24 settembre 2012

Regolarizzazione: Ruperto assicura “un’interpretazione alla luce della ragionevolezza” sulla documentazione prodotta da organismi pubblici.
Il sottosegretario all’Interno risponde alle richieste del Tavolo nazionale immigrazione.
Immigrazioneoggi, 24-09-2012
“Una interpretazione alla luce della ragionevolezza”: è quanto assicura il sottosegretario all’Interno, Antonio Ruperto, sulla documentazione di “organismi pubblici” per dimostrare la presenza in Italia nella procedura di emersione.
“Certo – ha dichiarato Ruperto – non possiamo passare dalla dichiarazione di un organismo pubblico, come prevede la norma, a quella di un privato; ma possiamo pensare a un’interpretazione della norma non rigidamente letterale”.
Per Ruperto, che risponde così alle critiche del Tavolo nazionale immigrazione, “si può cercare di estendere il significato concettuale di pubblico e trovare il giusto equilibrio, in modo tale da non falsare il disposto normativo ma da evitare anche una irragionevole rigidità”.
Finora, riferisce l’esponente del Viminale, “le domande pervenute sono dodicimila: va considerato che a differenza di esperienze come il decreto flussi o il 'clic-day', in cui vi era una priorità temporale nell’accettazione della domanda e quindi si scaricavano subito migliaia di domande”. In questo caso, invece, “c’è un tempo prolungato di un mese, dal 15 settembre al 14 ottobre e dunque, non essendovi necessità di alcuna corsa per arrivare fra i primi, l’andamento è sicuramente suscettibile di sviluppi diversi. Quindi, il numero di dodicimila della prima settimana può non essere considerato significativo, né per difetto né per eccesso”, conclude Ruperto.



Emilia Romagna. Cgil: "Sanatoria per 10mila persone, ma saranno molte meno"
Stranieriinitalia.it, 24-09-2012
"Normativa del tutto insufficiente e farraginosa"
Bologna, 24 settembre 2012 - Sono circa 10 mila gli immigrati che solo a Bologna (53 mila in tutta l'Emilia Romagna), secondo la Cgil, potranno essere regolarizzate entro il 15 ottobre dalla sanatoria prevista dal Governo, ma in realta' il timore e che alla fine "saranno molte meno".
Principalmente si tratta di lavoratori dell'agricoltura, dell'edilizia, della logistica e del commercio, settore quest'ultimo in cui rientrano anche colf e badanti. Nella prima settimana dall'uscita della norma la Cgil, che ha predisposto un servizio ad hoc e uno sportello di consulenza legale, ha gia' accolto in consulenza 250 persone, di cui il 90% sono collaboratori domestici. I problemi, pero', non mancano.
 "La norma - ha spiegato in conferenza stampa il segretario della Cgil Danilo Gruppi - segna un'inversione di tendenza rispetto alla visione leghista e forcaiola del passato Governo, ma tuttavia e' del tutto insufficiente e farraginosa anche sotto il profilo economico, perche' non favorisce affatto l'emersione dal lavoro nero". Capitolo tutto da districare, inoltre, quello dei criteri per l'accoglimento delle domande di regolarizzazione. Prima di tutto, secondo la responsabile del settore Immigrazione della Camera del lavoro di Bologna, Anna Rosa Rossi, infatti "la sanatoria sta in capo ai soli datori di lavoro e se qualcosa non va per il verso giusto, al datore non accade nulla, ma al lavoratore viene notificato il foglio di espulsione".
Citando poi il caso di 4 badanti che hanno chiesto la regolarizzazione alle famiglie datrici di lavoro e sarebbero state licenziate, Rossi ha rimarcato che rispetto alle stime dei 10 mila potenziali lavoratori che potrebbero godere della sanatoria, "i numeri saranno sicuramente di molto inferiori".
Tra le ragioni, ha continuato Rossi, "il fatto che sia molto onerosa" (il datore deve pagare mille euro a lavoratore a fondo perduto, indipendentemente dal buon esito della domanda, piu' 6 mesi di contributi che possono arrivare anche a migliaia di euro per i lavoratori del comparto industriale). Ma c'e' anche il problema che "solo il 10% ha un diritto certo" secondo le prescrizioni delle norma. Le difficolta' stanno, infatti, sopratutto nel certificare la presenza in Italia dal 31 dicembre 2011 ed e' chiaro immaginare, ha spiegato Rossi, "che un clandestino si tiene alla larga dagli organismi pubblici che la sanatoria prevedono per la certificazione della presenza".
Criterio complicato anche dal fatto che lo straniero deve dimostrare di essere in Italia da quella deta in maniera ininterrotta. Per far fonte a questi problemi, il servizio della Cgil di Bologna, sta aiutando gli stranieri a recuperare ogni 'pezzo di carta' che possa certificare la loro presenza nel Paese: dai biglietti d'aereo nominali ai certificati medici del pronto soccorso, dai contratti di attivazione delle schede telefoniche cellulari fino ai visti d'ingresso nell'area Shengen, passando per i moduli di spedizione delle rimesse nei Paesi di origine



Israele: inviare denaro all’estero, un crimine per gli immigrati africani
Atlas Quotidiano di Esteri, 24-09-2012
Luca Pistone.  
Il Ministero della Giustizia israeliano ha proposto nel weekend un emendamento a un disegno di legge che vieta agli immigrati africani di trasferire denaro ai propri familiari all’estero. Se il provvedimento dovesse passare, questi rischierebbero pene severissime, da una multa di 29.200 shekel (circa 5.500 euro) fino ad un anno di carcere, o due volte la somma che la persona intende inviare fuori da Israele.
Tramite un comunicato, il Ministero ha affermato che la proposta di legge “punta a ridurre gli incentivi economici di quanti entrano illegalmente in Israele e ad incoraggiare gli immigrati africani a lasciare il paese”. Uno strumento “importante” ed “efficace” per frenare il flusso migratorio illegale.
Secondo la nuova legge, un divieto temporaneo impedirebbe al denaro di uscire dai confini nazionali, “senza limiti di utilizzo all’interno di Israele”. Abbandonando il paese, il migrante africano avrebbe però diritto a portarsi con sé i soldi guadagnati lavorando in territorio israeliano. La legge non si applica a “rifugiati, casi speciali o immigrati legali in Israele”. Sono state inoltre prese misure contro l’intervento di eventuali prestanome israeliani o immigrati legali.
Ieri il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha chiesto ai funzionari del Ministero della Difesa di accelerare la costruzione di un muro lungo il confine israelo-egiziano, sottolinenando l’urgenza di controllare l’immigrazione clandestina. Nel mese di giugno, d’accordo con il Ministero dell’Interno, hanno attraversato il confine israelo-egiziano 928 africani. In maggio erano stati 2.031.



Firenze: domani incontro sull'immigrazione al Robert F. Kennedy Center
Firenze, 24 set. - (Adnkronos) - Il Robert F. Kennedy Center For Justice and Human Rights, dopo la pausa estiva, riprende con gli appuntamenti mensili dedicati ai diritti umani, domani, martedi' 25 settembre, alle ore 18, presso il Caffe' Letterario a Le Murate, (Piazza Le Murate) a Firenze. L'incontro del mese di settembre, intitolato "Ius Soli/Ius Sanguinis. Il diritto alla cittadinanza", sara' dedicato al tema del diritto alla cittadinanza.
A discuterne insieme al Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights e al Caffe' Letterario, ai microfoni di Controradio, il regista e coreografo iracheno Anmar Taha, ospite del Festival Costante Cambiamento; il regista Fred Kuwornu; Enrico Grosso, docente di Diritto Costituzionale nella Facolta' di Giurisprudenza dell'Universita' di Torino; e Udo Enwereuzor, esperto di tematiche relative a razzismo e discriminazioni del Cospe, Cooperazione per lo sviluppo dei paesi emergenti.
E' prevista la traduzione simultanea in italiano per gli interventi in inglese e viceversa. Prima della diretta radio, alle ore 16,30, sempre presso il Caffe' Letterario delle Murate, verra' proiettato - in lingua originale con sottotitoli in italiano - il film "18 ius soli" di Fred Kuwornu.



Il Parlamento britannico vota una mozione per limitare gli ingressi di immigrati.
Ridurre l’immigrazione e stabilizzare la popolazione britannica ai livelli correnti: la mozione passa a netta maggioranza, ma non avrà ripercussioni sulla politica di governo.
Immigrazioneoggi, 24-09-2012
Samantha Falciatori
È passata la scorsa settimana una mozione presentata al Parlamento britannico a seguito di una petizione di 100.000 firme raccolte dal gruppo MigrationWatch UK. La mozione chiede al Governo di “prendere tutte le misure necessarie per ridurre l’immigrazione e stabilizzare la popolazione britannica a livelli più vicini possibili a quelli attuali” (circa 62 milioni di abitanti). Secondo MigrationWatch UK “negli ultimi 10 anni il Governo ha permesso un’immigrazione di massa nonostante la forte opposizione pubblica espressa in numerosi sondaggi”.
Diversi membri del Parlamento hanno accolto con favore il dibattito, sostenendo che il fallimento delle principali forze politiche di affrontare il tema immigrazione ha spinto molte persone, che non erano razziste, nelle mani di partiti razzisti. Per questo hanno sollecitato il Governo ad agire.
La mozione è stata votata senza divisioni, con una chiara maggioranza in suo favore. Ciononostante, il Parlamento non ha potere per costringere il Governo a legiferare in tal senso e poiché il segretario di Stato per gli Affari interni ha già segnalato la sua opposizione a porre limiti al numero della popolazione britannica, appare chiaro che il voto non avrà ripercussioni sulla politica di governo.
Contro la mozione si sono sollevate anche due prestigiose università, Exeter e East Anglia, che hanno avvertito che ogni sforzo di ridurre l’immigrazione è destinato ad avere un impatto negativo nel settore dell’istruzione professionale. Il vice-cancelliere dell’Università di East Anglia, Edward Acton, ha affermato che “non sarà possibile ridurre l’immigrazione senza limitare l’ingresso di studenti […] in parte perché gli studenti costituiscono almeno il 60% degli immigrati”.



La nuova destra anti-islam, ebrei e rom
Europa, 22-09-2012
Guido Caldiron
Se i simboli hanno un qualche valore anche in politica, c’è da credere che Marine Le Pen non potesse scegliere giorno peggiore per intervenire. La rentrée politica della leader dell’estrema destra francese, affidata a una lunga intervista concessa ieri a Le Monde, ha infatti assunto un profilo decisamente inquietante. Prendendo spunto dalle violente reazioni alla diffusione del film Innocence of the Muslims e dopo che il settimanale satirico Charlie Hebdo ha scelto di pubblicare una serie di vignette osè su Maometto, Le Pen ha finito per scivolare su propositi da molti giudicati come “antisemiti” e “islamofobi”.
Spiegando di «voler mettere alla porta tutti gli integralisti stranieri », l’ex candidata-rivelazione alle presidenziali, ha aggiunto di immaginare un paese dove sia vietata l’adozione in pubblico di ogni simbolo religioso e “comunitario”, il “velo islamico” come la kippah degli ebrei. Questo proprio nel giorno in cui il presidente della Repubblica François Hollande inaugurava a Drancy, alle porte di Parigi, il memoriale che ricorda come da quel luogo siano passati, con la complicità dei fascisti e delle autorità francesi dell’epoca, oltre 75mila ebrei deportati verso lo sterminio.
In realtà, l’intento di Marine Le Pen era evidentemente ben altro. Prima di tutto, quello di proporsi come paladina dei valori della laicità repubblicana, una laicità sorretta da uno stato forte, muscolare, in grado di opporsi ai «ricatti dei fondamentalisti». e ad ogni sorta di deriva comunitarista. Incalzata da Abel Mestre e Caroline Monnot, gli specialisti di estrema destra di Le Monde, la numero uno del Front National ha finito però per rivelare come alla sua “idea di Francia” appaiano in qualche modo estranei sia musulmani che gli ebrei e come il suo obiettivo prioritario sia ridare significato e valore all’«esser francesi». Anche se strettamente legate al dibattito pubblico della République, le parole di Marine Le Pen illustrano bene come per l’estrema destra il passaggio tra islamofobia e antisemitismo resti facile e frequente. Questo perché se nell’era del post 11 settembre e delle narrazioni all’insegna dello “scontro di civiltà”, il “nemico” ha soprattutto il volto dell’islam integralista, nel mondo, e della sua quinta colonna rappresentata dall’immigrazione musulmana, in Occidente, il meccanismo politico e simbolico messo in campo non si discosta poi molto dall’evocazione del “pericolo giudeo” cara ai populisti e ai fascisti di ogni sorta nel periodo tra le due guerre mondiali.
Se la difesa a priori degli interessi di Israele, nell’ambito dello scontro supposto tra il mondo islamico e quello occidentale, viene spesso esibita come sorta di visto per l’accesso al mainstream politico, nel cuore dell’estremismo di destra europeo, e in parte anche nordamericano, i vecchi fantasmi dei Savi di Sion non sono mai scomparsi del tutto. Anzi, talvolta aiutati dal clima di insicurezza generato dalla crisi economica e sociale, tornano a manifestarsi nella forma di una apparente denuncia del dominio delle lobby cosmopolite sulla finanza mondiale. L’agenda recente dell’estrema destra illustra bene questa voluta e coltivata confusione. In Grecia i neonazisti di Alba Dorata danno la caccia agli immigrati, denunciano la presenza islamica, ma poi partecipano anche al circuito internazionale dei negazionisti dell’Olocausto. Qualcosa di simile accade in Ungheria con Jobbik, il partito anti-rom che si considera però anche l’erede diretto delle Croci Frecciate, il movimento che partecipò con i nazisti allo sterminio degli ebrei locali. Allo stesso modo il British National Party e l’England Defence League hanno fatto dell’opposizione alla presenza musulmana nelle periferie delle grandi città del Regno Unito il centro delle loro azioni.
Ma, specie nel caso del Bnp, i contatti con gli storici negazionisti, a partire da David Irving, non sono mai cessati. E in Germania, dove solo negli ultimi mesi i gruppi anti-islamici della destra radicale si sono coalizzati, a partire dalle elezioni nel Nord Reno Westfalia, in un movimento ribattezzato Pro Nrw che si è spinto a manifestare nei pressi di alcune moschee, è ancora forte l’eco delle polemiche suscitate l’estate scorsa da un manifesto del Partito nazional-democratico, Npd, che ritraeva il leader Udo Voigt seduto su una moto di grossa cilindrata ed era accompagnato dallo slogan “Dare gas”. Per buona parte della stampa tedesca, un’evidente provocazione da parte di un partito che non ha mai negato di apprezzare «la politica sociale del Terzo Reich».
 

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