17 ottobre 2012

Immigrati, le badanti escono allo scoperto
Regolarizzazioni, boom di colf bengalesi
La Stampa, 17-10-2012
FRANCESCA PACI
ROMA - La famiglia italiana di domani è fatta anche dai suoi componenti stranieri, baby-sitter, colf, badanti, quel particolarissimo tipo di impiegati che si occupa a tempo pieno della casa, degli anziani, dei bambini, fino a confondersi nella categoria sociologica e affettiva dei «parenti acquisiti». I dati del Viminale sulla domanda di regolarizzazione scaduta lunedi fotografano un fenomeno massiccio: di 134.576 domande presentate, 115.969 riguardano lavoratori domestici (le rimanenti 18.607 sono relative a lavoratori subordinati). Vale a dire che l'86% delle richieste corrisponde a badanti o colf.
La famiglia, si diceva. I moduli inviati dai privati al ministero dell'interno sono infatti la maggioranza (78.081 rispetto ai 52mila inviati da associazioni o patronati, i 4107 dei consulenti del lavoro e i 392 dei Comuni). Cosi come preponderant! sono i grandi centri urbani (o i poli industriali), quelli dove è più facile trovare donne lavoratrici e bisognose di aiuto domestico per seguire i figli o occuparsi dei genitori non più autosufficienti. La província di Milano fa la parte del leone con 19.005 richieste seguita da Roma (13.815), Napoli (11.111), Brescia (5.214), Bergamo (3.836), Salerno (3.442). In coda ci sono le città di Oristano e Enna, prototipi di una realtà insulare e ancora legata, nel bene e nel male, alla famiglia tradizionale.
Da dove vengono i nuovi italiani, o meglio quelli che lo diventeranno se lo Sportello unico per l'Immigrazione e la Direzione territoriale del lavoro daranno parere positivo alla richiesta di emersione? I bengalesi hanno superato i finora primi della lista marocchini (15.770 contro 15.600) ma ci sono anche indiani, ucraini, pakistani, egiziani. A presentarsi erano ammessi tutti coloro in possesso di un regolare contratto più gli impiegati irregolari disposti a denunciare la propria condizione (secondo la legge chi collabora al procedimento penale contro il datore di lavoro sfruttatore può ottenere un permesso di soggiorno umanitario di sei mesi rinnovabile per un anno o per il tempo massimo necessario ai processo attraverso il quale può continuare a lavorare).
«Dopo il 15 ottobre si picchierà duro contro chi tiene gli stranieri in condizione di schiavitù» promette il ministro della Cooperazione Andrea Riccardi annunciando sanzioni severissime dopo quest'ultima regolarizzazione. I nemici, lascia intendere, non sono i nostri potenziali «parenti acquisiti» ma quei presunti imprenditori (italiani e non solo) che prosperano sui disperati disposti nella migliore delle ipotesi a lavorare in nero, migranti senza un passato a cui tornare come la clandestina afgana di 26 anni scoperta ieri in una valigia sbarcata al porto di Ancora (dopo un viaggio dalla Grecia) e rimandata in patria con i frantumi dei sogno italiano.



Cgil Campania: sanatoria immigrati flop, operai assunti come colf
"Molti datori di lavoro fanno pagare contributi a stranieri"
Napoli (TMNews) 17-10-2012 - "Un'occasione mancata, è stata tra virgolette una sanatoria flop, fallita". Una sanatoria che è stata un fallimento, dato che solo 120mila immigrati sono stati regolarizzati, contro i 400-500mila lavoratori regolari stimati in Italia. Quaddorah Jamal, responsabile immigrazione della Cgil Campania, fa un bilancio sul decreto del governo per mettere in regola gli immigrati e denuncia: il 90% viene registrato come colf e badante, anche se fa un altro mestiere."Moltissimi immigrati che lavoravano ai cantieri, nell'agricoltura, nell'autolavaggio sono stati regolarizzati come colf e badanti: sono soprattutto marocchini e del Bangladesh che tradizionalmente non fanno il lavoro di cura".Il sindacalista punta il dito contro i datori di lavoro, che hanno sfruttato qualche trucco o addirittura licenziato i dipendenti pur di non pagare per metterli in regola."Hanno fatto pagare agli immigrati questi contributi, sia i mille euro forfettari per la regolarizzazione sia i sei mesi".Mettere in regola una badante costa molto di meno di un operaio edile, un cameriere o un bracciante: per una colf che lavora part-time o per una badante si spendono tra i 1.600 e i 2.000 euro, il ticket forfettario di 1.000 richiesto dalla legge più i contributi degli ultimi sei mesi. Per un muratore di quarto livello o un bracciante agricolo si superano i quattromila euro.



Immigrati, età false per evitare l'espulsione così i finti minorenni diventano un business
I 19 centri di accoglienza del Lazio costano 161 mila euro al giorno. Save the children "Sei minuti per avere un certificato medico che attesta l'anno di nascita"
la Repubblica, 17-10-2012
FEDERICA ANGELI e RORY CAPPELLI
Arrivano dal Bangladesh, dall'Egitto, dal Nord Africa. Non hanno con sé un documento di identità e tutto quello che dicono è di essere minorenni. Ormai hanno imparato. Quando i vigili urbani o la polizia li fermano per strada, in retate antiabusivismo o per normali controlli, loro alzano le braccia e dicono "minore, minore". Una parola magica che li sottrae all'espulsione. Così vengono portati nei pronto soccorso della città, visitati, e in 6 minuti netti il medico di turno stabilisce la loro età presunta.
Questo gli spalanca le porte dei centri di prima accoglienza dove rimangono per mesi, a volte anni, a spese di un'amministrazione che ha le mani legate di fronte a certificati medici che attestano la minore età dello straniero. Inizia così il business dei finti minorenni. Un business che è costato allo Stato, soltanto nei primi sei mesi del 2012, 55 milioni di euro.
SOLIDARIETA' E BUSINESS
A Roma, da gennaio a giugno, sono stati 2.300 gli "stranieri non accompagnati", identificati come minorenni, sbarcati nei centri di prima accoglienza della capitale e del Lazio. Di questi il 60% sono maggiorenni. A rivelarlo è un rapporto di Save the children che ha inviato nei centri una squadra per verificarne le condizioni. "Un aspetto particolarmente critico  -  si legge nel dossier realizzato da Viviana Velastro  -  è la presenza di migranti di dubbia minore età, in alcuni casi palesemente adulti".
Quando il team capeggiato dalla Velastro chiedeva spiegazioni sulla promiscuità tra adulti e minori, gli operatori "affermavano che erano tutti migranti la cui minore età era stata certificata con verbali di pronto soccorso, pur ammettendo di avere essi stessi, nella maggior parte dei casi dei dubbi, spesso confermati dagli stranieri", che affermavano di avere altre età.
LA PROSTATA INGROSSATA
Ahmed, un egiziano sedicenne una notte dello scorso aprile si sente male. Ha dolori all'inguine, non riesce a stare sdraiato, sulla sedia non trova pace. Dal centro in cui è ospitato lo portano in ospedale. Diagnosi: problemi alla prostata. Problemi che non si presentano mai prima dei 3540 anni. Eppure lui per lo stato italiano è un "migrante minorenne".
LA DIAGNOSI LAMPO
Osman, bengalese, la sera del 31 ottobre del 2011 si presenta all'ambulatorio pediatrico del pronto soccorso del Policlinico Umberto I: "Viene per la determinazione dell'età presunta" c'è scritto nel verbale, stilato tra le 21.02 e le 21.08. In sei minuti il medico di guardia stabilisce che Osman ha "un'età presunta di circa 17 anni e mezzo". A guardarlo di anni, raccontano gli operatori, ne dimostra almeno 40. Ma, senza indicazioni sulla procedura disposta per determinarne l'età, il verdetto è stato emesso, senza possibilità di appello.
IL MONOPOLIO DEI MINORI
Nel Lazio sono 19 le strutture utilizzate per accogliere minori stranieri non accompagnati. Nell'aprile 2011, per far fronte all'ondata di sbarchi a Lampedusa, la Regione Lazio ha messo a disposizione 6 strutture (2 a Roma, 3 a Frosinone e 1 a Latina) e il Comu¬ne di Roma ha attivato, per assegnazione diretta, altre 13 strutture, alcune gestite da cooperative sociali, mentre le otto che accolgono il maggior numero di persone sono guidate, tutte, dall'Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e Trifone. Uno dei centri dell'Arciconfraternita, quello di Casal Lombroso, un residence per sfrattati, è finito nel mirino della procura lo scorso gennaio per aver omesso di versare l'Iva per una cifra superiore a otto milioni di euro.
ADOLESCENTI FANTASMA
Per ogni "minorenne", compresi quelli che adolescenti non sono, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali consegna alle strutture, ogni giorno, 70 euro. Questo significa che in un giorno si spendono, per gli oltre 2000 immigrati accolti, 161.000 euro. Che in un mese fa quasi 5 milioni. Il 60 per cento di questi soldi potrebbe essere risparmiato, o speso per veri minorenni. Invece non accade. Perché anche quando si scopre che il presunto adolescente minorenne in realtà non è, quel certificato medico, che rappresenta l'unica attestazione di identità valida, impedisce a polizia e carabinieri di fare qualsiasi cosa. Allora: chi è guadagna in questo business? Cosa c'è veramente dietro l'affare?



"Sei su dieci sono adulti la situazione è ingestibile"
La Repubblica, 17-10-2012
Federica Angeli e Rory Cappelli  
MARGHERITA Occhiuto è la responsabile del Servizio Minori Stranieri. Da anni impegna tempo ed energie per migliorare le condizioni di vita di bambini e ragazzi, «ma adesso siamo veramente esasperati, non ne possiamo più: siamo diventati la pattumiera di un problema che ci ha travolto come una diga in piena: pensi che solo nei primi sei mesi del 2012 i ragazzi cui abbiamo dato asilo sono stati tanti quanti quelli accolti in tutto il 2011, a loro volta il doppio di quelli del 2010».
Dottoressa Occhiuto, perché parla di "pattumiera"? Cosa è successo?
«Fino al 2010 la media annua di ingresso a Roma era di 1200 bambini, con un 20% che si dichiarava minore senza esserlo. Nel 2011 con le rivoluzioni nordafricane, come dicevo, abbiamo avuto un'impennata di minori: 2700 sono arrivati solo da quella zona. Il problema però è che oggi almeno il 60-70% di loro è maggiorenne. C ' è tuttauna rete, con relative tariffe per ogni servizio (passaggio fino in Italia, indicazione dei centri di accoglienza, lavoro eccetera), che organizza gli arrivi».
Non c'è modo di accertare l'età?
«Esiste una procedura per l'accertamento ma non assicura dati esatti perché l'Organizzazione mondiale per la sanità non ha mai esplicitato parametri chiari per africani e asiatici. Le politiche sull'immigrazione sono strutturate in maniera tale che, appunto, noi ci ritroviamo, alla fine di uno sconcertante scaricabarile, a far fronte a una situazione ingestibile. Le responsabilità per esempio per l'accertamento dell'eta non vengono assunte né dalle forze dell'ordine, anche loro in grande difficoltà, né dagli ospedali, che riconoscono come minorenne chi minorenne non è».
E la soluzione quale potrebbe essere?
«Il sindaco, che ha i poteri per farlo, dovrebbe metterci intorno a un tavolo per discutere: non si fa perché ognuno ha paura di perdere un pezzettino di potere».
Parliamo dei centri di accoglienza -le cosiddette strutture ponte — aperte lo scorso anno.
«Il Comune per assegnazione diretta ha aperto 13 centri: equi, secondo un rapporto di Save The Children, i pochi veri minori si sono trovati a convivere con maggiorenni, spesso con precedenti penali, a subire violenze, senza gli standard minimi stabiliti dalle convenzioni internazionali per l'accoglienza di bambini o adolescenti».
Uno in particolare...
«Si, una di queste strutture-ponte e arrivata a ospitare 150 persone dislocate su più piani: le lascio immaginare i problemi».



L'eroe qualunque, il ragazzo africano che si è ribellato ai "caporali" del Sud
Yvan Sagnet arriva dal Camerun anche grazie alla passione per il calcio. Ma scopre il lato peggiore dell'Italia. La sua storia è diventata un libro che racconta la rivolta contro lo sfruttamento dei migranti nelle campagne pugliesi
la Repubblica, 17-10-2012
ROBERTO SAVIANO
QUESTA è una storia d'amore nata per caso tra un bambino e un Paese, la racconta Yvan Sagnet nel suo libro Ama il tuo sogno (Fandango). Il bambino è Yvan che nel 1990 aveva 5 anni e il Paese è l'Italia. È una storia d'amore che parte dal calcio. Yvan è nato Douala, in Camerun, nel 1985 e nel 1990, come molti bambini camerunensi, visse la cavalcata trionfale dei Leoni d'Africa nel mondiale, dalla prima partita con l'Argentina di Maradona fino ai quarti di finale contro l'Inghilterra. Napoli, domenica primo luglio. Ancora oggi chi c'era ricorda i tifosi del Camerun, coloratissimi, sportivi e con l'espressione di chi non poteva credere a ciò che stava accadendo.
Essere arrivati fino a lì aveva del miracoloso: il Camerun era la prima squadra africana a raggiungere i quarti di finale in Coppa del Mondo. E Napoli, dove si svolse la partita, tifò con loro sperando nel miracolo. La partita fu incredibile, con il Camerun in vantaggio per 2-1 fino a otto minuti dal termine dei tempi regolamentari. Poi il primo rigore all'Inghilterra, i supplementari, il secondo rigore e la sconfitta. A Yvan quella partita ha cambiato la vita. Il ricordo del rientro in patria della nazionale, che pur non avendo vinto il mondiale aveva ottenuto il rispetto di tutto il mondo, per Yvan significava una sola cosa: un nuovo sguardo sul suo paese, maggiore attenzione su un Camerun in crisi economica e politica. E questo nuovo sguardo era stato possibile proprio grazie al mondiale e al paese che lo aveva ospitato: l'Italia. A scuola il
programma di economia dei licei camerunensi prevedeva lo studio del sistema economico francese, ma lui decise per conto suo di specializzarsi sull'economia italiana.
Dal calcio all'economia. Yvan impara l'italiano e con un permesso di studio si iscrive all'università di Torino perché vuole diventare ingegnere. Finalmente può conoscere dal vivo il calcio italiano che ha amato da bambino. Tifa Juventus ma la prima partita dal vivo della sua vita la vede di spalle, come steward, allo stadio. Sono i primi di luglio del 2011 e i soldi della borsa di studio non bastano. Alcuni amici di Torino gli dicono che al Sud si può andare a lavorare per la raccolta del pomodoro perché serve manodopera. Così Yvan decide di trasferirsi nelle campagne salentine, a Nardò, dove sa di una masseria che accoglie i braccianti che fanno la stagione, togliendoli dalla strada, dove spesso dormono accampati sotto gli alberi, dentro case di cartone, senza acqua né corrente elettrica. Eppure anche alla Masseria Boncuri, nonostante l'impegno di tante associazioni di volontariato, la longa manus dei caporali detta le sue leggi.
Appena arrivati, i caporali requisiscono i documenti ai braccianti e li usano per procurarsi altra mano d'opera, altri immigrati, ma clandestini. Il rischio che i documenti vadano persi è altissimo e quando accade i braccianti diventano schiavi. Le condizioni di lavoro sono agghiaccianti: diciotto ore consecutive, di cui molte sotto il sole cocente. Chi sviene non è assistito e se vuole raggiungere l'ospedale deve pagare il trasporto ai caporali. Il guadagno è di appena 3,5 euro a cassone, un cassone è da tre quintali e per riempirlo ci vuole molto tempo, ore. Si lavora con questi ritmi anche durante il Ramadan, quando molti lavoratori di religione islamica non bevono e non mangiano. In Italia la disoccupazione è una piaga che sembra insanabile. Eppure questi ragazzi trovano lavoro, trovano un lavoro a condizioni inaccettabili per quasi la totalità dei disoccupati italiani. Si crede che i ragazzi africani siano abituati a una vita di disumanità, sporcizia, alloggi immondi e quindi questa attitudine alla suburra la sopportino in Italia perché medesima nel loro paese.
Nulla di più falso. Yvan scrive: "Mentre nel mio paese la dignità è sacra, a tutti livelli della scala sociale, il sistema dei campi di lavoro (in Italia, ndr) è appositamente studiato per togliere ai braccianti anche l'ultimo scampolo di umanità". Ma accade qualcosa che i caporali non hanno previsto. I braccianti in genere strappano le piantine alla radice per batterle sulle cassette così che i pomodori cadono tutti. Ma quel giorno il caporale impone un altro metodo. Servono pomodori da vendere ai supermercati per le insalate, quindi devono essere presi e selezionati uno a uno. Si tratta di riempire gli stessi cassoni di sempre, ma selezionare i pomodori significa raddoppiare la fatica. Il caporale impone tutto questo lavoro allo stesso prezzo: Yvan e gli altri braccianti non trovano alternative, si sollevano. È l'inizio della rivolta e Masseria Boncuri ne diventerà il simbolo con l'enorme striscione "Ingaggiami contro il lavoro nero". Ma lo sciopero non è facile da gestire soprattutto perché è quasi impossibile comunicare tra i diversi gruppi etnici. Gli unici a esprimersi facilmente in italiano sono i tunisini; per altri (bukinabé, togolesi, ivoriani, ghanesi, nigeriani, etiopi, somali) è necessario parlare in inglese e francese; altri capiscono solo la lingua araba. Eppure, nonostante le diversità, lo sciopero continua: tante culture e tante visioni della lotta hanno finito per essere non la debolezza ma la forza della protesta, che a un anno e mezzo da quella di Rosarno, è più organizzata e riesce a guadagnare un'eco nazionale. Gli italiani sembrano prendere finalmente coscienza delle condizioni difficili di chi lavora nei campi e le istituzioni sono costrette ad ammettere che il problema caporalato esiste.
La magistratura trova la forza per continuare le indagini già in corso, spesso protette da omertà e scarsa collaborazione, e a maggio 2012 i carabinieri del Ros arrestano 16 persone  -  presunti caporali e imprenditori agricoli  -  nell'ambito dell'operazione "Sabr" che ha colpito un'organizzazione criminale attiva tra Rosarno, Nardò e altre città della Puglia. Ma la reazione alla rivolta, allo sciopero, al clamore mediatico, all'inchiesta della magistratura e agli arresti, non si fa attendere. Alessandro Leogrande (autore peraltro di un importante reportage Uomini e caporali sui desaparecidos polacchi nel triangolo del pomodoro vicino Foggia) nell'intervista finale che accompagna il libro di Yvan Sagnet, svela che c'è un piano per uccidere Yvan e lo hanno ordito alcuni caporali tunisini che ancora operano a Nardò. La vita del primo leader nero italiano è, oggi, seriamente in pericolo. Quello che sento di poter fare con queste righe è non lasciarlo solo. Senza il suo impegno, senza questo ragazzo africano e gli altri che hanno lottato con lui, non esisterebbe la legge contro il caporalato, eppure i caporali esistono al Sud da più di un secolo. La speranza del mezzogiorno italiano sta proprio in questa parte d'Africa che arrivata al Sud, trasforma il Sud e rimette in gioco interi territori, migliorandoli. Rischia la vita per una democrazia diversa, battaglia che molti italiani hanno rinunciato a combattere.

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