N. 249
SENTENZA 13-16 GIUGNO 1995
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano
VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv.
Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 28, terzo
comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza
universitaria, relativa fascia di formazione, nonché sperimentazione
organizzativa e didattica), promosso con ordinanza emessa il 4
ottobre 1994 dal Pretore di Trento nel procedimento civile vertente
tra Beittel Mark Steven ed altro e l'Università degli studi di
Trento ed altro, iscritta al n. 666 del registro ordinanze 1994 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima
serie speciale, dell'anno 1994;
Visto l'atto di costituzione di Beittel Mark Steven ed altro;
Udito nell'udienza pubblica del 2 maggio 1995 il Giudice relatore
Luigi Mengoni;
Uditi gli avv.ti Massimo D'Antona, Carlo De Marchis e Gaetano
Lepore per Beittel Mark Steven ed altro;
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di un giudizio promosso contro l'Università di
Trento da lettori di lingua straniera di origine extracomunitaria per
ottenere la declaratoria della nullità del termine annuale apposto
ai loro rapporti di lavoro e il conseguente accertamento della
continuità dei medesimi come rapporti a tempo indeterminato, il
Pretore di Trento, con ordinanza del 4 ottobre 1994, ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3, primo comma, e 10, secondo comma, Cost.,
questione di legittimità costituzionale dell'art. 28, terzo comma,
del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (abrogato dall'art. 5, comma 5, del
d.-l. 8 agosto 1994, n. 510, in attesa di conversione alla data
dell'ordinanza, poi decaduto e reiterato con i successivi decreti 21
ottobre 1994, n. 588, 22 dicembre 1994, n. 697, 21 febbraio 1995, n.
40, 21 aprile 1995, n. 120, attualmente in attesa di conversione),
"nella parte in cui stabiliva che i contratti conclusi con i rettori
delle università non potessero protrarsi oltre l'anno accademico per
il quale erano stati stipulati, sebbene le esigenze specifiche
dell'insegnamento eccedessero detto termine".
Secondo il rimettente, la norma impugnata riserva ai lettori
extracomunitari un trattamento deteriore rispetto a quello stabilito
per i lettori comunitari dall'art. 48, n. 2, del Trattato costitutivo
della Comunità europea, come interpretato dalla Corte di giustizia
con le sentenze 30 maggio 1989, n. 33/1988, e 2 agosto 1993, nn.
269-331- 332/1992.
Tale disparità di trattamento, oltre che con l'art. 3 Cost.,
contrasta anche con l'art. 10, secondo comma, Cost., perché viola
l'art. 10 della Convenzione n. 143 del 1975 dell'Organizzazione
Internazionale del Lavoro (OIL), ratificata dall'Italia con legge 10
aprile 1981, n. 158, che obbliga gli Stati aderenti a garantire ai
lavoratori emigranti parità di trattamento rispetto ai lavoratori
nazionali.
2. - Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si sono
costituiti i ricorrenti, rappresentati e difesi dall'avvocato Massimo
D'Antona e dall'avvocato Carlo de Marchis Gomez, cittadino spagnolo,
che ha depositato nelle mani del Cancelliere un certificato del
Collegio degli avvocati di Barcellona. La Corte si è riservata di
decidere sull'esistenza dei requisiti di ammissibilità di detto
avvocato al patrocinio davanti a sé medesima.
Le parti private chiedono che la questione sia dichiarata
infondata o inammissibile. A loro avviso le citate sentenze
comunitarie hanno introdotto nell'ordinamento giuridico italiano una
norma specifica che esclude la validità del termine di un anno
apposto ai contratti previsti dall'art. 28 del d.P.R. n. 382 del 1980
per l'assunzione di lettori di madre lingua straniera cittadini di
uno Stato membro della Comunità europea. La detta norma è
applicabile anche ai lettori di nazionalità extracomunitaria in
virtù dell'art. 1 della legge 30 dicembre 1986, n. 943, che, in
attuazione della citata Convenzione OIL n. 143, garantisce a tutti i
lavoratori extracomunitari legalmente residenti nel territorio della
Repubblica italiana parità di trattamento e piena eguaglianza di
diritti rispetto ai lavoratori italiani.
Erroneamente il giudice rimettente avrebbe ritenuto che ai lettori
di nazionalità extracomunitaria la norma sull'assunzione a termine
continuerebbe a trovare applicazione, nonostante il principio di
parificazione ai lavoratori italiani dei lavoratori extracomunitari
legalmente residenti in Italia enunciato dall'art. 1 della legge 30
dicembre 1986, n. 943, e ciò in quanto l'art. 28 del d.P.R. n. 382
del 1980 si dovrebbe considerare norma speciale precedente.
In una memoria depositata in prossimità dell'udienza di
discussione, le parti costituite aggiungono che, ai fini
dell'infondatezza della questione da essi sostenuta, non ha rilievo
l'orientamento della Corte di giustizia, secondo cui l'art. 48 del
Trattato non è applicabile a situazioni puramente interne di uno
Stato membro, relative a lavoratori cittadini di tale Stato che non
abbiano mai lavorato in un altro Stato membro.
Comunque, qualora non fosse ritenuta infondata per le ragioni
esposte, la questione sarebbe inammissibile in quanto presuppone
preliminarmente l'esatta determinazione del rapporto tra l'art. 28
del d.P.R. n. 382 del 1980 e l'art. 48 del Trattato in ordine alla
posizione dei lettori di lingua straniera con nazionalità italiana.
Poiché l'interpretazione del campo di applicazione dell'art. 48 del
Trattato è riservata alla Corte di giustizia delle Comunità
europee, il giudice a quo, anziché sollevare incidente di
costituzionalità davanti a questa Corte, avrebbe dovuto investire il
giudice comunitario della questione preliminare ai sensi dell'art.
177 del Trattato medesimo. Pertanto, sotto questo profilo, la
questione sarebbe, allo stato, inammissibile.
Considerato in diritto
1. - Il Pretore di Trento ha sollevato, in riferimento agli artt.
3, primo comma, e 10, secondo comma, Cost., questione di legittimità
costituzionale dell'art. 28, terzo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980,
n. 382 (abrogato dall'art. 4, comma 5, del d.-l. 21 aprile 1995, n.
120, e già, con norma identica, dall'art. 5, comma 5, dei dd.-ll. 8
agosto 1994, n. 510, 21 ottobre 1994, n. 588, 22 dicembre 1994, n.
697, 21 febbraio 1995, n. 40, non convertiti), "nella parte in cui
stabiliva che i contratti conclusi con i rettori delle università
non potessero protrarsi oltre l'anno accademico per il quale erano
stati stipulati, sebbene le esigenze specifiche dell'insegnamento
eccedessero detto termine".
2. - Sciogliendo la riserva formulata nell'udienza pubblica del 2
maggio 1995 in ordine alla legittimazione dell'avvocato Carlo De
Marchis Gomez a rappresentare e difendere le parti costituite nel
presente giudizio, di concerto con l'avvocato Massimo D'Antona, la
Corte:
- visto l'art. 8 della legge 9 febbraio 1982, n. 31, secondo cui
sono ammessi al patrocinio davanti alla Corte di cassazione, e
conseguentemente anche davanti a questa Corte (art. 20 della legge 11
marzo 1953, n. 87), gli avvocati cittadini membri della Comunità
europea che dimostrino di aver esercitato la professione per almeno
otto anni ovvero di essere ammessi ad esercitare la professione nello
Stato membro di provenienza dinanzi ad autorità giurisdizionali
corrispondenti;
- visto il certificato del Collegio degli avvocati di Barcellona
che attesta l'iscrizione del predetto avvocato presso tale Collegio e
certifica che esiste in Spagna un'unica classe di iscritti a tale
collegio, in quanto tutti gli avvocati iscritti ed esercitanti sono
legittimati ad assumere la difesa in qualsiasi tipo di procedimento o
causa giudiziale innanzi a qualsiasi giudice o tribunale;
- ammette al patrocinio davanti a sé medesima nel presente
giudizio l'avv. Carlo de Marchis Gomez.
3. - La questione è inammissibile.
Con sentenza 2 agosto 1993, nn. 269-331-332 pronunciata su istanza
dei Pretori di Parma e di Venezia ai sensi dell'art. 177 del Trattato
CEE, la Corte di giustizia delle Comunità europee ha statuito che
"l'art. 48 n. 2 del trattato CEE non osta a che la legislazione di
uno Stato membro consenta la stipulazione di contratti di lavoro a
termine con lettori di lingua straniera nelle università, qualora
specifiche esigenze dell'insegnamento lo richiedano, ma impone che le
normative nazionali dispongano la stipulazione a tempo indeterminato
dei contratti di lavoro con i predetti lettori quando siano destinati
a soddisfare esigenze costanti inerenti all'insegnamento, quali si
presentano nei casi delle lingue il cui studio sia obbligatorio o
delle lingue notoriamente più richieste".
Sebbene fossero parti del giudizio a quo soltanto lettori di
lingua madre straniera cittadini di Stati membri della Comunità
diversi dall'Italia, la sentenza si applica a tutti i lettori assunti
da Università italiane, compresi quelli aventi la cittadinanza
italiana. Tale efficacia generale è stata riconosciuta dalla Corte
di cassazione nella sentenza n. 2659 del 1994, dove si legge che
"considerata la portata della decisione della Corte di giustizia e la
sua immediata efficacia nell'ordinamento nazionale, deve ritenersi
abrogato ( sic) il disposto dell'art. 28, terzo comma, del d.P.R. n.
382 del 1980, nella parte in cui non permette, in via assoluta e in
ogni caso, il protrarsi oltre l'anno accademico dei contratti". Il
verbo "abrogato" esprime chiaramente, sebbene impropriamente, una
valutazione della sentenza nel senso che essa ha reso non applicabile
a tutti i lettori di lingua straniera, quale che sia lo Stato di
appartenenza, la norma di diritto interno ritenuta contrastante col
diritto comunitario.
È vero che la Corte di giustizia esclude l'applicabilità
dell'art. 48 del Trattato a situazioni puramente interne di uno Stato
membro, ma alla condizione della " mancanza di qualsiasi fattore di
collegamento a una qualunque delle situazioni contemplate dal diritto
comunitario" (cfr. sentenze 28 marzo 1979, n. 175/1978, 28 giugno
1984, n. 180/1983, 18 ottobre 1990, nn. 297/1988 e 197/1989, 19 marzo
1992, n. 60/1991, 16 giugno 1994, n. 132/1993). Nella specie il
collegamento è dato dal riferimento dell'art. 28 del d.P.R. n. 382
del 1980 ai lettori di madre lingua straniera, indipendentemente dal
loro stato di cittadinanza, in ragione del titolo, per tutti
identico, che li abilita al lettorato di una lingua straniera. La
connessione della situazione interna con una situazione contemplata
dal diritto comunitario sussiste anche nell'ipotesi, che appunto
ricorre nella specie, di identità, per contenuto e funzione, della
situazione interna a una situazione rilevante per il diritto
comunitario in quanto determinata, nel territorio dello Stato
italiano, dall'esercizio del diritto di libera circolazione dei
lavoratori all'interno della Comunità.
Perciò la sentenza 2 agosto 1993 della Corte di giustizia,
proprio per evitare una irrazionale discriminazione a livello del
diritto comunitario, non può non estendere la sua portata anche ai
lettori di madre lingua straniera aventi la cittadinanza italiana,
fin dalla nascita (si pensi al caso di un altoatesino di lingua madre
tedesca) o per acquisizione successiva. Né importa che essi non
abbiano mai, di fatto, esercitato il diritto di libera circolazione.
Ciò che importa è che la legge li accomuna ai lettori cittadini di
altri Stati membri, in considerazione dell'identità del loro titolo
e del tipo di attività di insegnamento esercitata.
4. - Stabilito che l'art. 28 del d.P.R. n. 382 del 1980 non è
applicabile ai lettori di nazionalità italiana, consegue che il
giudice a quo deve disapplicare la norma censurata anche nei
confronti dei lettori di lingua straniera extracomunitari legalmente
residenti in Italia, ai quali l'art. 1 della legge 30 dicembre 1986,
n. 943, garantisce parità di trattamento e piena eguaglianza di
diritti rispetto ai lavoratori italiani. L'inapplicabilità della
norma rende irrilevante la questione di legittimità costituzionale.
La posizione dei lettori cittadini di Stati terzi non viene così
equiparata a quella dei lettori cittadini di Stati membri della
Comunità. A questi la norma formulata dalla sentenza 2 agosto 1993
della Corte di giustizia si applica direttamente, in quanto soggetti
all'ordinamento comunitario, mentre ai primi si applica per il
tramite di una norma di diritto interno italiano, cioè appunto
l'art. 1 della legge n. 943 del 1986, rispetto al quale funge da
termine di comparazione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 28, terzo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382
(Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di
formazione, nonché sperimentazione organizzativa e didattica)
sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 10, secondo
comma, della Costituzione, dal Pretore di Trento con l'ordinanza in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 giugno 1995.
Il Presidente: BALDASSARRE
Il redattore: MENGONI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 16 giugno 1995.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
|