12 novembre 2012

Asilo politico, 15mila richieste Code di immigrati in Questura
il Giornale, 12-11-2012
Enrico Silvestri
Decine di persone accampate fuori dalla questura per notti e notti, in attesa di entrare all'ufficio stranieri e iniziare, o perfezionare, la pratica per l'asilo politico. Una situazione vergognosa a cui i vertici di via Fatebenefratelli hanno ovviato creando un sistema di prenotazione via Internet chiamato Cupa, «Centro unico appuntamenti». Incontri sono già stati avviati con le associazioni che assistono gli stranieri mentre nei prossimi giorni verranno affissi manifesti agli sportelli e distribuiti volantini per organizzare una comunità giunta ormai a 15mila persone. Sulle strutture della questura grava l'enorme peso di quasi mezzo milione di stranieri tra città e provincia quotidianamente alle prese con documenti. L'ufficio stranieri della questura e i commissariati macinano quasi mille documenti al giorno, distribuiti grazie a precisi appuntamenti, giorno e ora, fissati con largo anticipo. Si tratta però esclusivamente di persone che hanno fatto richiesta di regolarizzazione spedendo l'apposito kit dai diversi uffici postali. L'immigrato viene convocato una prima volta per verificarne le condizioni e una seconda volta per concedergli l'eventuale permesso di soggiorno e nel tempo i successivi rinnovi.
Fuori da questi percorsi invece gli stranieri che chiedono l'asilo politico, la protezione sussidiaria o umanitaria, per esempio per ottenere cure sanitarie. Una folla di oltre 10mila persone provenienti da aree di crisi di mezzo mondo. A cui nell'ultimo anno si sono aggiunti i rifugiati da Egitto, Tunisia e Libia, coinvolti nei violenti rivolgimenti che hanno portato in poche settimane 1.300 nuovi arrivi nella sola Milano, una delle mete preferite dei rifugiati, che si riversano agli sportelli dell'ufficio stranieri diretto da Giuseppe De Angelis. Il loro percorso prevede un permesso provvisorio di sei mesi, in attesa dell'eventuale accoglimento della domanda. Ma questa volta senza appuntamento: il cittadino si presenta allo sportello e aspetta il suo turno, sapendo che ogni giorno possono venire esaminate solo 40 posizioni.
E spesso lo straniero deve tornare più volte nel corso dell'anno. Per ottenere una risposta dalla commissione territoriale infatti possono passare anche più di sei mesi. Se la domanda viene respinta sono previsti ricorsi di primo e secondo grado, allungando anche di anni l'attesa. E ogni sei mesi il rifugiato si deve sottoporre ad attese interminabili. Spesso di notte, con bivacchi per strada, con improvvisati venditori di cibo e coperte che speculano su questi poveri disgraziati. Un problema risolto con il nuovo sistema approntata dall'ufficio stranieri che consente di ottenere appuntamenti via internet. L'utente entra nel sito «Cupa Project», si registra, chiede l'appuntamento e dopo un po' riceve la risposta. Una procedura non facilissima, bisogna evitare indebite intrusioni nel sistema, e per questo l'ufficio ha già preso contatto con una quarantina tra associazioni e consolati dove gli stranieri possono eventualmente appoggiarsi, mentre spiegazioni in cinque lingue saranno affisse agli sportelli. Lasciando così per sempre alle spalle la vergogna dei bivacchi notturni.



In Ue crescono le richieste di asilo nel secondo trimestre 2012. Per l’Italia un calo netto rispetto al 2011.
Oltre 6.800 le decisioni di primo grado in materia d’asilo in Italia, solo una su tre ha avuto un esito positivo.
Immigrazioneoggi, 12-11-2012
In Italia crescono le richieste d’asilo nel secondo trimestre del 2012, ma rispetto allo stesso periodo del 2011 sono in netto calo. Oltre 6.800 invece le decisioni prese nel trimestre in considerazione, ma solo una su tre ha avuto un esito positivo.
È quanto riporta l’aggiornamento sulle richieste d’asilo diffuso da Eurostat e riguardante le richieste d’asilo nei 27 Paesi dell’Ue. Sono 69.930 complessivamente le richieste presentate nell’Unione europea nel secondo trimestre 2012, in lieve crescita rispetto al primo (+ 1%) ma in calo del 10% rispetto al secondo trimestre 2011.
Per quanto riguarda l’Italia, il secondo trimestre 2012 ha visto 3.370 richieste, oltre il 50% in più rispetto al primo che ne aveva fatte registrare 2.215, ma molte di meno rispetto al secondo trimestre del 2011, facendo registrare una flessione del 78%. Più numerose le richieste presentate in altri Paesi sempre per il secondo trimestre del 2012: in Francia 13.750, in Germania 12.800, in Belgio 6.760, nel Regno Unito 6.415 e in Svezia 8.790. Numeri ancora una volta superiori a quelli italiani se si prendono in considerazione le richieste degli ultimi 12 mesi: a guidare la classifica è la Germania con 58.830 richieste, seguita dalla Francia con 56.255 richieste, 33.430 per la Svezia, 31.395 il Belgio e 26.745 la Gran Bretagna. Per l’Italia, invece, negli ultimi 12 mesi le richieste sono complessivamente 18.795.
In Italia, le nazionalità di richiedenti più rappresentate nel periodo preso in considerazione dall’aggiornamento Eurostat sono il Pakistan (18%), il Senegal (12%), la Nigeria (8%), la Tunisia (7%) e il Ghana (6%). Per Senegal e Tunisia, l’Italia risulta essere il primo Paese, per quanto riguarda il secondo trimestre, a cui viene avanzata la richiesta d’asilo. Per quanto riguarda l’età dei richiedenti in Italia il 73,4% delle richieste del secondo trimestre del 2012 arriva da 18-34enni, il 3,6% da minori con 0-13 anni e il 5,3% da 14-17enni. La stragrande maggioranza delle richieste in Italia, inoltre, avviene da parte di persone di sesso maschile.
Complessivamente, da aprile a giugno, in Italia sono state 6.820 le decisioni in materia d’asilo e 2.250 quelle con esito positivo (580 hanno ricevuto lo status di rifugiato, 1.000 la protezione sussidiaria, 670 il permesso per motivi umanitari), 4.575 le domande rigettate.



Botte e coltellate, è caccia all'immigrato in Abruzzo le "ronde dei giustizieri"
Nell'ultimo raid feriti due marocchini, sospetti sul figlio del sindaco. Le azioni punitive sono iniziate a settembre: in alcuni video la denuncia delle vittime
la Repubblica, 12-11-2012
ATTILIO BOLZONI
SONO INSEGUITI, braccati. Spacciatori e contadini, clandestini o regolari. Ronde, coltellate, pestaggi. In un paese dell'Abruzzo sono arrivati i giustizieri della notte contro gli immigrati. È la legge fai da te a Luco dei Marsi. In prima linea la famiglia del sindaco. A meno di un'ora da Roma capitale c'è un'Italia degli schiavi sopraffatta dalle violenze e ricattata dal racket dei padroni degli orti, botte e pizzo, imboscate e un obolo di 7 o 10 mila euro per intascare un falso contratto di lavoro e ottenere un permesso di soggiorno.
Un inferno nascosto fra Avezzano e i confini della Ciociaria, in quella conca del Fucino che una volta era un lago e oggi è distesa di campi dove si spaccano la schiena magrebini, macedoni, rumeni, bulgari, albanesi. Lì i raid sono cominciati a fine settembre, ma dopo l'ultimo "pattugliamento" e quattro ferimenti in pochi giorni - tra le vittime anche un italiano, Ennio Tommasi, che s'intratteneva con alcuni extracomunitari - due marocchini hanno riconosciuto i loro aggressori. Uno è il figlio poliziotto del sindaco di Luco dei Marsi, l'altro sarebbe un suo nipote.
Il paese ha seimila abitanti e quasi 900 immigrati, la provincia è quella dell'Aquila, patate, carote, barbabietole e un esercito di disperati che lavorano tre mesi l'anno e per il resto sopravvivono con lavoretti in nero o - alcuni, solo alcuni - vendendo coca. Troppi stranieri e troppe tensioni. A Luco dei Marsi è così cominciato a montare in quest'autunno un risentimento contro tutti gli immigrati, senza differenza fra buoni e cattivi, onesti e disonesti. E poi sono cominciate le ronde. E la caccia all'uomo.
L'altra notte - quella di venerdì - l'ultima scorribanda.
Non è ancora l'una, due agricoltori marocchini cercano un passaggio per tornare nella cascina dove dormono con altri trenta connazionali. Sono al centro del paese, si avvicinano a una tabaccheria per acquistare sigarette in un distributore automatico. Qualcuno li segue. I due vengono circondati. Uno degli immigrati riesce a fuggire, l'altro si risveglia il giorno dopo.
Racconta Almiraia Halderaha: "Mi sono venuti addosso in tre, mi hanno massacrato, ho ripreso i sensi in ospedale e non avevo più i 210 euro nel portafoglio. Il mio amico che è scappato mi ha detto che uno dei picchiatori lo conosceva: è un poliziotto di Luco". Almiraia ha presentato denuncia. E anche l'amico che è fuggito e poi è andato al commissariato di Avezzano. È Rashid El Dovhali, che ora dice: "Ho riconosciuto il figlio poliziotto del sindaco di Luco dei Marsi quella sera e poi l'ho detto ai poliziotti che mi hanno mostrato le sue foto".
C'è qualcun altro che ha visto tutto quella notte. Anche lui è un marocchino, che dalla sua casa ha assistito al pestaggio. Anche lui è pronto a testimoniare.
E c'è ancora un altro marocchino assalito il 25 settembre che ha avuto lo stesso destino di Almiraia. Si chiama Hicham Ouguandar. Ricorda: "Mi è venuto incontro un uomo dicendo: "Fermo polizia" e ha tirato fuori il tesserino. Poi sono arrivati altri tre, mi hanno messo al muro e picchiato con stanghe di ferro. Mi hanno rubato 170 euro. Uno è un poliziotto, è il figlio del sindaco di Luco". Hicham dice che di avere saputo di molti amici pestati in paese dai giustizieri delle ronde.
I drammatici racconti - quelli di venerdì scorso e quello del 25 settembre (che potete vedere integralmente sul sito di Repubblica. it) sono stati raccolti da Angelo Venti, che è il direttore del giornale online Site. it., referente regionale di Libera e soprattutto è quel cronista che per primo ha scoperto nei mesi successivi al terremoto abruzzese del 2009 le infiltrazioni mafiose negli appalti per la ricostruzione e gli imbrogli sui bagni chimici e sugli "isolatori sismici" nelle case delle new town dell'Aquila.
Sono tre testimonianze dettagliate contro Luigi Palma, figlio del sindaco di centrodestra di Luco dei Marsi Domenico Palma, un ex commissario di pubblica sicurezza. Le indagini stanno accertando anche il ruolo che avrebbe avuto nei raid un nipote del sindaco, un ragazzo di 21 anni svelto di mano e - sussurrano in paese - anche di coltello.
È una polveriera i questi giorni il paese di Luco dei Marsi. L'altra settimana i consiglieri di opposizione avevano già sollevato il caso delle scorribande razziste parlando "di squadre di aspiranti giustizieri che pensano di agire al di sopra delle leggi", Domenico Palma ha reagito parlando di "pettegolezzi e dicerie". Risponde oggi a Repubblica il sindaco di Luco: "La magistratura sta indagando, vedremo cosa accerterà".
In paese ormai non si parla d'altro. Nei prossimi giorni o nelle prossime ore a Luco dei Marsi tutto sarà più chiaro e si conosceranno i nomi di tutti i giustizieri, quelli che vanno a caccia di immigrati nelle campagne d'Abruzzo.



Destra e Sinistra a Pordenone Negro: «Ciriani si dimetta» «Taci, sfrutti gli immigrati»
Polemiche dopo i cortei di sabato. «Presiedi la Provincia medaglia d’oro della Resistenza e ti ringraziano i fascisti». La replica: «Parla chi manda avanti gli stranieri e li mette a rischio espulsione»
Il Messaggero Veneto, 12.11.2012
«E’ accettabile che Alessandro Ciriani, presidente della Provincia di Pordenone, medaglia d’oro alla Resistenza, abbia sostenuto e sponsorizzato il corteo fascista e razzista di Fiamma Tricolore e di Alba? E’ accettabile che si rimanga a guardare in silenzio, come ha fatto il sindaco Pedrotti, o addirittura si chieda a Questura e Prefettura, come potrebbe aver fatto Ciriani (dalle dichiarazioni dei fascisti) di lasciarli sfilare in pieno centro, con uno schieramento mai visto di forze di polizia per “tenere a bada” questi personaggi e costringere alla chiusura molte attività di Corso Vittorio Emanuele?».
A parlare è il segretario provinciale di Rifondazione comunista, dopo il sabato di tensione fra destra e sinistra. Negro va oltre e chiede le dimissioni di Ciriani, che replica stizzito: «Senti chi parla. Manda avanti e utilizza strumentalmente la manodopera degli immigrati, facendo loro rischiare reati ed espulsioni in massa e fa la lezione a me. Le sue parole mi danno ulteriori stimoli per continuare a far bene il mio lavoro in Provincia».
Negro naturalmente non ci sta: «Si svegli dal torpore “primario” il centro sinistra locale. Basta organizzare comitati dei più fedeli al capo o chiedere la rottamazione degli stessi oppure trovarsi a brindare in pochi intimi: si presenti in consiglio provinciale una mozione per chiedere le dimissioni di Ciriani! Preoccupa quanto dichiarato dal Salmè dopo la iniziativa razzista: il ringraziamento a Ciriani per essersi speso a favore della stessa in nome di una (ex) comune visione del mondo, promettendogli riconoscenza eterna. Così capisco gli atteggiamenti “prudentemente tecnici” del Questore e dei funzionari di polizia che nell’incontro di martedì, sapendo delle “sollecitazioni” di Ciriani, non han potuto dire nulla nemmeno di fronte a precise e documentate testimonianze di pronunciamenti violenti per la iniziativa razzista avvallati dal Salmè».
Ma Ciriani smentisce: «Io non ho nè sponsorizzato nè avuto colloqui con nessuno. Non ho mai sostenuto questa manifestazione. Ho semplicemenete approvato il concetto che chiunque possa fare un corteo per esprimere le proprie idee a Pordenone, dove da tantissimi anni ciò accade e nulla mai è successo. Io provengo da quel mondo e so che gli esponenti di Fiamma tricolore avranno anche le loro idee ma sono persone civili. I funzionari della Questura erano più preoccupati dagli anarchici che non dai partecipanti al corteo di destra. Salmè ha ringraziato me, ma anche le forze dell’ordine e la città di Pordenone. Se Negro avesse evitato provocazioni non ci sarebbe stato alcun clamore.
E’ stato lui a richiamare immigrati, anarchici, sindacalisti della Fiom. La città non si sarebbe neppure accorta di un corteo, quello di Fiamma tricolore, di gente che voleva esprimere le proprie idee. Io ho espresso un principio: era giusto che chiunque potesse farlo. C’era il diritto degli uni e degli altri di manifestare. Se questo è un errore me ne assumo la responsabilità. Ma non accetto lezioni da chi si schiera al fianco di anarchici che insultano, minacciano, lanciano i sassi e aggrediscono, come da me stesso provato a ogni 25 aprile, in Fiera, sotto la Provincia e in tutte le occasioni in cui sono stato insultato insieme a mia moglie».



Nasce la campagna “L’Europa sono anch’io” per sensibilizzare l’Ue a ratificare la Convenzione Onu sui migranti.
Il progetto, ancora in fase embrionale, mira a raccogliere 1 milione di firme in 7 Paesi europei.
Immigrazioneoggi, 12-11-2012
Si chiama L’Europa sono anch’io ed è il progetto di raccolta di un milione di firme in sette nazioni europee per sensibilizzare l’Ue e i 27 Paesi che la compongono alla ratifica della Convenzione dell’Onu sui diritti dei migranti.
L’iniziativa è stata presentata durante il Social Forum 10+10 di Firenze da Pietro Soldini, responsabile immigrazione della Cgil. A promuovere i primi passi della campagna sarà il comitato promotore della raccolta firme L’Italia sono anch’io. “È un progetto molto difficile – ha commentato Soldini – ma possibile visto che l’Europa nel 2005 ha ratificato la Convenzione sui diritti dei disabili. L’immigrazione non può essere più un tema di conflitto fra chi accoglie e chi cede, ma sempre di più un tema che riguarda in modo omogeneo tutti i Paesi”. Per diffondere a livello europeo il progetto verranno utilizzate in tutta Europa associazioni laiche e cattoliche, sindacati e reti internazionali, una delle quali “sarà sicuramente Solidar, presente in 23 Paesi”. Il progetto è ancora in fase embrionale, spiegano i responsabili, ma l’obiettivo potrebbe essere quello di “presentare il progetto concreto al World Social Forum in Tunisia che si terrà a marzo”.



Il film sulla squadra di calcio dei rifugiati e richidenti asilo
Black Star, nati sotto una stella nera, di Francesco Castellani, sarà presentato sabato 17 novembre al Festival Internazionale del Film di Roma, fuori concorso. Narra la vicenda di quattro amici italiani che gestiscono una squadra di calcio di rifugiati politici con l'obiettivo di farla partecipare al campionato cittadino
la Repubblica, 10-11-2012
ROMA - Il film Black Star, nati sotto una stella nera, di Francesco Castellani, sarà presentato sabato 17 novembre alla settima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, fuori concorso. Narra la vicenda di quattro amici italiani che gestiscono una squadra di calcio di rifugiati politici con l'obiettivo di farla partecipare al campionato cittadino. In estate, ottengono in gestione un campo di calcio abbandonato, nel cuore del quartiere Pietralata, ma si trovano a fronteggiare l'opposizione di alcuni abitanti che hanno fondato un comitato di quartiere per rivendicare l'uso del campo. Grazie ad un abile avvocato, il comitato ottiene un'ordinanza di sgombero. Pur di non rinunciare al proprio sogno, i ragazzi della squadra reagiscono barricandosi nel campo per quattro giorni, fino a un imprevedibile epilogo durante la notte di San Lorenzo.
Quello strisione: Liberi di giocare. Black Star è liberamente ispirato ad una vera squadra di calcio di rifugiati, la "Liberi Nantes Football Club". "Ho conosciuto la squadra nel 2007 - dice Castellani, che ha scritto il soggetto e la sceneggiatura assieme a soggetto e sceneggiatura David Turchi - su un cam­po di calcio polveroso della periferia romana, in occasione di una partita contro una squadra di ragazzi romani. In campo appariva uno striscione: Free to play c'era scritto. Credo che la suggestione di partenza del film - ha aggiunto - sia stata proprio in quel 'liberi di giocare', l'aspirazione cioè ad uno spazio di gioco che è anche di vita e di espressione. Un bisogno comune a tutti, che vale per un campo su cui giocare ma vale per la vita, per il lavoro, per il talento e per l'amore; vale per un rifugiato, per un clandestino, ma anche per un qualunque ragazzo italiano. Tutti cerchiamo la nostra stra­da - ha concluso - il nostro destino e una dimensione di vita da vivere liberamente. E tutti allo stesso modo questa possibile libertà la sentiamo minacciata dalla precarietà e dalla paura".
Una disputa di quartiere. Il film racconta una disputa di quartiere per un campo di calcio abbandonato, una vera e propria "guerra tra poveri", che è anche una scoperta dell'Altro. I personaggi che nel corso della vicenda si confrontano e si scontrano, fanno da specchio alle pulsioni e alle paure a cui ci spinge il disagio di vivere il nostro tempo, ma sono anche il riflesso dei sentimenti e degli slanci istintivi che possono darci la forza di cambiare una situazione. "Non volevo realizzare un film sulla Migrazione - ha detto ancora l'autore del film -  ma raccontare piuttosto una storia di relazioni umane in bilico tra commedia e tensione. Il fenomeno della migrazione entra di riflesso nella vicenda, come catalizzatore di tensioni tra persone calate in una realtà quotidiana nella quale l'incertezza e la precarietà del vivere accomunano migranti e non migranti, ugualmente privi di identità e stabilità".
Una squadra molto speciale, unica in Italia. "La Liberi Nantes Football Club" è una squadra di calcio realmente esistente. È interamente composta da giocatori vittime di migrazione forzata e partecipa al campionato di terza categoria. È la prima squadra in Italia, a carattere permanente, che ha scelto di rappresentare il popolo dei rifugiati, dei richiedenti asilo, molte volte vittime di torture e di violenze e più in generale di tutti coloro che sono costretti a scappare dal proprio paese per sopravvivere: i migranti forzati. Ad oggi la rosa della squadra, che ha come colori sociali quelli delle Nazioni Unite, si compone di circa 25 elementi e vede tra le proprie fila atleti afgani, eritrei, guineani, irakeni, nigeriani, sudanesi, togolesi, centroafricani, etc. Si tratta comunque di una realtà "aperta", che cerca di coniugare le necessità proprie di una squadra di calcio, con quelle dei suoi atleti, uomini impossibilitati a pianificare i propri tempi, le proprie disponibilità e più in generale il proprio futuro. I ragazzi che compongono il Liberi Nantes Football Club, nella quasi totalità, sono arrivati da poco in Italia, non hanno un lavoro, vivono in centri di accoglienza e si appoggiano a tutte le strutture di assistenza che offre la città di Roma.
Tornare a giocare è tornare a vivere. La Liberi Nantes Associazione Sportiva Dilettantistica nasce nel 2007 e ha come fine statutario quello di promuovere, diffondere e garantire la libertà di accesso all'attività sportiva a quelle donne e a quegli uomini che per i motivi più differenti, ma sempre e comunque drammatici e laceranti, hanno dovuto lasciare il proprio paese e i propri affetti, per scappare da qualcosa o da qualcuno che nega loro la dignità di esseri umani e la libertà di poterlo esprimere senza rischiare di subire ritorsioni, traumi e violenze, spesso inaudite. Questo popolo di donne, di uomini e di bambini, arriva da noi avendo spesso come unico bagaglio l'ansia della fuga e il dramma del non ritorno. È un popolo che si muove tra terra e mare, lungo le rotte del traffico di esseri umani, un popolo che migra alla ricerca di una terra dove andare, di un luogo dove fermarsi e ricominciare. Rifugiati, Richiedenti Asilo, in due parole migranti forzati, coloro che sono obbligati a partire e ai quali è impedito di tornare. Liberi Nantes nasce pertanto per dare asilo attraverso lo sport, convinti che si può accogliere chi ne ha bisogno anche su un campo di calcio, in una palestra o tra le corsie di una piscina, perché ritornare a giocare è, per certi versi, ritornare a vivere, davvero.

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