una maggioranza diversa, che potrà portare in porto la riforma in discussione”. Messa così, se ne riparlerebbe nel 2013, ma gli aspiranti italiani dovrebbero sperare che le prossime elezioni non premino di nuovo Lega Nord e Pdl. E il Carroccio? Naturalmente, fa melina. Matteo Bragantini ha premesso che “la normativa vigente disciplina già in modo adeguato la materia”. Poi ha chiesto al governo di quantificare  il numero di stranieri che, a causa della crisi o “dei recenti eventi calamitosi” stanno facendo rientrare i familiari in patria. Non vorrebbe, infatti, che “per risolvere un problema se ne creassero altri: qualora tali soggetti avessero la cittadinanza italiana il rimpatrio sarebbe molto più complesso..” La richiesta di Bragantini, che sembra la più classica delle perdite di tempo, ha messo ovviamente in difficoltà il governo, perché è impossibile tracciare i rimpatri volontari. Il 19 giugno il sottosegretario all’interno Saverio Ruperto ha provato a spiegarlo alla Commissione, dicendo che  “è difficile raccogliere i dati e compiere una catalogazione che si fondi su atteggiamenti psicologici”, ma di fronte alle insistenze della Lega  ha promesso “una ulteriore istruttoria per cercare di venire incontro alla richiesta formulata”. E poi? E poi basta. Perché nonostante la buona volontà di Partito Democratico,Terzo Polo e Idv, la discussione è ferma. Tra un rinvio e l’altro, ancora non si parla delle proposte, la cittadinanza dei minori sarà di nuovo all’ordine del giorno in commissione giovedì prossimo, ma visto l’andazzo è difficile sperare in colpi di scena. Perlomeno finché non si riuscirà a portare il confronto in Aula, dove la posizione del Popolo delle Libertà potrebbe arricchirsi di nuove voci. Intanto, chi ha bisogno di un’ulteriore doccia fredda dia un’occhiata al calendario dei lavori di luglio dell’assemblea di Montecitorio, definito la scorsa settimana dalla conferenza dei capigruppo. Del diritto delle seconde generazioni di essere finalmente italiane anche per legge proprio non si parla. Di Elvio Pasca, Stranieri in Italia


 

 

 

 

 

 

 

 

Minori Stranieri


Minori, cittadinanza a rischio

Di Emilio Fabio Torsello, il Sole 24 Ore del 2 luglio 2012


Se non cambierà la normativa vigente, da qui al 2029 solo sette su cento minori stranieri residenti nel nostro Paese diventeranno ogni anno cittadini. A lanciare l'allarme, in uno studio che verrà presentato giovedì prossimo a Roma durante l'incontro "Da residenti a cittadini", è Cittalia-Fondazione Anci Ricerche. Secondo le proiezioni, da qui al 2027 i diciassettenni stranieri nati in Italia passeranno dagli attuali 9.061 (dato 2011) a 78.082, con un incremento pari al 761 per cento. Se a questi si aggiungono i minori che avranno diritto a diventare cittadini perché figli di un genitore italiano, la cifra salirà a 111mila, ma «rappresenteranno comunque una minima parte (circa il 7%) dell'universo dei minori residenti in Italia». Un dato che risulta ancora più eclatante se raffrontato all'incremento generale della popolazione dei minori, sia italiani che stranieri. Secondo quanto scrive la Fondazione Anci Ricerca-Cittalia, «al 2029 la popolazione totale sfiorerà i 64 milioni, con un trend costantemente crescente. Nello stesso periodo la popolazione minorile raggiungerà il picco nel 2016 con 10 milioni e 340mila unità, per tornare a scendere, raggiungendo nel 2029 i 9 milioni e 813mila minori In parallelo al calo della popolazione minorile, abbiamo assistito e assisteremo nei prossimi anni a un aumento sostanziale della popolazione minorile straniera: dalle circa 350mila unità del 2003, si raggiungeranno i due milioni nel 2029 (di cui 1,77 milioni nati in Italia), con una crescita pari al 474 per cento. Rispetto al totale dei minori residenti in Italia, la quota di minori stranieri passerà dal 9,7% attuale al 20,7%». A oggi - spiega Veronica Nicotra, vicesegretario generale dell'Anci - nell'acquisizione della cittadinanza si tende a far prevalere lo jus sanguinis e non lo jus soli, con il risultato che solo una bassa percentuale di minori stranieri residenti riesce ogni anno a ottenere lo status di cittadino italiano. I risultati di questo studio servono a porre le basi per un dibattito scientifico e politico, in modo da capire come sta evolvendo la società italiana».
Nell'ottica di una modifica dell'attuale normativa sulla cittadinanza per i minori stranieri è stata avanzata una proposta di legge di iniziativa popolare, all'interno dell'iniziativa "L'Italia sono anch'io". Con criteri meno restrittivi diventerebbero cittadini italiani i figli dei residenti da almeno un anno nel nostro Paese, con il risultato che «gli esclusi risulterebbero 300mila minori» (su 2 milioni). Ma il dato andrebbe ancora più assottigliandosi, poiché si prevede di riconoscere la cittadinanza anche ai minori che siano giunti in Italia prima del 10° anno di età se residenti nel nostro Paese fino ai 18 anni e a quanti abbiano frequentato corsi di studi primari o secondari o percorsi di formazione professionale.


 


Quasi 800 mila asiatici in Italia. “Un ponte verso le economie d’origine”

Per cinesi, srilankesi, filippini e bangalesi il Belpaese è la meta preferita in Europa. Il rapporto “Asia-Italia. Scenari migratori” di Caritas e Migrantes


Roma – 4 maggio 2012 - Sono quasi 800 mila gli asiatici in italia. Uomini e donne che arrivano da un continente che pure continua ad attrarre immigrazione.

Se ne parla nel volume “Asia-Italia. Scenari migratori”, realizzato al termine di un viaggio di studio nelle Filippine (Manila, gennaio 2012) promosso e finanziato dalla Caritas e dalla Migrantes e presentato oggi a Roma. Una pubblicazione che fotografa il complesso e diversificato panorama migratorio asiatico per poi focalizzare l’attenzione sulle migrazioni che dall’Asia si dirigono verso l’Italia.

L’Asia, il continente più vasto e popolato del pianeta con oltre 4 miliardi di abitanti, si evidenzia nel panorama mondiale per l’economia trainante di paesi come la Cina e l’India, ma anche per le forti disparità, le diffuse aree di disagio e i carenti livelli di tutela. Da sempre crocevia di popoli e tradizioni culturali e religiose differenti, è stata negli ultimi 60 anni la principale area di emigrazione al mondo, con 65 milioni di partenze e consistenti collettività insediate all’estero, tra cui i filippini (quasi 10 milioni, circa il 10% della popolazione nazionale). Si tratta, però, anche di un’importante area di approdo dei flussi internazionali, perlopiù interni al continente e di carattere strettamente temporaneo, catalizzati dai Paesi del Golfo e, in misura minore, dai Paesi industrializzati dell’Est e del Sud Est asiatici. È, inoltre, il primo continente al mondo per numero di rifugiati (quasi 6 milioni, senza contare i palestinesi). In Europa all’inizio del 2010 sono oltre 4 milioni i residenti cittadini di un Paese dell’Asia, concentrati in Germania, Gran Bretagna e Italia, dove all’inizio del 2011 sono risultati 767mila gli asiatici residenti, pari al 16,8% del totale degli stranieri. Diverse collettività hanno realizzato nella Penisola l’insediamento più consistente a livello comunitario (Cina, Sri Lanka, Filippine, Bangladesh). La presenza di immigrati asiatici in Italia è aumentata di oltre 6 volte rispetto al 1991 (120mila) e quasi triplicata rispetto al 2000 (265mila). Negli ultimi anni si evidenziano dei ritmi di crescita notevolmente più sostenuti rispetto alle altre collettività straniere e massiccia è stata la partecipazione degli asiatici alla regolarizzazione del 2009, con un terzo di tutte le domande presentate (quasi 100mila). Nella graduatoria dei primi 20 Paesi per numero di cittadini residenti in Italia all’inizio del 2011, 6 sono Paesi asiatici: la Cina (210mila, quarta nella graduatoria generale), le Filippine (134mila), l’India (121mila), il Bangladesh (82mila), lo Sri Lanka (81mila) e il Pakistan (76mila). In questa fase di crisi, nota il rapporto,  il mercato, da una parte, continua a offrire agli immigrati asiatici discrete possibilità di inserimento, soprattutto in agricoltura e nel settore domestico, dall’altra, provoca l'espulsione di quote consistenti di occupati, per i quali la perdita del lavoro può condurre a quella del permesso di soggiorno. Una diffusa strategia di resistenza alla crisi è l’iniziativa imprenditoriale, che però non coinvolge tutte le collettività allo stesso modo. Si distinguono per una rilevante partecipazione al settore gli indiani (1.792 titolari di impresa), i pakistani (5.072), i bangladesi (9.838 titolari) e specialmente i cinesi, attivi tanto nella manifattura che nel commercio (33.593). “Per favorire gli scambi tra le diverse collettività, e tra queste e la popolazione autoctona, superando la tentazione di una poco permeabile “chiusura etnica”, un ruolo fondamentale spetta a tutte le aggregazioni che possono definirsi generaliste: la chiesa cattolica e le altre comunità religiose, i partiti, i sindacati, le associazioni, i gruppi di volontariato e così via” notano i ricercatori. “L’apertura e la conoscenza reciproche, oltre a favorire la costruzione di una società più coesa, potranno rivestire una notevole valenza socio-economica, qualora il “Sistema Italia” valorizzi i migranti nel loro ruolo di collegamento con le economie dei loro Paesi di origine”.

Caritas e Migrantes. Asia-Italia. Scenari migratori (Sintesi)


 

Contro il razzismo


 Il ROM pride e l’EGAM: incontro a Sofia tra associazioni Rom e associazioni antirazziste

Incontro internazionale a Sofia (Bulgaria), 28 giugno – 1° luglio 2012


(Di Angela Scalzo)

I ROM  rappresentano la più grande minoranza pan europea: sono presenti in quasi tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa. La storia e la cultura dei ROM, Sinti, Camminanti e Kalderasha fanno parte integrante della storia europea (i primi gruppi documentati giunsero nel 1400). Ma la percezione generale è spesso molto diversa: anche nei Paesi dove gli Zingari vivono da secoli, sono spesso considerati dalla maggioranza della popolazione come “altri”, come stranieri nei loro paesi natali. L’EGAM - European Grassroots Antiracist Movement – nell’ambito del suo programma d’azione  che vede una campagna di sensibilizzazione e di rivendicazione della questione ROM in Europa,  ha svolto una riunione con i suoi leader Europei , in  Bulgaria,  a Sofia dal 28 giugno al 1 luglio .  L’intensa attività   ha visto la partecipazione della rete delle Associazioni antirazziste europea e delle organizzazioni ROM  Bulgare, Rumene, Ungheresi, Danesi, Polacche, Norvegesi, Serbe, Francesi e Italiane, entrambe  legate all’EGAM ,  in  preparazione del secondo Manifesto collegato al ROM Pride  2012 .  Anche quest’anno l’orgoglio ROM sarà attivato con iniziative nazionali differenti  ma contemporaneamente  in tutti i Paesi Europei coinvolti. Il presidente dell’EGAM Benjamin Abtan  ha condotto la quattro giorni di lavoro  tematico dando spazio ad ogni Paese  il quale contribuiva  offrendo un quadro esaustivo della problematica ROM e  delle discriminazioni perpetrate all’interno dello stesso. Le Istituzioni Bulgare hanno partecipato attivamente  ai lavori , offrendo  un quadro quali – quantitativo del problema.    “(...) la comunità Rom continua a non essere considerata una minoranza etnica o nazionale in tutti gli Stati membri e paesi candidati ed essa pertanto non gode in tutti i paesi dei diritti connessi a tale status” , afferma Angela Scalzo,  vice presidente dell’EGAM e segretario generale di SOS Razzismo Italia, nell’introdurre i lavori, citando  la “Risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione dei Rom nell'Unione europea”. Nel corso della storia rappresentazioni di “fastidio”  sono accompagnate da manifestazioni di discriminazione ed esclusione in tutta l’Europa.  La vita delle popolazioni ROM  è stata caratterizzata dall’isolamento, spesso vittime di   violenza e persecuzione. Sottolineando il culmine    della persecuzione   storica legata allo sterminio di oltre mezzo milione   durante l’Olocausto.  Il 65 % dei Rom in Romania e il 45 % in Bulgaria vive in abitazioni prive di acqua corrente ma in Italia, afferma Olga Balan di Partida Romilor , la maggioranza assoluta non ha una casa, dorme  in Roulotte , pur essendo ormai stanziale e non nomade.

Nella maggioranza dei paesi europei , come hanno affermato tutti i leader presenti,   le popolazioni zingare si scontrano con ostacoli notevoli per esercitare i loro diritti fondamentali:  per ciò che concerne l’accesso alla sanità, all’alloggio, all’educazione e all’occupazione.

Affinché la discriminazione e il razzismo, che possono sfociare in atti di violenza, non aggravino ulteriormente il  problema in tutto il continente c’è bisogno di  promuovere  l’applicazione dei diritti   fondamentali con l’obiettivo  di  favorire il pieno godimento dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del popolo ROM, questo  è quello che verrà sancito dal manifesto ROM Pride comune europeo il prossimo mese di ottobre,  sottolineando   le emergenze  di ogni singolo paese.


 

  Rapporto


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International Migration Outlook 2012

Prospettive sulle migrazioni internazionali 2012 - Nota sull’Italia


L’economia italiana è stata in recessione nel 2008-2009, e in ripresa debole nel 2010, con un tasso di disoccupazione che ha toccato l’8,4% nel 2010. I flussi migratori di tipo permanente verso l’Italia – tra i più importanti all’interno dei paesi dell’Ocse negli ultimi anni – sono diminuiti del 10% tra il 2009 e il 2010, e del 38% tra il 2007 e il 2010, una diminuzione ben più rilevante della media  degli altri paesi  dell’Ocse,  assestatasi  attorno al 14%. Nel 2009 e 2010 l’Italia ha mantenuto il terzo posto tra i paesi dell’Ocse in termini di valore assoluto del flusso migratorio in entrata, sebbene fosse al secondo posto nel 2008. I flussi migratori di tipo permanente verso l’Italia hanno rappresentato circa lo0,5% rispetto alla popolazione totale nel 2010, un valore vicino alla media degli altri paesi dell’Ocse. La migrazione permanente ha rappresentato quasi il 35% dei nuovi ingressi nella popolazione in età lavorativa, sopra la media dei paesi dell’Ocse (28%). L’immigrazione per lavoro ha interessato il 40% dei flussi permanenti verso l’Italia nel 2010, una percentuale notevolmente superiore alla media Ocse (21%). Ciò è causato dagli ingressi ritardati di persone che avevano ricevuto l’autorizzazione grazie alle quote d’ingresso pubblicate negli anni precedenti, nonché dagli effetti della regolarizzazione, aperta nel 2009, di collaboratori domestici e badanti. Un altro 28% dei flussi di ingresso è stato determinato dalla libera circolazione dei cittadini europei, una percentuale minore rispetto agli altri paesi europei dell’Ocse.  Le migrazioni temporanee di lavoratori sono proseguite con tendenza al ribasso nei paesi dell’Ocse nel 2010, con un calo del 4% tra il 2009 e il 2010. L’Italia ha visto un maggiore ribasso, del 20%,  dovuto al calo degli ingressi di lavoratori stagionali. Le richieste di asilo sono state attentamente seguite in Italia nel 2011, soprattutto a causa dell’aumento delle domande, più che triplicate rispetto al 2010. Gli eventi in Nord Africa hanno portato a un aumento degli sbarchi sulle coste italiane, nonché all’aumento delle richieste di asilo non solo in Italia ma anche negli altri paesi europei. La crescita di domande è stata alquanto evidente poiché le domande di asilo nei paesi dell’Ocse erano scese del 4% nel 2010, e del 43% in Italia. Nel 2011, l’Italia è salita al settimo posto tra i paesi dell’Ocse in termini di richieste d’asilo ricevute, rispetto al tredicesimo posto che occupava nel 2009. Il numero di studenti internazionali in Italia è aumentato, sebbene in modo inferiore rispetto alla media degli altri paesi dell’Ocse. L’Italia contava 66 000 studenti stranieri iscritti a programmi universitari nel 2009. Altri paesi dell’Ocse hanno visto aumenti più rilevanti nell’iscrizione di studenti internazionali ; l’aumento medio è stato di 11% tra il 2008 e il 2009, e l’Italia si è trovata al nono posto per iscrizioni. Le iscrizioni sono aumentate nel 2010 e nel 2011. La crisi economica globale ha avuto delle ripercussioni severe sull’occupazione in Italia, sebbene, come nella maggior parte dei paesi dell’Ocse, l’aumento della disoccupazione sia stato superiore tra i nati all’estero che tra gli autoctoni. Tra gli autoctoni, la  disoccupazione è cresciuta dal 6,6% nel 2008 all’8% nel 2011, mentre l’aumento  tra i nati all’estero  è stato  dall’8,5% all’11.7%. In termini assoluti, il numero di  persone aventi un lavoro  nati all’estero è continuato a crescere nei paesi dell’Ocse nel corso dello stesso periodo. In Italia, la situazione occupazionale dei giovani immigrati è considerevolmente peggiore di  quella  dei giovani autoctoni. Il tasso di giovani immigrati che non  hanno un lavoro,  né studiano né sono in formazione (i  cosiddetti NEET), è del 30%, ed è circa del 50% superiore al tasso tra gli autoctoni, e al di sopra del livello nella maggior parte dei paesi dell’Ocse, tranne la Spagna e la Grecia. Il tasso dei disoccupati à lungo termine, il 45 %, una cifra alta- è però simile al tasso dei disoccupati a lungo termine tra i senza lavoro autoctoni. Il numero di cittadini italiani che sono immigrati verso altri paesi dell’Ocse è aumentato del 6% tra il 2009 e il 2010, per arrivare a circa 78 000. L’Italia è al settimo posto tra i paesi dell’Ocse come paese di origine di flussi migratori intra-Ocse. Gli immigrati giocano un ruolo nel mantenere le dimensioni della forza lavoro italiana. L’Italia è uno dei pochi paesi dell’Ocse dove, nel decennio 2000-2010, il numero di persone che sono andate in pensione ha superato quello dei giovani che sono entrati nel mondo del lavoro. Gli immigrati  hanno rappresentato il 28% dell’aumento della forza lavoro italiana nell’ultimo decennio, meno del loro contributo alla crescita della forza lavorativa in Europa (70%). In generale, nell’Ocse, gli immigrati sono meno qualificati dei giovani autoctoni che entrano nell’età lavorativa, e questa differenza è ancora più evidente in Italia. Il tasso di immigrati poco qualificati era di 29 punti percentuali superiore al tasso di giovani poco qualificati, mentre lo scarto medio nei paesi dell’Ocse era di 16 punti percentuali solamente. Tre immigrati su cinque in Italia ha trovato lavoro in un’occupazione emergente, una proporzione maggiore che negli altri paesi dell’Ocse. L’occupazione degli immigrati in occupazioni in declino, che è potenzialmente associata a un mercato del lavoro segmentato, sembra essere meno preoccupante in Italia che altrove nell’Ocse.


 

 

 

 

 

 

 

 

ITALIA - Immigrazione, Corte Costituzionale: regolarizzazione badanti anche se condannate

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Roma, 6 luglio 2012 – Le badanti devono essere regolarizzate anche se vengono condannate per reati tipo il furto. Lo rileva la Corte Costituzionale con una sentenza di oggi. In particolare, la Consulta, occupandosi del caso di una badante, ha chiarito che "deve essere dichiarata, in riferimento all'art. 3 Cost., l'illegittimità costituzionale dell' art. 1-ter, comma 13, nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto dell'istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla pronuncia nei suoi confronti di una sentenza di condanna per uno dei reati per i quali l'art. 381 cod. proc. penale permette l'arresto facoltativo in flagranza, senza prevedere che la pubblica amministrazione provveda ad accertare che il medesimo rappresenti una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato". In questo modo la Corte Costituzionale ha inteso evidenziare che la richiesta dell'immigrato di emersione deve essere presa in considerazione anche in presenza di una condanna. A patto che la persona che si e' macchiata del reato non rappresenti una "minaccia per la sicurezza".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  Notizie in breve


Case popolari agli immigrati. In FVG non passa il tetto leghista del 10%

del Carroccio che avrebbe penalizzato ulteriormente i cittadini stranieri nell’accesso agli alloggi Ate. il capogruppo Narduzz: "Necessità di rappresentanza"

Nato e cresciuto qui? Espulsione annullata

La decisione di un giudice di pace di Milano. Dejan L. era stato mandato in Serbia, il Paese dei genitori che non aveva mai visto

Dal 18 luglio la durata dei permessi di soggiorno per attesa occupazione passa da sei mesi ad un anno.
Pubblicata martedì scorso in GU la legge 92/2012 sulla riforma del lavoro.

Permesso di soggiorno elettronico: ok al decreto interministeriale da parte del Garante per la protezione dei dati personali.
Dopo la pubblicazione del decreto, attesa nelle prossime settimane, sarà la Questura di Viterbo a sperimentare per prima il rilascio dei nuovi permessi che potranno costituire anche documento di identificazione.

Confederazione nazionale artigiani: gli stranieri trainano un’economia in crisi.
In sette anni le imprese di stranieri cresciute del 50%, l’occupazione straniera raddoppiata a fronte del calo di quella italiana.

Nasce il tavolo tecnico per abbassare i costi delle rimesse promosso dall’Ente nazionale per il microcredito.
All’iniziativa hanno aderito il Ministero degli esteri e Poste italiane. Tra gli obiettivi anche quello di favorire la micro finanza tra gli immigrati.

Studio di Caritas e Migrantes: dall’Asia gli immigrati del futuro.
Sono oltre 760 mila gli immigrati asiatici, triplicati rispetto al 2000. Boom di cinesi, sono 210 mila.