Newsletter periodica d’informazione
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Rassegna ad uso
esclusivamente interno e gratuito, riservata agli
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Anno X n. 35 del 25 ottobre 2012 |
Consultate www.uil.it/immigrazione
Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri
Coordinamento Nazionale UIL Immigrati
Coordinamento Nazionale Immigrati UILMartedì 6 novembre 2012, ore 09.30 - 16.30 – UIL Nazionale, via Lucullo, 6 – Piano VI, sala Bruno BuozziTemi dell’evento:Ø Bilancio della procedura di emersione dei lavoratori stranieri irregolari;Ø La campagna “12 x 12” per la ratifica della Convenzione ILO n. 189 “lavoro dignitoso per lavoratrici e lavoratori domestici”;Ø Programma 2012/2013 di attività del Dipartimento Politiche Migratorie
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SOMMARIO
Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti pag. 2
“Save
the date”: Coordinamento Nazionale Immigrati pag.
2 Regolarizzazione: Le critiche dei Patronati pag. 2
Ires: immigrati nell’occhio del ciclone pag. 3
Inside Out – Flash mob sulla cittadinanza pag. 5
Emergenza Nord Africa: appoggio di sindacati e società civile pag. 6
Corsivo: “Da Rosarno a Saluzzo” pag. 6
Storie: Quando l’eroe è il clandestino pag. 7
Lavoro domestico: metti fine alla moderna schiavitù pag. 8
Discriminazioni, RC auto: fine della tariffa etnica pag. 9
The Economist: Immigration, people power pag. 10
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A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento Politiche Migratorie
Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751
Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti
Roma, 26/10/2012, ore 10.30, Via Fornovo 8
Riunione Comitato Consultivo Tripartito OIL
(Giuseppe Casucci, Cinzia Del Rio)
Roma, 30/10/2012, Teatro Orione, ore 10.30
Caritas/Migrantes - Presentazione del XXII Rapporto del Dossier Statistico Immigrazione
(Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)
Rovigo, 08/11/2012, ore 9.00,
Convegno UIL/Ital su immigrazione e cittadinanza
(Guglielmo Loy – Segretario Confederale UIL))
Roma, 08/11/2012, sede ANCI, ore 11.00
Incontro con il sindaco di Reggio Emilia Graziano Del Rio, su proseguimento campagna sui diritti di cittadinanza
(Giuseppe Casucci)
“Save the date”: 06/11/2012
Modera: Giuseppe Casucci, Coord. Naz. Dipartimento Politiche Migratorie UIL
Oratori invitati:
Panel: “Procedura di emersione”
Prof Saverio Ruperto, Sottosegretario all’Interno, con delega sull’immigrazione;
Prefetto Mario Morcone, Capo di Gabinetto Ministero per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione;
Alberto Sera, Vice Presidente Ital
Panel: “Campagna “12 x 12” sul lavoro domestico”
Luigi Cal, Direttore Ufficio ILO per l’Italia e San Marino;
Rosanna Margiotta, Dirigente Ministero del Lavoro
Ivana Veronese Segreteria Nazionale Uiltucs
Conclude: Guglielmo Loy, Segr. Conf.le UIL
Pomeriggio: discussione del Coordinamento sul programma di attività 2012/2013
Regolarizzazione
A ribadire il senso dell’"occasione mancata" è il Cepa, l’organismo che riunisce Inas, Inca, Ital e Acli. I quattro patronati rivendicano in un comunicato di essersi "impegnati per primi nella campagna di emersione dal lavoro nero. Ciò è avvenuto nonostante i vincoli inseriti nella legge e nonostante le interpretazioni restrittive imposte nella istruttoria delle domande". Una precisazione che sembra indirizzata ad Andrea Riccardi. Qualche giorno fa, in un’intervista al Corriere della Sera, il ministro dell’Integrazione ha infatti lamentato il "ruolo minore rispetto al passato" che avrebbero giocato in questa regolarizzazione i patronati, suggerendo che "forse c’è stato meno incoraggiamento dal mondo associativo, che si è dedicato più a far notare i limiti che l’opportunità offerta dal provvedimento". Inas, Inca, Ital e Acli ricordano invece di "aver sollecitato in queste settimane il Governo e la Pubblica Amministrazione perché si superassero le eccessive restrizioni che questa regolarizzazione ha posto nei confronti dei datori di lavoro e dei lavoratori coinvolti. Vincoli economici e i vincoli legati alla dimostrazione della presenza del lavoratore che solo in parte sono stati alleggeriti da una interpretazione autentica del 4 ottobre scorso, quasi a fine campagna". "E' nostro impegno, nella tutela di chi si rivolge a noi, operare all'interno delle leggi dello Stato" premettono i patronati. Quindi ricordano che "durante la campagna di emersione abbiamo avuto contatti pari a quattro volte il numero delle domande presentate. Per tre quarti degli interessati non è stato quindi possibile presentare domanda di emersione perché non rientrava nei limiti che la legge ha imposto". "Riteniamo - conclude il Cepa - che il numero complessivo delle domande di emersione sia ancora molto ridotto rispetto alla realtà del lavoro irregolare che si presenta sul territorio e che anche il numero ridotto delle domande dalle imprese, il 14% del totale, evidenzi che questa opportunità non è stata sfruttata".
Ragusa,
22 ottobre 2012 - "Il 15 ottobre scorso è scaduto il termine di
presentazione delle dichiarazioni di emersione dei rapporti di lavoro
irregolare subordinato dei cittadini extracomunitari privi di titolo di
soggiorno. In provincia di Ragusa sono state presentate 1.498 domande di cui
525 per lavoro subordinato e 973 sono per lavoro domestico." Comincia così
la nota della prefettura di Ragusa diffusa oggi. "In considerazione di
tale dato – alquanto rilevante anche rispetto al quadro nazionale - ed in
vista dell'attivazione delle conseguenti procedure, la Prefettura di Ragusa, a
consuntivo di vari incontri operativi, ha tenuto oggi una riunione con i
rappresentanti delle Forze dell'Ordine e degli Uffici istituzionalmente
coinvolti nella procedura dello Sportello Unico per l'Immigrazione (Ufficio
Provinciale del Lavoro, INPS, INAIL, Ispettorato del Lavoro ed Agenzia delle
Entrate) volto ad un'analisi congiunta dei profili meritevoli di attenzione al
fine di prevenire il rischio di potenziali distorsioni nel ricorso alle
procedure di emersione. A tal fine si è concordato di costituire una task force
di tutte le componenti interessate, che sarà coordinata dalla Questura". Numeri
e modalità delle richieste, in sostanza, non convincono. Un totale di richieste
superiore a qualsiasi altra provincia siciliana, la gran parte consegnate poco
prima dello scadere dei termini. Poi, la maggior parte delle richieste
concentrate nel settore del lavoro domestico, che vuol dire colf e badanti,
anche tra numerosissimi uomini, mentre si sa che è l'agricoltura il settore
dove è più forte l'impiego di manovalanza nord africana soprattutto. Il
sospetto, che la Prefettura lascia intendere ma non dichiara, è che si sia
creata una sorta di mercato malato, per cui i locali "vendono" le assunzioni
agli immigrati, che una volta a regola col lavoro possono avere un permesso di
soggiorno. I dettagli di questa compravendita, messa in scena ad arte, dovranno
chiarirli le forze dell'ordine, chiamate a fare luce su un meccanismo perverso
che alla fine penalizza sempre gli stranieri.
Lavoro
Roma –
23 ottobre 2012 – "L’occupazione degli immigrati sta subendo gli effetti
della crisi in maniera estremamente negativa. C’è una maggiore precarizzazione
dei rapporti di lavoro e una riduzione notevole delle ore lavorate che in vari
casi nasconde falsi contratti part-time, false partite iva e aumento del lavoro
sommerso. Contemporaneamente aumenta il divario tra le retribuzioni degli
stranieri rispetto a quelle degli italiani". È l’analisi dell’ Istituto
Ricerche Economiche e Sociali della Cgil, contenuta oggi in un estratto del più
ampio rapporto che verrà pubblicato dall’Osservatorio sull’immigrazione a
novembre. Qui le tabelle con i dati.
"Nel corso del quinquennio appena trascorso
– nota l’Ires - il mercato del lavoro italiano ha pesantemente
subito gli effetti della profonda crisi economica e finanziaria. In particolare
l’andamento del tasso di occupazione e di disoccupazione hanno delle
traiettorie sensibilmente negative per le fasce più deboli e precarie del
mercato del lavoro. Per quanto riguarda i lavoratori immigrati, in particolare,
è possibile affermare che nel corso dell’ultimo anno siano entrati nell’occhio
di un ciclone". Al I semestre 2012 la quota del lavoro immigrato sul
totale è pari al 10% circa
e si concentra soprattutto nei settori: Servizi
collettivi e alla persona (37%), Costruzioni (19,2%), Agricoltura (13%),
Turismo (15,8%) e Trasporto (11,7%). Oltre un terzo degli occupati immigrati
svolge una professione non qualificata e circa il 60% è impiegato in una
microimpresa (contro il 34% degli italiani), con tutto ciò che questo comporta
in termini di nati-mortalità delle imprese, di rischio licenziamento, di
accesso agli ammortizzatori sociali e di possibilità di sindacalizzazione. Per
quanto concerne le modalità di accesso al lavoro il 64% lo fa attraverso la
rete informale di parenti o amici (contro il 31% degli italiani). Gli stranieri
sono occupati, nella maggior parte dei casi come dipendenti (87%) e
parzialmente come autonomi (11,8%).
La componente dei collaboratori è assolutamente marginale (1,3%) anche se nel
corso del quinquennio è cresciuta di oltre 50 punti percentuali. Riguardo ai
dipendenti, Ires segnala che se nel periodo compreso tra il primo semestre del
2008 e quello del 2012 la variazione percentuale del numero di dipendenti è
pari a +46,3%, gli occupati a tempo determinato sono cresciuti di circa il 67%
e quelli con contratti a tempo parziale di circa 78 punti percentuali. Per gli
autonomi, poi, è interessante notare come oltre il 20% non abbia alcuna autonomia
di orario. A questi dati va aggiunto, peraltro, che una stima sulla stipula di
accordi verbali o informali (circa il 7,5% del totale dei dipendenti, con
un’incidenza pari ad oltre il doppio della componente italiana) evidenzia una
crescita di 24,6 punti percentuali dei rapporti di lavoro non formali. Complessivamente dal I semestre 2008 a
giugno 2012 il tasso di occupazione è calato di circa 2 punti percentuali
passando dal 58,7% al 56,8% con una perdita di oltre 460 mila occupati. In
particolare scomponendo il dato sulla base della cittadinanza possiamo
verificare che la quota immigrata non comunitaria ha perso oltre 6,7 punti
percentuali. Inoltre è interessante notare nel corso degli ultimi quattro anni
anche gli immigrati comunitari stiano pagando un conto salato a causa della
crisi economica (-3,8 p.p.). Anche rispetto al tasso di disoccupazione si assiste ad una forte sofferenza per la
componente di lavoro immigrato. Se per gli italiani, infatti, il tasso di
disoccupazione è passato dal 6,7% del I semestre 2008 al 10,3% del I semestre
2012 (+3,6 punti percentuali), per i lavoratori comunitari è cresciuto di 6,1
punti fino al 14,3% e per i non comunitari di 5,1 punti fino a 14,5%. Peraltro
è interessante notare come ad un parziale ridimensionamento dei tassi nel corso
del 2011 sia seguito un anno in cui i tassi sono letteralmente schizzati verso
l’alto facendo segnalare le peggiori performance del quinquennio di crisi. Questa
dinamica dei tassi è dovuta, peraltro, alla diminuzione della popolazione
italiana in età da lavoro ed al corrispondente aumento della popolazione
straniera. Nell’ultimo quinquennio, in particolare, gli immigrati in età da
lavoro sono cresciuti di oltre un milione e trecentomila unità con una
variazione percentuale che ha visto aumentare gli occupati del 41,6% (667 mila
in valore assoluto) e i disoccupati addirittura del 138,2% (227 mila in valore
assoluto).
Anche i dati relativi alla Cassa Integrazione evidenziano questo tipo di dinamica:
nel corso del quinquennio di crisi il numero dei lavoratori immigrati che sono
dovuti ricorrere agli ammortizzatori sociali è cresciuto in maniera
esponenziale decuplicando il dato iniziale a fronte di un incremento per i
lavoratori italiani di circa quattro volte. A seguito di ciò il peso della componente
immigrata sul totale dei lavoratori in CIG è passata dal 4,3% del I semestre
2008 all’11,4% del I semestre 2012.
Infine uno sguardo sulle retribuzioni: nel I semestre 2012 la differenza
tra i guadagni di un italiano e quelli di un immigrato (entrambi a tempo pieno)
sono complessivamente di 328 euro pari ad un differenziale retributivo del 23%.
Inoltre va segnalato come dal I semestre 2009 questo dato sia in crescita di
oltre 2,5 p.p. allargando ulteriormente la forbice di disuguaglianza tra
lavoratori autoctoni e lavoratori immigrati. “L’indagine dimostra, in modo
inequivocabile, come alla continua crescita del numero di lavoratori e
lavoratrici migranti e al loro fondamentale contributo all’economia
italiana, si accompagna un continuo peggioramento delle condizioni di lavoro
che si sommano alle condizioni di svantaggio già esistenti. Fra cui il
permanere di un grande bacino di lavoro nero e irregolare che la recente
sanatoria non ha sostanzialmente intaccato” commentano Vera Lamonica,
segretaria confederale di Cgil, e Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione
Di Vittorio.
“Tutto ciò – aggiungono - conferma, oltre
alla crisi, una situazione inaccettabile per i diritti di queste persone e un
conseguente meccanismo di dumping e ricattabilità verso tutti i lavoratori,
contro cui la CGIL si batte e verso il quale le politiche del governo sono
inesistenti”.
Società
di Valeria Gandus | Il Fatto quotidiano del 20 ottobre 2012
Si fa chiamare JR, come il protagonista del celebre serial americano che impazzò negli anni Ottanta, ma è francese, vive a Parigi ed è uno dei massimi esponenti della street art. Che pratica, ovviamente, in clandestinità, consistendo la sua arte nell’usare (e abusare) dei palazzi, delle strade, degli arredi urbani: JR ha affisso le sue immagini ovunque, dalle banlieues di Parigi al muro che divide Israele e Territori palestinesi passando per i grattacieli di New York e gli slums indiani e africani.
Per una volta, però, questo artista controcorrente e anti sistema (che ha però vinto il prestigioso Ted Priore 2011), si trova a lavorare con le istituzioni che solitamente gli fanno la guerra: insieme per un flash mob contemporaneo in otto città italiane dove, sabato 20 e domenica 21, vengono esposte su edifici e in luoghi pubblici, 1500 gigantografie di altrettanti cittadini italiani e stranieri. Sono le foto delle persone che hanno “messo la faccia” su Inside Out/ L’Italia sono anch’io, il progetto che vuole tenere alta l’attenzione sui diritti di cittadinanza dopo che, negli scorsi mesi, sono state raccolte oltre 200 mila firme per due proposte di legge popolare. La prima per il diritto di cittadinanza a chi nasce sul suolo italiano. La seconda per il diritto di voto alle elezioni amministrative per i cittadini stranieri regolari da almeno cinque anni.
Le installazioni dei grandi poster in bianco e nero (realizzati da cittadini-fotografi su istruzioni dello stesso JR) campeggiano lungo le strade cittadine o all’interno e all’esterno di edifici pubblici di particolare valore simbolico: a Milano è stata scelta l’Arena civica Giani Brera, il più antico impianto sportivo al mondo ancora in funzione.
Le facce di cittadini italiani si alternano e si confondono con quelle di cittadini stranieri. Soprattutto ragazzi: sono i compagni di scuola dei nostri figli. O i figli dei nostri colleghi di lavoro. Sono i ragazzi che incontriamo al parco e al cinema, al bar e nei negozi. Vestiti come tutti, gentili o chiassosi come tutti. E con tutta la vita davanti. Ma non la stessa vita di tutti.
Perché i ragazzi di seconda generazione, nati cioè in Italia da genitori stranieri, non sono italiani. Possono chiedere la cittadinanza una volta compiuti i 18 anni, ma hanno solo un anno per completare la pratica, che spesso è complicata da una serie infinita di questioni burocratiche, e quindi spesso non arriva a buon fine.
Se poi il ragazzo non è nato in Italia ma vi è arrivato piccolissimo, non può fare richiesta di cittadinanza: nemmeno se ha completato l’intero corso di studi, dall’asilo alla scuola superiore, e parla e scrive italiano meglio di tanti suoi italianissimi coetanei. E se anche riuscirà ad andare all’università e a laurearsi, non potrà accedere ai bandi pubblici né iscriversi agli albi professionali.
Le seconde generazioni senza cittadinanza non possono diventare insegnanti, magistrati, architetti, notai, vigili del fuoco, poliziotti, militari, bidellli, autoferrotranvieri. Non possono gareggiare negli sport agonistici, e indossare la divisa della nazionale italiana, fare attività di ricerca universiaria. Non possono votare e tantomeno essere votati.
Chi vuole dare una chance a questi nostri concittadini, può metterci la faccia: facendosi fotografare (ed esporre) nei luoghi delle installazioni delle diverse città. Fino a domenica 21 ottobre.
Milano: Arena Civica Gianni Brera
Reggio Emilia: Musei civici
Cagliari: Mediateca del Mediterraneo
Firenze: ex Meccanotessile
Palermo. Via Libertà
Trieste: piazza della Borsa
Crema: Muro degli Stalloni
Sassari: Giardini pubblici
Profughi
Appello: Emergenza Nord Africa: dignità e certezze per i profughi e i territori coinvolti
Promosso da Tavolo Nazionale Asilo e Tavolo Nazionale Immigrazione. Mobilitazione per oltre 20.000 Profughi.
Mancano meno di tre mesi alla conclusione della cosiddetta
Emergenza Nord Africa, la cui gestione è stata affidata alla Protezione Civile,
e non si sa ancora quale sarà la sorte delle oltre 20 mila persone giunte
in Italia dalla Libia nel 2011, tra cui molti rifugiati in fuga da guerre e
persecuzioni. Preoccupa la mancanza di un provvedimento che consenta alle molte
migliaia di persone presenti di ottenere un titolo di soggiorno di lungo
periodo, senza il quale è impossibile avviare qualsiasi progetto di inserimento
sociale.
Pertanto, si chiede con forza e urgenza al Governo:
- una decisione immediata con un provvedimento chiaro che consenta il rilascio di un permesso di soggiorno umanitario in favore di tutti i profughi giunti dalla Libia.
- Una soluzione dignitosa e efficace per l’inclusione sociale dei profughi coinvolti nei progetti d’accoglienza, con la predisposizione di risorse adeguate, che consenta di realizzare il processo di integrazione di queste persone con precisi percorsi di uscita dai centri emergenziali con una chiara previsione di misure di sostegno.
- Un coinvolgimento reale delle organizzazioni di tutela e dei territori coinvolti nell’accoglienza per la definizione delle soluzioni concrete.
- Una verifica puntuale della qualità dei servizi erogati sul territorio nell’ambito dei progetti d’accoglienza per evitare sprechi, chiudendo al più presto quelle esperienze inadeguate di ospitalità e valorizzando le esperienze di qualità, con l’obiettivo di riportare quest’ultime al più presto all’interno della rete SPRAR.
In mancanza di soluzioni concrete e rispettose della dignità delle persone e dei territori coinvolti riteniamo che il rischio di innescare tensioni sociali e di provocare ulteriore disagio sia altissima. Senza soluzioni realistiche e dignitose si rischia di sprecare ancora per molto tempo ingenti risorse pubbliche alimentando peraltro razzismo e conflitti.
Per questo saremo a Roma il 30 ottobre 2012 insieme ai profughi per chiedere una soluzione urgente e dignitosa.
Da Rosarno a Saluzzo
per rivendicare il diritto al lavoro dignitoso e non discriminante
Di Angela Scalzo
Sono arrivati in tanti, i nuovi migranti stagionali, fin dallo scorso marzo, in cerca di lavoro, in uno dei frutteti più ricchi d’Europa. In Piemonte a Saluzzo, arrivano in prevalenza dall’Africa sub sahariana, circa la metà ha un permesso sussidiario triennale, uno su cinque ha un permesso per motivi umanitari, il resto un permesso di lavoro scaduto per mancanza di occupazione. Profughi provenienti dalla Libia ma anche molti poveri dettati dalla grave crisi economica che ha incredibilmente ingrossato le fila degli stagionali. Già in agosto erano più che raddoppiati rispetto al 2011. Oggi pare siano circa 350 e nessuno se lo aspettava, ma il popolo dei pomodori campani di Castelvolturno, siciliani di Pachino, e delle arance calabresi di Rosarno ora arriva fino al ricco Nord. Ma Saluzzo non spara ai lavoratori migranti che alzano la testa. Lo dimostrano le centinaia di scarpe allineate all’ingresso del capannone di Foro Boario in segno di fermo della raccolta delle mele rosse di Saluzzo. All’interno del Capannone gruppi di immigrati che decidono la strategia di sciopero da utilizzare, gruppi che pensano alla cucina, altri che utilizzano l’incontro per rifocillarsi e scaldarsi dal freddo accumulato all’interno dei cartoni, all’addiaccio, dove gli ultimi 150 arrivati hanno cercato riparo. La situazione, all’interno dell’accampamento, formato da quattro grosse tende allestite dalla Croce Rossa , è tranquilla e la forza dell’ordine controlla sistematicamente la regolarità delle presenze, tutte regolari.
Una migrazione interna che si muove, da Sud a Nord Italia, sulla scia del bisogno e legata alla paga giornaliera che al Nord arriva fino a 45€. “… quando finirà questa raccolta di mele, afferma il ventiquattrenne ivoriano Aly, io e molti altri scenderemo al Sud, verso la Campania e la Calabria dove ci pagheranno forse di meno ma potremo continuare a lavorare”.
La protesta dei tanti stagionali , legata al disagio nell’accoglienza, con denuncie di razzismo, nonostante il sindaco di Saluzzo, comune di 17mila abitanti, abbia concesso aperture continue all’uso dei servizi igienici comunali a tutti i nuovi lavoratori e la Caritas abbia fornito 120 bici usate, prestate ai braccianti. Un gesto, quest’ultimo che, regolarizzato da un tesserino personalizzato, aiuta gli immigrati a recarsi presso i frutteti che possono distare anche 10 kilometri, dovendolo fare a piedi.
Certo non bastano le promesse del Comune e di Coldiretti che per il prossimo anno hanno promesso un capannone dismesso in periferia con assistenza sanitaria a tutti i braccianti stagionali, nonostante il disappunto della lega, il diritto al “lavoro dignitoso” è un nostro obbligo, come dice il senegalese Mustafa “…il nostro lavoro è indispensabile a voi italiani ed al sostentamento delle nostre famiglie in Patria …aiutateci a renderlo più dignitoso e rispettoso dei nostri diritti”.
Quanti immigrati e quanti
clandestini, in particolare, hanno salvato bambini, donne e uomini italiani che
rischiavano di annegare. Un filone di storie sorprendenti e poco raccontate,
che è giusto ricordare. Iniziando dalla più recente, quella di Adoiou
Abderrahim, marocchino di 48 anni, al quale la vita pochi giorni fa ha concesso
l'occasione di riscattare l'onore perduto. L'appuntamento col destino è giunto
nella notte tra il 13 e il 14 ottobre, quando l'auto davanti a lui è finita
dritta in un canale, tra Borgo Ottomila e San Benedetto dei Marsi, nella piana
del Fucino. Adoiou non ci pensa
due volte: si spoglia e si tuffa in acqua, salvando una famiglia di tre
persone, fra le quali un bambino di cinque anni. Giunto in Italia nel 1993, era
finito nel giro della droga dopo aver perso il suo impiego regolare di saldatore
a Lecco, con tanto di condanna a quattro anni e mezzo per spaccio. In più, dopo
aver scontato la pena non aveva rispettato il decreto di espulsione,
andandosene invece nella Marsica a lavorare in campagna. Ora il ministro
dell'Interno Anna Maria Cancellieri, accogliendo la richiesta del suo avvocato,
gli ha concesso un permesso di soggiorno di sei mesi "per motivi
umanitari". Questa sospirata
carta venne concessa nel 2006 a un tunisino di 27 anni, Nasser Othman. Tunisino
per modo di dire: nato in Italia, vi aveva vissuto ininterrottamente sino a 12
anni. Tempo insufficiente per ottenere la cittadinanza, secondo la legge 91 del
1992. Poi aveva dovuto seguire all'estero il padre, emigrato per lavoro. Ma
ecco che torna maggiorenne nel nostro paese e trova un impiego irregolare da
manovale a Vasto. Il 19 luglio del 2006 salva, tra gli applausi della gente,
tre ragazzi che stavano annegando nelle acque di fronte a Casalbordino.
Nonostante il gesto, però, viene perfezionato un decreto di espulsione emesso
in precedenza. Esce la notizia su "La Stampa" e l'allora ministro
dell'Interno, Giuliano Amato, gli concede in extremis un permesso di soggiorno.
Ci sono anche donne in questa piccola epopea degli invisibili. Come la
baby-sitter honduregna Iris Palacios Cruz, anche lei ventisettenne, anche lei
clandestina. Il 25 agosto del 2006 all'Argentario salva Letizia, la bambina di
11 anni che le era stata affidata, ma poi è travolta da un'onda gigantesca e il
suo corpo viene trovato senza vita in serata dalla Guardia Costiera, a 150
metri dalla riva. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, premiò il
gesto con una medaglia d'oro al valor civile, consegnata a sua madre. Un'altra
medaglia d'oro, anche qui alla memoria, fu assegnata dal presidente Carlo
Azeglio Ciampi a Cheik Sarr, giovane muratore senegalese che, alla vigilia di
Ferragosto del 2004, scorse al largo di Castagneto Carducci, in provincia di
Livorno, un uomo che si agitava chiedendo aiuto. Cheik si butta, lo porta a
riva, ma non resiste allo sforzo e muore sulla spiaggia. L'uomo salvato intanto
se l'è data a gambe. A fuggire,
ma per ben altre ragioni, sono due giovani immigrati probabilmente clandestini,
dopo aver tratto fuori dalle acque del Lago d'Iseo due fratellini, nel
settembre del 2006. La loro madre, Anna Carrara, li ringrazia e loro
spariscono, per il timore di finire nei guai. Ignorata
dai giornali - perché ridurla a una notizia di una colonna vuol dire ignorarla
- l'impresa di Augustin Affi, un calciatore di 21 anni originario della Costa
d'Avorio, capocannoniere del Vecchiazziano, che grazie ai suoi gol centra la
promozione in seconda categoria. Il 30 giugno del 2011 è sulla spiaggia di
Ravenna, quando si accorge che due bambini di 8 e 11 anni stanno per scomparire
tra i flutti. Augustin li trae in salvo, ma poi rimane impantanato in una buca
e muore sulla spiaggia, nonostante 45 minuti di respirazione artificiale. Il
comune di Forlì paga i funerali e il rimpatrio della salma. La storia più
vecchia è quella di Mohamed Abid, 45 anni, saldatore di origine tunisina,
sposato con un'italiana. Il 18 giugno del 2003 si tuffa nel tratto di mare
davanti ad Agrigento per riportare a riva una mamma con il suo bimbo di cinque
anni. Torna stremato e si sdraia sulla spiaggia. Ma c'è un altro bimbo di cinque
anni che scivola dagli scogli e il padre, che non sa nuotare, urla disperato.
Mohamed si rialza e si ributta in mare, ma stavolta l'impresa non riesce. Il
suo corpo e quello del bambino vengono riportati a riva cadaveri. Con una legge
ad hoc, emanata nell'aprile del 2004, i figli dell'eroe verranno assunti
dall'amministrazione regionale siciliana. Posti di lavoro pagati con la vita.
Riposa in pace, Mohamed.
Lavoro Domestico
Appoggia la nostra campagna per i diritti e la protezione per i lavoratori domestici:
Per mettere fine alla moderna schiavitù
Ratifica subito anche in Italia della Convenzione OIL 189 e Raccomandazione 201. Cgil, Cisl e Uil indicono per il 13 dicembre 2012 una giornata di mobilitazione.
In tutto il mondo vi sono oltre 100 milioni di lavoratori impiegati a svolgere il proprio lavoro nella casa di qualcun altro. Questi lavoratori domestici, puliscono, cucinano, fanno il bucato, forniscono assistenza ai bambini ed agli anziani e molto altro ancora.
Il loro lavoro è sottovalutato, sottopagato, invisibile, non riconosciuto, e non rispettato.
La grande maggioranza dei lavoratori domestici, sono donne (82%), molte delle quali migranti o bambine. In molti paesi i lavoratori domestici sono esclusi dalla legislazione del lavoro e dai sistemi di protezione sociale. A molti viene negato il diritto, sia per legge che in pratica, di formare o aderire a un sindacato. Di conseguenza, maltrattamento, sfruttamento, violenza, e abusi fisici e sessuali sono frequenti e spesso impuniti. Nel giugno 2011, l'organismo delle Nazioni Unite che si occupa di questioni del lavoro, l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), ha adottato la Convenzione n. 189 e raccomandazione n. 201 sui lavoratori domestici. La Convenzione ILO n. 189 riconosce il diritto dei lavoratori domestici a difendere collettivamente i propri interessi attraverso i sindacati; protegge il loro diritto ad un salario minimo in Paesi in cui esiste, garantisce una forma di pagamento mensile e l'accesso alla sicurezza sociale, inclusa la maternità; la Convenzione rende obbligatorio per i lavoratori domestici la fruizione di almeno un giorno libero alla settimana e regola il loro orario di lavoro. In sostanza, la convenzione n 189 riconosce al lavoro domestico pari dignità con ogni altra occupazione e assicura che i lavoratori domestici siano trattati alla pari di tutti gli altri lavoratori ai sensi della legislazione del lavoro. La Convenzione 180 è entrata in vigore nel 2012 dopo la ratifica dei primi due Paesi: Uruguay e Filippine. Nel corso dell’anno hanno ratificato anche Mauritius e Nicaragua.
La Campagna “12 x 12”
Nel dicembre 2011, la Confederazione Internazionale dei sindacati (ITUC –CSI), ha lanciato a livello mondiale la campagna “12 x 12”, proponendosi l’obiettivo di ottenere la ratifica della Convenzione n. 189 da parte di 12 Paesi entro il 2012.
La campagna ha già ottenuto la costituzione e la mobilitazione di Comitati “12 x 12” in 81 paesi, chiedendo la ratifica della Convenzione ed il miglioramento della legislazione nazionale. I Comitati “12 X 12” hanno intrapreso varie attività con l’obiettivo di richiamare l’attenzione dei politici e dei legislatori, ed hanno organizzato eventi pubblici per promuovere la convenzione OIL n 189, e raggiungere gruppi ed organizzazioni di sostegno dei diritti dei lavoratori domestici.
Unisciti alla nostra campagna per i diritti e la protezione per i lavoratori domestici:
Maggiori informazioni sul sito: www.ituc-csi.org
Mantieni la pressione sulla richiesta di ratifica della Convenzione ILO n. 189!
I giorni di mobilitazione “12 x 12”
Nella settimana tra il 12 ed il 18 dicembre 2012, la Csi ha lanciato a livello mondiale una campagna di mobilitazione con iniziative che si terranno in 81 Paesi nel Mondo.
In Italia Cgil, Cisl e UIL organizzano una giornata di sensibilizzazione e mobilitazione sulla necessità di ratificare subito la Convenzione 189, promuovendo un incontro pubblico che si terrà nel pomeriggio di giovedì dicembre, dalle 14.30 alle 17.30. L’evento, che avrà il patrocinio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, verrà ospitato presso la sede romana dell’Oil di Via Panisperna, 28.
All’evento verranno inviti: rappresentanti del Governo (Min. Lavoro, Integrazione ed Esteri); rappresentanti del Parlamento (Commissioni Lavoro di Camera e Senato); Associazioni impegnate in questo settore, Comunità straniere, particolarmente quelle Sud Americane, Filippine, ed Est europee; controparti datoriali.
Il dibattito sarà aperto e cercheremo di far partecipare più lavoratrici interessate possibili.
Discriminazioni
(www.stranieriinitalia.it) Roma – 24 ottobre 2012 - Per l’importo della polizza dell’Rc Auto la nazionalità non deve fare la differenza. Quello che sembra una scontata norma antirazzista sta finalmente e progressivamente entrando anche nelle pratiche delle compagnie assicurative. Magari sotto la minaccia di una condanna da parte di un tribunale. L’ultimo caso è quello dell’ Admiral Insurance Company Limited (Gruppo EUI Limited, vende polizze anche attraverso il sito Conte.it), contro la quale l’Associazioni Studi Giuridici sull’Immigrazione aveva presentato a Roma un ricorso antidiscriminazione. I suoi preventivi, infatti, schizzavano in alto se a chiederli erano guidatori immigrati, che le compagnie assicurative considerano spesso statisticamente più a rischio di incidenti. È una prassi già censurata dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, e finora quando è stata sottoposta al giudizio dei tribunali, le compagnie hanno eliminato le differenze per evitare una probabile condanna. Lo stesso è successo anche in questo caso, perché Admiral ha fatto marcia indietro. “L’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (A.S.G.I.) e la società di intermediazione EUI Limited - si legge in un comunicato congiunto fatto ieri - hanno concordato di chiedere al Giudice di dar atto della cessata materia del contendere”. Questo perchè “la Compagnia, ed in particolare le società mandanti tra le quali Admiral Insurance Company Limited (responsabile del prodotto e della tariffa R.C. Auto), già da maggio 2012 hanno escluso il criterio della cittadinanza tra gli elementi atti a diversificare le tariffa R.C. auto nel rispetto del principio di non discriminazione”. L’ASGI auspica che l’esempio sia seguito da “tutte le compagnie che ancora utilizzano, nella formazione della tariffa, il criterio della cittadinanza, affinché si pervenga al più presto ad una omogeneità di comportamenti che garantisca il pieno rispetto del principio di uguaglianza e non discriminazione tra italiani e stranieri”. È ancora pendente un ricorso antidiscriminazioni promosso dall’associazione presso il Tribunale di Bologna nei confronti della compagnia assicurativa on-line Linear (Gruppo UNIPOL). Per le compagnie assicurative gli immigrati sono una fetta di clientela importante. Secondo i dati del Ministero dei Trasporti, in Italia ci sono 2,6 milioni di patenti di guida e tre milioni di veicoli (2,7 milioni le auto, oltre 250 mila moto) intestate a persone nate all’estero. EP
Seconde generazioni: tra i romeni vanno a scuola 9
ragazzi su dieci.
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Torino: l’arcivescovo Nosiglia invita le famiglie
cristiane ad adottare i rom.
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Italia e Sri Lanka un gemellaggio all’insegna del
cinema sull’immigrazione.
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Torino: cinema e integrazione al quartiere Barriera
di Milano.
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Regno Unito: cresce il numero di donne immigrate, un
boom mai registrato prima.
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Svezia: Governo e opposizione votano insieme la
legge che estende il diritto allo studio per tutti i bambini stranieri, anche
irregolari.
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Foreign Press
The Immigrant Exodus: Why America Is Losing the Global Race to Capture Entrepreneurial Talent.
By Vivek Wadhwa. Wharton Digital Press;
VIVEK WADHWA’S new book, “The Immigrant Exodus”, is admirably
short, yet he packs it with righteous fury. America, he points out, has one of
the greatest assets a nation can have: people yearn to live there. Chinese
students, Indian doctors, British actors and French financiers flock to its
shores. What is more, America is very welcoming and always has been. Its
universities brim with foreign brains. Its zippiest companies are powered by
immigrants. Some stay for ever. Others work for a while and return home, where
they often continue to swap ideas and do business with their American friends. A
nation that can attract the cleverest people in the world can innovate and
prosper indefinitely. Unless it does what America has done since September 11th
2001, which is to make the immigration process so slow, unpredictable and
unpleasant that migrants stay away. Consider the story of Puneet Arora, who
came to America in 1996 to study medicine. He won a fellowship at the
prestigious Mayo Clinic, worked for a while as a doctor in a deprived area and
ended up as medical director at Genentech, a giant American biotech firm. Mr
Arora is clearly the kind of citizen that any sensible country would be
delighted to have. Yet America kept him waiting 16 years for a green card
(which grants permanent residency). Life in immigration limbo is wretched.
Immigrants on H1-B visas, which are issued to skilled workers, must be
sponsored by a specific employer. They cannot change jobs without imperilling
their application. Their careers stagnate. They do not know whether they will
be deported, so they hesitate to put down roots, buy a house or start a
company. Sometimes their spouses are barred from working. In some states their
spouses cannot even obtain a driving licence, as if they were female and living
in Saudi Arabia. Fewer and fewer talented people are prepared to put up with
such treatment, and they have plenty of other options. They know that Canada,
Australia and Singapore hand out visas swiftly and without fuss. If they are
from a poor country, they know that there are opportunities back home. Mr
Wadhwa’s finds are alarming. Since no nationality may receive more than 7% of
employment-based green cards, Chinese and Indian applicants are treated more
harshly than citizens of less populous nations. The time they must spend in
limbo has shot up. If they have a great idea for a new company, they can go
home and start it straight away. In America, if they quit their day job, they
may be deported. In a survey, Mr Wadhwa found that most Indian and Chinese
students in America expect problems in obtaining a work visa when they
graduate, regardless of the demand for their skills. An unprecedented number
now plan to go home. Mr Wadhwa believes that immigration policy has halted the
surge in high-tech firms founded by immigrants, and possibly reversed it. In
Silicon Valley the proportion of high-tech start-ups they founded has fallen from
52% in 2005 to 44% this year. “The Immigrant Exodus” is packed with examples of
opportunities squandered for want of a visa. Hardik Desai, for example,
persuaded hard-nosed investors to put $300,000 into his start-up, which made
diagnostic technology. But he could not persuade the immigration authorities to
let him work for his own company without proving that it could pay his salary
for a long time—something almost no new firm can prove. So he had to shut
it down. Mr Wadhwa, who is himself of Indian origin,
moved to America from Australia back in the days when it was easy. Working as a
computer scientist, he received a green card in 18 months and went on to found
two high-tech companies. He laments that, if the conditions when he first
arrived had been as they are today, “I would have been a fool to leave
Australia.” By locking out foreign talent, America has “blocked the flow of
[its] very lifeblood,” he argues in this wise and powerful tract. Yet the
problem is simple to solve. Mr Wadhwa lays out a seven-point plan that can be
summarised in three words: let them in.