Un anno di governo Monti, anche per gli immigrati

Molte decisioni dei professori hanno riguardato gli stranieri in Italia, dai permessi più lunghi per i disoccupati alla regolarizzazione. Ma ci sono anche promesse non mantenute e occasioni sprecate

 

Roma – 16 novembre 2012 – Compie un anno il governo guidato da Mario Monti e la sua azione in questi dodici mesi si è fatta sentire, nel bene o nel male, anche sul fronte dell’immigrazione.

Che il tema fosse ritenuto importante dai Professori è sembrato chiaro proprio il 16 novembre 2011, quando a giurare nelle mani del Presidente della Repubblica è stato chiamato anche un ministro dell’Integrazione e della Cooperazione Internazionale. Ad Andrea Riccardi sono andate (non senza qualche resistenza) competenze che altrimenti sarebbero state dei colleghi, soprattutto  Cancellieri (Interno), Fornero  (Lavoro) e Terzi (Esteri).

A dicembre la prima manovra economica del governo, il famoso decreto Salva Italia, non ha dimenticato gli immigrati, che in tempi di sacrifici per tutti se ne sono visti piovere dall’alto anche uno aggiuntivo, quell’ “Imposta sul valore degli immobili situati all’estero” che è andata a colpire anche le case comprate in patria con i soldi risparmiati qui, salvo la possibilità di scontare l’eventuale patrimoniale già pagata nel Paese d’Origine. Lo stesso decreto ha però anche messo finalmente nero su bianco che chi attende il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno va considerato a tutti gli effetti un immigrato regolare

Se per romeni e bulgari il 2012 si è aperto con la fine delle restrizioni all’accesso al mercato del lavoro, per gli extra ue sono arrivati altri sacrifici, quando il 30 gennaio è entrato in vigore il nuovo contributo sui rilasci e i rinnovi dei permessi di soggiorno, con importi variabili da 80 a 200 euro. Quello, però, era un regalo del governo precedente, firmato dagli allora ministri dell’Interno e dell’Economia Roberto Maroni e Giulio Tremonti, un colpo di coda dal sapore leghista che si è fatto sentire duramente sui bilanci delle famiglie immigrate.

Anna Maria Cancellieri e Andrea Riccardi dissero di voler “avviare una approfondita riflessione e attenta valutazione” della nuova tassa, ipotizzando una “modulazione rispetto al reddito del lavoratore straniero e alla composizione del suo nucleo familiare”. Poi la titolare del Viminale ventilò la possibilità di aumentare la durata dei permessi di soggiorno, diluendo di fatto la stangata. Entrambe le promesse, però, finora non sono state mantenute.

Altra eredità del precedente governo è stata l’entrata in vigore, a marzo,  dell’accordo di integrazione. E se per ora la firma presso gli sportelli Unici dell’Immigrazione non sembra aver creato grossi problemi e si procede con i mini-corsi di educazione civica, bisognerà vedere cosa succederà nel 2014, quando bisognerà verificare se i firmatari hanno tenuto fede agli impegni.

Una tassa eliminata dal governo Monti è invece quella sulle rimesse degli immigrati irregolari, introdotta  per iniziativa leghista. L’ha cancellata lo scorso marzo il decreto legge sulle semplificazioni fiscali, per tenere fede agli impegni internazionali dell’Italia sul fronte della riduzione dei costi per l’invio di denaro in patria da parte dei migranti, considerata una leva fondamentale per lo sviluppo dei Paesi d’Origine.

Un altro decreto sulle semplificazioni ha invece abolito l’invio del contratto di soggiorno agli Sportelli Unici per ogni nuova assunzione di lavoratori stranieri. E ha velocizzato le procedure per far arrivare in Italia lavoratori stagionali, permettendo inoltre che, terminato un contratto, possano firmarne un altro senza tornare in patria.

Sempre a 35 mila lavoratori stagionali (e a 4 mila lavoratori già formati in patria) era dedicato, la scorsa primavera, l’unico decreto flussi firmato quest’anno. Accogliendo le indicazioni degli esperti del ministero del lavoro, infatti, il governo ha deciso di non aprire le frontiere ad altri ingressi di lavoratori subordinati , per tutelare e permettere il reimpiego dei lavoratori immigrati disoccupati che già si trovano in Italia.

Per i disoccupati, la scorsa estate, è arrivata anche una novità importante. La riforma del mercato del lavoro condotta in porto dal ministro Elsa Fornero ha infatti innalzato ad almeno dodici mesi (prima erano sei) e comunque a tutta la durata degli eventuali ammortizzatori sociali la validità del permesso di soggiorno per attesa occupazione, allontanando il rischio che chi perde il lavoro perda anche il diritto di rimanere in Italia.

Monti e i suoi hanno poi dato finalmente attuazione a due direttive europee che i loro predecessori avevano fatto scadere. Lo scorso luglio, il decreto legislativo 108/2012 ha previsto ingressi al di fuori delle quote, procedure più veloci e un super permesso di soggiorno (la carta blu) per una vasta platea di lavoratori qualificati.

Negli stessi giorni è arrivato anche il decreto legislativo 109/2012, che ha introdotto sanzioni più dure per chi dà lavoro a immigrati irregolari prevedendo anche un permesso “premio” per incentivare le denunce da parte dei lavoratori più sfruttati, come quelli schiavi dei caporali nei campi o sui cantieri. E soprattutto, su richiesta del Parlamento e grazie alla spinta di Riccardi, ha dato il via a una vera e propria regolarizzazione.

Proprio la regolarizzazione, con 135 mila domande inviate da famiglie (soprattutto) e imprese tra il 15 settembre al 15 ottobre scorso, è stata però forse un’occasione persa, considerando che il bacino di lavoratori irregolari era molto più ampio. Una procedura penalizzata soprattutto dai costi alti e da altri paletti fissati dal governo, come quella prova di presenza in Italia a partire dal 2011 sulla quale, tra l’altro, si è fatto chiarezza solo una decina di giorni prima che si chiudessero gli invii.

In queste settimane il governo è impegnato a trovare una via di uscita per i ventimila profughi dell’Emergenza Nordafrica ospitati nelle strutture di accoglienza. Dal primo gennaio rischiano di rimanere per strada, e se la concessione di permessi umanitari sembra la soluzione trovata in questi giorni per definire il loro status giuridico,senza altre risorse e una proroga degli interventi di sostegno si rischia una situazione esplosiva.

Nel bilancio di questo anno di governo non si può infine non citare il mancato impulso a una riforma della legge sulla cittadinanza per le seconde generazioni che pure era ritenuta necessaria da diversi membri dell’esecutivo. “È una questione che personalmente io sento molto” ammise a giugno in un’intervista lo stesso Mario Monti, aggiungendo però  che non avrebbe rischiato una crisi dell’esecutivo forzando la mano al Parlamento su questo tema. I tecnici, quindi, sono rimasti fermi, e la politica pure. Se ne riparla la prossima legislatura.

Elvio Pasca