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Consultate www.uil.it/immigrazione . Aggiornamento quotidiano sui temi

di interesse di cittadini e lavoratori stranieri

 

Newsletter periodica d’informazione

(aggiornata alla data del 20 luglio 2012)

 

Ratifica della Direttiva 52: in arrivo la procedura di emersione per lavoratori immigrati irregolari

 

 

Si potranno presentare le domande tra il 15 settembre ed il 15 ottobre 2012. Gli uffici Ital mobilitati in tutta Italia per dare assistenza a datori di lavoro e lavoratori stranieri

Sommario

 

Saiba mais... Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti                                                                       pag. 2

Saiba mais... Regolarizzazione, domande dal 15 di settembre                                                                        pag. 2

Saiba mais... Il Tavolo Nazionale Immigrazione sulla procedura di regolarizzazione                                        pag. 3

Saiba mais... Ital – Legge 92/12 – Permesso per ricerca occupazione valido un anno                                      pag. 3

Saiba mais... Coord. Nazionale Immigrati – Resoconto del dibattito del 12 luglio                                           pag. 4

Saiba mais... Discriminazioni – Il tribunale di Stoccarda: “Italia inumana con immigrati”                                pag. 9

Saiba mais... Rosarno – Ecco gli uomini trasparenti                                                                                        pag.10

Saiba mais... Discriminazioni – Unar: pesanti tagli del personale e sostituzione del direttore                        pag.12

Saiba mais... UNAR, appello a Governo e partiti                                                                                            pag.13                   

Saiba mais... ASGI – Gli effetto della riforma del mercato del lavoro sull’immigrazione                                           pag.15                   

 

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.it                                                                                                 Anno X -  n. 27



Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti


Roma, 17 luglio 2012, ore 11.00, Largo Chigi, 19

Cabina di Regia di UNAR

(Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)



Decreto Legislativo di ratifica della direttiva 2009/52/CE

Regolarizzazione, le domande   si potranno presentare dal 15/09 al 15/10. Ecco i dettagli

Le “dichiarazioni di emersione” potranno essere presentate dai datori di lavoro, a partire dal 15 settembre e fino a metà ottobre. Si pagherà un contributo forfetario di mille euro, più contributi fiscali e contributivi per sei mesi. Esclusi i datori di lavoro condannati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e  gli immigrati già espulsi o considerati pericolosi. Il decreto interministeriale  alla firma del Quirinale ed in Gazzetta Ufficiale in tre settimane


Roma – 17 luglio 2012 - Imprese e famiglie non incorreranno nelle sanzioni previste per chi dà lavoro a immigrati irregolari e, in generale, per i rapporti "in nero". Gli immigrati che sono alle loro dipendenze otterranno un permesso di soggiorno. È il succo della regolarizzazione prevista da una “disposizione transitoria” inserita nel decreto legislativo approvato il sei luglio scorso dal Consiglio dei ministri per recepire la direttiva 2009/52/CE. Il testo è stato già firmato dal Capo dello Stato e arriverà tra qualche giorno in Gazzetta Ufficiale.

I requisiti - La dichiarazione di emersione potrà essere presentata dal 15 settembre al 15 ottobre dai datori italiani, comunitari o extracomunitari titolari di carta di soggiorno (permesso ce per soggiornanti di lungo periodo) che, all’entrata in vigore del decreto legislativo, occupano da almeno tre mesi lavoratori stranieri irregolari. Il rapporto di lavoro deve essere a tempo pieno, tranne che nel caso dei lavoratori domestici, per i quali è ammesso anche un part-time da almeno venti ore settimanali. I lavoratori stranieri dovranno però anche dimostrare, attraverso “documentazione proveniente da organismi pubblici” di essere in Italia almeno dal 31 dicembre 2011. Una norma introdotta per evitare l’effetto richiamo di altri clandestini dall’estero, ma che potrebbe complicare la vita a molti irregolari che, per forza di cose, sono invisibili.

Gli esclusi - Non sono ammessi datori di lavoro condannati negli ultimi cinque anni, anche con sentenza non definitiva, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, per tratta o sfruttamento di prostituzione e minori, per caporalato o per aver dato lavoro a immigrati irregolari. Niente da fare anche per chi in passato ha presentato una domanda per i flussi o per altre regolarizzazioni e poi non ha assunto il lavoratore. Sono esclusi gli immigrati espulsi per motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato e per chi è stato condannato, anche con sentenza non definitiva, per uno dei reati previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale. Regolarizzazione vietata anche per chi è considerato, anche in base a condanne non necessariamente definitive, una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dell’Italia o di altri paesi dell’area Schengen.

Mille euro, più i contributi -  L’emersione costerà ai datori di lavoro mille euro per ogni lavoratore da regolarizzare, soldi che non potranno dedurre dall’imposta sul reddito e che vengono considerati un “contributo forfettario”. Al momento della stipula del contratto di soggiorno dovranno inoltre dimostrare di aver versato regolarmente retribuzione, tasse e contributi per almeno sei mesi o, se, superiore, per tutta la durata del rapporto di lavoro. Per avere un quadro completo della procedura bisognerà aspettare qualche settimana. Entro venti giorni dalla pubblicazione del decreto legislativo, un decreto interministeriale definirà infatti le modalità della dichiarazione di emersione (che sarà probabilmente telematica), quelle del versamento del contributo forfetario, i limiti di reddito del datore di lavoro e altri dettagli.

Scarica i testi non ufficiali

- Testo del dlgs di ratifica della direttiva 52/2009/CE
- Relazione esplicativa



Comunicato stampa


Il Tavolo Nazionale Immigrazione interviene sul provvedimento del Governo che recepisce la Direttiva 2009/52/CE contro lo sfruttamento del lavoro nero per i lavoratori di origine straniera


Roma, 13 luglio 2012 - Il Tavolo Nazionale Immigrazione, di cui fanno parte ACLI, ARCI, ASGI, Caritas Italiana, Centro Astalli, CGIL, CISL, Comunità di S.Egidio, FCEI, SEI UGL e UIL esprime soddisfazione per la decisione del Governo di recepire direttiva 2009/52/CE (“norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei  confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”), introducendo per la prima volta nel nostro Paese uno strumento che consentirà di realizzare una lotta reale e concreta allo sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici di origine straniera nel mondo del lavoro. Ci sembra molto apprezzabile la decisione presa di tenere conto delle raccomandazioni del Parlamento che coincidono con gran parte delle osservazioni che come Tavolo Immigrazione avevamo già consegnato ai rappresentanti del Governo e che sono state sostenute pubblicamente da alcuni dei suoi membri. Per tale motivo, formuliamo alcune raccomandazioni per evitare il ripetersi di problematiche già viste negli anni passati. Innanzitutto le condizioni di accesso al provvedimento amministrativo di emersione del lavoro nero e ravvedimento operoso devono essere quanto più oggettive in modo da evitare discrezionalità e disparità di trattamento da parte degli uffici e non devono contenere richieste di natura punitiva. Auspichiamo che il Governo non introduca richieste economiche (se non in misura strettamente giustificata dai costi per lo Stato)  per l’accesso al provvedimento che, nonostante formalmente a carico del datore di lavoro, rischierebbero di tradursi, come in passato, in una ulteriore tassa, anche in considerazione dell’enorme gettito contributivo e fiscale che comporterà il provvedimento. Auspichiamo, altresì, che i requisiti per il buon esito della procedura siano fatti consistere in documentazione realisticamente alla portata del lavoratore, evitando così prolungati e dispendiosi contenziosi e soprattutto compravendite e truffe ai danni dei lavoratori stessi e dello Stato. A nostro avviso i  datori di lavoro, nel momento in cui si autodenunciano, garantiscono sulla presenza e sul lavoro pregressi delle persone di origine straniera che intendono regolarizzare. Auspichiamo infine che il Governo voglia tenere conto del parere delle forze sociali impegnate da anni in questo ambito, attivando un dialogo non formale ma reale, attraverso una modalità di consultazione stabile che valorizzi la presenza territoriale e le esperienze che le realtà presenti nel Tavolo Immigrazione rappresentano.


 


Legge 92/12. Permesso di soggiorno per attesa occupazione con validità 1 anno.

Circolare del Ministero dell'Interno


La legge 92/12 “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoroin vigore dal prossimo 18 luglio, all’articolo 4,comma 30, ha profondamente modificato il T.U. sull’Immigrazione nella parte riguardante il permesso di soggiorno per attesa occupazione. In modo particolare il nuovo testo dell’articolo 22 del citato T.U., prevede che al lavoratore straniero in possesso di un permesso per lavoro subordinato in caso di perdita del posto di lavoro, anche in caso di dimissioni, venga esteso ad un anno, ovvero per tutto il periodo in cui il lavoratore riceve le prestazioni di sostegno al reddito previste dal nostro ordinamento, la durata di iscrizione nelle liste di collocamento. In ragione di ciò le Questure dovranno rilasciare al cittadino straniero il permesso di attesa occupazione con durata non inferiore ad 1 anno. Inoltre, sempre il comma 30 del citato articolo, stabilisce che decorsi tali termini garantiti dalle prestazioni di sostegno al reddito, il cittadino straniero potrà rinnovare il permesso di soggiorno dimostrando il possesso di un reddito, proveniente da fonti lecite, non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale. Ci preme sottolineare che tale importante novità legislativa raccoglie la proposta che la UIL e l’ITAL avevano da molto tempo caldeggiato.

Istruzioni operative.

Il Ministero dell’Interno ha diramato una propria circolare riportando esclusivamente le novità normative introdotte dalla Legge 92, non introducendo ulteriori indicazioni riguardo le modalità di attuazione e le domande in trattazione. A seguito di contatti informali abbiamo avuto le seguenti delucidazioni. Per quanto riguarda i permessi di attesa occupazione rilasciati in corso di validità e in scadenza, il cittadino straniero tutt’ora inoccupato dovrà presentare domanda di rilascio per ulteriori 6 mesi. A quanto sembra l’ostacolo per il prolungamento automatico deriva dall’impossibilità di utilizzare il titolo già rilasciato per uscire dal territorio italiano. Per le pratiche in corso di trattazione, verranno rilasciati permessi con durata pari ad un anno, salvo che il titolo non sia stato già emesso dal Poligrafico dello Stato, in tal caso bisognerà come in precedenza alla scadenza proporre domanda per il rilascio per ulteriori 6 mesi. Ad ogni modo abbiamo richiesto alla Direzione Centrale Immigrazione della PS, come CEPA, un incontro urgente al fine di ottenere ulteriori chiarimenti operativi su tale vicenda, nonché, ulteriori informazioni sulla ventilata possibilità che il Governo emani un Decreto riguardante la Regolazione o Ravvedimento operoso dei datori di lavoro che impiegano irregolarmente cittadini extracomunitari. Sarà nostra cura tenervi informati sugli esiti degli incontri richiesti, in allegato vi inviamo il testo della Circolare del Ministero dell’Interno.

Scarica circolare operativa del Viminale:

http://www.italuil.it/intranet/DOCUMENTI/20120717174202237_5792%20del%209.7.2012%20Modifiche%20integrative%20art.%2022%20c.11%20del%20D.L.%20286.98%20(Attesa%20occupazione)-2.pdf


 


Coordinamento Nazionale Immigrati

Immigrazione: costruire una politica europea in tempi di crisi. Il dibattito

Lo scorso 12 luglio, al Grand Hotel Palatino, si è tenuto il Coordinamento Nazionale Immigrati della UIL. Il dibattito ha toccato i temi della crisi e dell’impatto sull’immigrazione, nonché l’urgenza di una politica organica europea in materia. Tra gli ospiti, il Prof. Saverio Ruperto, sottosegretario all’Interno, il dott. Natale Forlani, Direttore Generale per l’Immigrazione al Ministero del Lavoro; il prof. Antonio Golini, demografo dell’Università La Sapienza di Roma e Luca Visentini, Segr. Conf. Della Confederazione Europea dei Sindacati. Tra i contributi: Anna Rea, Segr. Confederale e Alberto Sera, Vicepresidente Ital. Un saluto è stato portato da Giuseppe Bea, resp. Immigrazione della CNA – Epasa. L’introduzione è stata a cura di Giuseppe Casucci, mentre le conclusioni sono state tratte da Guglielmo Loy, Segr. Conf. UIL

A cura del Dipartimento Politiche Migratorie della UIL


Roma, 19 luglio 2012 -  Quali caratteristiche ha la nostra immigrazione e perché, malgrado la crisi economica ed il blocco del decreto flussi, la pressione migratoria in arrivo è continuata? L’immigrazione in Italia ha cause soprattutto demografiche: è una tendenza destinata a durare anche nel futuro, malgrado la crisi? Lo sfruttamento del lavoro etnico è stata la risposta “al ribasso” del nostro sistema alla caduta della sua competitività? E che effetti ha avuto il lavoro etnico sommerso in termini di dumping sociale e di indebolimento delle capacità di contrattazione del movimento sindacale? Ancora: il Governo ha risposto al fallimento dei decreti flussi con il loro blocco, ma cosa li sostituirà in materia di matching della manodopera e gestione degli ingressi e degli egressi per lavoro di cittadini stranieri? E infine: com’è possibile per l’Europa abbandonare la logica di direttive puntuali ma disorganiche in materia di immigrazione per passare ad una legislazione comprensiva del governo dei flussi, sicurezza delle frontiere, ma anche integrazione ed inclusione e rispetto dei diritti di cittadinanza per gli stranieri residenti? Queste ed altre le domande, a dir poco complesse, che si è posto il Coordinamento Nazionale Immigrati convocato al Grand Hotel Palatino lo scorso 12 luglio. Domande rivolte anche agli   ospiti invitati al dibattito dalla UIL: l’obiettivo era quello di contribuire a capire il presente ed il futuro di una società sempre più etnicamente e culturalmente complessa. Farlo in un momento acuto di crisi economica, aveva un doppio valore: quello di cercare di comprendere dove andiamo e quello di rispondere in qualche modo alle paure che vengono con la crisi e che sembrerebbero a volte suggerire risposte semplicistiche e draconiane, incapaci però di dare soluzioni, ma di produrre solo maggiori conflitti sociali.  Gli ospiti che abbiamo scelto sono alcuni degli interlocutori con cui il nostro sindacato si misura tutti i giorni e con i quali cerchiamo assieme risposte produttive sul terreno della gestione dei flussi migratori in arrivo, degli strumenti di integrazione, dei diritti ma anche dei doveri di cittadinanza. Erano presenti al dibattito il Sottosegretario all’Interno Saverio Ruperto; il Direttore Generale per l’Immigrazione presso il Ministero del Lavoro, Natale Forlani; il demografo Antonio Golini. Ancora: Luca Visentini, Segr. Confederale CES ha illustrato il documento del sindacato europeo che suggerisce una vera “agenda europea sulle politiche migratorie”. Il Segr. Conf. Anna Rea ha trattato la dimensione internazionale delle migrazioni e la necessità di trovare risposte  assieme ai nostri interlocutori della sponda Sud, sul futuro del Mediterraneo. Infine: Alberto Sera, vicepresidente Ital ha fatto il quadro dell’impegno del nostro patronato sul terreno della tutela dei lavoratori stranieri e della sfida che ora si apre negli stessi Paesi di provenienza dei migranti, anche ai fini del monitoraggio e della gestione dei flussi migratori per lavoro. Un saluto ed un contributo è anche venuto da Giuseppe Bea, resp.le Immigrazione CNA - EPASA. Il Segr. Confederale Guglielmo Loy ha concluso sia del dibattito pubblico della mattinata, sia i lavori pomeridiani del Coordinamento Nazionale Immigrati, che ha discusso vivacemente fino a pomeriggio inoltrato, chiedendo nuove occasioni di riflessione comune e di condivisione della proposta politica in tema migratorio.

Sulla prima domanda  - perché crisi economica e flussi in arrivo convivano – l’introduzione di Giuseppe Casucci  ha fornito alcuni dati: malgrado la fortissima crisi, l’occupazione “etnica” ha avuto nell’ultimo triennio una performance migliore di quella italiana. Tra il 2009 ed il 2011, mentre gli italiani perdevano 1,3 milioni di posti di lavoro, il lavoro cosiddetto “etnico” nel complesso è aumentato di oltre 520 mila unità.  Secondo dati del Ministero del Lavoro, un quinto delle nuove assunzioni nell’ultimo triennio sono state di lavoratori non nati in Italia, comunitari e non,  mentre l’occupazione italiana ristagnava o perdeva colpi. Anche per il primo semestre 2012 le valutazioni Excelsior – Unioncamere rilevano la stessa tendenza: 39 mila nuove assunzioni di personale straniero avvenute nel secondo trimestre 2012, con un aumento di 14 mila unità rispetto ai primi tre mesi dell’anno, il 17,1% delle assunzioni complessive. Se consideriamo che il peso dei cittadini stranieri sulla popolazione complessiva non supera l’8%, abbiamo il quadro di un peso specifico doppio degli immigrati nel mondo del lavoro. E ancora: secondo Eurispes, le retribuzioni medie dei lavoratori stranieri sono state nel 2011 del  25% inferiori a quelle dei loro colleghi italiani, per la stessa funzione svolta. Certo, è forte il sospetto che una parte della nostra economia abbia ricercato di rimanere a galla, non investendo in innovazione di processo e di prodotto ed in originalità, ma piuttosto sulla compressione del costo del lavoro e dei diritti: in pratica sul dumping sociale. Che significato ha tutto questo? E perché i senza lavoro italiani non entrano in conflitto con i loro colleghi stranieri? Una risposta ha cercato di darla uno studio dell’Istituto  Fieri di Torino, secondo cui l’immigrazione in Italia è determinata prevalentemente da fattori demografici, invece che puramente economici. Una pressione migratoria che, secondo questi studiosi,  arriva per rimpiazzare i vuoti della popolazione, non perché richiamata dalla dinamicità del nostro mercato. Questa  “immigrazione di rimpiazzo” è particolarmente necessaria in quei settori e per tutti quei lavori che - per ragioni materiali  e simboliche (scarso prestigio) - i giovani italiani continuano a rifiutare. Dunque, un’immigrazione di rimpiazzo di vuoti causati dal gap demografico tra Italia ed altri Paesi, africani in primo luogo. E’ una tendenza destinata a continuare anche nel futuro? Su questo aspetto si è pronunciato Antonio Golini, ordinario di demografia all’Università La Sapienza di Roma. Secondo il cattedratico “si registrano nelle varie parti del mondo una grandissima carenza di lavoro e una grandissima offerta di lavoro, ma non tutti i Paesi sono coinvolti nella stessa misura e contemporaneamente su entrambi gli aspetti”. Per l’oratore “l’Europa è demograficamente a crescita zero o poco più, l’Africa cresce a un tasso elevatissimo, pari al 2,4 per cento l’anno; la Cina a un tasso dello 0,4; l’India a uno dell’1,3, il che assicura il “sorpasso” entro breve termine della popolazione indiana su quella cinese.  L’Africa dovrebbe passare da circa 1 miliardo attuale di persone a circa 2 miliardi nel 2050; quindi per il solo effetto della crescita demografica l’Africa avrebbe bisogno di creare, in meno di 40 anni, circa 600 milioni di nuovi posti di lavoro, cioè quanti ne esistono attualmente in tutto il mondo sviluppato. Guardando a quest’ultimo già attualmente mancano oltre 25 milioni di posti di lavoro per tornare alla situazione pre-crisi e la situazione tende ad aggravarsi”. Il vero problema è “il lavoro che non c’è, o per meglio dire non ce n’è abbastanza”. Si ha una sterminata offerta di lavoro nel Sud del mondo, non solo di origine demografica di cui si è appena accennato, ma anche economica (con l’ammodernamento dell’agricoltura e la conseguente espulsione di forza lavoro dal settore primario) e sociale (con una diversa condizione della donna che si offre molto di più sul mercato del lavoro extra-agricolo e con un forte aumento dell’istruzione). Non c’è abbastanza lavoro per questa offerta copiosissima, per cui sembra inevitabile che il lavoro vada dove tutti i fattori concorrono a rendere meno oneroso e più produttivo l’investimento”. Ci sono poi aspetti tecnologici che vanno considerati: se la rivoluzione informatica ha distrutto più posti di lavoro di quanto non ne abbia creati, quella robotica in arrivo è destinata a causare  maggiori perdite di posti di lavoro. Ci sono poi gli aspetti logistici e commerciali che abbattono drasticamente il costo e i tempi del trasporto e della distribuzione delle merci, consentendo di produrre ogni tipo di merci là dove costa meno il lavoro e di commerciarle là dove c’è o si crea la domanda. Tutto ciò avrà un grande impatto economico e sociale per l’Italia e per l’Europa che se vogliono continuare ad assicurare il welfare quale l’abbiamo conosciuto nel corso del XX secolo, dovranno ripensare a nuovi modelli di vita e di sviluppo”. Su molti aspetti ha concordato il Direttore Natale Forlani nel corso del suo intervento, rilevando che “proprio la demografia è all’origine dei problemi italiani in materia di immigrazione, e non solo”. “Gli immigrati occupano quei settori – commercio, servizi, servizi alla persona, costruzioni ed agricoltura – che gli italiani continuano ad ignorare, malgrado la crisi economica. E’ forse questo il motivo per cui non c’è stato conflitto sociale. Va comunque considerato che lo spostamento dell’età pensionabile non potrà non avere effetti in termini di rallentamento sulla cosiddetta immigrazione da sostituzione”. Riferendosi alla domanda sul cosa sostituirà lo strumento del decreto flussi, il Direttore Generale per l’Immigrazione del Welfare ha rilevato come la maggior causa di ingresso oggi siano i ricongiungimenti familiari, con oltre 100 mila nuovi cittadini l’anno. “Anche se i flussi sono virtualmente sospesi – ha detto – nuovi arrivi e gente che perde il lavoro porta la quota di stranieri da rioccupare ogni anno vicino alle 400 mila unità”. “E’ gente che investe sull’Italia, che crea nuove imprese ed occupazione, che è più disponibile degli italiani alla mobilità: si evitato per ora il conflitto sociale, proprio perché i due piani di occupazione rimangono abbastanza separati”.

Per Forlani, comunque, il decreto flussi è del tutto superato e si sta lavorando ad un meccanismo internazionale di matching tra domanda ed offerta di lavoro, a partire da informazioni e formazione realizzati nei paesi d’origine, grazie alla nostra rete di consolati e delle associazioni lì presenti (patronati). Si sta lavorando ad un percorso monitorato di ingressi, sulla base di esigenze reali dell’economia italiana, anche al di fuori delle quote”. Forlani ha concluso ricordando che la gestione dei flussi in arrivo è un problema del Ministero del Lavoro e non può essere in eterne delegato alle questure. Sul secondo punto – se le imprese abbiano fatto del lavoro etnico, regolare e non, un fattore di competitività al ribasso – è intervenuto nel dibattito Guglielmo Loy, secondo cui “è proprio  quello che molte imprese hanno fatto in Italia nell’ultimo decennio, grazie ad una normativa che rendeva – di fatto – difficile l’immigrazione regolare e lasciando campo libero all’economia sommersa”. “Infatti, ha detto il Segr. Conf. Uil,  il modello migratorio italiano ha un basso costo anche dal punto di vista del governo del fenomeno: basandosi essenzialmente sull’incontro diretto tra domanda e offerta in condizione di irregolarità e su successive regolarizzazioni. Così si può fare a meno di adeguati investimenti in infrastrutture amministrative preposte alla determinazione, selezione e gestione dei flussi legali”. Anche l’Istituto Fieri, nel suo studio “oltre l’immigrazione low-cost” è su questa linea: “Un’immigrazione con le caratteristiche appena richiamate presenta vantaggi evidenti nel breve periodo. E’ un’immigrazione che non si pone in concorrenza con l’offerta nazionale sul mercato del lavoro. Essa presenta, inoltre, tassi di attività alti e livelli di disoccupazione bassi, in confronto a ciò che si registra nella maggior parte degli altri paesi europei. Di conseguenza, è anche un’immigrazione particolarmente vantaggiosa dal punto di vista del suo impatto sulla spesa pubblica, poiché permette risparmi importanti (il ”welfare parallelo” delle “badanti”), pur avendo costi relativamente ridotti (bassa domanda di servizi, specialmente in campo sanitario e pensionistico).

Il tema europeo, della necessità cioè che si abbandoni la logica di direttive specifiche per pensare ad un approccio normativo organico in materia di immigrazione, è stato affrontato nel suo intervento da Luca Visentini, Segr. Conf.le CES. “Nel momento storico in cui viviamo, segnato dalle perturbazioni sociali prodotte dalla crisi  economica – ha detto il dirigente CES - la crescente disoccupazione può avere l'effetto di innescare una competizione  indesiderata tra i lavoratori nazionali e lavoratori migranti. D’altro canto,  la mobilità del lavoro  potrebbe alleviare le pressioni sul mercato nelle regioni che hanno sofferto di più in termini di disoccupazione. Il nostro compito oggi è quello di  trovare un giusto equilibrio. Più precisamente, la sfida è quella di tenere insieme l'obiettivo di una maggiore integrazione del mercato del lavoro della UE e una efficiente  gestione dei flussi migratori “.  

Dopo aver ricordato alcune importanti direttive della Commissione Europea ancora in discussione (stagionali e intra corporate transfer), e quelle in ratifica in Italia quali la direttiva sui rimpatri e la direttiva 52 sui datori di lavoro, Visentini ha detto: “Sullo sfondo c'è l'idea lanciata dal programma di Stoccolma per codificare la legislazione dell'UE nel settore della migrazione economica”. “La codificazione della legislazione UE ha rilanciato un dibattito nel quale la CES vuole ribadire la sua richiesta di un quadro organico di norme in cui diritti  ed opportunità per i  lavoratori  migranti  risultino maggiori e più accessibili”. Per il dirigente sindacale europeo, “l'azione  della CES  deve essere accompagnata da un attività coordinata di lobby, da parte dei sindacati nazionali, nei confronti dei propri governi nazionali. La nostra politica sulle migrazioni dovrebbe anche includere una strategia più precisa  per la cooperazione con i paesi di origine. Siamo consapevoli che CES può fare di più per sostenere questi processi, adottando una strategia globale per l'integrazione e assistenza agli immigrati, nei prossimi anni”.

Tra gli altri argomenti citati da Visentini: “quello delle immigrazioni irregolari e del lavoro nero dei migranti” e la “Convenzione ILO (n. 189/2011), votata lo scorso giugno nell’ambito della Conferenza Internazionale del Lavoro a Ginevra, che disegna un quadro di norme minime a favore dei lavoratori domestici”. “La CES è in prima linea insieme alla  CSI – ha concluso Visentini -  nel chiedere ai governi, europei e non, una rapida ratifica ed adozione di questo importante strumento internazionale di tutela per i lavoratori domestici.   Sull’Europa e sulla necessità di una politica d’insieme su materie fondamentali come le politiche di sviluppo, i rapporti con i paesi del Nord Africa e la gestione dei flussi migratori, è intervenuta la responsabile Internazionale della UIL, Anna Rea. Per il Segr. Confederale, non è solo con le politiche di sicurezza o, peggio, con i respingimenti dei boat people, non è trasformando l’Europa in una fortezza che si farà fronte ad uno scenario demografico sociale come quello descritto dal Prof. Golini nei prossimi decenni. L’Europa deve decidersi a proporre politiche di cooperazione tra i Paesi del Nord e quelli che si affacciano sul Mediterraneo, anche in materia di governance migratoria.   Vanno ripresi i colloqui e gli accordi con i Paesi origine dei flussi migratori, non solo per concordarne il controllo, ma anche per aiutare le politiche di sviluppo economico e democratico di quei Paesi e dare risposte alle aspettative dei protagonisti della primavera araba. Il sottosegretario Saverio Ruperto è intervenuto sottolineando che “l’immigrazione costituisce uno dei fenomeni più complessi e controversi che la nostra società si trova ad affrontare. Da un lato, ci sono i principi di solidarietà e rispetto dei diritti umani che una società civile deve garantire alle persone indipendentemente dallo statuto di cittadino, dall’altra le esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica”. Per l’oratore “il bilanciamento di queste due esigenze, non necessariamente in contrapposizione, rappresenta la vera sfida che l’Unione europea, gli Stati membri, l’Italia, sono chiamati ad affrontare insieme”. Sul recepimento della direttiva 52 sui datori di lavoro, attualmente in corso sulla base di un dlgs del Governo, il sottosegretario ha ricordato come lo scopo della direttiva sia quello di “rafforzare la cooperazione tra Stati membri nella lotta contro l’immigrazione illegale, introducendo il divieto per i datori di lavoro di impiegare cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare  nonché norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di tali datori”. Per combattere l’impiego di stranieri irregolari la direttiva mette a disposizione “un sistema sanzionatorio più efficace e dissuasivo e inasprisce le pene per chi assume manodopera clandestina, introducendo misure di carattere finanziario, amministrativo e penale a carico di quei datori di lavoro che impieghino cittadini di paesi terzi in condizione di irregolarità”. L’oratore ha ricordato anche che il dlgs del Governo prevede, tra metà settembre e metà ottobre 2012, “un regime transitorio entro il quale i soggetti interessati possano adeguarsi alla nuova disciplina”. E’ questa, ha detto il Sottosegretario all’interno “una condizione necessaria, in quanto il nostro ordinamento prevede l’irretroattività della norma penale”. Una misura – ha rilevato Ruperto – che appare necessaria anche alla luce del fatto che molti datori di lavoro sono famiglie che hanno la necessità di regolarizzare la propria badante o lavoratrice domestica. Sulle recenti misure adottate dall’Esecutivo è anche intervenuto Guglielmo Loy, Segr. Confederale UIL,  che ha definito l’allungamento della durata del permesso per ricerca di occupazione “un grande passo in avanti, una vittoria del movimento sindacale che per anni ha segnalato il rischio che la crisi economica possa tradursi in un incremento consistente dell’economia sommersa e del lavoro etnico irregolare” ed ha salutato la disposizione transitoria voluta dal Governo in fase di ratifica della direttiva 52 “un atto di buon senso, volto a venire incontro alle famiglie ed ai datori di lavoro onesti che vogliono regolarizzare la condizione lavorativa dei propri dipendenti”, ed anche “una misura efficace contro il lavoro nero e lo sfruttamento”. “Il dispositivo – ha aggiunto – risponde ad una precisa richiesta del movimento sindacale e della UIL in particolare. Nel suo intervento, il vice presidente Ital Alberto Sera ha risposto alle posizioni di Natale Forlani sul superamento del decreto flussi come strumento di governo della pressione migratoria. “Non è eliminando il decreto flussi come meccanismo di programmazione annuale degli arrivi, ha detto l’oratore, che si impedirà alla gente di arrivare, soprattutto dai Paesi comunitari, oltre che dai Paesi Terzi”. Sull’immigrazione, l’oratore ha lamentato “anni di una politica chiassosa e becera che aveva l’unico obbiettivo di spaventare gli italiani e rendere la vita difficile ai cittadini stranieri”.  Malgrado “un decennio senza governo vero della pressione migratoria  e lo zero assoluto in materia di inclusione sociale”, “l’integrazione degli stranieri, fortunatamente,  è andata avanti da sola, poggiando le proprie basi sulla tenacia dei nuovi cittadini e sulla funzionalità di percorsi sociali che hanno a che vedere con l’etica la cultura, la religione e la solidarietà tra le persone, indipendentemente dal loro status”. “Tutto questo – ha aggiunto Sera - ha poggiato le proprie radici sull’attività instancabile di decine di associazioni del privato sociale, religioso e laico, nonché sul lavoro dei patronati e dell’insieme del sindacato”. Dopo aver dichiarato che l’Ital sarà di supporto a tutti quei datori di lavoro che vorranno accedere alla procedura di emersione a settembre. il vicepresidente Ital ha concluso l’intervento dicendosi interessato alla proposta Forlani di un lavoro da realizzare nei Paesi di origine dei migranti, sia sul piano dell’informazione all’immigrazione legale, sia su quello della formazione professionale e civica e la costruzione di percorsi monitorati di intermediazione della manodopera etnica”. Un saluto, infine, è venuto – a nome della CNA, da Giuseppe Bea per il quale “anche in un periodo di crisi economica, l’impresa etnica ha dimostrato estremo dinamismo che può portare un importante contributo al superamento della crisi”. “Secondo proiezioni Istat – ha detto l’oratore nel  2050, su di una  popolazione totale 67,3 milioni di persone, ben 12,4 milioni saranno di origine straniera, con ben 22,2 milioni di persone con 65 o più anni, pari al 33% della popolazione totale. Sarebbe un esercizio, drammatico per loro e senza costrutto per noi, farne il capro espiatorio dei problemi con i quali l’Italia già ora si confronta. Invece bisogna convincersi che la stabilità del loro soggiorno equivale al rafforzamento del loro peso sul mercato dei consumi e della ripresa immobiliare, come si è constatato negli anni pre-crisi”. Dopo essersi detto d’accordo sulla direttiva 52 (“perché è giusto sanzionare chi assume lavoratori irregolari e li sfrutta”), Bea ha concluso, rilevando come la presenza di imprenditoria straniera nel nostro Paese, costituisca uno dei fattori più importanti di cambiamento della società”.  L’oratore ha invitato la UIL    ad  avviare un grande confronto tra il mondo delle imprese e quello del lavoro, sulle potenzialità enormi del fare impresa, soprattutto rivolto ai giovani,italiani e delle seconde generazioni di immigrati, offrendo loro la realizzazione effettiva delle loro qualità professionali, umane, culturali, creative”.  Concludendo i lavori della mattinata, Guglielmo Loy ha rilevato come sia “importante stare all’interno dei processi di trasformazione della nostra società, anche per capire davvero come la realtà si vada modificando”. “Senza questa conoscenza complessa, ha detto l’oratore, sarebbe impossibile dare risposte puntuali ed adeguate alla sfida che abbiamo davanti”. Loy ha ricordato gli interventi di Luca Visentini e Anna Rea, e del quadro continentale su cui si giocano le politiche europee future, ed anche i destini economici di aree come quella del Mediterraneo, tanto importanti per l’Italia. Il Segr. Conf. UIL ha concordato sull’analisi che vede “nell’uso copioso del lavoro immigrato, anche fenomeni di dumping sociale, di concorrenza sleale, nonché la tentazione a rimettere in discussione il ruolo che in Italia ha avuta da decenni la contrattazione”. “Ma questa partita non si può giocare solo a livello italiano, serve una proposta europea. In questo senso è importante aiutare la CES a completare il proprio documento proposta in materia migratoria per spingere il processo di riforma dei modelli UE di governo dell’immigrazione”.

Venendo al parere degli esperti sul carattere dell’immigrazione in Italia, Loy ha concordato che finora lavoro italiano e lavoro etnico abbiamo convissuto insieme senza creare conflitti. “Ma questo potrebbe non durare in eterno, ha detto Loy: da una parte perché la crisi costringe gli italiani a considerare <appetibili> lavori finora rifiutati. Ci sono poi le seconde generazioni, i figli di immigrati, che studiano accanto ai nostri giovani, parlano le nostre lingue e dialetti, condividono le nostre aspettative professionali e speranze per il futuro: “a loro, certo, non potremo chiedere di fare solo lavori di serie B”, ha concluso l’oratore.

Ma allora, che fare?

La domanda-chiave, per il futuro della politica migratoria italiana dovrebbe dunque essere, a parere della UIL,  come superare l’attuale modello  di cattiva gestione di una immigrazione a basso costo ed indiscriminata e su come favorire il passaggio a un modello migratorio - non solo più soddisfacente ed equo dal punto di vista dei diritti fondamentali dei migranti e dei loro discendenti - ma anche più efficiente e fruttuoso dal punto di vista dello sviluppo e della competitività del nostro Paese.


Discriminazioni

 


Tribunale di Stoccarda: “Italia inumana con gli immigrati”

di S. G. http://www.nuovasocieta.it/ 

Tribunale di Stoccarda: Italia inumana con gli immigrati


Il Tribunale di Stoccarda ha accolto la richiesta di asilo politico di una famiglia proveniente dalla Siria, che era approdata in Italia prima di giungere in Germania. Anche se gli accordi di Dublino prevedono che gli immigrati extra-europei rimangano nel primo Paese di approdo, il tribunale ha deciso comunque di esaminare la richiesta, motivando la decisione con il fatto che in Italia a chi chiede ospitalità perché fugge da persecuzioni, guerre o violenze politiche lo Stato riserva agli immigrati un "trattamento inumano e umiliante" e che i migranti sono messi in condizione di vivere "al di sotto della soglia di povertà" e spesso in mezzo ad una strada. A sostegno di giudizi così severi, le segnalazioni delle organizzazioni umanitarie e per la difesa dei diritti umani, che denuncino da anni le violazioni dei diritti. In Italia, infatti, la quasi totalità dei richiedenti asilo vive se va bene in baracche abusive, altrimenti per strada. A Roma, su 6000 rifugiati non più di 2200 hanno una brandina. «I profughi vengono obbligati a vivere in condizioni orrende le condizioni intollerabili in cui 800 rifugiati sono costretti a vivere in un edificio abbandonato nella città di Roma – ha scritto Nils Muiznieks, commissario per i diritti umani del Consiglio europeo - inaccettabile per un Paese come l'Italia». Anche Emergency aveva denunciato il fatto che migliaia di migranti vengono rispediti indietro senza neanche accertare se abbiano diritto all'asilo politico. «Nonostante sia un diritto riconosciuto, anche in Italia il diritto alla cura è spesso un diritto disatteso – scrive Emergency - migranti, stranieri, poveri spesso non hanno accesso alle cure di cui hanno bisogno per scarsa conoscenza dei propri diritti, difficoltà linguistiche, incapacità a muoversi all'interno di un sistema sanitario complesso». Dopo la decisione di Stoccarda, la deputata della Linke, Ulla Jelpke, ha chiesto al governo federale di bloccare tutti i rimpatri verso l'Italia. Questa fa eco ad un'altra sentenza: quelle del 25 aprile in cui il tribunale di Darmstadt aveva accolto la richiesta di una donna somala che, approdata in Germania non voleva essere rinviata in Italia, il Paese che per primo le aveva dato asilo.



Rosarno, ecco gli uomini trasparenti

"Invisibili" per lo Stato e senza alcuna protezione giuridica. Il 90,7% degli immigrati che raccolgono le arance lavora in nero. E nel 72% dei casi sono senza permesso di soggiorno.

Di Stefano Pasta,  Famiglia Cristiana


Rosarno, Calabria – 19 luglio 2012 - A due anni e mezzo dalla rivolta a Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, il 90,7% dei braccianti migranti lavora in nero, 4 su 10 vivono con meno di 50 euro a settimana, il 60% è bloccato in un limbo giuridico senza ottenere i documenti. Ma, soprattutto, “calano i controlli, torna l’illegalità diffusa e aumenta il degrado e il sopruso dei diritti”. È questa la fotografia scattata dal Dossier Radici/Rosarno di Fondazione IntegrA/Azione e Rete Radici, presentato ieri al Senato, che ha monitorato per il terzo anno le condizioni lavorative, abitative e sanitarie dei braccianti che, da ottobre a marzo, arrivano nella Piana di Rosarno per raccogliere gli agrumi. Sono oltre 2.000, quasi tutti africani (Mali, Senegal, Guinea, Costa d’Avorio), uomini con un’età media di 29 anni e soprattutto senza permesso di soggiorno nel 72% dei casi. L’87% svolgeva lavori manuali nel paese d’origine, ma con una grande varietà professionale: a raccogliere le arance di Rosarno sono sarti, meccanici, saldatori e elettricisti, ma anche ragazzi che nel loro paese erano studenti, poliziotti, agenti assicurativi, politici locali e soldati dell’esercito. Arrivare a Rosarno ha significato livellarsi all’unica domanda di lavoro possibile e perdere la propria specificità. Vivono come uomini trasparenti: presenti quando c’è da spezzarsi la schiena in campagna ma invisibili per lo Stato e senza alcuna protezione giuridica. La quasi totalità della popolazione immigrata a Rosarno e dintorni ha presentato la richiesta di protezione internazionale, ma una condizione del genere rende fragile lo straniero. Con la ricevuta della domanda di asilo, infatti, non si può essere assunti regolarmente e di conseguenza si diventa ricattabili, merce a basso costo sul mercato del caporalato, manodopera d’occasione. “Se non hai documenti devi accettare tutto, lavorare anche 12 ore al giorno per 25 euro e, se non ti pagano o ti bastonano, non puoi andare neppure alla polizia a denunciare. Senza documenti, non conti niente”, sintetizza Koudous, 26 anni, arrivato 4 anni fa dal Burkina Faso. La sua è una storia comune tra gli agrumeti di Rosarno: “viaggio della speranza” nel Mediterraneo, Lampedusa, centro per richiedenti asilo politico a Crotone, rifiuto della protezione internazionale e del permesso di soggiorno, lavoro nero nelle campagne calabresi. Il salario è a giornata (20-25 euro), oppure “a cassetta”, con un prezzo standard: 1 euro per i mandarini, 50 centesimi per le arance. “Orari? No, non ci sono, li decide il capo”, spiega Koudous. Mediamente, i braccianti riescono a lavorare tre o quattro giorni alla settimana, alcuni anche solo uno. Il lavoro si trova “in piazza”, o tramite la figura del caporale, migrante o italiano, che resta un’abusata modalità d’ingaggio: provvede a fornire il posto e spesso trattiene una percentuale della paga giornaliera, tra i 2,5 e i 5 euro a lavoratore. Secondo il Dossier Radici/Rosarno, nella stagione agrumicola di quest’anno, il lavoro nero è salito al 90,7% rispetto al 75% dello scorso anno. “In tre anni tra mandarini, arance e olive, non ho mai visto un controllo sul posto di lavoro”, racconta Koudous, mentre il rapporto nota che dalle ispezioni effettuate dalla Direzione provinciale del Lavoro di Reggio Calabria in tutta la Piana di Gioia Tauro, su un totale di 1.082 posizioni lavorative verificate, solo il 9% riguarda cittadini extracomunitari. Un migrante su due spedisce parte dei guadagni alle famiglie lasciate nei Paesi d’origine: Koudous a suo figlio Zeinabu, 7 anni. “Ma alle nostre famiglie non raccontiamo che qui viviamo in casolari abbandonati senza acqua, luce e gas, e mangiamo alle mense della Caritas”. L’accoglienza istituzionale, come la nuova tendopoli di San Ferdinando, non è sufficiente a coprire la domanda. Pochi riescono a trovare un alloggio degno di questo nome e molti migranti si organizzano in piccoli gruppi di 5-10 persone in abitazioni occupate, che diventano 15-20 nei casolari. Ma in centinaia affollano ghetti e vecchie fabbriche, come l’ex stabilimento della Pomona, il cosiddetto ghetto di Rosarno, o lo stabile dell’ex cooperativa Fabiana. Le conseguenze, inevitabilmente, sono condizioni igienico-sanitarie spaventose, una dieta alimentare insufficiente e squilibrata, che, aggiunte a un’attività lavorativa sfiancante, determina un precario stato di salute. Malattie infettive, infezioni alle vie respiratorie (dovute in molti casi all’uso di sostanze chimiche nei campi), aggravate dal freddo e dal fumo dei fuochi accesi per riscaldarsi, disturbi dell’apparato gastrointestinale per via di diete povere e dall’utilizzo di acqua non potabile. Yeroslav Hrinchishyn, ad esempio, ucraino di 44 anni, l’ha ammazzato il freddo dopo una lunga giornata di lavoro, il 14 febbraio 2012, a Rosarno. Per i curatori del Dossier, il vero nodo da sciogliere è il modello mediterraneo dell’agricoltura, di cui Rosarno è uno dei nodi principali: è in piedi da un paio di decenni e si fonda su lavoro nero, sfruttamento e caporalato. E per i migranti è praticamente impossibile sfuggire a questi meccanismi perversi. A inizio di luglio, una buona notizia è arrivata dall’approvazione, voluta dal Ministro Riccardi, della cosiddetta “norma Rosarno”: a settembre, i datori di lavoro che occupano alle proprie dipendenze extracomunitari irregolari potranno regolarizzarli con il regime di “ravvedimento operoso”. Secondo Luca Odeaine, presidente della Fondazione IntegrA/Azione, “l’approvazione della direttiva Ue (la 2009/52/Ce) in materia di emersione del lavoro nero si è fatta anche troppo attendere, visto e considerato che sarebbe dovuta essere recepita entro luglio 2011. La sanatoria di settembre apre uno spiraglio importantissimo al miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori. Con il rilascio di un permesso di soggiorno di sei mesi rinnovabile si restituisce parte di quella dignità perduta e s'incoraggia il ripristino della legalità”.


Rapporto ILO


Lavoro forzato: un problema nella UE

Secondo le nuove stime dell’ILO sul lavoro forzato e la tratta di esseri umani nell’Unione Europea, sono 800.000 le persone colpite dal lavoro forzato negli Stati membri dell’UE, praticamente 1,8 persone ogni 1.000 abitanti.

Comunicato stampa | 10 luglio 2012


BRUXELLES (ILO News) — Secondo uno studio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) pubblicato oggi, su un totale di 800.000 lavoratori forzati negli Stati membri dell’Unione Europea, le vittime di sfruttamento sessuale sarebbero 270.000 (30%) mentre le vittime di sfruttamento per lavoro 670.000 (70%). Le donne costituiscono la maggioranza (58%). Nella maggior parte dei casi di sfruttamento per lavoro segnalati in Stati membri della UE, le vittime sarebbero cittadini comunitari. Altri provengono dall’Asia, dall’Africa e dall’Europa centrale e del Sud-Est. Le vittime di sfruttamento sessuale provengono maggiormente dalla UE, dall’Europa centrale e del Sud-Est, dall’Africa, e, in percentuale minore, dall’America latina e dall’Asia. Secondo il Direttore del Programma d’azione speciale dell’ILO per combattere il lavoro forzato, Beate Andrees: « La nostra analisi dimostra chiaramente che i settori nei quali si trova maggiormente lavoro forzato negli Stati UE sono l’agricoltura, il lavoro domestico, l’industria manifatturiera e le costruzioni. Le vittime vengono ingannate con finte offerte di lavoro per poi scoprire che le condizioni di lavoro sono peggiori di quello che si aspettavano. Numerose vittime sono in situazione irregolare e il loro potere contrattuale è molto ridotto ». Vengono anche riportati casi di adulti e di bambini costretti a esercitare attività economiche illecite o informali, in particolare l’accattonaggio. La regione con il più alto tasso di lavoro forzato per 1.000 abitanti è l’Europa centrale e del Sud-Est, insieme alla Comunità degli Stati Indipendenti (4,2 per 1.000 abitanti). Su19 paesi, 13 sono confinanti con paesi UE. La sfida: identificare meglio i casi per poterli perseguire. Negli ultimi anni, gli Stati membri della UE si sono progressivamente dotati di un approccio più globale alla tratta di persone e al lavoro forzato per sfruttamento sessuale. L’ILO ha lavorato insieme ai governi di Francia, Germania, Italia, Polonia, Portogallo, Regno Unito e Romania per condurre ricerche sui meccanismi di reclutamento, le truffe e gli abusi nei settori più vulnerabili alla tratta di persone. È anche stata rafforzata la capacità degli ispettori del lavoro a contrastare il lavoro forzato in tutta l’UE (ad esempio: Germania, Italia, Polonia e Portogallo). Tuttavia, alla luce di dati così impressionanti, Beate Andrees invita a indirizzare gli sforzi verso una migliore identificazione dei casi di lavoro forzato e al loro perseguimento, insieme a quello dei crimini correlati come la tratta di persone: « Non vengono tuttora perseguiti in modo adeguato gli individui responsabili di tante sofferenze inflitte ad un numero così alto di persone. Ci vuole un cambiamento. Dobbiamo assicurare che il numero delle vittime non cresca ancora durante la crisi economica attuale che rende le persone maggiormente vulnerabili a tali abusi ».
« Lavoro forzato » è il termine utilizzato nella comunità internazionale per caratterizzare situazioni nelle quali le persone interessate — donne e uomini, ragazze e ragazzi — vengono fatti lavorare contro la loro libera volontà, costretti dai loro reclutatori o datori di lavoro, ad esempio tramite la violenza o la minaccia di violenza, o con mezzi più subdoli come la contrazione di debiti, il trattenimento dei documenti di identità o la minaccia di denuncia alle autorità dell’immigrazione. Tali situazioni possono anche arrivare alla tratta di persone o a pratiche paragonabili alla schiavitù, tutti termini simili ma non identici dal punto di vista giuridico. Secondo la legislazione internazionale, pretendere il lavoro forzato costituisce un crimine che dovrebbe essere punito con pene proporzionate alla gravità del reato.

Documenti

Fact sheet: "EU forced labour in figures" -[pdf 135KB]

Fact sheet on Forced labour in the EU member states - [pdf 4365KB]


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Unar, tagli al personale e direttore sostituito. "Così l’Ufficio viene indebolito"

Parla Monnanni, il cui contratto scade a fine luglio: "Si apre il problema su come farà questa struttura ad assicurare gli impegni internazionali presi dal governo come la strategia nazionale sui rom e il Piano nazionale contro il razzismo"


(www.redattoresociale.it) Roma, 12 luglio 2012 - Polemica alla presentazione del Rapporto Istat “Migranti visti dai cittadini” per la sostituzione del direttore dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) Massimiliano Monnanni, a causa della spending review. Quando il capo dipartimento Pari opportunità Patrizia De Rose ha lodato la professionalità del direttore, Monnanni ha lasciato il tavolo dei relatori ed è uscito dalla Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio. Il gesto è stato fatto in aperta polemica nei confronti del ministro del Lavoro Elsa Fornero, che sedeva al tavolo, e della scelta del governo Monti che ha deciso di ridurre l’organico da 13 a 4 persone e di sostituire il direttore pur riconoscendone in pubblico le capacità. Al nome di Monnanni la platea in sala ha applaudito e c’è stata quasi una standing ovation per manifestare solidarietà al direttore uscente. “I vostri applausi testimoniano qualcosa di cui mi sono resa conto nel breve periodo da ministro – ha esordito Fornero nel suo intervento – nelle occasioni di confronto ho avuto modo di capire quanto sia serio e preparato l’atteggiamento di Massimiliano Monnanni”. Il ministro del Welfare ha poi spiegato quella che lei stessa ha definito “una contraddizione”. “Io avevo appena confermato il dottor Monnanni per le sue qualità di lavoro, purtroppo dietro la spending review si celano decisioni molto difficili che questo governo ha dovuto adottare, tra cui la riduzione del numero di addetti della pubblica amministrazione per i tagli alla spesa pubblica – ha detto Fornero – abbiamo diverse persone che come Massimiliano Monnanni hanno lavorato in maniera impegnata, l’esatto contrario della rappresentazione corrente dei funzionari della pubblica amministrazione. Purtroppo molte di queste persone dovranno lasciarci per le scelte difficili del governo”. Il ministro ha anche sottolineato lo stridente contrasto tra le sue parole e le azioni del governo di cui fa parte. “Applaudo Massimiliano Monnanni, dico quanto è bravo, ma devo accettare che vada via”, ha detto ancora il ministro Fornero rivolta alla platea composta da italiani e stranieri e da molte associazioni della società civile che hanno collaborato con l’Unar.

Massimiliano Monnani, direttore dell’Unar fino a scadenza del contratto a fine luglio, incassa anche il plauso del ministro della Cooperazione Andrea Riccardi richiamando le responsabilità della comunicazione e del linguaggio in tema di discriminazione e razzismo. Riccardi ha ricordato che “l’Unar e la Carta di Roma hanno lavorato per un’informazione corretta sull’immigrazione. In questo settore c’è stata l’opera coraggiosa del direttore Monnanni che si è mosso con equilibrio e passione, massimizzando le poche risorse, facendo dell’Unar un ente di grande credibilità a livello nazionale ed europeo”. Le parole di riconoscimento professionale non sono servite ad attenuare l’amarezza per una decisione, la sostituzione di Monnanni con un altro funzionario a capo dell’Unar, motivata con la spending review ma che sembra rispondere anche a logiche politiche da spoil system. A margine della presentazione del rapporto Istat sulla percezione dei migranti da parte dei cittadini, Massimiliano Monnanni ha spiegato ai giornalisti i cambiamenti che rischiano di smantellare l’Unar. “Le nostre risorse umane dovrebbero essere 23, sono già 13 e passeranno a 4, io stesso non sarò riconfermato quasi sicuramente”, ha detto il direttore dell’Unar. Il motivo secondo il governo, è il taglio dei dirigenti che sono esterni, non sono dipendenti della presidenza del Consiglio e sono di nomina fiduciaria, come Monnanni che era stato scelto dal precedente governo. “Si apre il problema su come farà questa struttura ad assicurare gli impegni internazionali presi dal governo come la strategia nazionale sui rom e il Piano nazionale contro il razzismo – ha continuato Monnanni - c’è anche il problema di disperdere il tessuto di competenze dell’Ufficio, visto che i dipendenti formati nel corso di anni, torneranno alle amministrazioni di competenza”. Secondo il direttore dell’Unar, con le decisioni del governo “l’Ufficio viene indebolito.” Per la sua azione contro le discriminazioni sotto la guida di Monnanni, l’Unar era stato più volte oggetto di attacchi e richieste di chiusura da parte della Lega Nord durante il governo Berlusconi.

“Si realizza l’auspicio della Lega Nord, è paradossale che si verifichi con il governo tecnico, quando la Lega è all’opposizione”, ha concluso Monnanni. (rc)


 


Appello a Governo e Partiti: non cancellate UNAR

 

logounar


Numerose sigle dell’associazionismo italiano, tutte impegnate nell’affermazione dei diritti e della dignità delle persone e contro ogni violenza e discriminazione, hanno condiviso un percorso di crescita, conoscenza reciproca, condivisione di obiettivi che  ha visto nell’attività svolta da UNAR, negli ultimi tre anni, un motore importante e un punto di riferimento. In questi tre anni, l’Ufficio nazionale contro le discriminazioni introdotto con il recepimento di direttive europee sulla parità di trattamento e contro le discriminazioni ha infatti scritto pagine importanti nella diffusione di prassi antidiscriminatorie, costruzione di reti, contrasto ai fenomeni di discriminazione e apertura di tavoli che hanno creato preziose relazioni, sollecitando straordinarie sinergie e ottenendo riconoscimenti dal Consiglio d’Europa, dalla Commissione europea e dalle Nazioni Unite. Unar ha messo in campo attività finanziate in larghissima misura da fondi europei e grava assai poco sul bilancio del nostro Paese e soprattutto dovrebbe essere assunto a modello per la capacità di utilizzo dei fondi europei. Esprimiamo dunque sgomento e massima preoccupazione nel constatare come l’enorme lavoro svolto dall’ente, grazie alla direzione di Massimiliano Monnanni, sia in pericolo a causa di un’applicazione indiscriminata della spending review che non ne riconosce i meriti. Un’attenta valutazione politica doveva essere esercitata prima di arrivare a conseguenze che oggi rischiano di stroncare il futuro stesso dell’ufficio, attraverso la contemporanea perdita della direzione, il drammatico ridimensionamento dell’organico , la dispersione di competenze, conoscenze e esperienze assolutamente insostituibili in un momento complesso come quello che viviamo. Solo negli ultimi mesi l’UNAR ha avviato piani di attività fondamentali che necessitano di impulso e coordinamento forte e di un altrettanto forte coinvolgimento delle autonomie locali e dell’associazionismo: la Strategia nazionale di inclusione dei ROM, Sinti e Camminanti ; il Piano nazionale di azione contro razzismo e xenofobia; il Programma per l’applicazione della Raccomandazione del Consiglio d’Europa su orientamento sessuale e identità di genere; l’apertura e la programmazione di attività di Unar al contrasto della discriminazione sulla base della disabilità. Denunciamo pubblicamente il rischio che si spezzi qualunque continuità d’azione nel contrasto alle discriminazioni, con gravi infrazioni di obblighi derivanti da trattati e direttive dell’Unione e gravi e concrete sofferenze per la vita di tante persone. Riteniamo urgentissima un’assunzione di responsabilità delle Istituzioni e dei partiti, e invochiamo una nuova riflessione da parte del Governo e del Presidente del Consiglio, perché si adottino tutte le soluzioni possibili per mantenere ad UNAR, e al nostro Paese, le condizioni per una seria strategia di contrasto alle discriminazioni tutte, in un momento in cui sulla convivenza civile, l’equità, la dignità, si gioca tanta parte della nostra capacità e credibilità nel rilancio dell’Italia.

Adesioni:

1.        Ability 2004 coop sociale

2.        ACLI 

3.        AGEDO

4.        AIZO

5.        ARCI

6.        Arcigay

7.        ArciLesbica

8.        Arcoiris Onlus Associazione femminile multietnica

9.        Associazione Africa insieme

10.     Associazione a Different Eye

11.     Associazione Alberto Benetti

12.     Associazione Carta giovani

13.     Associazione Culturale Swara

14.     Associazione culturale Teatro delle Muse

15.     Associazione Donne nel Mondo

16.     Associazione DPI Italia Onlus

17.     Associazione Ethra Accademia Sociale

18.     Associazione FOCUS-Casa dei Diritti Sociali 

19.     Associazione Genere Femminile

20.     Associazione IDEA ROM

21.     Associazione “I girasoli” onlus

22.     Associazione Interculturale DAWA

23.     Associazione Giù Le Frontiere

24.     Associazione Libellula

25.     Associazione Libertà identitarie

26.     Associazione Me.Dia.Re – Mediazione, Dialogo, Relazione

27.     Associazione Medici Volontari per lavoratori stranieri Tolbà

28.     Associazione Nevo Drom

29.     ASSOCIAZIONE OBIETTIVO PSICO SOCIALE ONLUS

30.     Associazione Omosessuale Articolo Tre

31.     Associazione OsservAzione

32.     Associazione Pandora

33.     Associazione Priscilla Napoli

34.     Associazione SICASED

35.     Associazone SI.RO. Onlus

36.     Associazione Socio-Educativa Anatroccolo Rosa ASD APS

37.     Associazione Solidarietà Internazionale – ASI

38.     Associazione Sucar Drom

39.     Associazione radicale “Certi diritti”

40.     Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford

41.     Azionetrans

42.     Centro Antidiscriminazione della Provincia di Pistoia

43.     Centro Astalli

44.     Centro di Documentazione Associazione Michele Mancino

45.     CeSDi Centro Studi Discriminazioni con sede in Pisa

46.     Cgil

47.     Circolo Arci Thomas Sankara

48.     Circolo di cultura e iniziativa Gay, Lesbica, Bisessuale, Transgender e Queer MAURICE

49.     Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli

50.     Circolo Pink di Verona gay – lesbiche – bisessuali – transessuali ed eterosessuali

51.     CCM Comitato Collaborazione Medica

52.     Comitato italiano per l’UNICEF

53.     Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR)

54.     Consultorio Transgenere, Torre del Lago Puccini

55.     Cooperativa Sociale Divertime

56.     Coop.Romano Drom Onlus

57.     Coordinamento Campania Rainbow

58.     Coordinamento nord sud del mondo, Milano

59.     Coordinamento trans Sylvia Rivera

60.     COORDIT- Onlus

61.     Diaspora Africana Centre

62.     Di’Gay Project

63.     Diversi e allora?

64.     Edge

65.     ENAR – European Network Against Racism

66.     EveryOne

67.     Famiglie Arcobaleno

68.     Federazione Rom e Sinti Insieme

69.     Federazione dei Verdi Toscana

70.     FNSI – Federazione nazionale stampa italiana

71.     FOCUS-Casa dei Diritti Sociali 

72.     FONDAZIONE RISORSA DONNA

73.     FONDAZIONE ROMANI’ ITALIA

74.     Fondazione Sodalitas

75.     Fondazione sussidiarietà

76.     Forum CITTADINI DEL MONDO R.AMARUGI

77.     Gaycs – Dipartimento LGBT di AICS

78.     Gaynet

79.     Genitori Rainbow

80.     I Rom per il futuro

81.     ISSAS – ISTITUTO SUPERIORE DI STUDI E RICERCA PER L’ASSISTENZA SOCIALE E SANITARIA

82.     ISIMM Ricerche

83.     Istituto Italiano Fernando santi

84.     Istituto per gli Studi sui Servizi Sociali-ISTISSS

85.     Lega Problemi Hanndicappati onlus

86.     Le Mafalde – Associazione interculturale di Prato

87.     Les Cultures ONULS 

88.     Libere tutte – Firenze

89.     Link Coordinamento Universitario ( Luca Spadon coordinatore)

90.     LUSH ITALIA

91.     FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap

92.     IREOS

93.     Mama Africa Associazione di Volontariato

94.     Mixtim

95.     MIT – Movimento identità transessuale

96.     Museo del viaggio Fabrizio De Andrè

97.     Nuova proposta, donne e uomini omosessuali cristiani

98.     Ombudsman delle Marche-Autorità di garanzia per il rispetto dei diritti degli adulti e dei bambini

99.     ONG M.A.I.S. 

100.   Opera Nomadi

101.   Osservatorio sulla legalità e sui diritti

102.   Parks – Liberi e Uguali

103.   Pianeta Queer.it – testata online etero friedly

104.   Polis Aperta

105.   Progetto ImmigrazioneOggi onlus

106.   Progetto Italia – Federazione Italiana per l’Educazione, le Attività Sociali e la Formazione nello Sport

107.   Associazione PARTIDA ROMILOR PRO- EUROPA – ITALIA

108.   REDANI – rete della diaspora africana nera in Italia

109.   Rete Antirazzista Fiorentina

110.   Rete della Conoscenza 

111.   Rete NEAR – NETWORK GIOVANILE CONTRO LE DISCRIMINAZIONI

112.   Rete Primo marzo

113.   Rete di Solidarietà di Siena

114.   SEI Ugl Sindacato Emigrati Immigrati

115.   Sicilia queer filmfes

116.   Sinti nel mondo

117.   Soleterre – Startegie di Pace ONLUS

118.   SOS Razzismo italia

119.   Sportello Trans ALA Milano Onlus

120.   Telefono Azzurro

121.   TURISPORT EUROPE

122.   Ufficio Nuovi Diritti – CGIL Sicilia

123.   UCAI-FVG (Unione delle comunità e delle associazioni degli immigrati in FVG)

124.   UIL Dipartimento Politiche Migratorie 

125.   UISP

126.   Uisp Comitato provinciale Varese

127.   Unaltracittà-lista di cittadinanza Firenze

128.   Unione degli Studenti

129.   Unione forense per la tutela dei diritti umani

130.   Università Popolare – Caserta


 

ASGI


In vigore dal 18 luglio la riforma del mercato del lavoro

Nuove disposizioni in materia di permesso di soggiorno per attesa occupazione


Roma, 17 luglio 2012 - Dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (Suppl. ordinario n. 136 alla G.U. n. 153 dd. 03.07.2012), entrano in vigore il 18 luglio le norme in materia di riforma del mercato del lavoro approvate dal Parlamento italiano con la legge 28 giugno 2012 n. 92. La disposizione più rilevante, in materia di immigrazione, è quella che modifica l'art. 22, comma 11 del D. Lgs. 286/1998 riferita al permesso di soggiorno per motivi di “attesa di occupazione” nel modo seguente:

“La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed i suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro

stagionale, per un periodo non inferiore ad un anno ovvero per tutto il periodo di durata della

prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore. Decorso il termine di cui al secondo periodo, trovano applicazione i requisiti reddituali di cui all'articolo 29, comma 3, lettera b). Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di comunicazione ai centri per l'impiego, anche ai fini dell'iscrizione del lavoratore straniero nelle liste di collocamento con priorità rispetto a nuovi lavoratori extracomunitari”.

L’innovazione è apprezzabile in quanto riforma un aspetto della normativa sull’immigrazione che

appariva in contrasto anche con gli standard internazionali. Infatti, il periodo minimo di tolleranza del soggiorno dello straniero rimasto disoccupato, previsto dalla precedente formulazione dell’art. 22 c. 11 del d.lgs. n. 286/98 nella misura di residua validità del permesso di soggiorno ovvero della durata non inferiore ai sei mesi, appariva in contrasto con il principio di parità di trattamento del lavoratore migrante con il lavoratore nazionale in materia di occupazione e politiche per l’impiego e sicurezza sociale di cui alla Convenzione OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro n. 143/1975, art. 10). Questo, almeno nei casi in cui il lavoratore straniero divenuto disoccupato avesse avuto accesso, per effetto delle disposizioni di legge, ad un ammortizzatore sociale quale l’indennità di mobilità, per una durata superiore ai sei mesi di tolleranza di soggiorno legale. In altri termini, il mancato rinnovo del permesso di soggiorno oltre i sei mesi avrebbe pregiudicato il diritto di usufruire in condizioni di parità di trattamento con i lavoratori nazionali dei benefici di sicurezza sociale e di reinserimento all’impiego previsti dalla legislazione nazionale (ad es. l’indennità di mobilità). Per la verità, la normativa sull’immigrazione indicava un periodo minimo e non massimo di soggiorno, lasciando la possibilità agli uffici immigrazione delle questure di adottare prassi più elastiche in casi particolari, in modo speciale qualora l’immigrato pur rimanendo disoccupato per un periodo superiore ai sei mesi , poteva vantare redditi da fonte lecita derivanti da ammortizzatori sociali ovvero da familiari o persone con le quali l’interessato aveva una stabile relazione di vita. Questo in linea anche con le valutazioni di una parte della giurisprudenza amministrativa (ad es. T.A.R. Milano Lombardia sez. IV sentenza 31 gennaio 2012 n. 342), rimasta peraltro minoritaria rispetto ad un filone giurisprudenziale prevalente e fatto proprio dal Consiglio di Stato per cui il termine di tolleranza di soggiorno di residua validità del permesso di soggiorno o comunque della durata di sei mesi doveva essere interpretato in maniera rigida ed automatica (Consiglio di Stato Sezione Sesta sentenza 20 marzo 2007). La norma contenuta nella “Riforma Fornero” del mercato del lavoro contribuisce a porre chiarezza, rendendo la normativa pienamente compatibile con gli standard lavoristici internazionali della Convenzione O.I.L. n. 143/1975 e al conseguente principio di parità di trattamento tra lavoratori migranti e lavoratori nazionali in materia, tra l’altro, di misure relative all’occupazione, alla sicurezza sociale e al reinserimento lavorativo, non solo e non tanto in relazione all’estensione del periodo di tolleranza del soggiorno legale dello straniero disoccupato alla durata di almeno un anno anziché i sei mesi previsti in precedenza, quanto perché viene espressamente prevista la possibilità di estensioni anche maggiori nei casi in cui il lavoratore migrante disoccupato acceda a prestazioni sociali a sostegno del reddito o ammortizzatori sociali per una durata superiore. Permane un margine di incertezza se la norma possa essere interpretata in maniera restrittiva, intendendosi per "prestazioni di sostegno al reddito" solo quelle previste dalla legislazione in materia di sicurezza sociale e costituenti dunque diritti soggettivi (si veda, in proposito, un elenco sul sito dell'INPS, alla pagina http://www.inps.it/portale/default.aspx?sID=%3B0%3B5673%3B&lastMenu=5673&iMenu=1&p4=2), ovvero, possano ricomprendervi, adottando un’interpretazione ampia caratterizzata da favor nei confronti dello straniero, anche quelle eventualmente erogate discrezionalmente dagli enti locali (per esempio, borse lavoro o altri sussidi erogati discrezionalmente dal Comune) o da enti bilaterali. Fonte di maggiore preoccupazione ed incertezza interpretativa è, invece, quella parte della norma introdotta dalla “riforma Fornero” che subordinerebbe il rinnovo del permesso di soggiorno allo scadere del periodo di tolleranza di un anno ovvero della durata della prestazione di sostegno al reddito, al possesso di mezzi di sostentamento minimi secondo gli importi previsti ai fini del ricongiungimento familiare. Il reperimento di una nuova occupazione, dunque, potrebbe non essere sufficiente per il rinnovo del permesso di soggiorno, qualora i mezzi di sostentamento da essa derivanti siano inferiori ai requisiti reddituali previsti ai fini del ricongiungimento familiare e commisurati all'importo dell'assegno sociale, aumentato di metà di tale importo per ciascuno dei familiari che (eventualmente) compongono il nucleo familiare (salve le attenuazioni previste per i figli di età inferiore a 14 anni). Vale la pena ricordare, tuttavia, che la norma sembra avallare la possibilità di considerare ai fini dell’integrazione del requisito reddituale anche i redditi dei familiari di cui all’art. 29 del d.lgs. n. 286/98, recependo il menzionato orientamento giurisprudenziale e che comunque, in presenza di un lavoratore migrante unito a familiari, ogni rigido automatismo fondato su una determinata soglia reddituale deve ritenersi escluso in quanto in contrasto con i dettami della direttiva europea n. 86/2003/CE che impone una valutazione individuale caso per caso che tenga conto della natura e effettività dei vincoli familiari e sociali dell’interessato, tanto nel Paese di origine quanto nel Paese ospite, della durata del suo permesso di soggiorno nel Paese ospite, in un’ottica di bilanciamento (a tale proposito si veda la sentenza della Corte di Giustizia europea dd. 4 marzo 2010 nel caso Chakroun c. Paesi Bassi (C-578/08) (in: http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=855&l=it).

Per ulteriori approfondimenti si rimanda a: "Interventi volti al contrasto del lavoro irregolaredegli immigrati. Dal disegno di legge Fornero allo schema di decreto per il recepimento della direttiva UE 2009/52”. Luci e ombre nel provvedimento governativo in merito alla condizione del lavoratore straniero”, a cura dell’Avv. Giovanni Guarini, in http://www.meltingpot.org/articolo17855.html

*Fonte: www.asgi.it