Newsletter periodica d’informazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli
iscritti UIL

 

 

 

 

Anno X n. 35 del 25 ottobre 2012

 

Consultate www.uil.it/immigrazione

Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri

 

Coordinamento Nazionale UIL Immigrati

 

 

 

Coordinamento Nazionale Immigrati UIL

Martedì 6 novembre 2012, ore 09.30 - 16.30 – UIL Nazionale, via Lucullo, 6 – Piano VI, sala Bruno Buozzi

Temi dell’evento:

Ø     Bilancio della procedura di emersione dei lavoratori stranieri irregolari;

Ø     La campagna “12 x 12” per la ratifica della Convenzione ILO n. 189 “lavoro dignitoso per lavoratrici e lavoratori domestici”;

Ø     Programma 2012/2013 di attività del Dipartimento Politiche Migratorie

 

 

 

 

 

 

SOMMARIO

 

 

Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti pag. 2

 

“Save the date”: Coordinamento Nazionale Immigrati pag. 2

Regolarizzazione: Le critiche dei Patronati pag. 2

 

Ires: immigrati nell’occhio del ciclone pag. 3

 

Inside Out – Flash mob sulla cittadinanza pag. 5

 

Emergenza Nord Africa: appoggio di sindacati e società civile pag. 6

 

Corsivo: “Da Rosarno a Saluzzo” pag. 6

 

Storie: Quando l’eroe è il clandestino pag. 7

 

Lavoro domestico: metti fine alla moderna schiavitù pag. 8

 

Discriminazioni, RC auto: fine della tariffa etnica pag. 9

The Economist: Immigration, people power pag. 10

 

 

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.



Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti


 

 

 

 

 

 

Roma, 26/10/2012, ore 10.30, Via Fornovo 8

Riunione Comitato Consultivo Tripartito OIL

(Giuseppe Casucci, Cinzia Del Rio)

Roma, 30/10/2012, Teatro Orione, ore 10.30

Caritas/Migrantes - Presentazione del XXII Rapporto del Dossier Statistico Immigrazione

(Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)

Rovigo, 08/11/2012, ore 9.00,

Convegno UIL/Ital su immigrazione e cittadinanza

(Guglielmo Loy – Segretario Confederale UIL))

Roma, 08/11/2012, sede ANCI, ore 11.00

Incontro con il sindaco di Reggio Emilia Graziano Del Rio, su proseguimento campagna sui diritti di cittadinanza

(Giuseppe Casucci)



“Save the date”: 06/11/2012

  

 

 

 

Coordinamento Nazionale Immigrati UIL

Martedì 6 novembre 2012, ore 09.30 /16.00 – presso la UIL Nazionale, via Lucullo, 6 – Piano 6°, sala Bruno Buozzi

Temi dell’evento:

Ø     Bilancio della procedura di emersione dei lavoratori stranieri irregolari;

Ø     La campagna “12 x 12” per la ratifica della Convenzione ILO n. 189 “lavoro dignitoso per lavoratrici e lavoratori domestici”;

Ø     Programma 2012/2013 di attività del Dipartimento Politiche Migratorie

Modera: Giuseppe Casucci, Coord. Naz. Dipartimento Politiche Migratorie UIL

Oratori invitati:

Panel: “Procedura di emersione”

Prof Saverio Ruperto, Sottosegretario all’Interno, con delega sull’immigrazione;

Prefetto Mario Morcone, Capo di Gabinetto Ministero per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione;

Alberto Sera, Vice Presidente Ital

Panel: “Campagna “12 x 12” sul lavoro domestico”

Luigi Cal, Direttore Ufficio ILO per l’Italia e San Marino;

Rosanna Margiotta,      Dirigente Ministero del Lavoro   

Ivana Veronese                       Segreteria Nazionale Uiltucs

Conclude: Guglielmo Loy, Segr. Conf.le UIL  

Pomeriggio: discussione del Coordinamento sul programma di attività 2012/2013


 

Regolarizzazione

 


Regolarizzazione. I patronati: “esclusi tre quarti degli interessati”

Inas, Inca, Ital e Acli: "Ci sono state restrizioni eccessive, nonostante i nostri solleciti al governo. Il numero delle domande è molto ridotto rispetto alla realtà del lavoro irregolare" 


(www.stranieriinitalia.it) Roma – 22 ottobre 2012 – La regolarizzazione interessava tanti, ma è servita relativamente a pochi a causa dei limiti imposti dal governo. Lo dimostrano lavoratori e datori che si sono rivolti agli sportelli dei patronati e che solo una volta su quattro hanno potuto presentare la domanda.

A ribadire il senso dell’"occasione mancata" è il Cepa, l’organismo che riunisce Inas, Inca, Ital e Acli. I quattro patronati rivendicano in un comunicato di essersi "impegnati per primi nella campagna di emersione dal lavoro nero. Ciò è avvenuto nonostante i vincoli inseriti nella legge e nonostante le interpretazioni restrittive imposte  nella istruttoria delle domande". Una precisazione che sembra indirizzata ad Andrea Riccardi. Qualche giorno fa, in un’intervista al Corriere della Sera, il ministro dell’Integrazione ha infatti lamentato il "ruolo minore rispetto al passato" che avrebbero giocato in questa regolarizzazione i patronati, suggerendo che "forse c’è stato meno incoraggiamento dal mondo associativo, che si è dedicato più a far notare i limiti che l’opportunità offerta dal provvedimento". Inas, Inca, Ital e Acli ricordano invece di "aver sollecitato in queste settimane  il Governo e la Pubblica Amministrazione perché si superassero le eccessive restrizioni che questa regolarizzazione ha posto nei confronti dei datori di lavoro e dei lavoratori coinvolti. Vincoli economici e i vincoli legati alla dimostrazione della presenza del lavoratore che solo in parte sono stati alleggeriti da una interpretazione autentica del 4 ottobre scorso, quasi a fine campagna". "E' nostro impegno, nella tutela di chi si rivolge a noi, operare all'interno delle leggi dello Stato" premettono i patronati. Quindi ricordano che "durante la campagna di emersione abbiamo avuto contatti pari a quattro volte il numero delle domande presentate. Per tre quarti degli interessati non è stato quindi possibile presentare domanda di emersione perché non rientrava nei limiti che la legge ha imposto". "Riteniamo  - conclude il Cepa - che il numero complessivo delle domande di emersione sia ancora molto ridotto rispetto alla realtà del lavoro irregolare che si presenta sul territorio e che anche il numero ridotto delle domande dalle imprese, il 14% del totale, evidenzi che questa opportunità non è stata sfruttata".



Insula ReportRegolarizzazione immigrati, giallo sulle assunzioni

Comincia a prendere corpo il dubbio già da qualche tempo nutrito dalla Prefettura di Ragusa, sulla regolarizzazione degli extracomunitari. Nella provincia iblea sono quasi 1500 le domande presentate da extracomunitari che vogliono rientrare nella sanatoria, più che a Palermo o Catania. Si rafforzano i sospetti di un vero giro di assunzioni a pagamento.


Regolarizzazione immigrati, giallo sulle assunzioniRagusa, 22 ottobre 2012 - "Il 15 ottobre scorso è scaduto il termine di presentazione delle dichiarazioni di emersione dei rapporti di lavoro irregolare subordinato dei cittadini extracomunitari privi di titolo di soggiorno. In provincia di Ragusa sono state presentate 1.498 domande di cui 525 per lavoro subordinato e 973 sono per lavoro domestico." Comincia così la nota della prefettura di Ragusa diffusa oggi. "In considerazione di tale dato – alquanto rilevante anche rispetto al quadro nazionale - ed in vista dell'attivazione delle conseguenti procedure, la Prefettura di Ragusa, a consuntivo di vari incontri operativi, ha tenuto oggi una riunione con i rappresentanti delle Forze dell'Ordine e degli Uffici istituzionalmente coinvolti nella procedura dello Sportello Unico per l'Immigrazione (Ufficio Provinciale del Lavoro, INPS, INAIL, Ispettorato del Lavoro ed Agenzia delle Entrate) volto ad un'analisi congiunta dei profili meritevoli di attenzione al fine di prevenire il rischio di potenziali distorsioni nel ricorso alle procedure di emersione. A tal fine si è concordato di costituire una task force di tutte le componenti interessate, che sarà coordinata dalla Questura". Numeri e modalità delle richieste, in sostanza, non convincono. Un totale di richieste superiore a qualsiasi altra provincia siciliana, la gran parte consegnate poco prima dello scadere dei termini. Poi, la maggior parte delle richieste concentrate nel settore del lavoro domestico, che vuol dire colf e badanti, anche tra numerosissimi uomini, mentre si sa che è l'agricoltura il settore dove è più forte l'impiego di manovalanza nord africana soprattutto. Il sospetto, che la Prefettura lascia intendere ma non dichiara, è che si sia creata una sorta di mercato malato, per cui i locali "vendono" le assunzioni agli immigrati, che una volta a regola col lavoro possono avere un permesso di soggiorno. I dettagli di questa compravendita, messa in scena ad arte, dovranno chiarirli le forze dell'ordine, chiamate a fare luce su un meccanismo perverso che alla fine penalizza sempre gli stranieri.


 

Lavoro


Crisi. Ires: "Lavoratori immigrati nell’occhio del ciclone"

Crescono disoccupazione, precarietà, sommerso e differenze retributive.


Roma – 23 ottobre 2012 – "L’occupazione degli immigrati sta subendo gli effetti della crisi in maniera estremamente negativa. C’è una maggiore precarizzazione dei rapporti di lavoro e una riduzione notevole delle ore lavorate che in vari casi nasconde falsi contratti part-time, false partite iva e aumento del lavoro sommerso. Contemporaneamente aumenta il divario tra le retribuzioni degli stranieri rispetto a quelle degli italiani". È l’analisi dell’ Istituto Ricerche Economiche e Sociali della Cgil, contenuta oggi in un estratto del più ampio rapporto che verrà pubblicato dall’Osservatorio sull’immigrazione a novembre. Qui le tabelle con i dati. "Nel corso del quinquennio appena trascorso – nota l’Ires -  il mercato del lavoro italiano ha pesantemente subito gli effetti della profonda crisi economica e finanziaria. In particolare l’andamento del tasso di occupazione e di disoccupazione hanno delle traiettorie sensibilmente negative per le fasce più deboli e precarie del mercato del lavoro. Per quanto riguarda i lavoratori immigrati, in particolare, è possibile affermare che nel corso dell’ultimo anno siano entrati nell’occhio di un ciclone". Al I semestre 2012 la quota del lavoro immigrato sul totale è pari al 10% circa e si concentra soprattutto nei settori: Servizi collettivi e alla persona (37%), Costruzioni (19,2%), Agricoltura (13%), Turismo (15,8%) e Trasporto (11,7%). Oltre un terzo degli occupati immigrati svolge una professione non qualificata e circa il 60% è impiegato in una microimpresa (contro il 34% degli italiani), con tutto ciò che questo comporta in termini di nati-mortalità delle imprese, di rischio licenziamento, di accesso agli ammortizzatori sociali e di possibilità di sindacalizzazione. Per quanto concerne le modalità di accesso al lavoro il 64% lo fa attraverso la rete informale di parenti o amici (contro il 31% degli italiani). Gli stranieri sono occupati, nella maggior parte dei casi come dipendenti (87%) e parzialmente come autonomi (11,8%). La componente dei collaboratori è assolutamente marginale (1,3%) anche se nel corso del quinquennio è cresciuta di oltre 50 punti percentuali. Riguardo ai dipendenti, Ires segnala che se nel periodo compreso tra il primo semestre del 2008 e quello del 2012 la variazione percentuale del numero di dipendenti è pari a +46,3%, gli occupati a tempo determinato sono cresciuti di circa il 67% e quelli con contratti a tempo parziale di circa 78 punti percentuali. Per gli autonomi, poi, è interessante notare come oltre il 20% non abbia alcuna autonomia di orario. A questi dati va aggiunto, peraltro, che una stima sulla stipula di accordi verbali o informali (circa il 7,5% del totale dei dipendenti, con un’incidenza pari ad oltre il doppio della componente italiana) evidenzia una crescita di 24,6 punti percentuali dei rapporti di lavoro non formali. Complessivamente dal I semestre 2008 a giugno 2012 il tasso di occupazione è calato di circa 2 punti percentuali passando dal 58,7% al 56,8% con una perdita di oltre 460 mila occupati. In particolare scomponendo il dato sulla base della cittadinanza possiamo verificare che la quota immigrata non comunitaria ha perso oltre 6,7 punti percentuali. Inoltre è interessante notare nel corso degli ultimi quattro anni anche gli immigrati comunitari stiano pagando un conto salato a causa della crisi economica (-3,8 p.p.). Anche rispetto al tasso di disoccupazione si assiste ad una forte sofferenza per la componente di lavoro immigrato. Se per gli italiani, infatti, il tasso di disoccupazione è passato dal 6,7% del I semestre 2008 al 10,3% del I semestre 2012 (+3,6 punti percentuali), per i lavoratori comunitari è cresciuto di 6,1 punti fino al 14,3% e per i non comunitari di 5,1 punti fino a 14,5%. Peraltro è interessante notare come ad un parziale ridimensionamento dei tassi nel corso del 2011 sia seguito un anno in cui i tassi sono letteralmente schizzati verso l’alto facendo segnalare le peggiori performance del quinquennio di crisi. Questa dinamica dei tassi è dovuta, peraltro, alla diminuzione della popolazione italiana in età da lavoro ed al corrispondente aumento della popolazione straniera. Nell’ultimo quinquennio, in particolare, gli immigrati in età da lavoro sono cresciuti di oltre un milione e trecentomila unità con una variazione percentuale che ha visto aumentare gli occupati del 41,6% (667 mila in valore assoluto) e i disoccupati addirittura del 138,2% (227 mila in valore assoluto).
Anche i dati relativi alla Cassa Integrazione evidenziano questo tipo di dinamica: nel corso del quinquennio di crisi il numero dei lavoratori immigrati che sono dovuti ricorrere agli ammortizzatori sociali è cresciuto in maniera esponenziale decuplicando il dato iniziale a fronte di un incremento per i lavoratori italiani di circa quattro volte. A seguito di ciò il peso della componente immigrata sul totale dei lavoratori in CIG è passata dal 4,3% del I semestre 2008 all’11,4% del I semestre 2012.
Infine uno sguardo sulle retribuzioni: nel I semestre 2012 la differenza tra i guadagni di un italiano e quelli di un immigrato (entrambi a tempo pieno) sono complessivamente di 328 euro pari ad un differenziale retributivo del 23%. Inoltre va segnalato come dal I semestre 2009 questo dato sia in crescita di oltre 2,5 p.p. allargando ulteriormente la forbice di disuguaglianza tra lavoratori autoctoni e lavoratori immigrati. “L’indagine dimostra, in modo inequivocabile, come alla continua crescita del numero di lavoratori e lavoratrici  migranti e al loro fondamentale contributo all’economia italiana, si accompagna un continuo peggioramento delle condizioni di lavoro che si sommano alle condizioni di svantaggio già esistenti. Fra cui il permanere di un grande bacino di lavoro nero e irregolare che la recente sanatoria non ha sostanzialmente  intaccato” commentano Vera Lamonica, segretaria confederale di Cgil, e Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio.
“Tutto ciò – aggiungono - conferma, oltre alla crisi, una situazione inaccettabile per i diritti di queste persone e un conseguente meccanismo di dumping e ricattabilità verso tutti i lavoratori, contro cui la CGIL si batte e verso il quale le politiche del governo sono inesistenti”.

Scarica le tabelle


 

Società

 


“Inside Out, l’Italia sono anch’io”. Flash mob in 8 città sui diritti di cittadinanza

Le installazioni dei grandi poster in bianco e nero (realizzati da cittadini-fotografi su istruzioni di un maestro di street art) campeggiano lungo le strade o all’interno e all’esterno di edifici pubblici di particolare valore simbolico: 1500 gigantografie di altrettanti cittadini italiani e stranieri

di Valeria Gandus | Il Fatto quotidiano del 20 ottobre 2012


Si fa chiamare JR, come il protagonista del celebre serial americano che impazzò negli anni Ottanta, ma è francese, vive a Parigi ed è uno dei massimi esponenti della street art. Che pratica, ovviamente, in clandestinità, consistendo la sua arte nell’usare (e abusare) dei palazzi, delle strade, degli arredi urbani: JR ha affisso le sue immagini ovunque, dalle banlieues di Parigi al muro che divide Israele e Territori palestinesi passando per i grattacieli di New York e gli slums indiani e africani.

Per una volta, però, questo artista controcorrente e anti sistema (che ha però vinto il prestigioso Ted Priore 2011), si trova a lavorare con le istituzioni che solitamente gli fanno la guerra: insieme per un flash mob contemporaneo in otto città italiane dove, sabato 20 e domenica 21, vengono esposte su edifici e in luoghi pubblici, 1500 gigantografie di altrettanti cittadini italiani e stranieri. Sono le foto delle persone che hanno “messo la faccia” su Inside Out/ L’Italia sono anch’io, il progetto che vuole tenere alta l’attenzione sui diritti di cittadinanza dopo che, negli scorsi mesi, sono state raccolte oltre 200 mila firme per due proposte di legge popolare. La prima per il diritto di cittadinanza a chi nasce sul suolo italiano. La seconda per il diritto di voto alle elezioni amministrative per i cittadini stranieri regolari da almeno cinque anni.

Le installazioni dei grandi poster in bianco e nero (realizzati da cittadini-fotografi su istruzioni dello stesso JR) campeggiano lungo le strade cittadine o all’interno e all’esterno di edifici pubblici di particolare valore simbolico: a Milano è stata scelta l’Arena civica Giani Brera, il più antico impianto sportivo al mondo ancora in funzione.

Le facce di cittadini italiani si alternano e si confondono con quelle di cittadini stranieri. Soprattutto ragazzi: sono i compagni di scuola dei nostri figli. O i figli dei nostri colleghi di lavoro. Sono i ragazzi che incontriamo al parco e al cinema, al bar e nei negozi. Vestiti come tutti, gentili o chiassosi come tutti. E con tutta la vita davanti. Ma non la stessa vita di tutti.

Perché i ragazzi di seconda generazione, nati cioè in Italia da genitori stranieri, non sono italiani. Possono chiedere la cittadinanza una volta compiuti i 18 anni, ma hanno solo un anno per completare la pratica, che spesso è complicata da una serie infinita di questioni burocratiche, e quindi spesso non arriva a buon fine.

Se poi il ragazzo non è nato in Italia ma vi è arrivato piccolissimo, non può fare richiesta di cittadinanza: nemmeno se ha completato l’intero corso di studi, dall’asilo alla scuola superiore, e parla e scrive italiano meglio di tanti suoi italianissimi coetanei. E se anche riuscirà ad andare all’università e a laurearsi, non potrà accedere ai bandi pubblici né iscriversi agli albi professionali.

Le seconde generazioni senza cittadinanza non possono diventare insegnanti, magistrati, architetti, notai, vigili del fuoco, poliziotti, militari, bidellli, autoferrotranvieri. Non possono gareggiare negli sport agonistici, e indossare la divisa della nazionale italiana, fare attività di ricerca universiaria. Non possono votare e tantomeno essere votati.

Chi vuole dare una chance a questi nostri concittadini, può metterci la faccia: facendosi fotografare (ed esporre) nei luoghi delle installazioni delle diverse città. Fino a domenica 21 ottobre.

Milano: Arena Civica Gianni Brera

Reggio Emilia: Musei civici

Cagliari: Mediateca del Mediterraneo

Firenze: ex Meccanotessile

Palermo. Via Libertà

Trieste: piazza della Borsa

Crema: Muro degli Stalloni

Sassari: Giardini pubblici


 

 

 

 

 

 

Profughi


Appello: Emergenza Nord Africa: dignità e certezze per i profughi e i territori coinvolti

Promosso da Tavolo Nazionale Asilo e Tavolo Nazionale Immigrazione. Mobilitazione per oltre 20.000 Profughi.


Mancano meno di tre mesi alla conclusione della cosiddetta Emergenza Nord Africa, la cui gestione è stata affidata alla Protezione Civile, e non si sa ancora quale sarà la sorte delle oltre 20 mila persone giunte in Italia dalla Libia nel 2011, tra cui molti rifugiati in fuga da guerre e persecuzioni. Preoccupa la mancanza di un provvedimento che consenta alle molte migliaia di persone presenti di ottenere un titolo di soggiorno di lungo periodo, senza il quale è impossibile avviare qualsiasi progetto di inserimento sociale.

Pertanto, si chiede con forza e urgenza al Governo:

-   una decisione immediata con un provvedimento chiaro che consenta il rilascio di un permesso di soggiorno umanitario in favore di tutti i profughi giunti dalla Libia.

-   Una soluzione dignitosa e efficace per l’inclusione sociale dei profughi coinvolti nei progetti d’accoglienza, con la predisposizione di risorse adeguate, che consenta di realizzare il processo di integrazione di queste persone con precisi percorsi di uscita dai centri emergenziali con una chiara previsione di misure di sostegno.

-   Un coinvolgimento reale delle organizzazioni di tutela e dei territori coinvolti nell’accoglienza per la definizione delle soluzioni concrete.

-   Una verifica puntuale della qualità dei servizi erogati sul territorio nell’ambito dei progetti d’accoglienza per evitare sprechi, chiudendo al più presto quelle esperienze inadeguate di ospitalità e valorizzando le esperienze di qualità, con l’obiettivo di riportare quest’ultime al più presto all’interno della rete SPRAR.

In mancanza di soluzioni concrete e rispettose della dignità delle persone e dei territori coinvolti riteniamo che il rischio di innescare tensioni sociali e di provocare ulteriore disagio sia altissima. Senza soluzioni realistiche e dignitose si rischia di sprecare ancora per molto tempo ingenti risorse pubbliche alimentando peraltro razzismo e conflitti.

Per questo saremo a Roma il 30 ottobre 2012 insieme ai profughi per chiedere una soluzione urgente e dignitosa.


 


Da Rosarno a Saluzzo

per rivendicare il diritto al lavoro dignitoso e non discriminante

Di Angela Scalzo


Sono arrivati in tanti, i nuovi migranti stagionali, fin dallo scorso marzo, in cerca di lavoro, in uno dei frutteti più ricchi d’Europa. In Piemonte a Saluzzo, arrivano in prevalenza dall’Africa sub sahariana, circa la metà ha un permesso sussidiario triennale, uno su cinque ha un permesso per motivi umanitari, il resto un permesso di lavoro scaduto per mancanza di occupazione. Profughi provenienti dalla Libia ma anche molti poveri dettati dalla grave crisi economica che ha incredibilmente ingrossato le fila degli stagionali. Già in agosto erano più che raddoppiati rispetto al 2011. Oggi pare siano circa 350 e nessuno se lo aspettava, ma il popolo dei pomodori campani di Castelvolturno, siciliani di Pachino, e delle arance calabresi di Rosarno ora arriva fino al ricco Nord. Ma Saluzzo non spara ai lavoratori migranti che alzano la testa. Lo dimostrano le centinaia di scarpe allineate all’ingresso del capannone di Foro Boario in segno di fermo della raccolta delle mele rosse di Saluzzo. All’interno del Capannone gruppi di immigrati che decidono la strategia di sciopero da utilizzare, gruppi che pensano alla cucina, altri che utilizzano l’incontro per rifocillarsi e scaldarsi dal freddo accumulato all’interno dei cartoni, all’addiaccio, dove gli ultimi 150 arrivati hanno cercato riparo. La situazione, all’interno dell’accampamento, formato da quattro grosse tende allestite dalla Croce Rossa , è tranquilla e la forza dell’ordine controlla sistematicamente la regolarità delle presenze, tutte regolari.

Una migrazione interna che si muove, da Sud a Nord Italia, sulla scia del bisogno e legata alla paga giornaliera che al Nord arriva fino a 45€. “… quando finirà questa raccolta di mele, afferma il ventiquattrenne ivoriano Aly, io e molti altri scenderemo al Sud, verso la Campania e la Calabria dove ci pagheranno forse di meno ma potremo continuare a lavorare”.

La protesta dei tanti stagionali , legata al disagio nell’accoglienza, con denuncie di razzismo, nonostante il sindaco di Saluzzo, comune di 17mila abitanti, abbia concesso aperture continue all’uso dei servizi igienici comunali a tutti i nuovi lavoratori e la Caritas abbia fornito 120 bici usate, prestate ai braccianti. Un gesto, quest’ultimo che, regolarizzato da un tesserino personalizzato, aiuta gli immigrati a recarsi presso i frutteti che possono distare anche 10 kilometri, dovendolo fare a piedi.

Certo non bastano le promesse del Comune e di Coldiretti che per il prossimo anno hanno promesso un capannone dismesso in periferia con assistenza sanitaria a tutti i braccianti stagionali, nonostante il disappunto della lega, il diritto al “lavoro dignitoso” è un nostro obbligo, come dice il senegalese Mustafa “…il nostro lavoro è indispensabile a voi italiani ed al sostentamento delle nostre famiglie in Patria …aiutateci a renderlo più dignitoso e rispettoso dei nostri diritti”.



l’Espresso onlineQuando l'eroe è il clandestino

di Corrado Giustiniani

La vicenda di Adoiou Abderrahim, immigrato marocchino che ha salvato un'intera famiglia che rischiava di annegare in un canale, è solo l'ultima di una serie di storie di coraggio e altruismo. Che hanno come protagonisti cittadini stranieri, arrivati in Italia in cerca di riscatto


Adoiou AbderrahimQuanti immigrati e quanti clandestini, in particolare, hanno salvato bambini, donne e uomini italiani che rischiavano di annegare. Un filone di storie sorprendenti e poco raccontate, che è giusto ricordare. Iniziando dalla più recente, quella di Adoiou Abderrahim, marocchino di 48 anni, al quale la vita pochi giorni fa ha concesso l'occasione di riscattare l'onore perduto. L'appuntamento col destino è giunto nella notte tra il 13 e il 14 ottobre, quando l'auto davanti a lui è finita dritta in un canale, tra Borgo Ottomila e San Benedetto dei Marsi, nella piana del Fucino.  Adoiou non ci pensa due volte: si spoglia e si tuffa in acqua, salvando una famiglia di tre persone, fra le quali un bambino di cinque anni. Giunto in Italia nel 1993, era finito nel giro della droga dopo aver perso il suo impiego regolare di saldatore a Lecco, con tanto di condanna a quattro anni e mezzo per spaccio. In più, dopo aver scontato la pena non aveva rispettato il decreto di espulsione, andandosene invece nella Marsica a lavorare in campagna. Ora il ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri, accogliendo la richiesta del suo avvocato, gli ha concesso un permesso di soggiorno di sei mesi "per motivi umanitari". Questa sospirata carta venne concessa nel 2006 a un tunisino di 27 anni, Nasser Othman. Tunisino per modo di dire: nato in Italia, vi aveva vissuto ininterrottamente sino a 12 anni. Tempo insufficiente per ottenere la cittadinanza, secondo la legge 91 del 1992. Poi aveva dovuto seguire all'estero il padre, emigrato per lavoro. Ma ecco che torna maggiorenne nel nostro paese e trova un impiego irregolare da manovale a Vasto. Il 19 luglio del 2006 salva, tra gli applausi della gente, tre ragazzi che stavano annegando nelle acque di fronte a Casalbordino. Nonostante il gesto, però, viene perfezionato un decreto di espulsione emesso in precedenza. Esce la notizia su "La Stampa" e l'allora ministro dell'Interno, Giuliano Amato, gli concede in extremis un permesso di soggiorno. Ci sono anche donne in questa piccola epopea degli invisibili. Come la baby-sitter honduregna Iris Palacios Cruz, anche lei ventisettenne, anche lei clandestina. Il 25 agosto del 2006 all'Argentario salva Letizia, la bambina di 11 anni che le era stata affidata, ma poi è travolta da un'onda gigantesca e il suo corpo viene trovato senza vita in serata dalla Guardia Costiera, a 150 metri dalla riva. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, premiò il gesto con una medaglia d'oro al valor civile, consegnata a sua madre. Un'altra medaglia d'oro, anche qui alla memoria, fu assegnata dal presidente Carlo Azeglio Ciampi a Cheik Sarr, giovane muratore senegalese che, alla vigilia di Ferragosto del 2004, scorse al largo di Castagneto Carducci, in provincia di Livorno, un uomo che si agitava chiedendo aiuto. Cheik si butta, lo porta a riva, ma non resiste allo sforzo e muore sulla spiaggia. L'uomo salvato intanto se l'è data a gambe. A fuggire, ma per ben altre ragioni, sono due giovani immigrati probabilmente clandestini, dopo aver tratto fuori dalle acque del Lago d'Iseo due fratellini, nel settembre del 2006. La loro madre, Anna Carrara, li ringrazia e loro spariscono, per il timore di finire nei guai. Ignorata dai giornali - perché ridurla a una notizia di una colonna vuol dire ignorarla - l'impresa di Augustin Affi, un calciatore di 21 anni originario della Costa d'Avorio, capocannoniere del Vecchiazziano, che grazie ai suoi gol centra la promozione in seconda categoria. Il 30 giugno del 2011 è sulla spiaggia di Ravenna, quando si accorge che due bambini di 8 e 11 anni stanno per scomparire tra i flutti. Augustin li trae in salvo, ma poi rimane impantanato in una buca e muore sulla spiaggia, nonostante 45 minuti di respirazione artificiale. Il comune di Forlì paga i funerali e il rimpatrio della salma. La storia più vecchia è quella di Mohamed Abid, 45 anni, saldatore di origine tunisina, sposato con un'italiana. Il 18 giugno del 2003 si tuffa nel tratto di mare davanti ad Agrigento per riportare a riva una mamma con il suo bimbo di cinque anni. Torna stremato e si sdraia sulla spiaggia. Ma c'è un altro bimbo di cinque anni che scivola dagli scogli e il padre, che non sa nuotare, urla disperato. Mohamed si rialza e si ributta in mare, ma stavolta l'impresa non riesce. Il suo corpo e quello del bambino vengono riportati a riva cadaveri. Con una legge ad hoc, emanata nell'aprile del 2004, i figli dell'eroe verranno assunti dall'amministrazione regionale siciliana. Posti di lavoro pagati con la vita. Riposa in pace, Mohamed.


 

Lavoro Domestico


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Appoggia la nostra campagna per i diritti e la protezione per i lavoratori domestici:

Per mettere fine alla moderna schiavitù

Ratifica subito anche in Italia della Convenzione OIL 189 e Raccomandazione 201. Cgil, Cisl e Uil indicono per il 13 dicembre 2012 una giornata di mobilitazione.


In tutto il mondo vi sono oltre 100 milioni di lavoratori impiegati a svolgere il proprio lavoro nella casa di qualcun altro. Questi lavoratori domestici, puliscono, cucinano, fanno il bucato, forniscono assistenza ai bambini ed agli anziani e molto altro ancora.

Il loro lavoro è sottovalutato, sottopagato, invisibile, non riconosciuto, e non rispettato.

La grande maggioranza dei lavoratori domestici, sono donne (82%), molte delle quali migranti o bambine. In molti paesi i lavoratori domestici sono esclusi dalla legislazione del lavoro e dai sistemi di protezione sociale. A molti viene negato il diritto, sia per legge che in pratica, di formare o aderire a un sindacato. Di conseguenza, maltrattamento, sfruttamento, violenza, e abusi fisici e sessuali sono frequenti e spesso impuniti. Nel giugno 2011, l'organismo delle Nazioni Unite che si occupa di questioni del lavoro, l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), ha adottato la Convenzione n. 189 e raccomandazione n. 201 sui lavoratori domestici. La Convenzione ILO n. 189 riconosce il diritto dei lavoratori domestici a difendere collettivamente i propri interessi attraverso i sindacati; protegge il loro diritto ad un salario minimo in Paesi in cui esiste, garantisce una forma di pagamento mensile e l'accesso alla sicurezza sociale, inclusa la maternità; la Convenzione rende obbligatorio per i lavoratori domestici la fruizione di almeno un giorno libero alla settimana e regola il loro orario di lavoro. In sostanza, la convenzione n 189 riconosce al lavoro domestico pari dignità con ogni altra occupazione e assicura che i lavoratori domestici siano trattati alla pari di tutti gli altri lavoratori ai sensi della legislazione del lavoro. La Convenzione 180 è entrata in vigore nel 2012 dopo la ratifica dei primi due Paesi: Uruguay e Filippine. Nel corso dell’anno hanno ratificato anche Mauritius e Nicaragua.

La Campagna “12 x 12”

Nel dicembre 2011, la Confederazione Internazionale dei sindacati (ITUC –CSI), ha lanciato a livello mondiale la campagna “12 x 12”, proponendosi l’obiettivo di ottenere la ratifica della Convenzione n. 189 da parte di 12 Paesi entro il 2012.

La campagna ha già ottenuto la costituzione e la mobilitazione di Comitati “12 x 12” in 81 paesi, chiedendo la ratifica della Convenzione ed il miglioramento della legislazione nazionale. I Comitati “12 X 12” hanno intrapreso varie attività con l’obiettivo di richiamare l’attenzione dei politici e dei legislatori, ed hanno organizzato eventi pubblici per promuovere la convenzione OIL n 189, e raggiungere gruppi ed organizzazioni di sostegno dei diritti dei lavoratori domestici.

Unisciti alla nostra campagna per i diritti e la protezione per i lavoratori domestici:

Maggiori informazioni sul sito: www.ituc-csi.org

Mantieni la pressione sulla richiesta di ratifica della Convenzione ILO n. 189!

I giorni di mobilitazione “12 x 12”

Nella settimana tra il 12 ed il 18 dicembre 2012, la Csi ha lanciato a livello mondiale una campagna di mobilitazione con iniziative che si terranno in 81 Paesi nel Mondo.

In Italia Cgil, Cisl e UIL organizzano una giornata di sensibilizzazione e mobilitazione sulla necessità di ratificare subito la Convenzione 189, promuovendo un incontro pubblico che si terrà nel pomeriggio di giovedì dicembre, dalle 14.30 alle 17.30. L’evento, che avrà il patrocinio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, verrà ospitato presso la sede romana dell’Oil di Via Panisperna, 28.

All’evento verranno inviti: rappresentanti del Governo (Min. Lavoro, Integrazione ed Esteri); rappresentanti del Parlamento (Commissioni Lavoro di Camera e Senato); Associazioni impegnate in questo settore, Comunità straniere, particolarmente quelle Sud Americane, Filippine, ed Est europee; controparti datoriali.

Il dibattito sarà aperto e cercheremo di far partecipare più lavoratrici interessate possibili.


 

Discriminazioni


Polizze Rc Auto. Cade un'altra tariffa "etnica"


(www.stranieriinitalia.it) Roma – 24 ottobre 2012  - Per l’importo della polizza dell’Rc Auto la nazionalità non deve fare la differenza. Quello che sembra una scontata norma antirazzista sta finalmente e progressivamente entrando anche nelle pratiche delle compagnie assicurative. Magari sotto la minaccia di una condanna da parte di un tribunale. L’ultimo caso è quello dell’ Admiral Insurance Company Limited (Gruppo EUI Limited, vende polizze anche attraverso il sito Conte.it), contro la quale l’Associazioni Studi Giuridici sull’Immigrazione aveva presentato a Roma un ricorso antidiscriminazione. I suoi preventivi, infatti, schizzavano in alto se a chiederli erano guidatori immigrati, che le compagnie assicurative considerano spesso statisticamente più a rischio di incidenti. È una prassi già censurata dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, e finora quando è stata sottoposta al giudizio dei tribunali, le compagnie hanno eliminato le differenze per evitare una probabile condanna. Lo stesso è successo anche in questo caso, perché Admiral ha fatto marcia indietro. “L’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (A.S.G.I.) e la società di intermediazione EUI Limited - si legge in un comunicato congiunto fatto ieri - hanno concordato di chiedere al Giudice di dar atto della cessata materia del contendere”. Questo perchè “la Compagnia, ed in particolare le società mandanti tra le quali Admiral Insurance Company Limited (responsabile del prodotto e della tariffa R.C. Auto), già da maggio 2012 hanno escluso il criterio della cittadinanza tra gli elementi atti a diversificare le tariffa R.C. auto nel rispetto del principio di non discriminazione”. L’ASGI auspica che l’esempio sia seguito da “tutte le compagnie che ancora utilizzano, nella formazione della tariffa, il criterio della cittadinanza, affinché si pervenga al più presto ad una omogeneità di comportamenti che garantisca il pieno rispetto del principio di uguaglianza e non discriminazione tra italiani e stranieri”. È ancora pendente un ricorso antidiscriminazioni promosso dall’associazione presso il Tribunale di Bologna nei confronti della compagnia assicurativa on-line Linear (Gruppo UNIPOL). Per le compagnie assicurative gli immigrati sono una fetta di clientela importante. Secondo i dati del Ministero dei Trasporti, in Italia ci sono 2,6 milioni di patenti di guida e tre milioni di veicoli (2,7 milioni le auto, oltre 250 mila moto) intestate a persone nate all’estero. EP


ImmigrazioneOggi

news in 50 lingue

Seconde generazioni: tra i romeni vanno a scuola 9 ragazzi su dieci.
Ricerca ISMU: “nascondono la nazionalità per non essere confusi con l’etnia rom”.

Torino: l’arcivescovo Nosiglia invita le famiglie cristiane ad adottare i rom.
Presentata la lettera pastorale rivolta a nomadi, rom e sinti “Non stranieri, ma concittadini e familiari di Dio”.

Italia e Sri Lanka un gemellaggio all’insegna del cinema sull’immigrazione.
A Colombo, in occasione della XII Settimana della lingua italiana nel mondo, rassegna di film e cortometraggi sull’immigrazione tra i due Paesi. Protagonista la regista Paola Randi.

Torino: cinema e integrazione al quartiere Barriera di Milano.
Continua la rassegna dei film di CinemaInStrada, il festival di cinema di comunità che coniuga la dimensione artistica con quella sociale.

Regno Unito: cresce il numero di donne immigrate, un boom mai registrato prima.
Sono oltre 300mila le donne immigrate negli ultimi anni: come conseguenza un nuovo baby boom.

Svezia: Governo e opposizione votano insieme la legge che estende il diritto allo studio per tutti i bambini stranieri, anche irregolari.
Potranno frequentare tutte le scuole, dall’asilo fino al liceo.

 

 

 

 

Foreign Press

 


The EconomistPeople power

America needs to rethink its immigration policy

The Immigrant Exodus: Why America Is Losing the Global Race to Capture Entrepreneurial Talent. 

By Vivek Wadhwa. Wharton Digital Press;


VIVEK WADHWA’S new book, “The Immigrant Exodus”, is admirably short, yet he packs it with righteous fury. America, he points out, has one of the greatest assets a nation can have: people yearn to live there. Chinese students, Indian doctors, British actors and French financiers flock to its shores. What is more, America is very welcoming and always has been. Its universities brim with foreign brains. Its zippiest companies are powered by immigrants. Some stay for ever. Others work for a while and return home, where they often continue to swap ideas and do business with their American friends. A nation that can attract the cleverest people in the world can innovate and prosper indefinitely. Unless it does what America has done since September 11th 2001, which is to make the immigration process so slow, unpredictable and unpleasant that migrants stay away. Consider the story of Puneet Arora, who came to America in 1996 to study medicine. He won a fellowship at the prestigious Mayo Clinic, worked for a while as a doctor in a deprived area and ended up as medical director at Genentech, a giant American biotech firm. Mr Arora is clearly the kind of citizen that any sensible country would be delighted to have. Yet America kept him waiting 16 years for a green card (which grants permanent residency). Life in immigration limbo is wretched. Immigrants on H1-B visas, which are issued to skilled workers, must be sponsored by a specific employer. They cannot change jobs without imperilling their application. Their careers stagnate. They do not know whether they will be deported, so they hesitate to put down roots, buy a house or start a company. Sometimes their spouses are barred from working. In some states their spouses cannot even obtain a driving licence, as if they were female and living in Saudi Arabia. Fewer and fewer talented people are prepared to put up with such treatment, and they have plenty of other options. They know that Canada, Australia and Singapore hand out visas swiftly and without fuss. If they are from a poor country, they know that there are opportunities back home. Mr Wadhwa’s finds are alarming. Since no nationality may receive more than 7% of employment-based green cards, Chinese and Indian applicants are treated more harshly than citizens of less populous nations. The time they must spend in limbo has shot up. If they have a great idea for a new company, they can go home and start it straight away. In America, if they quit their day job, they may be deported. In a survey, Mr Wadhwa found that most Indian and Chinese students in America expect problems in obtaining a work visa when they graduate, regardless of the demand for their skills. An unprecedented number now plan to go home. Mr Wadhwa believes that immigration policy has halted the surge in high-tech firms founded by immigrants, and possibly reversed it. In Silicon Valley the proportion of high-tech start-ups they founded has fallen from 52% in 2005 to 44% this year. “The Immigrant Exodus” is packed with examples of opportunities squandered for want of a visa. Hardik Desai, for example, persuaded hard-nosed investors to put $300,000 into his start-up, which made diagnostic technology. But he could not persuade the immigration authorities to let him work for his own company without proving that it could pay his salary for a long time—something almost no new firm can prove. So he had to shut it down. Mr Wadhwa, who is himself of Indian origin, moved to America from Australia back in the days when it was easy. Working as a computer scientist, he received a green card in 18 months and went on to found two high-tech companies. He laments that, if the conditions when he first arrived had been as they are today, “I would have been a fool to leave Australia.” By locking out foreign talent, America has “blocked the flow of [its] very lifeblood,” he argues in this wise and powerful tract. Yet the problem is simple to solve. Mr Wadhwa lays out a seven-point plan that can be summarised in three words: let them in.