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Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli
iscritti UIL

 

 

 

 

Anno X n. 37 del 13 novembre 2012

 

Consultate www.uil.it/immigrazione

Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri

 

Coordinamento Nazionale UIL Immigrati

 

 

 

No allo sfruttamento della immigrazione irregolare e condizioni dignitose per le lavoratrici domestiche

Bilancio della procedura di emersione e campagna per la ratifica della Convenzione ILO 189 sui lavoratori domestici: sono stati questi i due punti di discussione al centro del dibattito del Coordinamento Nazionale UIL Immigrati. Il giudizio sulla regolarizzazione è positivo, ma si poteva fare di più. Cgil, Cisl e Uil promuovono, per il 18 dicembre, una giornata di mobilitazione per la ratifica della Convenzione ILO sul lavoro domestico.

 

 

 

 

 

SOMMARIO

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti pag. 2

 

Coordinamento Nazionale Immigrati, resoconto pag. 2

Lavoro, in Italia parla straniero pag. 7

 

Profughi, uscita dall’emergenza? pag. 9

 

L’inclusione finanziaria dei migranti passa dalla famiglia pag. 10

 

Cittadinanza, la riforma in un vicolo cieco pag. 11

 

 

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.



Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti


 

 

 

 

 

 

 

 

Roma, 13 Novembre 2012, Unioncamere, ore 10.30

Ministero del Lavoro: L’imprenditoria immigrata, non solo integrazione

(Angela Scalzo)

Roma, 15 Novembre 2012, ore 09.30, sede Parlamento Europeo

Convegno CIR: l’Europa è per i diritti umani, unità familiare è un diritto umano”

(Giuseppe Casucci)

Roma, 19/11/2012, ore 11.00

Cnel: presentazione della ricerca “Il ruolo degli immigrati nel mercato del lavoro italiano”

(Guglielmo Loy, Angela Scalzo)

Roma, 22 Novembre 2012, Hotel Palatino, ore 09.30

Ital Nazionale: Convegno: Il benessere degli immigrati

(Angela Scalzo)

Roma 22 Novembre 2012, ore 13.00

Comitato direttivo del CIR

(Giuseppe Casucci)

Roma 17 dicembre 2012, ore 16.00

Assemblea dei soci del CIR

(Giuseppe Casucci)

Roma 18 dicembre 2012, ore 09.00, sede ILO, via Panisperna 28

Convegno Cgil, Cisl e Uil per la ratifica della Convenzione ILO n. 189 sui diritti delle lavoratrici domestiche

(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)


 

 

Sindacato

 


Coordinamento Nazionale Immigrati UIL, resoconto della giornata di dibattito

Si è discusso di procedura di emersione dei lavoratori stranieri irregolari e di ratifica della Convenzione ILO 189 sulle lavoratrici domestiche. Buona la partecipazione da UIL e Ital di tutta Italia, ottimo il dibattito.


Roma, 9 novembre 2012 – Si è tenuto, lo scorso 6 novembre, presso la sede della UIL Nazionale a Roma, il Coordinamento Nazionale Immigrati, uno strumento di confronto nell’ambito del Dipartimento Politiche Migratorie della UIL che si riunisce semestralmente per riflettere sugli aspetti più importanti relativi all’immigrazione: dal lavoro, ai diritti di cittadinanza, integrazione e trasformazione multi culturale della società. Nonché i servizi che la UIL offre a lavoratori e cittadini stranieri, soprattutto attraverso le strutture del nostro Patronato. Per questo evento, sono stati scelti due temi di riflessione: il bilancio dell’appena conclusa procedura di emersione dei lavoratori stranieri irregolari e la mobilitazione lanciata dalla Confederazione Internazionale dei sindacati a livello mondiale per la ratifica della Convenzione ILO n. 189 per condizioni di lavoro dignitoso per 100 milioni di lavoratrici e lavoratori domestici (campagna “12 x 12”). I due argomenti sono stati trattati in distinti panel. Nel primo, gli ospiti chiamati a confrontarsi sono stati il Prof. Saverio Ruperto, Sottosegretario all’Interno con delega sull’immigrazione; l’avv. Mascia Salvatore, Resp.le ufficio legale della testata web “Stranieri in Italia”; infine il vicepresidente Ital, Alberto Sera. Nella seconda parte della mattinata si è discusso di lavoro domestico con il dott. Luigi Cal, direttore di ILO Italia e della Dott.ssa Rosanna Margiotta, dirigente del Ministero del Lavoro, che sta seguendo l’iter di ratifica nel nostro Paese della Convenzione 189. Il sindacato ha dato il suo apporto con la presenza di Ivana Veronese, Segretaria Nazionale Uiltucs. Il dibattito è stato moderato da Giuseppe Casucci, coordinatore del Dipartimento UIL Politiche Migratorie, mentre le conclusioni sono state curate da Guglielmo Loy, Segretario Confederale UIL.

Nella parte della sua introduzione relativa al primo panel, Casucci ha ricordato che la procedura di emersione ha portato alla presentazione di 134.576 domande, mentre altre 6.922 domande sono state compilate, ma non inviate entro la mezzanotte del 15 ottobre . “Il risultato – ha detto l’oratore – non si può certo considerare un flop, in quanto numericamente importante, e prodotto del serio lavoro di esperti e funzionari dei Ministeri Interessati, in primis il Viminale”. Alla UIL sembra in parte anche un’occasione mancata, se si considera che il bacino dell’irregolarità, secondo molti esperti è molto più esteso, forse superiore al mezzo milione di unità. La procedura, secondo la UIL, è risultata in parte un pasticcio, in quanto prigioniera dei veti incrociati da parte di alcuni partiti, tanto da risultare complessa, costosa e poco equa. “La preoccupazione del nostro sindacato – ha rilevato il Coordinatore del Dipartimento Politiche Migratorie – va al prossimo futuro. Con l’entrata in vigore delle nuove norme, volute dalla direttiva 52 della UE, infatti, gli immigrati irregolari, corrono maggiori rischi di espulsione o un peggioramento delle proprie condizioni di lavoro e di vita. Inoltre la crisi economica provoca disoccupazione anche tra gli stranieri e non è detto che basti un anno per trovare un nuovo posto di lavoro, limite imposto dalla legge per la permanenza in Italia di uno straniero rimasto disoccupato”. E’ intervenuto subito dopo il Prof. Saverio Ruperto, sottosegretario all’Interno, assicurando che le circa 7000 domande compilate e non inviate, e per le quali i datori di lavoro hanno comunque pagato mille euro, saranno prese seriamente in considerazione in fase di verifica del Viminale.

Alcuni datori di lavoro, infatti, pur avendo pagato il contributo forfettario previsto per ogni lavoratore irregolare ed aver compilato la domanda, poi non l'hanno inviata. Si tratta di circa 7 mila richieste che "il Governo e' orientato a considerare come se l'invio fosse stato compiuto". “Io penso - ha detto Ruperto - che una volta assolto l'onere economico non avrebbe senso penalizzare chi vuole far emergere e dunque anche per questi casi l'orientamento sarà quasi sicuramente quello di considerarli come se l'invio fosse stato compiuto".

Ruperto ha anche convenuto su "una differenza che colpisce" tra il numero delle domande per i lavoratori domestici e quelle per i lavoratori subordinati, molto sbilanciata a favore delle prime, e non ha escluso che alcuni datori di lavoro abbiano fatto richiesta in un settore diverso da quello in cui l'immigrato e' effettivamente occupato, salvo poi cambiare il contratto subito dopo.

"Il Viminale, ha detto il Sottosegretario, effettuerà controlli a campione per verificare la corrispondenza tra le dichiarazioni rese e l'effettiva realtà lavorativa" Il sottosegretario ha convenuto sul giudizio della UIL che si sarebbe potuto fare di più e meglio, rilevando comunque che le previsioni del governo (massimo 150 mila richieste) sono risultate sostanzialmente confermate. E’ seguito l’intervento dell’Avv. Mascia Salvatore. Il professionista ha fatto un excursus sui cambiamenti intervenuti, nella normativa, nella parte concernente le sanzioni per i datori di lavoro che assumono stranieri in condizioni di irregolarità. Secondo la resp.le dell’Ufficio Legale di Stranieri in Italia, l’introduzione delle norme europee (con il dlgs. N. 109), non cambia di molto il peso delle sanzioni volute dalla legge, in quanto essa è da tempo molto severa contro chi opera nel lavoro sommerso, ed assume in nero. L’avv. Salvatore, ha comunque confermato che la situazione per gli immigrati per i quali la domanda di emersione non dovesse arrivare a buon fine, è molto seria e che i rischi di espulsione rimangono. Per il datore di lavoro trovato ad impiegare stranieri in nero, le sanzioni possono essere aumentate di un terzo alla metà se i lavoratori irregolari occupati sono superiori a tre, se sono minori in età non lavorativa e se sono sottoposti ad altre condizioni lavorative di particolare sfruttamento (di cui al terzo comma dell’articolo 603-bis del codice penale). In quest’ultimo caso, la legge prevede, oltre alle altre, una sanzione amministrativa accessoria equivalente al pagamento di un importo pari al costo medio del rimpatrio dello straniero impiegato clandestinamente. Solo in casi di grave sfruttamento, infine, potrebbe essere concesso allo straniero che ha denunciato la propria condizione, un permesso umanitario (che permette lo svolgimento di attività lavorativa), la cui (sei mesi rinnovabili) però non potrà eccedere il periodo occorrente alla definizione del procedimento penale. Piero Soldini, Resp.le Uff. Immigrazione della Cgil, ha portati i saluti della sua Confederazione ed ha espresso un giudizio molto severo sui molti limiti che hanno caratterizzato la procedura di emersione. “Malgrado questo Governo non abbia adottato il metodo oscurantista utilizzato in passato contro gli immigrati, la procedura è risultata un grande pasticcio: molto costosa, in parte irrazionale e sicuramente preoccupata della tutela dei datori di lavoro, e molto meno degli stranieri sfruttati, che rischiano molto di più, anche l’espulsione”.

Soldini ha ricordato che i lavoratori migranti sono oggi il 3% della popolazione mondiale: “ma oggi l’immigrazione sta cambiando, assieme ai processi di globalizzazione. Ci sono tre tipi di migranti: quelli che lasciano i Paesi poveri per andare a vivere nei Paesi industrializzati (Sud – Nord), quelli che emigrano tra Stati del terzo mondo (Sud – Sud); ma ci sono anche i giovani europei che emigrano dai paesi europei in crisi, cercando in altri una chance di futuro; sé è vero che nel 2011 ben 100 mila giovani italiani sono andati all’estero in cerca di lavoro che qui non trovano”.

Una ragione di più, ha concluso Soldini, per mettere mano al Testo Unico sull'immigrazione. "Le norme vanno adeguate - ha sottolineato Soldini - perché con l’attuale impianto proibizionista si e' dimostrato che non si va da nessuna parte". Ha concluso il primo panel, Alberto Sera, vicepresidente Ital. Dopo aver raccontato di un sondaggio e raccolta di aggettivi sulla regolarizzazione, fatta da Ital sui quadri e funzionari territoriali che vi hanno attivamente partecipato (l’Ital ha inviato oltre 4 mila richieste di regolarizzazione), l’oratore, ha rilevato che il giudizio di chi è stato a contatto con gli utenti è sulla regolarizzazione tutt’altro che lusinghiero, anche perché una procedura che si proponeva di far emergere dalla clandestinità il maggior numero possibile di stranieri, ha finito per rischiare di ottenere quasi l’obiettivo opposto. “Fino all’ultima settimana di regolarizzazione – ha detto Sera – eravamo costretti a rimandare indietro 4 richiedenti su 5, per mancanza dei requisiti degli stranieri”. Il problema era la certificazione della presenza in Italia (fatta da organismo pubblico) dello straniero prima del 31 dicembre 2011. “Solo dopo che l’Avvocatura dello Stato ha allargato la casistica degli organismi ed associazioni atte a certificare, ha spiegato Sera, il flusso delle richieste è aumentato enormemente. Ma ormai eravamo all’ultima settimana”. “Inoltre, la richiesta di una proroga, da parte di sindacati ed associazioni, è stata ignorata. Il dirigente Ital ha dato comunque un giudizio positivo sul lavoro svolto dai patronati, auspicando che si vada verso un aumento dell’attività sociale del sindacato, attraverso una struttura di sportelli a rete presenti sul territorio e capaci di dare servizi veri a italiani e stranieri. “E’ importante anche impegnarsi, ha concluso il Vicepresidente Ital, sulla formazione all’estero, in particolare nei paesi di origine degli stranieri che intendono migrare”.

E’ seguito subito il secondo panel, riguardante la Convenzione ILO sul lavoro domestico. La Convenzione 189 (e Raccomandazione n. 201) è stata approvata dalla Conferenza Internazionale del lavoro nel giugno 2011 a Ginevra e deve essere ratificata da ogni Paese che l’ha appoggiata in quella occasione. In Italia l’iter di ratifica è in atto, ma ha subìto ritardi, a causa di alcune lacune presenti nella legislazione del lavoro e contrattazione italiane che contengono differenze di trattamento per le lavoratrici madri del settore domestico, rispetto a quelle di altri settori. Attualmente questi problemi sarebbero stati superati e l’iter è stato consegnato al Ministero degli Esteri che dovrebbe dare il via libera, prima della firma del Presidente della Repubblica. Visti i tempi stretti della legislatura, il sindacato ha scritto più volte al Governo chiedendo di accelerare l’iter di approvazione. La Csi ha lanciato a livello mondiale una campagna per la ratifica della Convezione che prevede mobilitazioni in circa 83 Paesi a livello mondiale, nella settimana che va dal 12 al 18 dicembre prossimi. I questo senso, Cgil, Cisl e Uil intendono realizzare una giornata di sensibilizzazione sui contenuti della Convenzione e di mobilitazione per la sua ratifica, con l’appoggio di ILO Italia. L’evento prevede iniziative in vari territori del Paese e un seminario a Roma che si terrà il 18 dicembre, presso la sede ILO di via Panisperna. Per quanto riguarda il panel del seminario, è stato chiesto all’Ilo una panoramica sui contenuti e l’importanza della Convenzione; al Ministero del Lavoro informazioni sullo stato dell’iter di ratifica e al segretario nazionale della Uiltucs, un’analisi dei problemi che concernono la mancata parità di trattamento tra lavoratrici domestiche e lavoratrici di altri settori e le attività in corso per superare eventuali discriminazioni. Luigi Cal, Direttore di Ilo per l’Italia e San Marino, è andato subito al cuore dei contenuti e del valore della Convenzione stessa: “è la prima volta, ha detto l’oratore, che una Convenzione di un organo tripartito come l’Ilo (in cui sono presenti rappresentanti dei governi, dei sindacati e degli imprenditori da tutto il mondo) si occupa di un settore a prevalenza informale”. Cal ha ricordato che il settore del lavoro domestico riguarda oltre 100 milioni di lavoratori in tutto il mondo, l’80% dei quali sono donne, e una grande parte sono migranti. “Un settore a forte componente di irregolarità, ha ribadito il direttore ILO, che in alcune aree come l’Africa, l’Asia o l’America Latina può arrivare fino al 90 % del mercato del lavoro, in cui sono fortemente presenti anche i minori”. Un settore, ha spiegato l’oratore, in cui l’impegno delle donne non era finora considerato un vero lavoro, ed in cui le regole contrattuali di base per molti non esistevano: niente contratto scritto, orario a discrezione del datore di lavoro, condizioni di lavoro e di vita deprecabili e retribuzione non sicura, spesso pagata in natura. “Potrà sembrare per l’Italia strano, ha detto Cal, ma una delle ragioni di dissenso con i datori di lavoro, è stata l’introduzione di norme che limitassero il pagamento non in denaro, che potrà avvenire ora limitatamente e solo con il consenso della lavoratrice”. Una norma questa voluta per aree del Terzo Mondo dove questa pratica è molto diffusa. “Anche se in Italia la normativa per queste lavoratrici è certamente superiore alle garanzie minime introdotte dalla Convenzione, ha sottolineato Cal, nondimeno la sua ratifica avrà un forte valore sia simbolico (l’Italia potrebbe essere il primo Paese Europeo a farlo) che sostanziale, considerando che secondo dati Inps il 54% delle lavoratrici del settore in Italia, risulta in parte o in toto in nero”. “Si era sperato che lo scorso giugno, quando il Presidente Napolitano si è recato alla Conferenza di Ginevra, si potesse annunciare l’imminente ratifica da parte nostra. Purtroppo, allora non è stato possibile. Oggi però siamo vicini al traguardo”.

La dott.ssa Rosanna Margiotta, dirigente del Ministero del Lavoro (Direzione Generale delle relazioni industriali e dei rapporti di lavoro) è intervenuta per spiegare la natura complessa dell’iter di ratifica di una convenzione internazionale e lo stato dell’arte per quanto riguarda la Convenzione ILO sul lavoro domestico. “Anche se l’Italia ha una adeguata legislazione in materia, ha detto l’oratrice, l’approvazione della Convenzione mira a dare dignità ad un lavoro che per moltissimo tempo non è stato considerato tale, e per milioni di lavoratrici finora invisibili”. “Vi chiederete come mai, dopo un anno e mezzo dalla Conferenza del 2011, la Convenzione non sia ancora stata da noi ratificata. La verità è che la procedura è complessa e, prima di essere completata, gli uffici legislativi e giuridici del Ministero del Lavoro e degli Esteri, debbono assicurarsi che non ci siano divergenze tra lo spirito del dispositivo ILO e la legislazione italiana”. L’oratrice ha spiegato che alcune differenze concernenti la maternità ed i congedi parentali (tra settore domestico e gli altri) hanno rallentato la procedura. Ora questi problemi sono stati risolti. “Il mio ministero, ha spiegato Margiotta, ha dato il via libera ed oggi l’iter è passato al Ministero degli Esteri che è il titolare finale dei trattati internazionali. Se non vi saranno altri intoppi, non si dovrà passare dal Parlamento e la richiesta di ratifica andrà direttamente alla firma del Presidente della Repubblica”. I tempi previsti non sono chiari, ma si dovrebbe raggiungere l’obiettivo prima della fine della legislatura.

Il terzo contributo del secondo panel, è venuto da Ivana Veronese, Segretaria Nazionale Uiltucs, la categoria della UIL che inquadra anche i lavoratori domestici. L’oratrice ha spiegato le difficoltà di un settore in cui i rapporti di lavoro avvengono quasi sempre con famiglie e per cui è difficile, sia l’azione pubblica di ispezione, che la tutela da parte del sindacato: “le lavoratrici domestiche, ha detto Veronese, si rivolgono al sindacato solo quando hanno problemi: hanno perso il lavoro, non sono state pagate o è sorto un contenzioso. In questo senso, è un settore a scarsa rappresentatività, sia da parte del sindacato, ma anche delle associazioni dei datori di lavoro che hanno scarsissimi iscritti”. Malgrado ciò, ha detto la dirigente Uiltucs, la disponibilità delle controparti a trattare e a trovare soluzioni è molto scarsa. Da un anno è mezzo è scaduto il Contratto nazionale di lavoro e ancora non si è riusciti a fare passi in avanti per rinnovarlo. La dirigente sindacale ha spiegato che non sono poche le discriminazioni contrattuali che penalizzano le lavoratrici madri (dalle norme sui licenziamenti, congedi parentali, legge 104 su handicap, ecc.), ma che il sindacato si è sempre scontrato con un forte rifiuto delle controparti a superare queste difficoltà. Per quanto riguarda il licenziamento, sarebbe pratica diffusa che le lavoratrici che tornano dal congedo per maternità obbligatoria (dopo 5 mesi) vengano licenziate, mentre negli altri settori questo non può avvenire fino a che il nascituro non compia almeno un anno. Un altro problema, ha spiegato l’oratrice, è che i datori di lavoro domestico non sono sostituti d’imposta, dunque è difficile sapere se tutti i redditi vengano certificati. In questo senso il rischio di evasione, discale come contributiva è ancora molto alto. Oltre all’elusione praticata dichiarando un orario di lavoro al minimo, inferiore alla realtà. Ivana Veronese ha concluso ribadendo l’importanza della ratifica della Convenzione 189, “che deve avvenire però assieme a politiche vere di emersione di un settore che è ancora in parte significativa sommerso”.

Tra gli ospiti, è intervenuto anche Franco Pittau del Dossier Immigrazione Caritas Migrantes, approvando l’esigenza della certificazione dei redditi nel settore domestico; mentre Tetyana Kuzyk, del Gruppo Assembleare Capitolino di Roma ha detto che gli immigrati a Roma sono pronti ad un nuovo passo: quello del riconoscimento del diritto di voto amministrativo, un traguardo che alcuni Paesi europei hanno garantito da 20 anni a chi è residente da almeno un quinquennio.

Ha concluso la parte pubblica della giornata il Segretario Confederale Guglielmo Loy. L’oratore si è riferito al giudizio, insieme positivo e critico, che la UIL ha dato sulla recente regolarizzazione, spiegando che si è trattato di un esempio di “incertezza delle regole”, nonché di conflitto tra parti politiche del Governo, che hanno causato non pochi problemi alla fluidità della procedura stessa. Per l’oratore, questo è un esempio dei perché l’Italia negli ultimi 10 anni abbia subito e non governato la pressione migratoria in ingresso: “il decreto flussi ha finito per diventare uno strumento vuoto, mentre si continua a gestire l’immigrazione sanando a posteriori ingressi avvenuti in gran parte in modo irregolare. “Non c’è dubbio – ha detto Loy - che oggi in Italia abbiamo una normativa che appare inadeguata a regolare la presenza degli stranieri una procedura che va urgentemente riformata. Speriamo che il nuovo Parlamento lo renda possibile nel 2013”. Sempre riferendosi alla regolarizzazione, Loy ha fatto notare come in Italia “emerga spesso una cultura della illegalità”, che favorisce una “logica degli espedienti”, ed il mercato clandestino dei permessi, situazione venuta alla luce anche durante la recente regolarizzazione, con siti web che propagandavano spudoratamente online la compravendita di permessi in cambio di soldi. “Abbiamo, ancora, un insieme di norme che è andato sommandosi al Testo Unico sull’Immigrazione”, fino a snaturarne i contenuti e lo spirito pensato inizialmente per favorire percorsi legali di ingresso nel nostro Paese: “troppe norme, a volte in contraddizione, troppe deleghe date a differenti ministeri, ognuno dei quali lavora per conto proprio e senza interrelazioni e collaborazioni con altri. E’ il momento di pensare ad un organismo centrale che coordini la gestione dei flussi migratori, ma anche politiche di accoglienza ed integrazione. “Speriamo, ha detto ancora Loy, che il nuovo Governo renda possibile una logica diversa”. In questo senso, il Segretario Confederale UIL, ha fatto l’esempio delle differenze sulle cifre: “c’è chi, come alcuni istituti di ricerca, parlano di 5 milioni di stranieri regolari, come ha fatto anche di recente il Dossier Caritas sull’immigrazione”. “Salvo poi che i dati che vengono dal censimento Istat tagliano la cifra di un milione di unità”. Le ragioni delle differenze possono certo essere molte. Alla UIL però viene in mente una essenziale: le nostre autorità si preoccupano di monitorare (male) gli ingressi, ma non sono interessate a monitorare chi se va: e la crisi economica pesa tantissimo anche sugli immigrati e non sono pochi quelli che cambiano Paese Europeo o vanno a casa. “Una politica di governance dei flussi – ha ricordato Loy – deve avere una visione complessiva e nitida del complesso meccanismo delle migrazioni, altrimenti arriviamo agli eccessi italiani, in cui nell’ultimo decennio si è vista la popolazione straniera quintuplicare, con uno Stato sempre alla rincorsa della maggioranza entrata irregolarmente. “Se l’immigrazione è complessa e ricca di sfaccettature, le risposte non possono più avere carattere emergenziale”. Loy ha ricordato che esiste anche una politica degli sprechi verso i profughi che arrivano via mare: “in due anni si sono spesi oltre un miliardo di euro per assistere 60 mila arrivi”, ma con una qualità dell’accoglienza pessima ed una patata bollente rimasta oggi, che riguarda 20 mila profughi arrivati dalla Libia, che rischiano a gennaio di essere lasciati per strada. Loy ha poi parlato della necessità di dare risposte sul terreno dei diritti di cittadinanza. “Non si possono continuare ad ignorare le molte migliaia di bambini nati in Italia o arrivati da piccoli, a cui viene negata la possibilità di sentirsi italiani a tutti gli effetti”. In generale però la riforma di questo istituto deve essere pensata come opportunità di libera scelta. “Esistono molti stranieri che scelgono di chiedere la cittadinanza come scorciatoia per evitare i disagi e la farraginosità della nostra legislazione”. “Bisogna evitare tutto questo: per chi vuol mantenere la propria identità di origine, va data la possibilità di avere un permesso di soggiorno di lungo periodo maggiormente fruibile, mentre la cittadinanza deve arrivare dopo un percorso di convinta accettazione dei nostri valori”. Sui flussi d’ingresso, Loy ha detto che la UIL chiede che il meccanismo venga rinnovato e non semplicemente bloccato com’è avvenuto nel 2012: “vanno studiate quelle norme che permettano un incontro fluido tra domanda ed offerta di lavoro, in modo regolato e tenendo conto dell’attuale congiuntura economica”. Sulla Convenzione ILO sul lavoro domestico, il Dirigente UIL si è detto convinto che l’Italia può essere il primo Paese europeo a ratificarla ed ha concluso ricordando l’iniziativa unitaria del 18 dicembre, “che non dovrà comunque dimenticare anche che quella data riguarda una Convenzione ONU, mai ratificata dall’Italia: quella del 1990 sui lavoratori stranieri e le loro famiglie”.

Nel primo pomeriggio il Coordinamento è stato riservato ai componenti UIL espressi dai territori e dalle categorie. Gran parte della riflessione, inevitabilmente, ha trattato dei temi dibattuti in mattinata. Cito gli interventi di Piero Bombardieri, resp.le immigrazione Ital Nazionale che, oltre ad una valutazione critica espressa sull’approccio scelto dal Governo in materia di regolarizzazione, ha ricordato che l’Ital ha presentato oltre 4000 domande in tutta Italia. Sempre il nostro Patronato sta effettuando in molte province momenti di incontro e riflessione sul tema della cittadinanza, Paolo Palumbo (Uil Basilicata) che ha sottolineato la necessità di rafforzare la presenza degli stranieri nel sindacato; Piero Gui, Uilca Piemonte, che ha criticato il comportamento del Governo che dopo aver prodotto una regolarizzazione pasticciata, adesso vorrebbe norme dure contro gli stranieri irregolari; Artan Mullaymeri, Uil Alto Adige che ha raccontato del lavoro svolto nella sua provincia ed ha sollecitato maggior formazione per i nuovi quadri; Leopoldo Saracino, Uil Puglia che si è soffermato sulla necessità di far pesare maggiormente i quadri immigrati nella UIL ed ha chiesto di dare centralmente maggiore pubblicità alle attività svolte nei territori; Pierluigi Paolini, Uil Lombardia per il quale gli imprenditori debbano essere richiamati alle proprie responsabilità, specie quando praticano lavoro nero e dumping sociale; Rosella Giangrazi, Uil di Roma e del Lazio, che ha chiesto esplicitamente che la Uil appoggi una campagna per l’abolizione del reato di immigrazione clandestina; Alice Mocci della Uila Nazionale, che ha parlato dell’ultimo rinnovo contrattuale per i lavoratori agricoli, dove alcuni benefici sono stati conquistati per i particolari problemi degli stranieri; Felicitè Ngo Tonye, della Uiltucs Lombardia, ha ricordato l’importanza di ratificare la Convenzione sul lavoro domestico, e soprattutto l’applicazione dei contratti, a causa delle resistenze delle controparti. Luciana del Fico, della Uil Campania, si è soffermata sul dramma dei richiedenti asilo ed, in particolare, dei profughi arrivati dal Nord Africa, per i quali vanno garantiti percorsi di regolarizzazione ed inclusione sociale. Andrea Fabian Laureano, della UIL di Crotone, ha rilevato come l’obbiettivo del voto amministrativo agli stranieri è importante ma, a suo parere, vengono prima le tutele per lavoratori che sono spesso sfruttati e privi di diritti. Infine, Hassan El Mazi della Uil di Reggio Calabria, ha ricordato come la sua sia un’area di frontiera dove si combatte anche per i diritti più elementari dei lavoratori stranieri. In quanto alla regolarizzazione Hassan ha riportato che il 98% delle 2.898 domande presentate hanno riguardato il lavoro domestico.

Vorremmo ringraziare per la presenza anche: Maria Immacolata Macioti, docente della Università La Sapienza di Roma, il Prefetto Mario Ciclosi, Romulo Salvador, del Gruppo Assembleare Capitolino di Roma; Fosco Corradini e Giuseppe Bea della CNA, Alberto Buttaglieri di Sos Razzismo. Un particolare ringraziamento va anche ai mediatori culturali che ci hanno aiutato a organizzare l’incontro.

 

Lavoro straniero

 


Globalist.it

Il lavoro in Italia parla straniero

C'è chi li addita tra le cause principali della disoccupazione, invece gli stranieri creano occupazione. In anteprima i dati che il Cespi presenterà a Roma il 12 novembre.

di Paolo Tosatti, www.globalist.it


ImmigrazioneUna volta erano rari come gli elefanti bianchi e concentrati nelle aree dei distretti industriali del Nord, oggi invece sono numerosi e diffusi su tutto il territorio nazionale. Una volta erano isolati dal contesto circostante, oggi invece sono sempre più integrati con i colleghi italiani e con le loro attività. Una volta cercavano di tirare avanti tra mille difficoltà, badando solo a tenere la testa fuori dall'acqua, oggi invece molte di quelle difficoltà hanno imparato a sfruttarle a proprio vantaggio e riescono a crescere e prosperare nonostante la crisi. In barba al mai del tutto superato pregiudizio che li vorrebbe tra le cause principali della disoccupazione, invece che toglierlo, gli stranieri residenti in Italia il lavoro lo stanno creando. Lo mostrano in modo inequivocabile i dati raccolti dall'Osservatorio nazionale sull'inclusione finanziaria dei migranti, secondo cui tra il 2010 e il 2011 il numero dei nuovi cittadini italiani imprenditori è passato da 336.583 a 415.534, arrivando a rappresentare il 10 Tabellaper cento del totale dei migranti presenti sul territorio nazionale. Una crescita non trascurabile, che procede parallela a quella del numero dei conti correnti da loro gestiti, aumentati del 25 per cento. Nato dalla collaborazione fra l'Associazione bancaria italiana e il ministero dell'Interno e finanziato dalla Commissione Ue, l'Osservatorio è gestito dal Cespi, il Centro studi di politica internazionale, e rappresenta il primo progetto del genere nel panorama italiano ed europeo. Il suo scopo è quello di fornire uno strumento di analisi e di monitoraggio costante e organico del fenomeno dell'inclusione finanziaria dei migranti nel nostro Paese. I risultati del primo anno di attività dell'Osservatorio saranno presentati a Roma il 12 novembre. Le aree di indagine su cui si è concentrato il progetto sono state tre: il lato dell'offerta, con l'analisi del coinvolgimento delle banche e degli istituti di credito; il lato della domanda, con questionari rivolti a un campione rappresentativo di migranti nelle città di Milano, Roma e Napoli; lo stato dell'imprenditoria, con una panoramica di tutte le imprese avviate e dirette da nuovi cittadini presenti in quattro territori campione (Milano, Bergamo, Brescia e Roma), e alcuni focus dedicati all'imprenditoria femminile. Tra le evidenze più interessanti che escono dal rapporto vi è la possibilità offerta dall'imprenditoria di contribuire a tracciare un percorso sui generis di inserimento sociale ed economico, e il ruolo di primo piano che all'interno di questo fenomeno svolgono quelle che gli addetti ai lavori definiscono "catene migratorie". Come sottolineato dai curatori del dossier, queste "cinghie di trasmissione" fungono infatti da «catalizzatori per l'occupazione e l'integrazione sociale dei membri della propria comunità», agevolando «il passaggio di informazioni» e favorendo la crescita delle imprese. «Secondo i dati Istat 2011 - spiega il rapporto - il totale degli stranieri in Italia ammonta a 4,2 milioni, il totale degli imprenditori consta invece 415.534 unità (336.583 nel 2010), raggiungendo una propensione media all'imprenditoria di circa il 10 per cento». Il panorama imprenditoriale fotografato dall'analisi è composito e caratterizzato da uno stretto rapporto con il territorio e comportamenti finanziari molto diversificati in base alla nazionalità. Dal punto di vista geografico, ad esempio, si conferma una maggiore concentrazione di conti correnti attivati da imprenditori stranieri presso le banche nel Nord Italia, dove sono registrati il 67 per cento dei conti attivi; il 34 per cento viene invece aperto nel Centro e il 5 per cento nel Sud. Da notare che quasi un terzo del totale è intestato a un'imprenditrice donna, con una percentuale che supera il 50 per cento nel caso delle imprese filippine, ucraine, polacche e moldave. Osservando le nazionalità di provenienza dei titolari di un'impresa, invece, quello che emerge è che i più numerosi sono i cinesi (14,6 per cento del totale), seguiti da egiziani (7,2) e albanesi (4,8), mentre in fondo alla classifica si trovano romeni (2,7) e nigeriani (2,6). Le aziende dirette da migranti sono mediamente più giovani di quelle italiane, visto che hanno quasi tutte meno di dieci anni, ma ciò nonostante nell'ultimo periodo hanno cominciato a mostrare un dinamismo e livelli di integrazione socio-economici tali da permettere «l'avvio di attività economiche imprenditoriali di maggiore complessità». Una dinamica, questa, che le istituzioni italiane e farebbero bene a prendere in adeguata considerazione, visto che se supportata con criterio, potrebbe offrire «un'opportunità in termini di contributo alla ripresa e al processo di internazionalizzazione del sistema economico del Paese», trascinandolo fuori dalla crisi.


Profughi


Uscita dall’”emergenza Nord Africa” - Nuove procedure

Ai 20 mila profughi dalla Libia verrebbe concessa almeno la protezione umanitaria


IL COMMENTO DEL CIR

5 novembre 2012- Dopo la manifestazione del 30 ottobre a Piazza del Pantheon a Roma, emergono finalmente in questi ultimi giorni degli orientamenti del governo in quanto allo status giuridico dei profughi arrivati da Nord Africa nel 2011.

Il commento del CIR.

In modo piuttosto velato viene raccomandato alle commissioni territoriali di conferire come minimo la protezione umanitaria tanto nei confronti dei richiedenti asilo la cui domanda deve essere ancora esaminata, quanto nei confronti di coloro che hanno già ottenuto un diniego. Per ambedue i gruppi vengono sollevate delle “esigenze umanitarie connesse alla recisione dei legami con il paese di origine”. Per il secondo gruppo, peraltro molto numeroso, si  delinea la seguente procedura: i profughi devono ripresentare alle questure la richiesta di asilo che viene trasmessa on line all’interno del sistema VESTANET alle Commissioni Territoriali per una nuova valutazione che dovrebbe seguire l’indicazione di concedere la protezione umanitaria. Nel momento di presentare la nuova richiesta alla Questura, i profughi vengono invitati a rinunciare all’audizione personale; in tal caso le Commissioni Territoriali devono prendere una decisione entro 20 giorni dalla ricezione delle domande “C3” on line. La rinuncia, comunque, non è obbligatoria. Non viene richiesto un ritiro di un eventuale ricorso contro il diniego. Dovrà essere cura della Protezione Civile di istruire gli enti gestori dei centri di accoglienza affinché possano informare in modo capillare tutti i profughi su questa procedura. 

COMMENTO DEL CIR:

Da un lato il CIR si dichiara soddisfatto che con questo provvedimento si sia cercato di evitare che un gran numero di profughi si trovi senza permesso di soggiorno e senza protezione alcuna. Dall’altro lato al CIR sembra che questa procedura sia inutilmente farraginosa e che, nonostante le modalità informatiche previste, si rischia di perdere molto tempo, in primo luogo presso le Questure e poi presso le Commissioni Territoriali. Sulla base della normativa vigente, in particolare gli articoli 19 e 5 comma 3 del Testo Unico sull’Immigrazione, si sarebbe potuto semplicemente istruire le Questure al rilascio a tutti i profughi, altrimenti senza protezione, di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Appare ovvio che il governo voglia evitare l’impressione di una “sanatoria” per poi comunque arrivare allo stesso risultato a costo di altro tempo prezioso perso. Peraltro risulta non definito chi può essere “beneficiario” della procedura di ri-esame in termini di periodo entro il quale i profughi dovrebbero essere arrivati in Italia e la loro provenienza. In dettaglio rimangono molte domande aperte e si teme un’eccessiva discrezionalità delle Questura a procedere.

In allegato: la circolare del Ministero della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Interno



Caritas - Migrantes: allarme per la situazione dei profughi dal Nord Africa

Le strutture di accoglienza chiuderanno il prossimo 31 dicembre, mentre i permessi umanitari vengono dati col contagocce


Roma, 12 novembre 2012 - (Adnkronos) - Il provvedimento adottato dal governo per il rilascio di permessi di soggiorno umanitari rischia di essere ''una procedura macchinosa'' e pertanto, in vista della scadenza del 31 dicembre, quando e' prevista la chiusura dell'emergenza nord Africana e delle relative strutture di accoglienza, cresce l'allarme della Caritas italiana e della Fondazione Migrantes per i disagi e le difficoltà burocratiche, economiche e sociali vissute dai centri e dalle comunità di accoglienza. Un quadro che induce a sollecitare interventi ''volti a far uscire le persone da forme di accoglienza occasionali ed emergenziali''. Da un monitoraggio condotto dalla rete delle Caritas diocesane impegnate nell'accoglienza, riferisce una nota, e' emerso che circa il 60% delle persone e' ancora in attesa di ricevere uno status definitivo, o di conoscere l'esito del procedimento amministrativo o di quello giudiziario. Il provvedimento del governo, sottolineano ancora Caritas e Fondazione Migrantes, ''potrà essere realizzata efficacemente solo con l'apporto congiunto degli attori istituzionali e degli enti di tutela''. Tra gli ospiti delle strutture, inoltre, ''figurano diverse persone vulnerabili, centinaia di nuclei familiari e decine di minori stranieri non accompagnati, categorie verso le quali la prospettiva di una chiusura dell'accoglienza al 31 dicembre non e' auspicabile, oltre che difficilmente praticabile''. La Caritas e l'Associazione Migrantes auspicano dunque interventi urgenti delle Autorità competenti ''per l'adozione di misure volte a superare le criticità, a partire dal tempestivo rilascio di un permesso di soggiorno alle persone in accoglienza, nonché la necessaria proroga dell'accoglienza per le categorie cosiddette vulnerabili'' e sottolineano ''l'opportunità di un coinvolgimento delle maggiori organizzazioni di tutela per definire un piano di misure concrete da attuare nel breve periodo, così come accaduto nella fase iniziale di questa emergenza, durante la quale e'

stata data la disponibilità all'accoglienza di migliaia di profughi''. Infine, insieme con i vescovi della Cemi, ricordano che ''la prospettiva realistica di nuovi flussi verso l'Italia di persone che vivono il dramma della fuga per ragioni politiche e religiose non permette di lasciare ulteriormente nella precarietà strutture e percorsi di accoglienza e protezione umanitaria nel nostro Paese''.


 

Società


L'OSSERVATORIO FINANZIARIO

L’inclusione finanziaria dei migranti passa dalla famiglia

La crisi cambia la gestione del risparmio dei nuovi cittadini. Il 75% delle famiglie è titolare di conto corrente in banca o presso BancoPosta.

PIERPAOLO MOLINENGO, http://www.trend-online.com


Cambia la gestione del risparmio delle famiglie migranti per via della crisi, mentre prosegue e si consolida il processo di inclusione finanziaria dei nuovi cittadini, anche se con diverse velocità. Il 75% delle famiglie è titolare di conto corrente in banca o presso BancoPosta. È quanto emerge dall’indagine dell’Osservatorio Nazionale sull’Inclusione Finanziaria dei migranti nel suo primo anno di attività, presentata oggi a Roma. Prima esperienza nel panorama italiano ed europeo, l’Osservatorio è un progetto pluriennale (con scadenza a giugno 2014), nato dalla collaborazione fra l’Associazione bancaria italiana (Abi) e il Ministero dell’Interno (Fondo Europeo per l’Integrazione di cittadini di Paesi Terzi), e gestito dal Centro Studi di Politica Internazionale (CeSPI). “Quando l’integrazione passa anche dallo sportello” il titolo dell’evento che Abi e CeSPI – con la collaborazione del Ministero dell’Interno – dedicano al tema dell’inclusione finanziaria dei migranti. “Il nostro Paese ospita un’immigrazione strutturale e rilevante – ha detto il direttore generale dell’Abi Giovanni Sabatini, in apertura del convegno. Alla luce delle dinamiche demografiche ed economiche, il suo trend di crescita appare evidente: i migranti sono diventati una realtà importante. Quasi 1,8 milioni di conti correnti del nostro sistema finanziario sono intestati ai nuovi italiani. L’evento di oggi vuole essere un contributo concreto che ci consente di favorire l’individuazione di strategie integrate e la necessaria relazione tra i vari soggetti coinvolti, per generare valore per le persone e per il Paese, in termini economici, culturali e di coesione sociale”. L’Osservatorio intende fornire a operatori e istituzioni uno strumento di analisi e monitoraggio costante e organico del fenomeno dell’inclusione finanziaria dei migranti nel nostro Paese, quale condizione necessaria per favorire il processo di integrazione. L’indagine, a carattere innovativo, condotta su un campione rappresentativo di residenti immigrati, approfondisce le strategie della famiglia in quanto “soggetto di scelte finanziarie”. Se analizziamo la presenza e la composizione dei conti correnti in famiglia – intesa come gruppo di persone “allargato”, composto dall’intervistato, dai familiari e includendo anche altre forme di convivenza e relazione di volta in volta segnalate – il 56% delle famiglie possiede un conto corrente presso una o più banche; l’11% possiede un solo conto presso BancoPosta; l’8% è titolare di un conto corrente in banca e uno in Banco Posta. Il 17% ha più di un conto corrente. Il tema della bancarizzazione riveste un ruolo prioritario nell’inclusione finanziaria dei migranti, essendo un primo passo verso la sua inclusione economica e sociale. Il processo di bancarizzazione, e di conseguenza la sua rilevazione, dipendono da una serie di fattori su cui incidono anche difficoltà dovute alla crisi: la stabilità economica; le dinamiche occupazionali; le dinamiche migratorie verso l’Italia o il rientro in patria dei migranti, e la mobilità della migrazione in Italia; il ruolo degli operatori finanziari dei paesi di origine che optano per strategie di internazionalizzazione dirette ad accompagnare i migranti nei paesi di destinazione.

L’indice di bancarizzazione …
Rispetto alle 21 nazionalità considerate, pari all’88% degli immigrati residenti in Italia, a fine 2010 il numero di conti correnti intestati a cittadini migranti presso le banche italiane e BancoPosta ammonta a 1.782.426 unità. Considerando solamente la popolazione immigrata adulta (regolarmente residente nel nostro paese) è possibile determinare un indice di bancarizzazione pari al 61,2%. Il dato, pur se significativo, risulta però sottostimare la reale inclusione finanziaria degli immigrati in Italia: nel primo anno di attività dell’Osservatorio non è stato infatti possibile comprendere nell’analisi lo strumento delle carte di debito ricaricabili con IBAN, assimilabili per funzionalità ai conti correnti bancari tradizionali, di recente introduzione e particolarmente adatte alle esigenze della popolazione immigrata. Pari a 22 la percentuale di correntisti da più di 5 anni.


 

Cittadinanza

 


Cittadinanza minori. Alla Camera la riforma è in un vicolo cieco

In Commissione non si raggiunge l’accordo per un testo unificato. Bertolini (Pdl): "Contrari allo ius soli". Amici (Pd): "Le seconde generazioni sono italiane, principio non negoziabile"


Roma – 9 novembre 2012 – Viste le premesse, era da illusi aspettarsi un esito diverso. Ma ora arriva la conferma che la riforma della  legge sulla cittadinanza, anche solo limitata alle seconde generazioni, non verrà portata in porto in questa legislatura. Qualche  speranza era nata lo scorso giugno, quando a Montecitorio, in commissione affari costituzionali, era iniziato l’esame di diverse proposte di legge dedicate solo alle seconde generazioni. Ma man mano che si andava avanti nella discussione, diventava chiaro che le distanze tra le forze politche, anche per quanto riguarda i diritti dei figli degli immigrati, sono profonde. Il Partito Democratico e il Terzo Polo vogliono introdurre il principio dello ius soli  temperato: italiano chi nasce o arriva qui da piccolo, magari dopo un ciclo scolastico. Ma la proposta non vince le remore del centrodestra, con il Popolo delle Libertà pronto a concedere solo qualche semplificazione burocratica nella procedura, e la Lega Nord nettamente contraria a toccare le regole esistenti. Queste le posizioni, a prima vista inconciliabili, sulle quali si erano lasciati i deputati alla conclusione della discussione generale in commissione, alla fine di luglio scorso. Avevano però anche dato mandato alle due relatrici Isabella Bertolini (Pdl) e Sesa Amici (Pd) di tentare di trovare una mediazione per arrivare a un testo unificato da portare in Aula. Quel tentativo c’è stato, ma è fallito. Ieri pomeriggio, quando la riforma è tornata all’ordine del giorno n Commissione, Bertolini ha spiegato:  "Allo stato, non vi sono i presupposti per giungere alla definizione di un testo unificato condiviso. È chiaro che vi è una mancanza di accordo su quello che rappresenta il principio base su cui impostare i provvedimenti in titolo: l'introduzione o meno nell'ordinamento italiano del principio dello ius soli per l'acquisto della cittadinanza". E Sesa Amici dichiara a Stranieriinitalia.it: "Purtroppo, se il Pdl non apre allo ius soli, per quanto temperato, non vediamo sbocchi alla discussione. Per noi non è negoziabile che sia italiano chi nasce qui o arriva qui da piccolo. Loro sono ancora ancorati all’idea della cittadinanza come concessione, e non come diritto, anche per le seconde generazioni". Cosa succederà adesso? "Martedì prossimo – spiega la deputata del Pd – l’ufficio di presidenza adotterà un testo base, probabilmente la proposta Bressa, sulla quale verranno poi proposti e discussi gli emendamenti. È chiaro però che se le posizioni non cambiano non ci sono i presupposti per trasformarla in legge e riformare le regole sulla cittadinanza".

Elvio Pasca, www.stranieriinitalia.it