Introduzione

Di Mara Tognetti Bordogna e Flavia Piperno

 

Il presente volume trae spunto dai risultati del convegno su 'Migrazione, Sviluppo e Welfare. La frontiera esterna delle politiche sociali', organizzato nel febbraio 2010 presso la Provincia di Roma[1]. Si  trattato di un convegno nato dal lavoro di un gruppo di riflessione composto da esperti, operatori di ONG, funzionari di servizi pubblici ed Enti Locali che, sotto il coordinamento del CeSPI (Centro Studi di Politica Internazionale), hanno deciso di incontrarsi periodicamente per scambiare buone pratiche e formulare nuovi progetti sul tema della relazione tra migrazione, transnazionalismo e welfare[2]. Questi incontri si sono svolti nellĠambito della Scuola Atlante: un laboratorio nato per volere di Oxfam Italia e del Laboratorio Migrazione & Svluppo[3], per riflettere su possibili ambiti strategici di intervento della cooperazione allo sviluppo, con particolare riferimento alla dimensione migratoria. Nell'organizzazione del convegno la Provincia di Roma, e in particolare lĠAssessorato alle Politiche Sociali, ha svolto un ruolo cruciale, non solo grazie a un importante contributo finanziario e organizzativo, ma anche in quanto ha creduto fin dall'inizio all'importanza del tema proposto ed ha partecipato attivamente sul piano della riflessione e dell'analisi socio-politica.

Nelle analisi proposte ci poniamo l'obiettivo di esplorare la possibile 'dimensione esterna' della politica sociale rivolta allĠinclusione dei migranti e alla loro valorizzazione come produttori di welfare.

Come ricorda Pastore, a partire dallĠinizio degli anni Ġ70, la politica migratoria  stata prevalentemente considerata una questione relativa alla dimensione interna dei singoli stati-nazione. La crisi economica, cominciata con lo shock petrolifero del Ġ73 spingeva, infatti, i paesi di tradizionale ricezione dei flussi migratori, ad una progressiva e unilaterale chiusura rispetto a nuovi ingressi, ponendo cos“ fine al periodo di intenso reclutamento dallĠestero, ampiamente basato su un sistema di accordi bilaterali con i paesi di origine (generalmente le ex colonie). Solo dalla metˆ degli anni Ġ90, unĠaccresciuta consapevolezza dei forti limiti di un approccio unilaterale, che finiva per ridurre lĠefficacia delle stesse politiche di controllo, ha portato gli stati europei, prima a livello bilaterale e poi sovra-nazionale, a instaurare canali di dialogo e cooperazione con i principali paesi di origine e transito dei flussi migratori (Pastore, 2007 e 2004; Van Selm, 2002). Questa apertura ha inaugurato la nuova fase di proiezione esterna della politica migratoria dellĠEuropa e dei suoi stati membri. I due principali obiettivi della cooperazione con i paesi di origine, nella gestione dei flussi migratori, come messo in rilievo in questo volume da Henry e Monterisi, sono il controllo dei flussi (contenimento e rimpatrio degli irregolari) e lo sviluppo dei contesti di origine attraverso la valorizzazione dei flussi migratori. La politica dĠintegrazione e tutela sociale dei migranti  rimasta, invece, strettamente connessa alla dimensione interna e alla sfera nazionale dei singoli paesi di ricezione. Ci˜  in gran parte dovuto alla difficoltˆ, da parte dei paesi occidentali, di vedere il proprio interesse in una politica dĠinclusione e promozione sociale dei migranti concertata con i paesi di origine e alla reticenza nel concepire lĠesistenza di spazi sociali integrati a cavallo tra paesi di origine e arrivo. Contestualmente, i migranti sono stati scarsamente promossi e valorizzati anche nella loro veste di erogatori di welfare, ai due poli del processo migratorio, a causa di una politica di co-sviluppo scarsamente attenta alla dimensione sociale ed eccessivamente sbilanciata sulla dimensione locale dei paesi di origine, anzichŽ sulla gestione cooperativa dei flussi. Come ricordano Henry e Monterisi ad oggi i due principali Fondi Europei che finanziano azioni volte allĠintegrazione e al co-sviluppo[4], non consentono (a parte casi specifici e limitati) di finanziare azioni che si svolgono contemporaneamente nei paesi di arrivo e di origine e ci˜ limita la possibilitˆ di gestire i costi e i benefici sociali connessi alle migrazioni in un'ottica integrata a livello spaziale e attenta alle dinamiche che si instaurano prima della partenza o successivamente al ritorno.

A partire dalla consapevolezza dei limiti sopra accennati, questo volume punta a mettere in luce la rilevanza di un sistema di alleanze estese a livello territoriale e trans-locale che, come ricorda Livia Turco nella prefazione, diviene strategico per gestire le migrazioni, anche in riferimento agli aspetti che riguardano lĠintegrazione e lo sviluppo sociale.

Con Welfare transnazionale ci riferiamo alla dinamica dĠinterdipendenza tra sistemi sociali ai due poli del processo migratorio, al delinearsi di problematiche e opportunitˆ comuni e, come conseguenza di ci˜, allĠemergere di una sfera in cui la co-gestione dei processi sociali legati alla migrazione diviene un elemento importante per rispondere a problematiche e potenzialitˆ cruciali per i regimi di welfare su entrambe le sponde.

Da diversi anni gli studiosi della globalizzazione politica hanno posto lĠaccento sulla necessitˆ di riconoscere la portata globale di molti problemi, che richiedono quindi soluzioni globali (Back e Grande, 2006; Yeates, 2004; Bretherton, 1996; Deacon et al. 1997). Raramente, per˜, nel solco di questi studi,  stata affrontata la questione dellĠimpatto sociale delle migrazioni e dei processi di convivenza tra stranieri e autoctoni.

Pi in generale Yeates ricorda come, fino alla metˆ degli anni Ġ90, la politica sociale, come disciplina accademica, ha fatto riferimento alla realtˆ dei singoli stati-nazione. Solo recentemente, anche in virt della sempre maggiore influenza dei processi transnazionali sul pensiero e sul linguaggio accademico, il concetto di politica sociale globale ha acquisito rilevanza (Yeates, 2004, p. 8). Come spiega Yeates: Òsi tratta innanzitutto di guardare ai possibili modi in cui le <<unitˆ dĠazione>> di cui si occupano le scienze sociali –individui, famiglie, comunitˆ, regioni, paesi – partecipano a processi e strutture di natura internazionale e transnazionale. Si tratta quindi di riconoscere che le cause di ogni problema sociale (e le relative soluzioni) non sono necessariamente delimitate dalle istituzioni o dai confini nazionaliÓ (Yeates, 2004, p. 28). Gli studi sulla politica sociale globale si sono generalmente concentrati sui processi di governance globale delle politiche sociali nellĠambito delle organizzazioni internazionali, delle unioni regionali basate su accordi commerciali, o in risposta ai movimenti della societˆ civile organizzata a livello globale.

Pi interessanti, ai fini della nostra analisi, sono le riflessioni compiute a livello micro-sociale dalla ricerca etnografica e dai cultural studies, che documentano come sia lo stesso concetto di comunitˆ e vicinato a cambiare, per cui si passa da una nozione che fa riferimento esclusivamente allĠambito locale, ad una che abbraccia un campo pi vasto e transnazionale (Yeates, 2004, p.15):  questa comunitˆ ampia, in cui i processi di identificazione e coesione sociale fanno riferimento al ÔquiĠ ma anche ad un ÔaltroveĠ, che pone nuovi interrogativi alle politiche sociali.

NellĠambito degli studi sul nesso tra migrazione e sviluppo, lĠanalisi dellĠimpatto sociale delle migrazioni e dei legami che, in virt dei processi migratori, vengono a crearsi tra i sistemi sociali delle due sponde,  stato generalmente un tema poco trattato. Negli ultimi anni, tuttavia, questa tematica ha acquisito una rilevanza crescente, come dimostra il lavoro dellĠIstituto di Ricerca delle Nazioni Unite UNRISD (United Nations Research Institute for Social Development) che si concentra proprio su tali argomenti[5].

NellĠambito di questo filone di studi, molte ricerche hanno analizzato lĠimpatto sociale delle rimesse sui contesti di origine. Come ricorda De Haas (2005) fin dagli anni Ġ90 i teorici della NELM (New Economics of Labour Migration) hanno messo in rilievo come le rimesse costituissero parte di una strategia assicurativa e di riduzione del rischio perseguita dalle famiglie, divenendo cos“ una sorta di Ôsecondo welfareĠ. EĠ stato inoltre analizzato lĠimpatto, non sempre univoco, delle rimesse sulla crescita economica, la riduzione della povertˆ, lĠinvestimento in salute e istruzione, ma anche su aspetti non pecuniari attinenti alla vita sociale dei contesti di origine, come ad esempio, la rinegoziazione dei ruoli nellĠambito di differenze etniche o di genere o la trasfromazione dei regimi della cura. Gli studi sulle rimesse sociali inaugurati da Peggy Levitt (2001) hanno messo in rilievo proprio lĠimpatto dei trasferimenti non monetari (ad esempio idee, informazioni e lo stesso bagaglio emotivo-esperienziale dei soggetti migranti) sul mutamento politico, sociale o culturale in loco.

LĠintegrazione tra spazi sociali alle due sponde del processo migratorio  presa in considerazione anche dal crescente numero di studi sul rapporto tra integrazione e transnazionalismo. Mentre in passato si tendeva ad evidenziare come i processi di integrazione nei contesti di arrivo fossero premessa ad una perdita di contatti con il paese di origine, oggi molte ricerche hanno messo in luce i possibili intrecci tra lĠacquisizione di capitale sociale e umano ai due poli del processo migratorio. Si rileva come lĠintegrazione possa avere un impatto positivo sullĠimpegno transnazionale dei migranti, in quanto generalmente  associata ad un aumento e a una consolidazione delle risorse economiche (ma anche umane e sociali) a disposizione del migrante e a una maggiore facilitˆ di spostamento: entrambi fattori che accrescono le opportunitˆ di investimento in loco, anche nellĠambito di progetti di sviluppo o solidarietˆ. Specularmente si sottolinea come lĠattivitˆ transnazionale possa avere un impatto sullĠintegrazione: promuovendo lo status e lĠautorevolezza del migrante nel contesto di arrivo, le sue prospettive di carriera o affermazione politica, o rendendo maggiormente definito il progetto migratorio grazie a una visione pi realistica sulle condizione del paese di origine, maturata attraverso viaggi pi frequenti (Oeppen in via di pubblicazione; Mezzetti 2011; Rhi Sausi, 2007; Stocchiero, 2007).

Una maggiore consapevolezza della possibile coesistenza tra processi di integrazione nella societˆ di accoglienza e senso di appartenenza alla madrepatria, oltre che del carattere strutturale delle migrazioni, ha portato i governi di molti paesi di origine - anche in risposta alla pressione delle associazioni dei loro connazionali allĠestero - a rafforzare le politiche di integrazione a cavallo tra paesi di arrivo e di origine. Si tratta di un processo che offre importanti stimoli per la riflessione teorica ed operativa sugli aspetti transnazionali della politica sociale. Come ricorda Boccagni: Òi paesi di origine sempre di pi tendono a promuovere la lealtˆ e lĠaffiliazione dei loro espatriati, nonostante la distanza nello spazio e nel tempo e nonostante il fatto che essi estercitano sui migranti un controllo molto inferiore rispetto ai paesi di destinazione. La concessione del diritto di voto dallĠestero e lĠattiva promozione della doppia cittadinanza sono i due principali esempi a questo riguardo (Baubok, 2007; Escobar, 2007). I paesi di origine possono essere motivati a intrattenere relazioni con i propri espatriati da diverse aspettative: promuovere e gestire il proprio capitale umano, incentivare rimesse e investimenti, creare delle lobby politiche tra gli emigranti, e rafforzare il consenso interno sulla politica nazionale. Tuttavia affinch queste strategie siano efficaci con i migranti, sono necessari incentivi nella madrepatria, quali, ad esempio, lĠaccesso a programmi di protezione sociale, facilitazioni nel risparmio e negli investimenti, maggiori opportunitˆ di impiego autonomo e formale, sostegno sociale per i minori e gli anziani left behindÓ (T.d.A, Boccagni, 2010, pp. 2-3). In alcuni casi, come quello ecuadoriano citato da Boccagni, i governi dei paesi di origine hanno creato dei ministeri espressamente dedicati alla propria diaspora e promosso la costruzione di servizi dedicati ai migranti e alle famiglie transnazionali collocati ai due poli del processo migratorio.

NellĠambito degli studi sulle migrazioni, il filone che ha maggiormente contribuito a far prendere coscienza dellĠinterdipendenza tra sistemi di welfare alle due sponde del processo migratorio  senzĠaltro quello delle catene globali della cura (Ehrenreich e Hochschild, 2003; Parre–as, 2001). Come ricordano Kofman e Raghuram nel presente volume, il nesso tra migrazione, genere e offerta di cura  divenuto un tema centrale per le politiche sociali. Un elevatissimo numero degli oltre 94 milioni di donne migranti nel mondo (stima relativa al 2005) trovano impiego proprio nel settore socio-sanitario e della cura e, spostandosi da un paese allĠaltro, lasciano dei vuoti di cura nelle aree di provenienza. Kofman e Raghuran ricordano come questo non sia un fenomeno ristretto al flusso migratorio dal Sud al Nord del mondo, ma si estende ad una sfera geografica assai pi vasta che le autrici definiscono il ÔSud globaleĠ. In riferimento alle catene della cura globali, Piperno ricorda come, la possibilitˆ per i sistemi di welfare occidentali di risparmiare risorse, grazie alla presenza di un vasto mercato, a basso costo, nel settore socio-sanitario e della cura, reso possibile dalla presenza straniera, si rifletta in una situazione speculare e opposta nei contesti di origine, dove i sistemi di welfare locale si trovano a fronteggiare una maggiore e pi complessa domanda di servizi sociali a causa della riduzione della cura informale a disposizione delle famiglie.

Sul piano delle policies lo stimolo a rafforzare una gestione transnazionale delle politiche sociali che regolano le migrazioni  cresciuto, a livello europeo e di singoli Stati membri, come conseguenza di una serie di fattori. Sicuramente il lancio dellĠapproccio globale[6] alla gestione dei processi migratori, come ricordano Henry e Monterisi, ha contribuito a promuovere questa prospettiva. Lanciato nel 2005, lĠApproccio globale ha, infatti, enfatizzato la necessitˆ di promuovere una strategia intersettoriale, in grado cio di integrare, in una prospettiva comprensiva e coerente, politiche migratorie, politica estera e politica di cooperazione; contestualmente lĠapproccio globale enfatizza la necessitˆ del dialogo e della costituzione di partenariati con i paesi di origine. Da qui lĠimpulso ad integrare la dimensione interna ed esterna delle politiche migratorie. Inoltre, la rinnovata enfasi posta, a livello europeo, sulle politiche tese a promuovere la migrazione circolare dei migranti, ha dato nuova forza alla richiesta di un maggiore impegno teso ad assicurare, su un piano transnazionale, la fruibilitˆ (e dunque la portabilitˆ) di tutele e diritti. Infine si  andata rafforzando la consapevolezza dellĠimportanza di avviare misure in grado di facilitare la potenziale integrazione dei migranti giˆ prima della loro partenza. Il quarto principio base (Basic principle) che regola la politica comune europea per lĠintegrazione[7], raccomanda proprio di migliorare la conoscenza dei potenziali migranti rispetto alla lingua, alla storia e alle istituzioni delle societˆ di accoglienza, prima della partenza.

Questi sviluppi hanno fatto crescere lĠattenzione internazionale alla dimensione esterna della politica sociale. EĠ significativo che, come ricordano Henry e Monterisi, l'Agenda europea per l'integrazione dei cittadini dei paesi terzi pubblicata nel luglio 2011, aggiornando il testo del 2005, accordi per la prima volta rilevanza all'azione dei paesi di origine nella promozione dei processi di integrazione. Correttamente, inoltre, l'integrazione viene descritta come un processo transnazionale che va sostenuto prima della partenza, durante la permanenza all'estero e dopo il ritorno e il ruolo dei paesi di origine viene descritto come rilevante in tutte queste tre fasi. Tra gli obiettivi da sviluppare nel prossimo futuro si afferma che: "le sfide dell'integrazione devono essere sostenute mediante partnership tra governi nazionali, regionali e locali, assicurando contemporaneamente il dialogo con i principali stakeholders a tutti i livelli di governance. Anche una rafforzata cooperazione con i paesi di origine  necessaria. L'approccio win-win-win teso a beneficiare i migranti, le societˆ di destinazione e i paesi di origine potrebbe essere rafforzato. L'UE dovrebbe fornire il supporto necessario a questo processo" (T.d.A. Commissione Europea, 2011). Anche lĠultimo Forum sullĠintegrazione[8], tenutosi a novembre 2011,  stato incentrato sul ruolo dei paesi di origine nel processo di integrazione. Al di lˆ di questi sviluppi positivi, occorre tuttavia ricordare che una reale visione transnazionale delle politiche volte a favorire lĠinclusione sociale dei migranti e lĠimpatto sociale positivo delle migrazioni, stenta a concretizzarsi.

Come si chiarisce nelle conclusioni dell'Agenda: "Il coordinamento e il monitoraggio degli sviluppi politici che avvengono in seno alle istituzioni europee, in stretta cooperazione con gli Stati Membri, possono contribuire a politiche di integrazione pi efficienti ed efficaci" (Commissione Europea, 2011). Tutti gli sforzi tesi a rafforzare la reciproca conoscenza, il dialogo, la sinergia e la convergenza tra istituzioni e servizi di paesi diversi appaiono, dunque, principalmente focalizzati sullo spazio europeo e non sembra che l'idea di integrazione come processo di mutuo apprendimento e avvicinamento tra societˆ ospitante e nuovi cittadini sia trasferita alla relazione tra attori del welfare alle due sponde del processo migratorio.

Inoltre, come ci ricorda il rapporto dallĠeloquente titolo ÔIntegration from abroadĠ, realizzato dalla Erasmus University di Rotterdam insieme ad altri istituti di ricerca (2011), gran parte degli sforzi dei paesi europei volti a proiettare la politica di integrazione in una dimensione esterna, attraverso misure pre-partenza sviluppate giˆ nei contesti di origine, non va nel senso di una concezione ampia del welfare transnazionale. La formazione pre-partenza (linguistica, civica o professionale) diviene piuttosto un nuovo meccanismo di selezione dei candidati allĠemigrazione, volta a creare un pi marcato spartiacque tra coloro la cui integrazione risulta potenzialmente pi facile, e la cui procedura di ingresso  conseguentemente facilitata, e coloro che presentano maggiori difficoltˆ di inserimento socio-lavorativo e che si vedono negata la possibilitˆ di ottenere un permesso di soggiorno. Tale sistema di formazione pre-partenza  inoltre generalmente lasciato alla libera iniziativa degli individui, piuttosto che fare affidamento su una consolidata rete tra servizi a livello transnazionale.

Dato questo scenario, riteniamo importante far avanzare lĠanalisi sulle nuove sfide che le migrazioni pongono alla politica sociale: a cavallo tra la dimensione locale e globale.

Il volume si divide in due parti: nella prima vengono sviluppate alcune riflessioni teoriche sul concetto di welfare transnazionale, nella seconda sono analizzate alcune sperimentazioni concrete.

Commento alla prima parte: Mara?

Le esperienze di welfare transnazionale proposte nella seconda parte del volume considerano i migranti sia come erogatori di welfare (in quanto grazie al loro lavoro e alle loro risorse offrono una risposta cruciale alla domanda di benessere sociale sia nelle societˆ di origine che di arrivo), che come consumatori di welfare (poichŽ la dimensione migratoria impone nuovi bisogni sociali che devono essere tenuti in considerazione da servizi e istituzioni 'qui' e 'l“'). Tenendo in considerazione entrambe queste dimensioni, i contributi proposti puntano ad analizzare come politiche e pratiche di collaborazione tra paesi di origine e paesi di arrivo dei flussi migratori, possano migliorare non solo l'impatto sociale delle migrazioni ai due poli del processo migratorio, ma anche l'efficacia delle politiche di integrazione rivolte ai migranti e alle loro famiglie. La prospettiva transnazionale, nelle analisi proposte,  giustificata dalla constatazione che in un sistema a vasi comunicanti come quello costituito dalle migrazioni globali, le pratiche e le politiche avviate ad un polo del processo migratorio possono avere un impatto rilevante su ci˜ che avviene all'altro polo.

EĠ interessante rilevare che gli attori che hanno promosso le iniziative raccontate nel volume sono tutti diversi tra loro: una ONG, una cooperativa sociale, un consorzio di cooperative sociali e una federazione di associazioni di immigrati. La logica transnazionale adottata sembra dunque il frutto di una vivacitˆ spontanea, nata dal basso, a partire da strade e percorsi diversi.

Nonostante lĠeterogeneitˆ delle pratiche realizzate, e dei soggetti che le hanno promosse, le iniziative avanzate presentano diversi aspetti comuni.

In primo luogo, lĠapertura al contesto transnazionale,  sempre avvenuta come parte di un percorso di presa in carico di un bisogno percepito sul livello locale. La necessitˆ di offrire un sostegno integrato alle famiglie immigrate e di accompagnarle nella gestione del proprio progetto migratorio (nei percorsi di orientamento al lavoro in Italia o viceversa di investimento e ritorno nel paese di origine, cos“ come nella difficile e dolorosa scelta riguardo allĠopportunitˆ o meno del ricongiungimento familiare) ha, ad esempio, portato Soleterre e creare dei Centri-Servizio gemelli ai due poli del processo migratorio.

LĠattenzione ai contesti di origine da parte del Consorzio Gino Mattarelli (CGM)  invece derivata dalla necessitˆ di rispondere alla domanda di lavoratrici da impiegare nel settore socio-sanitario e della cura – anche allĠambito dello stesso sistema cooperativo - senza contravvenire ai principi etici, oltre che organizzativi, a cui si ispira la cooperazione sociale: in primo luogo quello di creare processi di sviluppo comunitario (che non possono naturalmente lasciare ÔbuchiĠ nei paesi di provenienza), in secondo luogo quello di ricorrere a una manodopera qualificata e tutelata nei propri diritti, fin dal momento dellĠarrivo in Italia.

Anche lĠesperienza di ASSOS.B., la pi estesa e rappresentativa realtˆ associativa senegalese della provincia di Bergamo,  partita dallĠesigenza di tutelare la comunitˆ senegalese in Italia. Come rileva Ceschi, lĠassociazione ha avuto la capacitˆ di interpretare e dare risposta ai bisogni transnazionali dei migranti presenti sul territorio di Bergamo: ad esempio la necessitˆ di investire i propri risparmi in loco, soprattutto attraverso lĠacquisto della casa; o di tornare in patria nel caso di problematiche gravi, anche in mancanza del denaro sufficiente ad affrontare le spese di viaggio; o, ancora, di dare sostegno alla famiglia di origine in caso di morte del migrante, assicurando, al tempo stesso, il rimpatrio della salma. Proprio questa capacitˆ di aderire al bisogno dei tanti senegalesi che vivono e lavorano in Italia, offrendo servizi importanti a prezzi contenuti, ha reso possibile la sopravvivenza dellĠassociazione per oltre un ventennio e lĠaumento del numero di soci dai 15 iniziali ai 2.000 attuali.

Particolarmente interessante lĠesperienza della cooperativa ÔAnziani e non soloĠ che, come indica il nome stesso dellĠassociazione, nasce per occuparsi del problema degli anziani italiani e delle loro famiglie. Essere al vertice della stratificazione internazionale delle opportunitˆ di accudimento (Ambrosini, 2008), non impedisce, infatti, lĠemergere di pesanti costi sociali anche nei paesi del Nord del mondo. In Italia, dove il ricorso al mercato privato della cura  particolarmente esteso, gli squilibri sono evidenti: insufficiente qualitˆ dellĠassistenza offerta, difficoltˆ della famiglia nel reperire un assistente adatto alle proprie esigenze, impossibilitˆ di selezionare la qualifica/specializzazione rispetto al tipo di bisogno, sono solo alcuni dei costi per le famiglie italiane. A livello pi ampio si registrano altri problemi. La creazione di sacche di lavoratori e lavoratrici fortemente emarginate, poco tutelate, a forte rischio burn out per la delicatezza del lavoro che svolgono e, al tempo stesso, impossibilitate a tornare in patria, a causa della difficile spendibilitˆ della propria esperienza in loco,  un processo che desta preoccupazioni non solo perchŽ si riflette nella minore qualitˆ della cura offerta, ma anche perchŽ crea un disagio diffuso, che pu˜ essere replicato e amplificato dai giovani che si ricongiungono alle loro madri. Rispetto alle risposte trovate in ambito locale - come i tantissimi corsi di formazione e albi professionali validi solo in ambiti territoriali circoscritti – la prospettiva nazionale e transnazionale promossa da ÔAnziani e non soloĠ sembra avere potenzialitˆ maggiori ed essere in grado di raggiungere un pi significativo numero di beneficiari.

Occuparsi di problematiche locali ha, insomma, in tutti i casi esaminati, comportato la necessitˆ di guardare anche oltre il locale.

Un ulteriore aspetto di particolare interesse in tutte le esperienze che vengono raccontate nel volume  la capacitˆ di mettere in squadra diverse risorse del territorio e agire in unĠottica di comunitˆ. I termini ÔcomunitˆĠ e ÔalleanzaĠ emergono continuamente nel corso della trattazione, non come prospettiva ideale o utopica, ma come strategia concreta per raggiungere risultati immediati. Come ci hanno insegnato leggi quali la 328/2000 e la 285/1997  necessario utilizzare, specie in un contesto di forti tagli alla spesa pubblica, tutte le risorse a disposizione di un determinato contesto locale. Oggi gli snodi di questa rete devono, per˜, essere ripensati e i progetti presentati nel volume indicano possibili strade in questa direzione.

I servizi giˆ operanti sul territorio possono dotarsi di funzioni nuove, come avviene nel caso degli sportelli Mestieri, allestiti su tutto il territorio nazionale dal Consorzio CGM per offrire sostegno e mediazione tra domanda e offerta di lavoro nel settore della cura, e che diventano un prezioso interfaccia per le cooperative polacche nellĠambito di una pi consapevole gestione dei processi migratori. Gli elementi che rendono gli sportelli Mestieri particolarmente interessanti derivano dal fatto che sono legati alla programmazione strutturale del Consorzio e non a singoli progetti transitori; sono presenti in molti contesti regionali; lavorano a stretto contatto con le famiglie italiane e i servizi del territorio; sono parte di una vasta rete di cooperative sociali che rappresentano un bacino occupazionale importantissimo in Italia. Tutto ci˜ fa si che gli Sportelli Mestieri, nel momento in cui si interfacciano con lĠaltra sponda, diventino un possibile ponte per favorire percorsi individualizzati di inclusione sociale dei migranti, fin dal momento dellĠarrivo in Italia, replicabili su tutto il territorio nazionale e nellĠambito di risorse giˆ esistenti.

EĠ inoltre possibile immaginare nuovi punti di snodo nella rete dei servizi territoriali: attraverso la collaborazione tra le due sponde del processo migratorio, come avviene nel caso dei Centri-Servizio Gemelli istituiti da Soleterre; oppure, sviluppando collaborazioni con soggetti che si trovano sul territorio nazionale ma che, per il loro legame con le comunitˆ migranti o i contesti di origine, potremmo definire Ôtransnazionali in casaĠ. Interessanti sono le nuove forme di collaborazione che nascono, ad esempio, tra servizi socio-sanitari, associazioni di immigrati o consolati, come documentano i contributi di Baldo e Lainati e di Henry e Monterisi.

Generalmente si sostiene che in un periodo di crisi economica non  possibile innovare la politica sociale, per di pi estendendola ad una sfera transnazionale. Tale prospettiva porta per˜ ad avallare lĠidea di una politica sociale che, come spiega Livia Turco, finisce per indirizzare la protezione sociale a fasce sempre pi esigue di individui, allontanandosi da unĠidea di solidarietˆ pensata su scala sistemica e complessiva.

I lettori di questo volume saranno sorpresi nel constatare che una parola frequentemente utilizzata dagli autori dei contributi proposti  Ôbasso costo delle iniziativeĠ (Ghibelli, Ligabue, Ceschi), e questo proprio grazie alla capacitˆ di attivare e mettere in rete una pluralitˆ di soggetti giˆ operanti sui diversi territori; a tale strategia si aggiunge, del resto, come nel caso della cooperativa ÔAnziani e non soloĠ, lĠutilizzo delle nuove tecnologie che consentono di raggiungere un vasto bacino di destinatari, promuovendo economie di scala e svincolando le iniziative dai singoli territori. Tutti gli interventi descritti nel volume, hanno una storia pluriennale: nonostante la scarsitˆ di fondi pubblici, si tratta cio di iniziative strutturate e continuative e non legate a singole progettazioni. Naturalmente questo non vuol dire che sia possibile un disimpegno da parte del settore pubblico rispetto allo sviluppo di una politica sociale inclusiva e transnazionale. Al contrario, diviene prioritario riconoscere e promuovere i nuovi soggetti che quotidianamente costruiscono coesione sociale, cos“ come le modalitˆ e i luoghi del loro operare.

Un ultimo aspetto su cui porre lĠaccento  lĠimpegno, nellĠambito di tutte le pratiche di welfare transnazionale descritte nel volume, a passare da una logica ÒprotettivaÓ ad una di agency e promozione delle risorse dei migranti. Oggi  necessaria la creazione di spazi che consentano di dare visibilitˆ alle risorse dei migranti. é necessario valorizzare non solo le aggregazioni formalizzate, come ad esempio le associazioni, ma anche quelle pi informali e radicate in lunghi anni di esperienza: le realtˆ del mutuo aiuto, le aggregazione presso le parrocchie, etc. é importante riconoscere i soggetti migranti per quello che sono e che vogliono essere, trovare politiche che diano spazio alla pluralitˆ dei soggetti e delle famiglie. Politiche che tengano conto delle potenzialitˆ e capacitˆ dei soggetti dellĠimmigrazione e rendano possibile lavorare in una logica che non vede i migranti solo come consumatori di welfare, ma anche come produttori di sviluppo sociale.

La famiglia dei migranti  una delle risorse pi importanti da valorizzare ai fini di una corretta gestione dei processi migratori (Tognetti, 2007). In questo volume, Baldo e Lainati ci ricordano, infatti, che le traiettorie migratorie sono generalmente decise in seno alla famiglia:  questo il luogo in cui si costruiscono i percorsi di ricongiungimento o non ricongiungimento, relazione a distanza, ritorno, utilizzo delle rimesse, etc. Sostenere la famiglia (e soprattutto le madri migranti, generalmente pi propense a interfacciarsi ai servizi) nella gestione attiva e consapevole del percorso migratorio pu˜ avere un effetto assai pi efficace e profondo rispetto a politiche repressive di controllo calate dallĠalto.

EĠ poi fondamentale riconoscere e valorizzare la ricchezza del lavoro offerto dai migranti come produttori di welfare. Ligabue ci ricorda, ad esempio, che il prolungarsi temporale del fenomeno del badantato, e la sua dimensione, hanno consentito la costruzione di una ÒminieraÓ di competenze (effettivamente agite, trasmesse in modo informale), dimensionabile in 4/5 milioni di anni/lavoro. Questa ricchezza non solo non pu˜ essere attestata attraverso una documentazione formale, ma generalmente  anche misconosciuta a livello sociale. Fare lĠassistente familiare  spesso percepito come un lavoro umiliante e, come ha rilevato la ricerca etnografica, non sono rari i casi in cui le lavoratrici nel settore della cura cercano addirittura di celare il loro reale impiego ai connazionali in patria. La valorizzazione dei soggetti migranti come produttori di welfare , invece, il risultato immediato dei progetti realizzati da CGM ed ÔAnziani e non soloĠ: riconoscere e legittimare lĠesperienza maturata sul campo anche dai lavoratori stranieri cos“ detti non-qualificati, come coloro che operano nel settore della cura, , da questo punto di vista, un passaggio fondamentale.

La manifestazione pi evidente del valore sociale connesso alla spontanea attivazione dei migranti e delle loro associazioni,  senzĠaltro esemplificata dallĠesperienza di ASSOS.B.. Come rileva Ceschi, nel caso della comunitˆ senegalese, la forte dimensione collettiva della vita allĠestero, gli intensi legami con il paese di origine, i valori di solidarietˆ e sostegno reciproco, diventano parte di un discorso etico e prescrittivo, che si propone come uno schema di riferimento per il comportamento dei migranti senegalesi, non solo sul terreno pratico e organizzativo, ma anche su quello morale, caratteriale e culturale. Questo intenso lavoro  parte di un processo di negoziazione collettiva con la societˆ ospite che funziona da guida pratico-simbolica per il buon senegalese. Il senso di appartenenza transnazionale, dunque, non porta a nuove forme di ghettizzazione e neanche esclusivamente ad un mutualismo strumentale allĠottenimento di beni e servizi; al contrario veicola impegno sociale ispirato al senso civico (essere un Ôbuon senegaleseĠ) e al desiderio di integrazione: ingredienti preziosi per la coesione sociale sul nostro territorio e la buona convivenza tra cittadini italiani e stranieri.

 

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[1] Gli atti del convegno sono disponibili alla pagina: http://www.cespi.it/PDF/Interventi%20seminario%20MSW24-2-11.pdf.

[2] Ad oggi hanno partecipato alle riunioni del gruppo di riflessione esponenti delle seguenti strutture ed organizzazioni: il Laboratorio Migrazione & Sviluppo, Oxfam Italia, CGM (Consorzio Gino Mattarelli), le Acli colf, l'ONG Soleterre, il CeSPI (Centro Studi di Politica Internazionale), l'Universitˆ di Milano Bicocca, l'INMP-S.Gallicano (Istituto Nazionale di Medicina delle Povertˆ), l'ASL di Milano, il Comune di Arezzo, il Comune di Forl“, la Provincia di Roma, l'Associazione Senegalesi Bergamaschi, l'Associazione JEXAVI, il Philiphino Women Council.

[3] Il Laboratorio Migrazione & Sviluppo  un cartello composto da Centri di ricerca e organizzazioni non governative il cui obbiettivo  promuovere analisi e progetti sul tema del co-sviluppo.

[4] Ci riferiamo al Fondo Europeo per lĠIntegrazione dei cittadini dei Paesi Terzi (http://ec.europa.eu/home-affairs/funding/integration/funding_integration_en.htm) e al Programma Tematico su Migrazione & Asilo (http://ec.europa.eu/europeaid/how/finance/dci/migration_en.htm).

[5] Tutte le ricerche prodotte dallĠIstituto sono scaricabili alla pagina: http://www.unrisd.org.

[6] Tra i documenti che chiariscono gli sviluppi dellĠapproccio Globale si veda: Priority actions for responding to the challenges of migration: First follow-up to Hampton Court - COM(2005) 621; The Global Approach to Migration one year on: Towards a comprehensive European migration policy - COM(2006) 735; Applying the Global Approach to Migration to the Eastern and South-Eastern Regions Neighbouring the European Union - COM(2007) 247; LĠApproccio Globale in materia di migrazione e mobilitˆ – COM (2011) 743.

[7] I Common Basic Principles sono stati definiti dalla Commissione Europea nel 2004 e possono sinteticamente essere riassunti nelle seguenti raccomandazioni: integrazione come processo di mutuo accomodamento; rispetto dei valori fondamentali dell'UE; partecipazione al mercato del lavoro dell'UE; conoscenza base della lingua, della storia e delle istituzioni della societˆ di accoglienza; promozione dell'educazione e dell'inserimento scolastico; accesso dei migranti alle istituzioni e ai servizi nelle societˆ riceventi; rafforzamento dell'interazione tra immigrati e cittadini degli Stati Membri; salvaguardia della diversitˆ culturale; partecipazione ai processi democratici, specie per quanto riguarda la formulazione di politiche di integrazione. Per maggiori dettagli si veda: www.consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/en/jha/82745.pdf.

[8] Il Forum per lĠintegrazione  uno dei principali strumenti adottati a livello europeo per promuovere una politica comune sullĠintegrazione:  una piattaforma di dialogo per far incontrare i principali attori che in Europa si occupano dĠintegrazione. Per maggiori informazioni si veda: http://ec.europa.eu/ewsi/en/policy/legal.cfm.