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Corte di Cassazione, sezione VI civile, sentenza 29 maggio - 25 giugno 2012, n. 10546
 
La Corte di Cassazione accoglie il riicorso di un cittadino straniero, annullando la sentenza della  Corte di Appello di Roma che aveva rigettato la richiesat di riesame di protezione internazionale in quanto manca l'avviso art. 7 L.241/90 del rigetto della domanda di asilo .La Corte rileva, infatti, che l'iniziativa officiosa e "collaborativa" del giudice che disamini una disattesa domanda di protezione internazionale, ben può essere negata le volte in cui le prospettazioni documentali ed orali del richiedente protezione siano di tale implausibilità da rendere inutile l'iniziativa stessa, ma non può essere negata le volte in cui il richiedente protezione, per violazione della norma su procedimento, non abbia potuto ragionevolmente formulare alcuna produzione o deduzione, vieppiù se tale omissione neanche sia stata emendata con la proposizione dei fatti in sede di audizione innanzi al giudice (neanche tale audizione essendo stata disposta).
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
.....
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 27858 del R.G. anno 2011
proposto da:
G.M.A. domiciliato in ROMA, Via Valadier 39 presso l'avv. PRECENZANO Francesco con l'Avvocato Angela Rita Forte del Foro
di Cosenza che lo rappresenta e difende per procura a margine del ricorso;
-ricorrente-
contro
Ministero dell'Interno, dom.to in Roma Via dei Portoghesi 12 presso
l'Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende per
legge;
-controricorrente-
avverso la sentenza 15.07.2011 della Corte di Appello di Roma; udita la relazione della causa svolta nella c.d.c. del 29.05.2012 dal Consigliere Dott. Luigi MACIOCE; presente il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Pasquale Figiani.

Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
G.M.A., cittadino del (OMISSIS), giunto sul territorio italiano il 21.11.2008 richiese la protezione internazionale sull'assunto di essere di confessione musulmana ed appartenente alla etnia (OMISSIS), invisa al predominante gruppo etnico dei (OMISSIS), e di essere stato gravemente vessato, minacciato e quindi espulso perchè perseguitato da un esponente del gruppo dominante anche per le sue attenzioni dimostrate verso la figlia di costui. Ristretto nel Centro di (OMISSIS) ed ascoltato dalla Commissione Territoriale di Roma il 25.2.2009, il G. si vide respingere tutte le domande e propose quindi ricorso al Tribunale di Roma, chiedendo il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria o infine del diritto al rilascio di un permesso umanitario. Il Tribunale con sentenza 19.4.2010 respinse il ricorso ed il G. propose tempestivo reclamo innanzi alla Corte di Roma, rinnovando la richiesta di audizione personale, l'istanza di assunzione di informazioni, la richiesta di eventuale CTU, ma la Corte adita, con sentenza 15.7.2011, ha rigettato il reclamo affermando, per quel che rileva, che al procedimento non era applicabile la L. n. 241 del 1990, art. 7, e che nel merito andava condivisa la valutazione negativa fatta dal primo giudice, essendo stata sottoposta una vicenda soltanto personale e non essendo stati allegati dati e fatti sulla pretesa conflittualità tra etnie (OMISSIS) in grado di giustificare il ricorso alle iniziative istruttorie officiose della Corte stessa.
Per la cassazione di tale sentenza il G. ha proposto ricorso notificato il 10.11.2011 con tre motivi ai quali ha resistito l'Amministrazione dell'Interno con controricorso del 14.12.2011.
Il Presidente ha fissato udienza al 29.5.2012 disponendo che la cancelleria provvedesse alle notifiche D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, comma 14.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Devesi in primo luogo ritenere tempestivo il deposito del ricorso. Ed infatti a danno del ricorrente non può operare il termine di decadenza di 30 giorni dalla notifica della sentenza di appello di cui al vigente D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 14 (sentenza notificata l'8.9.2011 e ricorso depositato, dopo la indebita notifica, il 30.11.2011): posto che la sentenza 15.7.2011 è stata bensì notificata a cura della cancelleria ma non nel suo testo integrale ma solo nella pagina 3, contenente il dispositivo, non è stato rispettato il sopra richiamato termine di legge e la difforme attività notificatoria è da ritenersi inidonea a far decorrere il termine breve de quo (Cass. 10204 del 2011), con la conseguenza della piena applicazione del termine annuale residualmente operante.
Primo motivo; lamenta la mancata applicazione, per erronea esclusione del suo richiamo, della L. n. 241 del 1990, art. 7. La censura è fondata. E' esatto l'assunto per i quale l'art. 7, dovesse trovare applicazione nella definizione della domanda d protezione essendo chiaro il richiamo espresso operato ad esso del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 18. E' quindi errata la negatoria della sua applicazione affermata dalla Corte di merito. Ma la conseguenza non è la nullità del provvedimento per carenza di requisito formale ma la invalidità di una decisione che abbia puramente e semplicemente "accettato" la acquisizione procedimentale lesiva di diritti della difesa: il vizio di omesso avviso, in realtà, rifluisce sul diritto alla difesa (come affermato, per la non dissimile ipotesi dell'obbligo di procedere alla traduzione degli atti nei corso del procedimento di protezione, da Cass. 26480 e 24544 del 2011). Nella specie il ricorso è del tutto autosufficiente nell'affermare che avrebbe potuto, ove avvisato, produrre alla C.T. documentazione di rilievo, proprio quella documentazione che a pag. 3 della sentenza di appello si afferma non essere reperibile in atti.
Secondo motivo: lamenta la sommaria valutazione di carenza di allegazioni sufficienti a fondare l'iniziativa officiosa. La censura va collegata a quella di cui sopra e va fatta applicazione dei principi posti dalle SU. 27310 del 2008 e da Cass. 10202 del 2011 e 17576-26056 del 2010. In questo quadro il motivo è da considerarsi fondato, posto che l'iniziativa officiosa e "collaborativa" del giudice che disamini una disattesa domanda di protezione internazionale, ben può essere negata le volte in cui le prospettazioni documentali ed orali del richiedente protezione siano di tale implausibilità da rendere inutile l'iniziativa stessa, ma non può essere negata le volte in cui il richiedente protezione, per violazione della norma su procedimento di cui al precedente motivo, non abbia potuto ragionevolmente formulare alcuna produzione o deduzione, vieppiù se tale omissione neanche sia stata emendata con la proposizione dei fatti in sede di audizione innanzi al giudice (neanche tale audizione essendo stata disposta).
Terzo motivo: esso denunzia ut supra la illogicità della motivazione e, per quanto di ragione, deve essere accolto.
Si cassa l'impugnata sentenza e si rinvia allo stesso Ufficio perchè - dando ingresso ed esaminando le allegazioni e deduzioni dell'interessato precluse dalla violazione commessa innanzi alla Commissione Territoriale e se del caso avvalendosi dei suoi poteri informativi - formuli nuova valutazione e conclusivamente regoli anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia - anche per le spese - alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2012