Consultate
www.uil.it/immigrazione
. Aggiornamento quotidiano sui temi
di
interesse di cittadini e lavoratori stranieri
Newsletter periodica d’informazione
(aggiornata alla data del 5 ottobre
2012)
L’Avvocatura Generale dello Stato allarga le chance per accedere alla
regolarizzazione
Il
sindacato al Governo: “introdurre subito correttivi per salvare la regolarizzazione”
Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti pag.
2
Regolarizzazione: bene il parere
dell’Avvocatura dello Stato pag.
2
Procedura di emersione: non facciamone
un’occasione mancata pag.
3
Regolarizzazione: ancora 10 giorni pag.
5
Rifugiati: approvato il documento “superamento
emergenza Nord Africa pag.
6
UE: sì al voto per gli immigrati
pag.
7
Immigrati nei CIE: un sistema da ripensare pag.
8
Evasione: in nero il 60% dei lavoratori
domestici in Italia pag.
9
A cura del
Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento
Politiche Migratorie
Rassegna
ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli iscritti UIL
Tel.
064753292- 4744753- Fax: 064744751
Dipartimento Politiche Migratorie: appuntamenti
Roma, 9
ottobre 2012, ore 09.00, Sala Polifunzionale di palazzo Chigi
OIM/IILA/CESPI/Ministero
per la Cooperazione- Convegno: “percorsi di integrazione della Comunità latino
– americana”.
(Angela
Scalzo)
Roma, 9
ottobre 2012, ore 10.00, Sala Polifunzionale di palazzo Chigi
Consiglio
direttivo del CIR
(Giuseppe
Casucci)
Bruxelles,
11 ottobre 2012, sede CES
Riunione
sindacale europea Gruppo Migrazione ed inclusione
(Giuseppe
Casucci)
Roma,
15 ottobre 2012, sede CNEL
Riunione
gruppo ONC
(Angela
Scalzo)
Roma,
30/10/2012, Teatro Orione, ore 10.30
Caritas/Migrantes
- Presentazione del XXII Rapporto del Dossier Statistico Immigrazione
(Giuseppe
Casucci, Angela Scalzo)
Regolarizzazione
Bene
l’Avvocatura dello Stato che si pronuncia per un allargamento della
regolarizzazione. Urge però una circolare ed una proroga nella durata
Roma, 5
ottobre 2012 – La UIL accoglie con soddisfazione il parere dato ieri
dall’Avvocatura Generale dello Stato, che si è espressa per estendere la
casistica di Organismi titolati a certificare la presenza in Italia degli
stranieri irregolari alla data del 31 dicembre 2011. Com’è noto, questa è una
condizione imposta dal dlgs n. 109/2012 ed è stata certamente causa, assieme ad
altre, del finora basso numero di adesioni alla procedura di emersione (siamo
oggi a 57 mila moduli ricevuti dal sistema informatico del Viminale a meno di
10 giorni dalla conclusione della procedura di emersione). Avevamo già espresso
al Ministero dell’Interno come anche al Ministero per la Cooperazione
Internazionale e l’Integrazione la nostra perplessità sulla decisione di
richiedere, per chi è irregolare in Italia, un documento di convalida da parte
della pubblica amministrazione (che per legge è obbligata a denunciare chi è
senza permesso di soggiorno). Questa condizione posta era a dir poco irragionevole e funzionava
da pesante deterrente per chi volesse usufruire della procedura di emersione.
Ora, con il parere positivo dell’Avvocatura che estende la casistica “a
soggetti, pubblici o privati o municipalizzati che, istituzionalmente o per
delega svolgono una funzione, un’attribuzione pubblica o un servizio pubblico”,
si apre la strada dell’emersione a migliaia di lavoratori stranieri irregolari,
altrimenti condannati ad un futuro senza diritti. Purtroppo questo parere
arriva tardi e, per avere maggior peso, andrebbe fatto seguire da una circolare
esplicativa e non solo pubblicizzato attraverso le faq. Inoltre il
provvedimento accoglie solo parzialmente le richieste da noi avanzate. Ad
esempio, non accettare in un’Europa a libera circolazione, il visto d’ingresso
in un paese Schengen come prova, e richiedere altri documenti, ci sembra poco
logico specie a pochi giorni dalla conclusione della procedura di emersione.
Meglio allora far valere il titolo di viaggio che è sempre nominativo. Siamo
convinti che l’intento del Legislatore è quello di far emergere il maggior
numero possibile di stranieri irregolari, anche per l’indurimento delle pene
che l’applicazione della direttiva europea n. 52 comporterà per datori di
lavoro e lavoratori stessi.
Per questo
motivo, mentre salutiamo ositivamente il parere dell’Avvocatura, reiteriamo la
richiesta al Governo di prorogare i termini della procedura di emersione al 15
novembre 2012, anche per dare modo a chi si era già rassegnato a rimanere
irregolare, per assenza di documentazione adeguata, di poter fruire della
regolarizzazione stessa.
Dipartimento
Politiche Migratorie della UIL
(redazionale) Roma, 04 ottobre 2012
– Con una nota emanata nella giornata di oggi, l’Avvocatura dello Stato,
su richiesta del Ministero dell’Interno, si esprime sul cosa debba intendersi
per il termine “Organismi Pubblici” citato dal dlgs n. 109/2012, enti chiamati
a certificare l’eventuale presenza in Italia dello straniero irregolare prima
alla data del 31 dicembre 2011. Com’è noto è questa una delle condizioni
richieste dalla procedura di emersione dei lavoratori stranieri irregolari, procedura
iniziata lo scorso 15 settembre e che si concluderà il prossimo 15 ottobre.
Come sindacati e Tavolo Nazionale Immigrazione, la UIL aveva chiesto di
allargare la casistica di organismi titolati a certificare la presenza in
Italia degli stranieri irregolari, ricordando che il pacchetto sicurezza
imponeva alla Pubblica Amministrazione di denunciare lo straniero privo di
permesso di soggiorno (unica esclusione per medici e insegnanti). Di
conseguenza, sarebbe stato difficile per gli stranieri senza permesso avere da
Organismi Pubblici, strettamente intesi, detta certificazione. L’Avvocatura
dello Stato sembra concordare con la nostra visione. Scrive infatti che:
“trattasi, in parte,di soggetti stranieri, con posizione di irregolarità nel
territorio nazionale, e che pertanto difficilmente possono vantare contatti e
(quindi) documentazione rilasciata da un’Amministrazione o da un ente pubblici”. “Pertanto
– prosegue l’Avvocatura – la ratio sottesa all’adozione del più
ampio termine “organismi pubblici” è proprio quella di includervi anche
soggetti, pubblici, privati o municipalizzati che istituzionalmente o per
delega svolgono una funzione o un’attribuzione pubblica o per un servizio
pubblico”. L’Avvocatura quindi allarga il tipo di documentazione abile ad attestare
la presenza in Italia a:
-
certificazione medica proveniente da struttura pubblica;
-
certificato di iscrizione scolastica dei figli del lavoratore;
-
tessere nominative dei mezzi pubblici;
-
certificazioni provenienti dalle forze pubbliche, quali sanzioni
stradali, amministrative, multe di ogni genere, ecc.;
-
titolarità di schede telefoniche di operatori italiani (quali
Tim, Vodafone, Wind, 3, ecc.;
-
centri di accoglienza e/o ricovero autorizzati o anche
religiosi.
L’Avvocatura ammette come prova
valida anche la documentazione rilasciata dai consolati stranieri in Italia.
Per quanto riguarda il visto Schengen sul passaporto, per chi è entrato in
Europa da un Paese diverso dall’Italia, l’Avvocatura dello Stato non lo ritiene
di per sé sufficiente a comprovare la presenza in Italia al 31 dicembre 2011 e
chiede che quella prova sia accompagnata da una delle altre sopra elencate.
Sulla base di questa presa di
posizione dell’Avvocatura dello Stato, il Viminale fa sapere che questi criteri
saranno adottati nella valutazione delle pratiche. Visto il ritardo con cui
arriva questo parere (a 10 giorni dalla conclusione della regolarizzazione) e
vista l’allargamento della platea dei potenziali aventi diritto, sarebbe bene
che il Governo prendesse in considerazione l’opportunità di una proroga dei
termini della procedura d’emersione stessa.
In allegato: la circolare del
Viminale ed il parere dell’Avvocatura dello Stato
Dipartimento Politiche Migratorie
della UIL
Il testo della circolare del Viminale ed il parere dell’Avvocatura dello Stato
Dipartimento
Politiche Migratorie UIL
Roma,
5 ottobre 2012 - Le mezze misure, certo non soddisfano e possono sembrarci
irragionevoli e sbagliate: ma non è forse peggio la scelta di non fare nulla?
E’ questa, noi crediamo, la
lezione che dovremmo trarre dai risultati pur insoddisfacenti che l’attuale
procedura di emersione sta producendo; un meccanismo che avanza tanto a rilento
da rischiare di mancare – tra 11 giorni - l’obiettivo minimo delle cento
mila domande presentate. In effetti, la media dei primi 20 giorni è stata di
2.850 domande inviate al giorno. Se il trend dovesse seguire questo ritmo,
arriveremmo ad una cifra vicina alle 85 mila domande totali. Certo c’è da
mettere in conto il probabile rush finale nell’ultima settimana, ma non c’è da
farsi molte illusioni sulla possibilità di andare oltre quota centomila. Le
ragioni la Uil le ha spiegate tante volte, da sola o assieme al Tavolo
Immigrazione:
a) la
procedura è molto costosa, tanto da provocare una deriva delle domande verso il
più economico settore domestico, dove probabilmente ce la si può cavare con
2000 euro di spese in tutto, contro le 5000 – 10 mila di altri settori
(tra una tantum, contributi e anticipi irpef). Abbiamo così, alla data di ieri
4 ottobre, 53.440 domande passate dal sistema informatico allo sportello unico,
delle quali 47.093 appartengono al settore domestico. Poco meno di un terzo
delle richieste riguardano lavoratori di
Paesi (Marocco, Egitto, Pakistan, Tunisia, ecc,) notoriamente poco
propensi a lavorare in quel settore. Da qui il logico sospetto che molte scelte
siano state dettate non dalla domanda di mercato, ma piuttosto dall’imperativo
di risparmiare e non perdere troppi soldi, visto che spesso i costi delle
regolarizzazioni vengono fatte pagare agli immigrati stessi.
b) L’obbligo
di certificare la presenza in Italia al 31 dicembre 2011, attraverso documentazione
fornita da un organismo pubblico, appare comunque un deterrente. Secondo il
pacchetto sicurezza, la pubblica amministrazione era obbligata a denunciare
l’irregolare che si presentava agli sportelli sprovvisto di permesso di
soggiorno. Come pretendere ora che quegli stessi sportelli dovessero fornire
documentazione ufficiale? In passato simili espedienti sono serviti solo ad
ingrassare imbroglioni e faccendieri sempre pronti a far cassa sulla disperazione
altrui. Il parere arrivato ieri dall’Avvocatura Generale dello Stato,
indubbiamente allarga molto la casistica della documentazione valida ai fini
della certificazione. Resta comunque l’occasione persa di considerare prova la
dichiarazione dello stesso datore di lavoro. Oggi, a due terzi del tempo già
consumato, non sarà facile recuperare quelle migliaia di immigrati che si sono rivolti ai
patronati, ma hanno rinunciato per insufficienza dei requisiti richiesti;
c) Nel
decreto legislativo che ha promosso la procedura, si è arrivati all’estremo di dimenticare
che in Europa c’è la libera circolazione delle persone e che la maggior parte
degli stranieri extra UE che entrano hanno sul passaporto il timbro del Paese
UE di ingresso e non necessariamente quello dell’Italia. Dunque, come provare
di essere entrati prima di fine 2011 nel nostro Paese senza il timbro del
controllo di frontiera italiano? Su questo paradosso abbiamo sollecitato un
chiarimento il Governo, ma la risposta dell’Avvocatura rimane non definitiva.
d) Un
altro punto che consideriamo un “deterrente” all’adesione alla procedura di
“ravvedimento operoso”, è l’assenza di parità di trattamento tra lavoratore e
datore di lavoro. Quest’ultimo – anche se va male la domanda – sarà
comunque al riparo dal rigore della legge (a meno che non abbia colpe
manifeste); il lavoratore straniero invece rischia l’espulsione, anche se non
ha nessuna colpa sull’esito eventualmente negativo della domanda.
Tutto questo
ed altri aspetti “discutibili” della procedura, stanno producendo dappertutto
un comportamento confermato dai nostri uffici di Patronato in tutta Italia: su
10 persone che si avvicinano a chiedere informazioni, saranno una o due quelle
che poi presentano la domanda. Ne deduciamo che l’area dell’irregolarità del
lavoro etnico è ancora molto estesa, e che lacci e laccioli di cui è piena la
procedura, rischiano di produrre l’effetto opposto alle intenzioni: che erano e
rimangono quelle di permettere l’emersione maggiormente possibile dall’economia
sommersa dei lavoratori stranieri. Qualcuno ha scritto: sarebbe stato meglio
non far nulla, piuttosto che fare tanto male. Noi crediamo di no, non siamo
d’accordo con la logica del “tanto peggio tanto meglio”. Per quanto incompleta,
pasticciata e piena di limiti, l’attuale regolarizzazione in corso, iniziata il
15 settembre e che terminerà 12 giorni, è comunque un’occasione per uscire
dalla trappola della clandestinità che condanna migliaia di persone ad
un’assenza di futuro e di diritti; esseri umani la cui unica “colpa” è quella
dell’aver voluto sfuggire alla propria condizione di miseria, ma di averlo
fatto “senza i documenti necessari”. Anche se sarà solo una piccola parte dei
lavoratori irregolari ad emergere, sarà sempre stata un’ottima cosa. Perché un
altro aspetto va detto: terminata la regolarizzazione, entreranno in vigore
norme – civilmente e penalmente - molto più severe contro chi utilizza
(o sfrutta) il lavoro etnico irregolare, e questo
potrebbe avere effetti imponderabili, probabilmente nefasti per le stesse
vittime del lavoro nero: sia in termini di peggioramento delle loro condizioni
di lavoro e di vita, oppure in termini di rischio di rimanere da un momento
all’altro senza fonte di reddito .
Alle autorità
dello Stato che gestiscono l’attuale regolarizzazione, al Ministero
dell’Interno ed a quello dell’Integrazione, suggeriamo di fare uno sforzo ulteriore per allargare le
condizioni di accesso e per mettere nelle circolari (non solo nelle faq) quei
piccoli miglioramenti che possono servire a rendere la procedura più equa e
fruibile.
Regolarizzazione: ancora due
settimane; poi, per chi non si adegua, sanzioni pesantissime.
I datori di
lavoro che non approfitteranno della regolarizzazione rischiano grosso,
soprattutto se il rapporto di lavoro presenta indici di sfruttamento.
Certamente
questa regolarizzazione sarà ricordata per l’onerosità della procedura e la
poca chiarezza nello stabilire i criteri di valutazione della presenza del
lavoratore in Italia alla data del 31 dicembre 2011, e cioè l’attestazione da
parte di un “organismo pubblico”. Questi due elementi di criticità non
dovrebbero però offuscare l’altro aspetto, di cui si parla poco ma che, una
volta concluse le operazioni di regolarizzazione, procurerà non pochi problemi
a quei datori di lavoro che non hanno voluto o potuto presentare la domanda di
emersione.
Infatti, a partire dal 16 ottobre, saranno pienamente operative le nuove
sanzioni a carico dei datori di lavoro che impiegano stranieri in condizione di
irregolarità (senza permesso di soggiorno o con permesso scaduto, revocato o
annullato). Se il rapporto di lavoro non sarà caratterizzato da condizioni di
particolare sfruttamento, il datore rischia le pene già previste dal testo
unico immigrazione e cioè la reclusione da sei mesi a tre anni, la multa di
5.000 euro per ogni lavoratore impiegato ed in più, ora, anche il pagamento
delle spese di rimpatrio dello straniero (nel caso di persone giuridiche,
società e associazioni anche prive di personalità giuridica, si aggiunge una
sanzione pecuniaria che può arrivare a 150mila euro, come prevista dal d.lgs.
231/2001). Nei casi di sfruttamento, invece, le pene potranno arrivare a
quattro anni e mezzo di reclusione e 7.500 euro di multa. Il lavoratore, in
questi casi, potrà presentare una denuncia a carico del datore di lavoro ed ottenere
un permesso di soggiorno per tutta la durata del processo.
Quando si può parlare di particolare sfruttamento? Quando sussiste anche una
sola delle seguenti condizioni: 1) la sistematica retribuzione dei lavoratori è
palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o comunque è
sproporzionata rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; 2) la
sistematica violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, al riposo
settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie; 3) la sussistenza di
violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di
lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o
l’incolumità personale; 4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di
lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni alloggiative particolarmente
degradanti.
(R.M.)
LE GUIDE DE IL QUOTIDIANO IPSOA
L'Inail
fornisce ulteriori istruzioni operative per la sanatoria irregolari prevedendo
l'obbligo per il datore di lavoro interessato di chiedere l'apertura di
un'apposita posizione assicurativa territoriale (PAT) per ciascun lavoratore
extracomunitario.
Con specifico riferimento alla regolarizzazione di un
rapporto di lavoro non domestico il decreto interministeriale (prot. 35/0006291
del 7 settembre 2012) ha previsto che il datore di lavoro provveda alla
regolarizzazione dei lavoratori oggetto di emersione, con presentazione di
copia delle denunce Uniemens per tutti i mesi oggetto della regolarizzazione.
Lo sportello unico per l’immigrazione
provvederà a richiedere il DURC, in via telematica, “al fine di accertare, a
decorrere dalla data di assunzione del lavoratore, la correttezza e la
correntezza dei versamenti contributivi e assicurativi del datore di lavoro nonché, se
dovuti, dei versamenti alla Cassa edile”.
Istruzioni operative
Il datore di lavoro già iscritto
all’Inail, già titolare di codice ditta deve presentare una denuncia di
variazione. Il datore di lavoro che non è già titolare di un codice ditta deve
presentare una denuncia di esercizio. In entrambe le denunce, il datore di
lavoro deve indicare, quale “data di inizio attività”, la data di assunzione
(data di inizio occupazione irregolare) del lavoratore, che deve coincidere con
quella comunicata, per lo stesso lavoratore, sia all’Inps sia, nel caso di
datore di lavoro del settore edile, alla Cassa edile. Alla ricezione della
denuncia, la Sede competente provvede a comunicare tempestivamente al datore di
lavoro l’importo del premio dovuto, senza aggravio di somme aggiuntive, da
versare con modello unificato di pagamento F24 utilizzando, come di consueto,
il “numero di riferimento” indicato sul provvedimento stesso.
Regolarita’ contributiva
Il riferimento al documento unico di
regolarità contributiva previsto dall’articolo 5 del decreto e riportato nella
circolare interministeriale n. 35/2012 deve intendersi effettuato in relazione
ad una tipologia di certificazione che, pur coinvolgendo ai fini del suo
rilascio l’Inps, l’Inail e le Casse Edili, non si configura come DURC
propriamente inteso. Il DURC di cui trattasi, infatti, consiste nella verifica
della regolarità contributiva limitata al singolo lavoratore oggetto della
dichiarazione di emersione. Pertanto, il procedimento di rilascio della
certificazione in esame resta escluso dalla disciplina contenuta nel D.M. 24
ottobre 2007 in tema di DURC, con la conseguenza che per questa particolare
fattispecie non si applica l’istituto dell’invito alla regolarizzazione né
quello del silenzio assenso.
Modalità di richiesta del DURC
Lo Sportello Unico per l’Immigrazione
inoltrerà le richieste di verifica di regolarità utilizzando esclusivamente la
tipologia "Agevolazioni/Finanziamenti/Sovvenzioni/Autorizzazioni”, già
prevista dall’applicativo Sportello Unico Previdenziale.
Modalità di rilascio del DURC
Ai fini del rilascio della
certificazione, la Sede, indipendentemente dall’esito, deve sempre riportare
nell’apposito campo note, che sarà poi visualizzato nella sezione Inail del
documento emesso:
- la
data di inizio dell’obbligo assicurativo che coincide con la data di assunzione
(data inizio occupazione irregolare) del lavoratore dichiarata dal datore di
lavoro nel campo “data inizio attività” della denuncia di iscrizione o di
variazione e che deve essere convenzionalmente indicata con la dicitura “inizio
gg/mm/aa”
- il numero della PAT riferita al
lavoratore oggetto della dichiarazione di emersione, da indicare con la
dicitura “PAT xxxxxxx”
La regolarità o l’irregolarità devono
essere certificate alla data in cui si effettua la verifica ed esclusivamente
con riferimento alla posizione assicurativa territoriale riferita al lavoratore oggetto della
dichiarazione di emersione indicato nel campo “specifica uso” della richiesta,
indipendentemente dalla durata del periodo oggetto di regolarizzazione.
La Sede provvede ad attestare l’esito
“regolare” nel caso in cui il datore di lavoro abbia presentato la denuncia per
lo specifico lavoratore ed abbia provveduto a pagare interamente quanto
richiesto dall’Inail ovvero nel caso in cui il datore di lavoro abbia
provveduto alla denuncia ma, alla data di verifica, non sia ancora scaduto il
termine per il pagamento. In questo ultimo caso, la Sede dovrà riportare nel
campo “note” anche la dicitura “Richiesta premio in scadenza al gg/mm/aa”, indicando la data di scadenza
della richiesta di premio inviata al datore di lavoro.
Diversamente, la Sede deve attestare
l’irregolarità. Nel caso assenza di denuncia l’irregolarità deve essere
dichiarata con l’indicazione “Il rischio assicurato non corrisponde a quello
denunciato” e nel campo note deve essere specificata la motivazione “lavoratore
non denunciato”.
Nella ipotesi mancato versamento
delle somme richieste per la regolarizzazione l’irregolarità deve essere
dichiarata con l’indicazione “Non ha versato premi ed accessori per gli anni …
per un importo di euro …”, avendo cura di indicare il periodo assicurativo
oggetto della richiesta di premio ed il relativo importo non versato.
A cura della Redazione
Rifugiati
Il commento del CIR
3 ottobre
2012 - Dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri è stato diffuso il
“Documento di Indirizzo per il superamento dell’Emergenza Nord Africa” (vedi
allegato), approvato dal Tavolo di Coordinamento Nazionale presieduto dal
Ministro dell’Interno Cancellieri, che vede la partecipazione della Protezione
Civile, del Ministero del Lavoro, delle Regioni, dell’Unione delle Provincie
Italiane e dell’ANCI. Il CIR considera che il Documento affronti finalmente
alcune delle questioni connesse al superamento dell’Emergenza Nord Africa.
Il Documento
è stato approvato dalla Conferenza Stato-Regioni Unificata il 26 Settembre,
anche se sul sito della Conferenza, fin qui non vi è traccia. Il CIR considera
che il Documento di Indirizzo affronti finalmente alcune delle questioni
connesse al superamento dell’Emergenza Nord Africa, in particolare per quanto
riguarda:
a) il
potenziamento dello SPRAR, portando la capacità di accoglienza da attuali 3
mila posti a 5 mila posti. Tuttavia, questo per il momento è un “indirizzo” e
non si è ancora concretizzato neanche per una prima fase che prevede
l’accreditamento di 9 milioni di euro anche se questo stanziamento veniva già
annunciato il 21 Settembre 2011 (OPCM 3965, art 2).
b) Interventi
per minori stranieri non accompagnati che prevedono, in sostanza, che il
governo si faccia carico delle spese dei Comuni per la loro accoglienza.
c)
L’intenzione di uniformare i sistemi di accoglienza (CARA, SPRAR, Emergenza
Nord Africa).
d) Il rendere
il Tavolo di Coordinamento Nazionale e Regionale permanenti.
e) Un inizio
di intervento per l’integrazione lavorativa in favore di (al momento) 1.000
richiedenti e beneficiari della protezione internazionale.
Tutti questi
sono, appunto, intenti che - a tre mesi dalla fine dell’”Emergenza Nord
Africa”e quindi dalla disponibilità di fondi straordinari- non si sono ancora
trasformati in atti concreti; nel Documento non viene affrontato, se non in
modo marginale l’aspetto cruciale: lo status delle persone che non hanno
ottenuto nessuna forma di protezione. Secondo le nostre informazioni, sembra
che l’orientamento sia che in cambio della rinuncia della richiesta di asilo o
del ricorso contro una decisione negativa in prima istanza, si rilasci un
permesso di soggiorno per motivi umanitari in favore di tutte le persone
arrivate nel 2011 dal Nord Africa e non già titolari di una protezione in
Italia. Nel Documento di Indirizzo troviamo in varie parti un linguaggio che
riprende le valutazioni e le proposte fatte molti mesi fa dal CIR e dal Tavolo
Nazionale Asilo. Dobbiamo comunque constatare che fin qui non si tratta di uno strumento
direttamente applicabile e abbiamo grande preoccupazione sul fattore tempo. Il
rischio che molte migliaia di persone si trovino sulla strada fra pochi mesi
rimane purtroppo ancora concreto.
Christopher
Hein, direttore del CIR
Diritto
di voto
U.E. - Voto immigrati. Si' del PE, compresi gli italiani |
4 ottobre 2012 12:28 A Strasburgo l'Italia dice sì
alla concessione del diritto di voto agli immigrati. Oggi l'assemblea
parlamentare del Consiglio d'Europa, nel corso del voto sul rapporto per
elezioni più democratiche, ha approvato un emendamento, presentato dal
parlamentare Giacomo Santini (Pdl), con cui si chiede a tutti i 47 Stati
membri dell'organizzazione di 'garantire il diritto di voto agli immigrati
regolari'. Hanno votato a favore tutti i membri della delegazione italiana
presenti in aula. |
Dai
territori
Un approfondimento
sull’evoluzione demografica delle tre principali città toscane (Firenze,
Livorno e Prato) dal 1991 al 2011 e una rassegna sulla consistenza e le
caratteristiche delle abitazioni censite nella nostra città. Sono alcune delle
novità contenute nel numero di settembre del bollettino di statistica
realizzato dagli esperti dell’apposito ufficio comunale.
L’approfondimento demografico di questo mese si concentra su alcuni dei primi
risultati provvisori dell’ultimo censimento della popolazione ed è stato
effettuato anche il confronto con i censimenti del 2001 e del 1991. Quanto
all’invecchiamento della popolazione Firenze e Livorno registrano un indice di
vecchiaia molto elevato e superiore a 200 sebbene Livorno mostri un leggero
calo nel 2011 rispetto al 2001. Il dato di Prato è invece inferiore rispetto
alle altre due città e praticamente uguale alla media nazionale. Sul fronte
dell’immigrazione straniera i dati relativi agli stranieri residenti mostrano
aumenti notevoli per tutti e tre i comuni considerati, in particolare
nell’intervallo tra il 2001 e il 2011, nel quale a Firenze gli stranieri
residenti aumentano di oltre 21 mila unità, di poco superiore all’aumento
registrato nello stesso periodo a Prato. Livorno registra incrementi più
contenuti ma sempre degni di rilievo. In termini percentuali sulla popolazione
residente, è molto alta la quota di Prato che al censimento 2011 supera il 15%
e risulta tra le più elevate in Italia. Di rilievo anche quella del Comune di
Firenze dove sono stranieri al 2011 oltre l’11% dei residenti. Gli esperti
dell’ufficio statistica hanno evidenziato anche cambiamenti nella struttura
familiare che hanno coinvolto in maniera. Questo fenomeno lo si può evidenziare
dalla riduzione del numero medio di componenti per famiglia. Dal 1991 il numero
medio di componenti per famiglia si è ridotto progressivamente e ciò dimostra
una tendenza, che comunque si manifesta in maniera diversa nei tre comuni;
Firenze si caratterizza per il dato più basso e pari nel 2011 a 2,1 componenti
per famiglia. Il bollettino di settembre è anche in rete all'indirizzo.
DISCRIMINAZIONI
Immigrati dietro le sbarre
Un sistema da ripensare
Una
galassia sempre più in agitazione. Un limbo giuridico e amministrativo sempre
più difficile da gestire. È la realtà dei Cie (Centri di identificazione ed
espulsione), strutture dislocate in varie parti d’Italia (vedi grafico qui
sotto) in grado di ospitare fino a duemila persone e sulle quali più di una
volta sono stati sollevati polemiche e interrogativi. I Cie, con il Cara
(Centri accoglienza richiedenti asilo) e i Cda (Centri di prima accoglienza)
costituiscono la rete dell’«accoglienza» statale per gli immigrati che arrivano
nel nostro Paese. Una "camera di compensazione" indispensabile per
verifiche e accertamenti, ma che oggi va completamente ripensata. «La denuncia
sulle pessime condizioni in cui si trovano i detenuti, gli internati e gli
stranieri nei Centri di identificazione ed espulsione (Cie), come nelle
carceri, è ormai unanime». Piero Innocenti ha da poco lasciato la Polizia di
Stato, dove ha ricoperto incarichi di alto profilo (questore a Teramo, Piacenza
e Bolzano, prima di diventare consulente del capo della Polizia); non ha invece
abbandonato la passione per gli studi legati ai flussi migratori, alle moderne
forme di schiavitù, alle narcomafie. Il
fatto di aver servito lo Stato con incarichi dirigenziali non significa per lui
adottare una linea "diplomatica" per giudicare la «carcerazione
amministrativa» degli stranieri irregolari. In fondo, «che qualcosa non va nei
Cie dove, alla data del 18 settembre 2012, sono trattenuti, in stato di
"detenzione amministrativa", 901 stranieri irregolari (uomini e
donne), è sotto gli occhi di tutti». E in questi primi 9 mesi del 2012 le
rivolte e le proteste, talvolta violentissime, sfociate spesso in suicidi e
tentati suicidi, si sono susseguite con insolita frequenza rispetto al pur
problematico 2011.
In tutta la Penisola si contano 13 Cie, per un totale di 1.901 posti, a cui si
aggiungono 9 Centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara), strutture che
con il villaggio degli immigrati di Mineo, in cui vivono duemila persone,
offrono in totale 5.744 posti letto. La
situazione di disagio è stata denunciata più volte. Il 17 aprile scorso è stato
presentato al ministro della Giustizia, Paola Severino, il "Rapporto sullo
stato dei diritti umani negli istituti penitenziari e nei centri di accoglienza
e trattenimento per migranti in Italia". «Il documento - spiega Innocenti
- era stato approvato, all’unanimità, il 6 marzo 2012, dalla "Commissione
straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato". Nelle 278 pagine del rapporto (sono inclusi
anche i disegni di legge presentati nel tempo per introdurre il reato di
tortura e il garante nazionale dei detenuti), c’è la radiografia del sistema
carcerario e della penosa situazione in cui si trovano gli oltre 66mila
detenuti in strutture da circa 46mila posti». Ancor prima di quel rapporto,
rileva l’ex dirigente della Polizia, «sarebbe stato opportuno (ri)leggersi
quello stilato nel 2007 dalla Commissione De Mistura (dal nome
dell’ambasciatore Staffan De Mistura che presiedette la commissione) e le
raccomandazioni conclusive formulate che "...ancorché possano apparire di
complessa attuazione...", avrebbero potuto consentire di affrontare il
"problema della irregolarità" degli stranieri in maniera "più
creativa ed efficace"». Ma anche in quella occasione, «poco o nulla fu
fatto». Proprio come alcuni anni dopo, nel 2010, quando, a seguito di un altro
corposo rapporto-denuncia di Medici senza Frontiere (MsF), «la classe politica
- dichiara Innocenti - non ebbe il "coraggio" di affrontare i temi
delle condizioni socio sanitarie nei centri, lo stato precario delle strutture,
le modalità di gestione, il rispetto dei diritti degli immigrati». Già il primo
studio del 2004, "Cpta: anatomia di un fallimento", sempre curato da
MsF, «non aveva lasciato alcun margine di dubbio sul malfunzionamento dei vari
centri e sul profondo malessere fra i trattenuti», evidenziato da gravi
episodi: risse, rivolte, autolesionismi, somministrazione di sedativi. Il
problema, dice l’ex questore, è che «l’immigrazione irregolare non si può
risolvere con norme penali, costruendo "muri" o trattenendo nei Cie
persone per una "detenzione" ingiustificata» che può arrivare sino a
18 mesi. «Un tempo di restrizione così prolungato, senza aver commesso alcun
reato – aggiunge –, non può non causare conseguenze sulla salute
fisica e mentale dei trattenuti». Nonostante ciò la situazione non è
migliorata. Anzi. La Commissione senatoriale che ha stilato il Rapporto 2012,
nella parte introduttiva, ricorda che «…le condizioni nelle quali sono detenuti
molti migranti irregolari nei Centri di identificazione ed espulsione (..) sono
molto spesso peggiori di quelle delle carceri».
Vito
Salinaro, l’Avvenire
Roma
– 4 ottobre 2012 – Non arretra l’evasione fiscale e tra i campioni
delle tasse non pagate spiccano anche i lavoratori domestici, che sei volte su
dieci non pagano le tasse. È la fotografia scattata dal "III Rapporto
Eures Legalità ed evasione fiscale in Italia viste dai cittadini",
che analizza 52 categorie di lavoratori, in base alle opinioni di un
campione casuale di 1.225 italiani disseminati in 19 regioni, 94 province
e 367 comuni. A questi è stato chiesto di giudicare, in base alla loro esperienza,
chi e quanto evade. Il risultato? “Tra il 2004 e il 2012 la propensione
degli artigiani, dei liberi professionisti e dei commercianti a non
rilasciare scontrini, fatture o ricevute non segna alcun passo indietro
-afferma il rapporto- confermandosi l'evasione fiscale uno dei principali
ostacoli al risanamento economico dell'Italia”. “Nonostante il 2012 registri
per quasi tutte le categorie osservate una flessione dei comportamenti
fiscalmente illeciti rispetto al 2007, anno che presenta i valori più
alti, le percentuali riscontrate si riallineano infatti a quelle del
2004, replicando l'immagine dell'evasione fiscale fissata nel decennio
precedente". Il record dell’evasione si registra tra chi impartisce
ripetizioni scolastiche, con addirittura l’89% di nero. Tra i fornitori di
servizi alla persona si distinguono però anche baby sitter e badanti (63,2%), e
colf (61%), però la ricerca non specifica se sono stati prese in considerazione
anche i lavoratori domestici stranieri senza permesso di soggiorno, che sono
“necessariamente” in nero. Tra gli artigiani,i più evasori sarebbero
giardinieri (67,3%), falegnami (62,8%) e idraulici (62%), mentre bar (17,8%),
rivendite di materiali edili (17,3%) e ristoranti/pub e pizzerie (17,2%)
guidano la classifica del commercio. Tra i professionisti la palma va agli
avvocati (42,7%), seguiti da geometri (40,2%) e psicologi (40,0%).
Cresce, però,
il giustizialismo fiscale. Sette italiani su dieci vorrebbero il carcere degli
evasori, mentre c’è poca fiducia per l’azione di contrasto del governo,
giudicata “inefficace” dal 63% degli intervistati. Leggi anche:
La dichiarazione
dei redditi delle colf (Colfebadantionline.it)