13 novembre 2012

Blitz di Forza Nuova alla festa per i bimbi immigrati
Hanno fatto irruzione a Pontedera durante la cerimonia organizzata per 603 bambini
l'Unità, 13-11-2012
Massimo Solani
Non hanno avuto rispetto neanche per i bambini o per la festa che era stata preparata proprio per loro. Per farli sentire italiani davvero, loro che in Italia sono nati e cresciuti. Che hanno imparato la nostra lingua prima ancora di quelle dei paesi di provenienza dei genitori, che hanno studiato la nostra storia a scuola e che, nonostante questo, sono costretti da una legge assurda ad essere italiani di serie B. Sabato pomeriggio erano 603 quelli riuniti insieme alle proprie famiglie al teatro Era di Pontedera, in provincia di Pisa, per ricevere dal Comune la cittadinanza italiana. Una festa, appunto, rovinata da una decina di militanti di Forza Nuova che hanno fatto irruzione in sala gridando slogan contro l’immigrazione e lanciando in aria volantini che riportavano una frase di Platone: «Quando il cittadino accetta che chiunque gli capiti in casa, da qualunque parte venga, possa acquisirvi gli stessi diritti di chi l’ha costruita e c’è nato c’era scritto quando i capi tollerano tutto questo per guadagnare voti e consensi in nome di una libertà che divora e corrompe ogni regola ed ordine: così muore la democrazia, per abuso di se stessa e, prima che nel san- gue, nel ridicolo».
Qualche minuto di scompiglio, poi è stata la sicurezza e alcune delle persone presenti in platea, fra cui i genitori di alcuni bambini e l’ex sindaco di Pontedera Paolo Marconcini, a respingere il gruppetto di neofascisti e a costringerli a lasciare il teatro assieme ai loro striscioni. Pochi minuti di gazzarra che hanno lasciato però una ferita profonda alla città e l’indignazione di una intera comunità. In lacrime il sindaco Simone Millozzi che ha stigmatizzato «l’atteggiamento squadrista e nazista di pochi idioti contro una cerimonia che, riunendo italiani e stranieri, adulti e bambini, dava un forte senso di comunità». Solidarietà al sindaco è stata espressa dal collega di Pisa Marco Filippeschi: «si è voluto sporcare una cerimonia che celebrava il sacrosanto diritto di questi bambini a sentirsi ed essere italiani ha commentato Ma queste azioni non devono intimidire, bensì spingere ad andare avanti nella tutela dei diritti». Da parte sua, travolta dalle polemiche, Forza Nuova ha provato a spiegare il senso della propria iniziativa parlando di una protesta «assolutamente platonica e non violenta» non diretta contro gli immigrati «e men che meno contro dei bambini» ma rivolta ad una «classe politica che sta portando l’Italia alla rovina sociale». «Nessuno spiegava la nota è stato minimamente aggredito dai militanti di Fn nonostante i patetici e isterici tentativi di provocazione da parte di alcuni presenti. Abbiamo la coscienza a posto». Parole che non spostano di un millimetro la questione relativa alle scorribande neofasciste che si ripetono sempre più spesso in Italia. Per Gianluca Mengozzi, presidente di Arci Toscana, e Paolo Beni, presidente nazionale dell’Arci, è infatti arrivata «l’ora di affermare senza reticenze che Forza Nuova è un’organizzazione fascista, agli antipodi della democrazia», e che «va contrastata l’agibilità politica di forze che si ispirano a parole e messaggi di chiara marca fascista».
Ieri intanto il sindaco di Pontedera Simone Millozzi, che per domani ha indetto un consiglio comunale aperto su quanto accaduto, ha presentato una denuncia al commissariato di polizia per i fatti di sabato. «L'iniziativa bellissima di sabato pomeriggio ci dice che il percorso è quello giusto. Si tratta di una grande battaglia di civiltà e di dignità che deve provare unito tutto il Paese», ha commentato il primo cittadino. Che ha invitato tutti i sindaci a seguire l’esempio di Pontedera e ad organizzare iniziative analoghe. Un invito condiviso anche dal presidente dell’Arci, e sindaco di Reggio Emilia, Graziano Del Rio. «Quanto avvenuto sabato scorso è un attacco alla convivenza pacifica, all’idea stessa di futuro dell’Italia ha spiegato Lo dico come cittadino, come sindaco e presidente dell’Anci, ma anche in nome della campagna “L’Italia sono anch’io”, di cui ho l’onore di presiedere il Comitato promotore». «Manifestare in forma violenta la propria chiusura di fronte ad una società che cambia, e farlo coinvolgendo i bambini, è semplicemente vergognoso aggiunge Delrio sono segnali che non vanno in alcun modo sottovalutati, e ai quali le istituzioni devono saper rispondere con determinazione, coraggio e tempestività».



Osservatorio dell’inclusione finanziaria: il 75% delle famiglie immigrate ha un conto bancario.
Con la crisi diminuisce il risparmio, appannaggio soprattutto delle donne.
Immigrazioneoggi, 13-11-2012
Il 75% delle famiglie di immigrati ha un conto corrente in banca o al BancoPosta. Lo rileva un’indagine dell’Osservatorio nazionale sull’inclusione finanziaria dei migranti nel suo primo anno di attività, presentata ieri a Roma nel corso dell’evento Quando l’integrazione passa anche dallo sportello. L’Osservatorio è nato dalla collaborazione fra l’Associazione bancaria italiana e il Ministero dell’interno ed è gestito dal Centro studi di politica internazionale.
Con la crisi economica – secondo lo studio – cambia la gestione del risparmio delle famiglie migranti, “mentre prosegue e si consolida il processo di inclusione finanziaria dei nuovi cittadini, anche se con diverse velocità”.
Il 56% delle famiglie di immigrati – secondo l’indagine dell’Osservatorio sull’inclusione finanziaria – ha un conto corrente in una o più banche, l’11% possiede un solo conto al BancoPosta, mentre l’8% è titolare di un conto in banca e uno al BancoPosta. Il 17% ha più di un conto corrente. In un Paese in cui – sottolinea l’Abi – due stranieri su tre vivono nelle regioni più settentrionali, col 67% il Nord si caratterizza per un livello di bancarizzazione al di sopra della media (61,2%). Segue il Centro con il 53%, mentre al Sud è solo il 21%. Considerando la nazionalità, gli egiziani (83%), i tunisini (78%), i peruviani (76%) e i cinesi (73%) sono i più solidi nel processo di bancarizzazione. C’è un maggiore numero di titolari di conto corrente tra gli uomini (71%) rispetto alle donne (63%), ma le donne mostrano una più alta capacità di risparmio. Le donne sole, inoltre, hanno più capacità di risparmio degli uomini soli (oltre 37,4% rispetto al 31%), pur dichiarando un reddito inferiore di quasi un terzo.



Venti minuti da rifugiato La simulazione dell'Unhcr
Con un'irruzione in uno stand all'Auditorium di Roma, presentata la campagna di raccolta fondi dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati 1. Pistole, urla e tensione. Mezz'ora di fiction che invece per milioni di persone è realtà. L'invito è quello di non immaginarla e basta
la Repubblica, 13-11-2012
KATIA RICCARDI
ROMA - C'è una differenza tra casa, tana e rifugio. Tra essere rintanati, chiusi, al sicuro, o rifugiati. E' nella fuga. In una tana c'è tutto quanto si è accumulato, in un rifugio non c'è niente. Chi scappa arriva nelle nostre città senza bagagli per chiedere spazio. Poco spazio. Milioni di persone scappano da guerre che non conosciamo più. Che guardiamo da lontano. Potrebbe succedere anche a noi, rintanati senza bisogno di rifugio, eppure non è questo il punto. Il punto è che succede.
Il significato universale dell'urlarti addosso. Sulla testa, sul collo. Un fucile visto da vicino è la prova dell'impotenza per chiunque non lo stia impugnando, rende inconsistente un collo, una testa, una gamba. I militari avevano scarpe grosse ai piedi, anfibi, divise, sguardi cattivi, voci grosse. Improvvisamente in fuga, siamo scappati tutti in fila, al buio, facendo piano. Il nostro silenzio contro le loro urla. Ci hanno imbarcato con i nostri fagotti, le valige mezze vuote. Siamo arrivati alla frontiera di un paese dove ci hanno perquisito, diviso, e ancora urlato contro. Qualcuno è sparito dietro i fucili, qualche collo si è piegato, qualche testa si è abbassata, qualche gamba è stata presa a calci. Le parole urlate sono uguali in ogni lingua. L'urlo è un linguaggio universale. Potremmo gridare tutti, o immaginarci farlo per venti minuti, non è questo il punto. Il punto è che succede. A noi oggi è successo per finta.
I fucili di plastica puntati contro. I fucili che ci hanno puntato in faccia erano di plastica, gli spari avevano un suono impotente, l'odore dei proiettili era quello delle miccette dei bambini. E come i bambini abbiamo giocato a fare tana. Siamo diventati rifugiati per venti minuti. Ma ci sono uomini di sette anni, come Jan Nawazi che oggi era alla conferenza stampa di Unhcr, che a nascondino ci ha giocato per diciassette anni prima di fare tana. Se da piccolo ti urlano addosso forse non è più possibile giocare. A guardie e ladri. Alla guerra o alla frontiera, all'avventura, agli indiani.
Dalle urla alla solidarietà. Siamo arrivati al campo profughi dopo pochi minuti. Alle urla si è sostituita solidarietà. La speranza di avere uno spazio anche se piccolo, in un paese nuovo. Forse acqua da bere, forse un posto per chiudere gli occhi. C'era una tenda e ci hanno messo dentro, in piedi, stretti. Hanno detto che ci avremmo passato la notte. Sapevamo di doverci passare centoventi secondi. L'odore di tanti che si schiacciano addosso, è la porta più rapida per poter immaginare altre vite. E non è importante che potrebbe succedere anche a noi. Conta che succede. Che non dura venti minuti, ma anni. A dire "da quanto sei al campo?", bisbigliando dentro la tenda, non è stato un altro rifugiato a tempo come noi, ma un attore. O forse no. "Sono appena arrivato", ha risposto qualcuno. Stava giocando. Ma forse no.
Lo scopo dell'iniziativa. Immaginare per poter sentire un problema può rendere più facile aiutare. Era questo lo scopo dell'iniziativa dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati 6 (Unhcr) che all'Auditorium di Roma ha organizzato una porta immaginaria verso un incubo reale. Sentirsi rifugiati non significa solo provare la fuga. C'è differenza tra chi scappa e chi chiede rifugio. E' sempre nella corsa. Chi fugge si muove, chi chiede un rifugio vuole solo potersi fermare. Riposare, smettere di correre. Nessuno dovrebbe scappare, nessuno dovrebbe negare un po' riposo.
Quei 4.3 milioni di migranti forzati. I nostri venti minuti sono finiti nel tendone da campo, ci hanno fatto uscire. Abbiamo appoggiato le valige e i fagotti, siamo tornati alle sedie, qualcuno ha battuto le mani. Felice di essere sopravvissuto alla propria fantasia e a un viaggio immaginario che resta vero negli occhi di 42,5 milioni di persone. Il 2011 è stato l'anno con il maggior numero di fuggitivi degli ultimi 12 anni: 4,3 milioni di migranti forzati, 800 mila dei quali hanno dovuto abbandonare tutto e attraversare la frontiera del proprio paese diventando rifugiati. Gente che non ha più niente.
Il sogno di vivere nella routine. L'obiettivo di Unhcr è quello di riuscire a dare, con l'aiuto di chi può scegliere ancora di giocare a nascondino per venti minuti, la più piccola delle cose, la routine. Se non sicurezza di un futuro, almeno l'abitudine di un presente. "Nessuno sceglie di diventare rifugiato", ha detto Laura Boldrini (BLOG 7), portavoce dell'Unhcr. "La cucina, una doccia calda, la spesa, la scuola. Sono cose che ci sembrano normali, ma la normalità è un valore relativo". Che scompare in una tenda vuota, che si scioglie in un deserto dove vengono messi tutti quei bambini, grandi o piccoli, rimasti senza tana libera tutti. Prigionieri di guerre d'altri, fuggitivi in cerca di riposo.
Il ricordo del profugo afgano. "Risentire quelle voci mi ha fatto ricordare tutto", ha detto Jan Nawazi, afgano, nato senza diritti poco più di vent'anni fa, fuggitivo per sopravvivere, rifugiato, e ora cittadino, proprietario di una pizzeria che vuole chiamare Kabulogna. Punto di incontro tra Kabul e Bologna, la pausa al viaggio, la tana. Racconta la sua storia a una platea da orecchie aperte per il suono di spari finti e di anfibi innocui. Si commuove ricordando a tutti che aveva sette anni quando quelle voci hanno urlato contro di lui. Ora che il suo sogno lo sta realizzando parla della pizzeria con l'orgoglio di chi ha mantenuto abbastanza voce per poter dimostrare quanto sia possibile e facile aiutare. Come altri milioni di persone chiede solo la sua routine.
Gli annoiati dalla propria normalità. E tra gli italiani - secondo un'indagine commissionata alla Doxa e presentata oggi 8 -, 15 milioni farebbero le valigie annoiati dalla propria normalità. Dal ripetersi della propria doccia calda, della spesa, della scuola, della sveglia. C'è bisogno di un rifugiato perché una tana appaia un accogliente riparo, di una fuga per apprezzare il riposo. C'è bisogno di ricordarsi la differenza tra aiutare e rintanarsi. O forse c'è solo bisogno di un po' di fantasia.
L'Sms al 45506. La campagna di Uhncr ha aperto le donazioni. "Mandando un sms fino al 30 novembre al numero 45506 si inviano due euro. Servono a creare scuole nei campi dei rifugiati. Energia elettrica, cucine, istruzione", ha spiegato Laurens Jolles, rappresentatnte Unhcr per il Sud Europa. Servono soldi per creare speranza. Il costo dell'istruzione di un bambino senza più casa è di circa 28 euro l'anno. Unhcr conta di poter aiutare 172 mila bambini. L'intervento si svolge in 12 paesi (Siria, Iran, Pakistan, Yemen, Etiopia, Malesia, Etiopia, Kenya, Uganda, Rwuanda, Sud Sudan, Ciad, Sudan) per dare la possibilità a bambine e bambini rifugiati di tornare a scuola, riprendere gli studi nella loro lingua di origine, e proseguire il viaggio dove l'avevano interrotto. Venti minuti dopo essere stati rifugiati, noi siamo tornati a sederci. Nel rifugio di Za'Atri, in Giordania, dove vivono solo donne e bambini, simulare venti minuti delle nostre vite e delle nostre routine, oggi è ancora una fantasia impossibile.



Immigrati tentano la fuga, guerriglia al centro profughi
In piena notte gli extracomunitari si sono organizzati, attrezzandosi con pietre e funi ricavate dalle lenzuola. Il pronto intervento della polizia ha evitato il peggio: danni a un’auto
Giornale di sicilia, 13-11-2012
CALTANISSETTA. Tentativo di fuga durante la notte tra domenica e lunedì, dal Cie (centro identificazione ed espulsione) di contrada Pian Del Lago. A tentare la fuga circa una ventina di immigrati di origine tunisina in odor di rimpatrio. In piena notte gli extracomunitari si sono organizzati, attrezzandosi con pietre e funi ricavate dalle lenzuola, per fuggire dal centro di identificazione ed espulsione. Dopo aver lanciato i sassi contro le forze di polizia che presidiano il Cie, danneggiando seriamente il vetro di una vettura della polizia di Stato, gli immigrati si sono arrampicati con agilità sulla recinzione tentando di scavalcarla.
Gli agenti della polizia sono intervenuti in maniera massiccia, per acciuffare gli aspiranti fuggiaschi e sedare la rivolta. Tutti gli immigrati che hanno tentato la fuga sono stati riportati all'interno del centro, la calma è tornata dopo una mezz'ora dall'intervento dei poliziotti. G.D.



“Bisognerebbe darti fuoco”: sindaco minacciato per l’apertura della moschea
Cirdi, 13-11-2012
Ravenna – “Sei un sindaco amico degli sporchi musulmani. Bisognerebbe darti fuoco”. Il sindaco Pd di Ravenna Fabrizio Matteucci non ha avuto bisogno di pensarci due volte. Ricevuti gli insulti anonimi, digerite le minacce in rete, questa mattina si è alzato di buon’ora ed è andato dai Carabinieri per denunciare “questi fascisti del web”.
Forse servirà a qualcosa, forse no. Il problema degli insulti anonimi su Internet da parte dei “teppisti del web”, come li chiama lui, non si risolve in due giorni. “Lo so che è un problema planetario – dice Matteucci – ma io lo faccio per me e, come sindaco, per le tante persone deboli e indifese, aggredite e impaurite che si sono rivolte a me e che non ho potuto aiutare”.
Perché il problema, conferma il sindaco, lo vive da tempo: “Quando a Ravenna si è discusso della moschea, sono stato coperto di insulti di quel tipo. Da chi? Non ne ho idea, io questa mattina sono andato a denunciare dei fatti, non delle persone. Navigare in rete è meraviglioso: anche per questo bisogna fermare gli squadristi del web. E’ chiaro che il diritto sacro di criticare il sindaco non c’entra un bel nulla”.



Roma. Frasi antisemite e svastiche sui muri di due licei
l'Unità, 13-11-2012
«Viva Hitler», «Noi la partigiana la sodomizziamo» e «Collettivo ve lamamo» (cioè vi accoltelliamo). Il tutto firmato con due croci uncinate. Sono le scritte comparse sui muri esterni del liceo Manara a Monteverde, a Roma, dove sono molti gli iscritti di religione ebraica e per il prossimo 19 novembre, giorno della promulgazione delle leggi razziali, è in programma un incontro sul negazionismo. «Non è la prima volta che subiamo minacce», hanno raccontato i ragazzi del Manara, che
hanno indetto una colletta per comprare la vernice che servirà a cancellare le scritte. Scritte simili, poi, ieri sono apparse anche sui muri del Mamiani, a Prati. «Frasi in due colori, il che significa che sono state fatte da un gruppo organizzato, che inneggiano all'Olocausto con espressioni tremende oppure minacce come “Il Mamiani brucerà”», hanno raccontato gli studenti che già sabato scorso avevano provveduto a cancellare inni al Duce scritti nel cortile interno della scuola.

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