05 ottobre 2012

Immigrati, in regola con la tessera del bus
​Avvenire,05-10-2012
Bice Benvenuti
Per dimostrare la presenza sul suolo italiaco – almeno dal 31 dicembre 2011 – di un cittadino straniero irregolare basterà anche una tessera del bus. Oppure  una multa, un certificato medico, una scheda telefonica: testimonianze indispensabili – uno dei requisiti essenziali – per poter accedere alla regolarizzazione dei lavoratori stranieri irregolari, che scade il 15 ottobre 2012. Lo afferma l’Avvocatura dello Stato, alla quale i ministeri competenti avevano chiesto un parere sulla dizione «documentazione proveniente da organismi pubblici» presente nel decreto legislativo che autorizza l’emersione.
Due le considerazioni dell’Avvocatura. La prima è «la peculiare categoria dei destinatari della procedura di emersione»: si tratta, dice l’organismo, «in gran parte di soggetti stranieri con posizione di irregolarità nel territorio nazionale, e che pertanto difficilmente possono vantare contatti e (quindi) documentazione rilasciata da un’amministrazione o da un ente pubblico».
La seconda considerazione riguarda «l’effettiva ratio sottesa alla scelta del termine organismi pubblici». Su questo punto, l’Avvocatura sostiene che «laddove il legislatore avesse voluto restringere la tipologia della documentazione legittimante la richiesta di emersione soltanto a quella derivante da un’amministrazione pubblica in senso stretto l’avrebbe fatto».
Pertanto, il motivo per cui è stato adottato il più ampio termine «organismi pubblici» è «proprio quello di includervi anche soggetti, pubblici, privati o municipalizzati che istituzionalmente o per delega svolgono una funzione o un’attribuzione pubblica o un servizio pubblico».
Ed ecco quindi che nella documentazione, si argomenta, possono entrare «la certificazione medica proveniente da struttura pubblica; il certificato di iscrizione scolastica dei figli del lavoratore; tessere nominative dei mezzi pubblici; certificazioni provenienti dalle forze pubbliche quali sanzioni stradali, amministrative, multe, etc; titolarità di schede telefoniche di operatori italiani; centri di accoglienza o di ricovero autorizzati o anche religiosi». Si tratta infatti, si afferma, di documentazione «comunque rilasciata da soggetti che erogano servizi o intrattengono relazioni di carattere lato sensu pubblici, e ciò indipendentemente dalla condizione di regolarità dell’utente».
Infine, l’Avvocatura ritiene ammissibile anche la «documentazione rilasciata da rappresentanze diplomatiche o consolari in Italia» in data antecedente al 31 dicembre 2011. «Sono soddisfatto per il parere dell’Avvocatura dello Stato, che finalmente fa chiarezza su un punto controverso della normativa sul ravvedimento operoso, consentendo a molti datori di lavoro che hanno avuto alle dipendenze lavoratori stranieri in nero di superare le perplessità e di accedere alla regolarizzazione con la serenità e la responsabilità necessarie»: lo ha affermato in una nota il ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione, Andrea Riccardi. «In questo modo – ha aggiunto il ministro – si fa un ulteriore passo in avanti per l’emersione del lavoro nero, per la lotta allo sfruttamento in un quadro di legalità e di rispetto dei diritti indispensabili in un Paese come l’Italia».



Immigrati, sanatoria 2012 basterà la tessera del bus
La regolarizzazione degli immigrati irregolari ha finora "incassato" un numero di domande al di sotto delle attese: 52mila, fino a ieri, 3 ottobre. Ma a dieci giorni dalla scadenza dei termini, un parere dell'Avvocatura dello Stato promette di riaprire la partita: per dimostrare la presenza in Italia (prima del 31 dicembre 2011) del lavoratore da "sanare", sarà ora sufficiente persino una scheda telefonica
la Repubblica.it, 04-10-2012
VLADIMIRO POLCHI
ROMA - Rischiava di passare alla storia come la sanatoria-flop 1. La regolarizzazione 2012 degli immigrati irregolari, partita il 15 settembre scorso, ha finora "incassato" un numero di domande molto al di sotto delle attese: solo 52mila, fino a ieri, 3 ottobre. Ma a dieci giorni dalla scadenza dei termini, un parere dell'Avvocatura dello Stato promette di riaprire la partita: per dimostrare la presenza in Italia (prima del 31 dicembre 2011) del lavoratore da "sanare", sarà ora sufficiente un qualunque documento, persino una scheda telefonica o una tessera dell'autobus.
L'ostacolo alla sanatoria. Il 15 settembre alle ore 8 è scattata la sanatoria per l'anno 2012: datori di lavoro in nero e immigrati irregolari possono finalmente uscire dall'illegalità. Solo un mese di tempo (fino al 15 ottobre) per "denunciarsi" al sito del ministero dell'Interno, poi chi rimarrà invisibile rischierà di incappare nelle nuove pene introdotte dalla "legge Rosarno". Quante saranno le domande finali? Le stime variano dalle 150mila del ministro Andrea Riccardi alle 380mila della Fondazione Moressa. Ma i dati del Viminale dicono altro: di questo passo, si rischia di non arrivare neppure a quota 80mila. A frenare la regolarizzazione è soprattutto la difficoltà di dimostrare la presenza in Italia del lavoratore straniero prima del 31 dicembre 2011. Presenza da dimostrare con documenti provenienti da "organismi pubblici". Quali? Nessuno lo sa bene.
Passa la "linea Riccardi". L'Avvocatura dello Stato, in un parere fornito proprio oggi, 4 ottobre, ai ministeri competenti, chiarisce finalmente cosa debba intendersi per "organismo pubblico", aprendo le maglie della sanatoria 2012.  Scrivono gli avvocati, che nel termine vanno inclusi anche "soggetti pubblici, privati e municipalizzati che svolgono una funzione o attribuzione o servizio pubblico". Non mancano esempi concreti: "Certificati medici, tessere nominative dei mezzi pubblici, multe, centri d'accoglienza e ricovero (per esempio una tessere mensa Caritas, ndr) e (addirittura) titolarità di schede telefoniche di operatori italiani quali Tim, Vodafone, Wind e 3".



Immigrazione, Bonino: quattro urgenze per la regolarizzazione in corso
Radicale Italiani, 04-10-2012
Dichiarazione di Emma Bonino, Vice presidente del Senato:
Sono interamente d'accordo con le associazioni e gli enti impegnati nel sociale che in questi giorni hanno suonato l'allarme sul rischio di un parziale insuccesso dell’intervento di emersione. Preoccupazioni che avevo d'altra parte pubblicamente già espresso alla vigilia dell'introduzione del provvedimento, ad inizio agosto. Ora che ci troviamo esattamente a metà del periodo previsto dal decreto per un ravvedimento operoso da parte dei datori di lavoro, credo occorra risolvere rapidamente i problemi aperti e tentare di salvare la regolarizzazione. Per questo propongo al Governo quattro interventi prioritari che vanno nella stessa direzione dell'elenco degli interventi stilato dal Tavolo Immigrazione:
RATEIZZAZIONE: la facoltà di rateizzare le migliaia di euro - tra contributo forfettario ed arretrati - previste dal decreto, può rendere questo onere più sostenibile. Diversamente, imprese e famiglie potrebbero avere difficoltà finanziarie ad aderire; oppure mettere gli immigrati nella condizione di "contribuire" per avere permesso di soggiorno e posto di lavoro.
CERTIFICAZIONE DA ENTI A RILEVANZA PUBBLICA: chiarire al più presto cosa il decreto intenda per “organismi pubblici”, nell'assoluta convinzione che la riuscita dell'emersione sarà determinata dall'ampliamento del novero dei soggetti che possono rientrare in questa categoria, non escludendo anche il ricorso a certificazioni emesse da enti privati accreditati, e tanto meno escludendo, come sembra fare il testo della normativa, gli enti definiti di "rilevanza pubblica".
PROROGA DEI TEMPI: già la scelta dell’apertura dei termini per inviare la dichiarazione di emersione è caduta a poco più di 1 mese dal varo del decreto, in pieno periodo estivo; in aggiunta, i regolamenti attuativi sono stati approvati e resi pubblici con estremo ritardo e in prossimità del click-day. Si rende necessario dunque una proroga del periodo di emersione a favore di una maggiore comprensione ed informazione delle possibilità offerte dal decreto.
CAMPAGNA DI INFORMAZIONE DELLA RAI: già nel mese di luglio al Governo e ai nuovi vertici della Rai è stata segnalata forte preoccupazione per l'eventuale mancanza di adeguata informazione. Per colmare questa lacuna la Rai ha ancora modo di assumere pienamente il suo ruolo di servizio pubblico varando al più presto una campagna di informazione mirata. Il carattere restrittivo della trasposizione italiana della normativa comunitaria, così configurata, rischia di vanificare uno strumento importante offerto dall'Unione europea. Secondo lo studio della Fondazione ISMU, se regolarizzati, i 600 mila immigrati irregolari, oggi ricattati e costretti al lavoro nero, entrerebbero nella legalità e porterebbero un gettito di circa 3 miliardi di euro di contributi previdenziali. Cifra più che ragguardevole di questi tempi."  



Il prefetto Morcone: «Riqualificare i Cie Si può iniziare dalla trasparenza»
Avvenire, 05-10-2012
​Vito Salinaro
«Qualcuno, negli ultimi anni, si è immaginato che rendendo più aspro il regime di detenzione amministrativa, aumentando i tempi di permanenza fino a 18 mesi, diminuendo i servizi, restringendo l’accesso e la trasparenza nei Cie, si sarebbe creato un deterrente più forte all’immigrazione clandestina e agli sbarchi. Credo sia stato un errore grave». Il prefetto Mario Morcone, capo di gabinetto del ministero per la Cooperazione internazionale e l’integrazione, tra i maggiori esperti di politiche dell’immigrazione, non fa sconti sulle «scelte» degli ultimi anni e sulle ragioni delle falle più estese del "sistema Cie".
Se l’inasprimento del regime ha peggiorato le cose qual è il modello positivo a cui guardare?
Nel 2007, a seguito della relazione conclusiva della Commissione presieduta da Staffan De Mistura (attuale sottosegretario agli Esteri), fu avviata una operazione di profondo rinnovamento delle strutture, delle modalità di detenzione amministrativa, della qualità dei servizi offerti nei Centri; ci fu un forte alleggerimento degli aspetti più invasivi dei diritti e della privacy e si dette l’avvio anche alla ristrutturazione di molte strutture. Nessun "paradiso" ma un modello migliore. E poi venne introdotta la trasparenza.
Cioè?
L’allora ministro dell’Interno Amato diramò una circolare che consentiva a giornalisti, operatori del settore, associazioni, di poter visitare costantemente questi luoghi per verificare le attività che vi si svolgevano e la qualità dei servizi erogati.
Sembra quasi paradossale parlarne oggi, quando organismi pastorali, associazioni umanitarie, cooperative di servizi, arrivano a definire i Cie posti "disumanizzanti"...
Non nego che ci siano dei paradossi. Ma la cosa più grave introdotta più recentemente è il passaggio da un regime di detenzione amministrativa di 30 giorni più 30, a quello di 18 mesi; un provvedimento che ha snaturalizzato queste strutture. Secondo me è un periodo fuori misura. Soprattutto quando nei Cie ci finisce chi non dovrebbe.
Vuole essere più chiaro?
In questi centri devono finirci solo i soggetti socialmente pericolosi e destinati al rimpatrio perché raggiunti da un provvedimento che li vede sgraditi al nostro Paese. A me è accaduto però di trovarvi altre persone, per esempio delle badanti, che non hanno motivo di essere lì. Credo sia anche sconveniente da un punto di vista economico trattenervi questo genere di persone.
Se i problemi dei Cie e anche dei Cara sono accertati, esiste la volontà di porvi rimedio? Ed eventualmente in che modo possono essere ripensati i Cie?
Qui entriamo nella sfera di scelte squisitamente politiche. Un governo tecnico che poggia su una maggioranza parlamentare così composita è in difficoltà nell’assumere decisioni condivise su un argomento che divide. Credo che il prossimo governo darà una linea politica forte anche a queste problematiche. Diverso è parlare della necessità dei Cie, imposti anche a livello europeo.
Ammetterà che vanno completamente ripensati.
Occorre certamente una riqualificazione di queste strutture e anche una maggiore trasparenza rispetto alle attività che vi si svolgono. I Centri devono essere visitabili da giornalisti, da associazioni, oltre che, ovviamente, dai parlamentari e dalle istituzioni. Anche per rendere meno solitaria la condizione di chi è detenuto e per sollecitare l’attenzione su una questione che va costantemente ripensata.
Ci sono organizzazioni che lamentano una mancanza di "condivisione dei dati" tra ministero della Giustizia e ministero dell’Interno: ci sarebbero cioè persone che, avendo un profilo carcerario, dopo aver scontato la pena, arrivano nei Cie dove si trovano costrette ad affrontare nuovi iter identificativi: come se ne esce?
È un altro problema sul tavolo. Chi viene arrestato e trattenuto in un carcere dovrebbe essere identificato. Ma l’identificazione che veniva svolta a livello carcerario e che, temo, ancora venga eseguita, non ha lo stesso standard delle procedure delle altre forze di polizia. Per questo, nell’ultimo governo Prodi, fu emanata una circolare dei ministri Amato e Mastella che disponeva una procedura "standard" in modo da evitare, a chi avesse già scontato una pena e usciva dal carcere pur in mancanza di dati certi sull’identità, di venire rinchiuso in un Cie per nuovi accertamenti. Come vede, c’è ancora tanto da fare.

 

Cie, Modena: mai firmato con il nuovo gestore
Avvenire, 05-10-2012
Nello Scavo
Dopo Modena, anche la procura di Bologna sta valutando se aprire un fascicolo d’inchiesta sull’assegnazione dell’appalto per la gestione del Cie al consorzio siciliano “L’Oasi”. Già la prefettura bolognese, infatti, aveva sospeso la firma della convenzione per il Centro di identificazione ed espulsione.
La cooperativa siracusana si era fatta avanti in fase di gara d’appalto presentando una compagine amministrativa, ma poi ha cambiato in corsa presidente e vicepresidente, sostituiti con professionisti le cui credenziali devono essere esaminate dalle Prefetture che sostengono di non avere ricevuto alcuna comunicazione circa gli avvicendamenti.
E a Modena ieri la prefettura ha implicitamente confermato quanto ricostruito da Avvenire. Uno dei nodi riguarda il profilo del nuovo presidente, l’avvocato siciliano Emanuele Midolo, che risulta avere precedenti per falso in atto pubblico. Un nome che prima delle inchieste di stampa non era noto alle autorità: «Il nuovo presidente del consorzio è subentrato – ribadisce la nota prefettizia – dopo l’aggiudicazione dell’appalto». Perciò viene assicurato che «la firma del contratto non ha ancora avuto luogo – precisa la Prefettura – in quanto sono in corso ulteriori accertamenti istruttori». “L’Oasi”, dunque, è «temporaneamente incaricata della esecuzione anticipata del contratto», perché con l’uscita di scena degli operatori delle Misericordie «si sarebbe dovuto procedere alla temporanea chiusura del Cie».
A poca distanza dall’ufficio del prefetto, il caso è sul tavolo di un’altra scrivania. La procura della Repubblica ha aperto un fascicolo d’indagine, al momento senza indagati. L’inchiesta coordinata dal procuratore capo Vito Zincani, intende far luce sulle garanzie offerte dal consorzio. “L’Oasi” ha ottenuto l’incarico per trattativa privata, poiché la gara d’appalto (con assegnazione al massimo ribasso e base d’asta 30 euro) andò deserta. Troppo pochi, 30 euro, per tutti gli altri enti che ancora adesso sostengono sia impossibile far quadrare i conti in una struttura con meno di 70 euro. La compagine isolana, invece, offrì al prefetto una spesa giornaliera per ogni ospite di 28,5 euro contro i 74,5 spesi dal precedente gestore.
Fatti due calcoli vuol dire, con circa duemila euro al giorno, pagare uno staff di una decina di persone, fornire pasti, svolgere le pulizie e garantire tutti gli altri servizi previsti dalla convenzione: tessere telefoniche, barberia, abbigliamento, mediazione linguistica e culturale, assistenza psicologica e infermieristica continuata, eccetera.



IMMIGRATI: IN 74 SU GOMMONE SOCCORSO A LAMPEDUSA
(AGI) - Agrigento, 4 ott. - Un gommone con 74 persone a bordo, tra cui quindici donne, presumibilmente partito dalla Libia e' stato soccorso nel primo pomeriggio a 46 miglia a sud sud est da Lampedusa. Due motovedette della Guardia Costiera sono partite intorno alle 11,30 e giunti sul punto hanno imbarcato migranti, di provenienza subsahariana, per rientrare poi a Lampedusa dove hanno attraccato poco dopo le 17. I profughi stanno tutti bene e sono stati trasferiti nel centro di accoglienza di contrada Imbriacola. (AGI) .
 


32 miliardi di dollari. È quanto vale il traffico di esseri umani in Europa.
Presentato ieri a Strasburgo il rapporto del GRETA, il Gruppo di esperti sulla lotta contro il traffico di esseri umani che opera in seno al Consiglio d’Europa.
Immigrazioneoggi, 05-10-2012
32 miliardi di dollari, una cifra da capogiro, è ciò che frutta alla criminalità organizzata il giro d’affari legato al traffico di esseri umani in Europa. Molto più della droga e del traffico di armi. È quanto è stato illustrato ieri a Strasburgo in occasione della presentazione del II Rapporto generale del GRETA (Gruppo di esperti sulla lotta contro il traffico di esseri umani), l’organismo creato nel 2009 in seno al Consiglio d’Europa e composto da 15 membri, di cui nessuno italiano, sulla base della Convenzione per la lotta contro la tratta di esseri umani attualmente in vigore in 37 Stati europei. La Convenzione, in Italia ratificata dalle Camere nel novembre 2010 e diventata legge dal 1° marzo 2011, cerca di prevenire gli atti criminosi, inasprisce le pene ai colpevoli, concede maggiore spazio di manovra agli inquirenti per la ricerca delle prove e prevede l’assistenza fisica, psicologica e materiale delle vittime. Russia, Repubblica Ceca, Liechtenstein e Principato di Monaco non l’hanno ancora firmata, come pure gli Stati osservatori (Canada, USA, Giappone, Messico e Israele) e l’Ue.
Il Rapporto contiene le considerazioni generali del GRETA emerse a seguito dei report pubblicati sulla situazione all’interno dei primi 10 Paesi che hanno ratificato la Convenzione e di visite effettuate in altri 10 Paesi firmatari.
Durante la conferenza stampa Thorbjørn Jagland, segretario generale del Consiglio d’Europa ha affermato “Si tratta di una vera e propria tragedia europea. Ecco perché è una priorità per il Consiglio d’Europa. Il numero delle vittime è ancora molto approssimativo. Sappiamo, però, che non ricevono l’assistenza necessaria. Inoltre gli inquirenti incontrano tante difficoltà a rinviare a giudizio i trafficanti. Per di più le pene sono ancora leggere rispetto all’atrocità del crimine”.
(Maria Rita Porceddu)

 

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