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Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli
iscritti UIL

 

 

 

 

Anno XI n. 33 del 19 novembre 2013

 

Consultate www.uil.it/immigrazione

Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri

 

Dossier Immigrazione 2013: l’immigrazione cresce, ma rallenta

Disoccupazione in crescita anche tra gli immigrati

Nel II trimestre 2013, secondo il Ministero del Lavoro, oltre 511 mila stranieri cercano occupazione, mentre altri 1,2 milioni risultano inattivi. Il tasso di disoccupazione per loro è cresciuto in tre anni dal 13 al 17,9% contro un 11,3% per gli italiani. In 3 anni il numero dei senza lavoro stranieri è raddoppiato. Su 4,1 milioni di cittadini non italiani, dunque, 2.350 mila risultano occupati, 511.365 cercano impiego, ed 1.250.381 sono “inattivi”. I settori più colpiti sono l’industria in senso stretto e le costruzioni. Calo anche per l’agricoltura, mentre nei servizi alla persona si salvano solo gli extra UE. Nel commercio aumento consistente del lavoro per i comunitari e piccolo calo per gli extra UE. Aumenta, infine il numero di stranieri che debbono ricorrere a cassa integrazione, mobilità o indennità di disoccupazione (nel 2012 hanno ricorso agli “ammortizzatori” 323.558 persone). Non va dimenticato che questa può essere l’anticamera del lavoro nero o dell’abbandono del nostro Paese e certo non basta il permesso di un anno per trovare nuovo impiego.

 

 

 

 

SOMMARIO

 

 

 

Appuntamenti pag. 2

 

Ministero del lavoro: per il 2014 niente decreto flussi pag. 2

 

Dossier Immigrazione: oltre 5 milioni di stranieri pag. 3

 

Consulta: no a limiti professione su base cittadinanza pag. 4

 

Dossier Immigrazione: il quadro mondiale pag. 5

 

Studenti: il permesso dura quanto il corso di studio pag. 6

 

Asilo: sì della Camera a urgenza per legge organica pag. 7

 

Tasse agli immigrati: Italia e Gran Bretagna pag. 8

 

Uil – Ital: incontro con la Ministra Cécile Kyenge pag. 9

 

“Ius soli”: il 64% degli italiani sono favorevoli pag.10

 

Neodemos: Immigrazione e demografia pag. 11

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.


Dipartimento Politiche

Migratorie: appuntamenti


 

 

 

 


Roma, 28 novembre 2013, ore 10.00, Palazzo Montecitorio

Seminario Assindatcolf: “Il lavoro domestico, una realtà sociale ed economica”

(Giuseppe Casucci)

Roma, 3 dicembre 2013, ex pastificio “Pantanella”, ore 10.00

UIL – ITAL: seminario incontro con la Ministra Cécile Kyenge su riforma dell’Immigrazione

(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)

Roma, 5 dicembre 2013, ore 10, sede IPRS

ITAL- UIL: seminario: “Seconde generazioni e incontro tra domanda ed offerta nel mondo del lavoro”

(Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)

Roma, 6 dicembre 2013, ore 10.00, via del Velabro

Comitato Direttivo del CIR

(Giuseppe Casucci)

Bruxelles, 11 dicembre 2013, sede CES ore 10.00

Riunione organizzativa internazionale “l’Europa sono anch’io”

(Giuseppe Casucci)

Bruxelles, 12 dicembre 2013, sede CES ore 09.00

First European Conference of Trade Union Services for migrants

(Giuseppe Casucci)


 

Prima pagina


Il ministero del Lavoro: "500 mila stranieri disoccupati, inutile un decreto flussi"

L’analisi della Direzione Immigrazione. “L’offerta di lavoro garantita dai lavoratori stranieri già presenti in Italia è più che sufficiente. Rafforzare  politiche attive e servizi per il lavoro”


Roma – novembre 2013 –La crisi economica ha colpito duramente i lavoratori stranieri in Italia. È calata la domanda da parte delle imprese, aumentano velocemente i disoccupati e, a breve termine, non si prevedono miglioramenti.  Far arrivare altra manodopera dall’estero con un nuovo decreto flussi creerebbe solo una guerra tra poveri. La priorità è reimpiegare chi è già qui e ha perso il posto, prima che perda anche il permesso di soggiorno. È l’analisi della Direzione Immigrazione e Politiche Integrazione del ministero del lavoro, che ha pubblicato qualche giorno fa una relazione su “Il mercato del lavoro dei lavoratori stranieri in Italia nel secondo trimestre 2013”. L’hanno scritta gli stessi tecnici chiamati a valutare se e quanto aprire le frontiere, e il loro giudizio, anche se l’ultima parola spetta sempre alla politica, peserà sicuramente sulla programmazione di nuove quote.

I dati

Al secondo trimestre del 2013, il tasso di occupazione degli stranieri si attesta al 58,1 %, contro il 55,4% registrato tra gli italiani, una distanza che negli ultimi tre anni si è progressivamente ridotta. Rispetto al secondo trimestre del 2012, c’è stata una riduzione del tasso di 1,2 punti tra gli italiani, ma di 3,5 tra gli immigrati. Parallelamente, il tasso di disoccupazione tra gli stranieri è cresciuto fino al 17,9%, contro l’11,3% registrato degli italiani. Il ministero conta 511 mila immigrati (157 mila Ue e 354 mila extraue) in cerca di lavoro nel secondo trimestre 2013, con un sensibile incremento rispetto ai 371 mila di un anno prima. Sono cresciuti anche gli inattivi, 1.250 mila persone in età da lavoro che non cercano attivamente lavoro. Vi rientrano, ad esempio, ragazzi arrivati con un ricongiungimento familiare oppure nati e cresciuti qui, ma anche profughi arrivati sulle nostre coste. Molti di questi potrebbero presto mettersi in cerca di un lavoro, aggravando i dati sulla disoccupazione. Il ministero conta anche 123 mila immigrati in cassa integrazione, 16 mila beneficiari di indennità di mobilità, e 185mila di indennità di disoccupazione. Solo il 56,8% dei disoccupati extraue e il 59,2% di quelli comunitari (contro l’80% registrato tra gli italiani) ha avuto contatti con un Centro per l’Impiego. Eppure questo è un passo fondamentale per attivare le misure per il reinserimento lavorativo, con orientamento, consulenza e formazione. “Il mercato del lavoro degli stranieri, sia per al componente Ue che extra Ue sembra, dunque, aver risentito significativamente della contrazione della domanda di lavoro complessiva ed i dati relativi all’occupazione nei diversi settori lo confermano” sottolinea la relazione. Gli unici comparti nei quali cresce la manodopera immigrata sono quelli del commercio (+26,2% lavoratori Ue in un anno) e dei servizi alla persona e familiari (+5,3% lavoratori extraue). C’è invece un calo impressionante nelle costruzioni (-2,9% di occupati italiani, -8,2% comunitari, -14,4% extraue in un anno) e nell’industria in senso stretto (rispettivamente, -1,9%, -8,2% e -7,3%).

Le conclusioni

“Il quadro descritto – riassumono gli esperti – mostra il perdurare delle criticità del mercato del lavoro, se non addirittura l’insorgenza di fenomeni di recessione occupazionale in alcuni particolari settori economici. Da un lato, la costante contrazione della domanda e, dall’altro il considerevole incremento delle persone in cerca di occupazione, determina una condizione in cui l’offerta di lavoro garantita dai lavoratori stranieri già presenti in Italia è più che sufficiente”. “La domanda di lavoro attesa – ribadiscono nella relazione – può essere ampliamente soddisfatta nell’ambito dei settori, dei territori e dei profili richiesti, compreso il settore domestico, dall’offerta di lavoro disponibile, anche in assenza di una nuova programmazione di quote generali tramite i decreti flussi annuali”. C’è invece il rischio che, aumentando l’offerta di lavoratori, si generino “tensioni nel mercato  tali da riprodurre un ampliamento del lavoro irregolare” e questo penalizzerebbe soprattutto gli immigrati regolari disoccupati. “Le politiche del lavoro di breve-medio periodo – conclude il Ministero del Lavoro - dovranno pertanto essere orientate a riassorbire lo stock di disoccupazione che si è accumulato in questi ultimi anni, puntando ad un forte rafforzamento delle politiche attive e dei servizi per il lavoro al fine di ridurre le asimmetrie informative”.

Elvio Pasca

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Il mercato del lavoro degli stranieri in Italia nel secondo trimestre del 2013



Dossier Immigrazione

5,2 milioni di stranieri in Italia. "Danno più di quanto ricevono"

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La crisi rallenta i flussi e aumentano i disoccupati, ma la presenza è sempre più stabile. Il Dossier statistico immigrazione Idos/Unar.


(www.stranieriinitalia.it ) Roma – 13 novembre 2013 - La crisi economica rallenta, ma non ferma l’immigrazione: gli stranieri in Italia continuano ad aumentare. Tra il 2007 e il 2012, la presenza straniera regolare complessiva è passata da 3.987.000 a 5.186.000 persone. Nello stesso periodo, i soggiornanti non comunitari sono passati da 2,06 milioni a 3.764.236 e i residenti stranieri (quelli cioè registrati nelle anagrafi dei comuni italiani), sono saliti da poco più di 3 milioni a 4.387.721.

Sono dati della nuova edizione del Dossier statistico immigrazione 'Dalle discriminazioni ai diritti', per la prima volta curata dal centro studi e ricerche Idos/immigrazione dossier statistico in collaborazione con l'Unar (ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali), presentato oggi a Roma con il ministro per l'integrazione Cecile Kyenge e il viceministro al lavoro con delega alle pari opportunità Maria Cecilia Guerra.

 Tra le provenienze continentali, prevale l'Europa con una quota del 50,3% (di cui il 27,4% da ricondurre ai comunitari), seguita dall'Africa (22,2%), dall'Asia (19,4%), dall'America (8,0%) e dalla Oceania (0,1%). Queste le grandi collettività non comunitarie: Marocco (513mila soggiornanti), Albania (498mila), Cina (305mila), Ucraina (225mila), Filippine (158mila), India (150mila) e Moldova (149mila). Tra i comunitari, invece, la prima collettività e' quella romena (circa 1 milione).

Tra le aree di residenza continuano a prevalere le regioni del Nord (61,8%) e del Centro (24,2%), mentre le province di Milano e Roma, da sole, detengono un sesto dei residenti (16,9%).

All'origine del calo dei flussi in entrata c'e' la crisi economica. Le quote d'ingresso per lavoratori non comunitari nel 2012, al netto degli stagionali, sono state molto ridotte: dall'estero sono state 2.000 per lavoratori autonomi, 100 per lavoratori di discendenza italiana, mentre 11.750 sono state le autorizzazioni alla conversione di titoli di soggiorno rilasciati per motivi diversi dal lavoro. Di conseguenza sono diminuiti gli ingressi per lavoro e i visti rilasciati per motivi di lavoro subordinato sono scesi da 90.483 nel 2011 a 52.328 nel 2012. Alla fine del 2012, inoltre, si e' svolta una regolarizzazione in favore dei lavoratori non comunitari, per la quale i datori di lavoro hanno presentato 135mila domande, meno della metà rispetto al 2009 (295mila).

Rilevante, nel 2012, e' stato il numero dei bambini stranieri nati in Italia (79.894, il 14,9% di tutte le nascite), cui si affiancano i 26.714 figli di coppie miste (il 5% del totale). Nell'insieme, tra nati in Italia e ricongiunti, i minori non comunitari sono 908.539 (il 24,1% dei soggiornanti) e si può stimare che almeno 250mila siano i comunitari. I matrimoni misti, frontiera della nuova società, nel 2011 sono stati 18.005, l'8,8% di tutte le unioni celebrate nell'anno, quelli con entrambi gli sposi stranieri 8.612 (4,2%).

Per i ricongiungimenti familiari sono stati rilasciati 81.322 visti nel 2012 (quasi pari agli 83.493 del 2011) e i motivi familiari incidono ormai per il 40,9% sui non comunitari titolari di un permesso a scadenza e per il 44,3% sui nuovi permessi rilasciati nel 2012.  Inoltre, continuano a crescere, tra i non comunitari, i soggiornanti di lungo periodo, autorizzati a una permanenza a tempo indeterminato: oltre due milioni di persone, pari al 54,3% del totale (8% in più rispetto al 2010), una quota che raggiunge o sfiora i due terzi per diverse collettività (Macedonia, Bosnia-Erzegovina, Albania, Tunisia, Marocco e Senegal) e non arriva al 40% per altre.

Gli studenti stranieri in Italia nell'anno scolastico 2012/2013 sono 786.650, l'8,8% del totale (ma il 9,8% nella scuola dell'infanzia e in quella primaria): sono aumentati quindi di 30.691 unità (+4,1%) nell'ultimo anno e sono molto numerosi soprattutto per alcune collettività (i romeni sono 148.002, quasi un quarto del totale, gli albanesi e i marocchini rispettivamente circa 100mila). In 2.500 scuole (il 4,6% del totale nazionale) gli studenti stranieri superano il 30% degli iscritti, e, a questo proposito, lo stesso Ministro dell'Istruzione Maria Chiara Carrozza ha raccomandato di non ingigantire le difficoltà e di ricorrere, nel definire i numeri e la composizione delle classi, a una flessibilità commisurata alle situazioni e ai mezzi disponibili, tanto più che il 47,2% degli studenti stranieri e' nato in Italia (quota che sale al 79,9% nella scuola dell'infanzia e al 59,4% in quella primaria).

Gli occupati stranieri in Italia nel 2012 sono aumentati, in termini assoluti e di incidenza percentuale sull'occupazione complessiva arrivando a incidere per almeno il 10% sull'occupazione totale: si tratta di 2,3 milioni di occupati, con una crescente concentrazione nel terziario (62,1%). Più in generale, si tratta di impieghi a bassa qualificazione (e bassa retribuzione), poco ambiti dagli italiani. Il tasso di disoccupazione degli stranieri e' però aumentato di due punti percentuali nell'ultimo anno (14,1% e 382mila persone coinvolte), superando di 4 punti quello degli italiani, e il tasso di occupazione (60,6%), pur rimanendo più alto rispetto a quello calcolato tra gli italiani (56,4%), e' anch'esso diminuito di quasi 2 punti. La disoccupazione non solo e' in aumento, ma e' di lungo periodo; in oltre la metà delle famiglie straniere (62,8%) e' occupato un solo componente, mentre e' del 13,0% la quota di quelle in cui non e' presente alcun occupato (erano l'11,5% nel 2011).

Per quanto riguarda le imprese straniere (comprensive di imprese individuali con titolari nati all'estero e di società di persone o di capitali in cui ad essere nata all'estero e' oltre la metà dei soci o degli amministratori), queste sono 477.519, il 7,8% del totale nazionale, con un aumento annuale del 5,4%. Si tratta di imprese che producono un valore aggiunto stimato in 7 miliardi di euro, che meriterebbero un maggiore supporto, tanto più che gli aspiranti imprenditori immigrati sono disponibili all'impegno in campi innovativi e predisposti ad attività di import/export che possono essere di beneficio tanto all'Italia quanto ai paesi di origine.

Il rapporto tra la spesa pubblica per l'immigrazione, da una parte, e i contributi previdenziali e le tasse pagate dagli immigrati dall'altra, mostra che, anche nell'ipotesi meno favorevole di calcolo (quella della spesa pro-capite), nel 2011 gli introiti dello Stato riconducibili agli immigrati sono stati pari a 13,3 miliardi di euro, mentre le uscite sostenute per loro sono state di 11,9 miliardi, con una differenza in positivo per il sistema paese di 1,4 miliardi. L'obiezione ricorrente secondo cui l'integrazione degli immigrati costa troppo all'Italia, quindi, si rileva nel Dossier, non troverebbe ''riscontro nell'analisi delle singole voci di spesa e nel quadro che ne deriva.

E' vero, invece, che l'Italia sostiene spese di rilevante portata, più che per le politiche di integrazione, per interventi di contrasto all'irregolarità o di gestione dei flussi, in un'ottica emergenziale (e' stato speso oltre 1 miliardo di euro, tra il 2005 e il 2011, per centri di identificazione ed espulsione, centri di primo soccorso e accoglienza, centri di accoglienza, centri di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati), - si sottolinea - e soprattutto che si dovrebbe essere più attenti all'introduzione di elementi di sistema che possano garantire la continuita' e l'efficacia degli interventi''.

Sul fronte delle discriminazioni, sono i Rom (circa 150mila tra italiani e stranieri) l'emblema della ''stigmatizzazione'', additati come 'abitanti dei campi , 'estranei', 'premoderni. Il presunto 'buon senso' con il quale ci si è rapportati alle comunità Rom e' stato ripetutamente censurato dai giudici e dagli organismi internazionali, che hanno ribadito come le condizioni di emarginazione e ghettizzazione in cui versano siano in contrasto con la garanzia dei loro diritti. La metà dei bambini Rom lascia la scuola nel passaggio dalle elementari alle medie e sono solo 134 quelli iscritti nelle scuole superiori italiane (anche perché, nell'attuale contesto, molti si guardano bene dal dichiarare la loro origine).



Consulta: illegittimi i limiti all’esercizio della professione su base di residenza e cittadinanza

Una recente sentenza della Corte Costituzionale stabilisce che la non residenza in un dato luogo, non può essere motivo discriminante per impedire l'esercizio della professione di libero conducente 


(http://www.immigrazione.biz) Roma, 19 novembre 2013 - Una recente sentenza della Corte Costituzionale porta con sé un'importante novità per quel che riguarda l'esercizio della professione (anche) da parte di cittadini stranieri. Nello specifico, la sentenza n. 264/2013 depositata il 13 novembre 2013, asserisce che è costituzionalmente illegittima una parte dell'art. 6 contenuta in una legge varata dalla Regione Molise. Questo articolo, nel suo comma 1 lett. b, stabilisce che chiunque voglia esercitare l'attività di conducente taxi debba soddisfare il requisito della residenza in un qualunque comune del Molise da almeno un anno a questa parte, o nel caso di attività di impresa, che la sede legale di questa risulti collocata all'interno del territorio regionale. La Corte Costituzionale ha stabilito l'illegittimità di tali requisiti, in virtù del fatto che non possono esserci "barriere di carattere protezionistico alla prestazione, nell'ambito del proprio ambito territoriale, di servizi di carattere imprenditoriale da parte di soggetti ubicanti in qualsiasi parte del territorio nazionale (nonché in base di principi comunitari sulla libertà di prestazione dei servizi, in qualsiasi parte dell'Unione Europea)". Ricollegandosi a questo stralcio di sentenza (si tratta della n. 124/2010 e 391/2008), la Corte ha quindi dichiarato nulla la clausola imposta dalla Regione Molise per l'esercizio dell'attività di conducente.
Rientrando tra i fondatori nonché tra gli appartenenti all'Unione Europea, anche l'Italia deve rispettare la direttiva 2006/13/CE: normativa, la quale toglie agli organi legislativi nazionali la facoltà di imporre dei limiti all'esercizio della libera professione, esclusivamente basati sulla nazionalità dell'individuo, sulla sua residenza anagrafica o sul territorio in cui ha sede legale una data impresa.
L'esercizio della libera professione deve essere garantito universalmente, non solo secondo quanto imposto dall'Unione Europea, quanto anche per dare forza al lavoro come valore fondante della Carta Costituzionale. Ma ancor più importante, come strumento per l'emancipazione e la libertà dell'individuo.
Vedi la sentenza n. 264 del 13 novembre 2013 Corte Costituzionale


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Dalla scheda di sintesi

Dossier Statistico immigrazione 2013

Il quadro mondiale, europeo ed italiano nel 2012: quasi un miliardo di migranti considerando migrazioni interne ed internazionali.

a cura del Centro Studi e Ricerche IDOS


L’OIM – Organizzazione Mondiale per le Migrazioni, tramite i risultati del sondaggio mondiale Gallup condotto su 25mila migranti e oltre 440mila persone con un passato o un retaggio migratorio originarie di oltre 150 paesi, evidenzia, nel Rapporto Mondiale sulle Migrazioni 2013, che la migrazione migliora lo sviluppo umano, in particolare se ci sposta verso i paesi del Nord del mondo, dove si concentrano oltre la metà della ricchezza e appena un sesto della popolazione mondiale. I migranti nel mondo sono 232 milioni, ma quasi un miliardo includendo anche le migrazioni interne. In 13 anni sono aumentati di 57 milioni. Tutti i paesi del mondo sono contemporaneamente aree di destinazione, origine e transito. La stessa Europa, da un lato accoglie il 31,3% dei migranti nel mondo, dall’altro è l’area di origine di un altro 25,3%. In crescita anche il numero

degli italiani nel mondo: oltre 4,3 milioni, anche a seguito della “nuova emigrazione”. All’inizio del 2012, tra gli oltre 500 milioni di residenti nell’Unione

Europea, sono quasi 50 milioni i nati all’estero e 34,4 milioni i cittadini stranieri, il 6,8% della popolazione totale. Nel corso del 2011, i nuovi ingressi nell’Ue sono stati 1,7 milioni, cui si aggiungono 1,3 milioni di persone coinvolte in flussi intra-comunitari; nello stesso anno, secondo l’Ufficio Federale di Statistica, in Germania sono stati 361.000 i lavoratori arrivati dagli Stati membri del Mediterraneo, Italia inclusa. Aumentano anche i flussi di persone in fuga, circa 23mila al giorno nel mondo nel corso del 2012, più del doppio rispetto a dieci anni fa. L’UNHCR stima in oltre 1,3 milioni i rifugiati e i richiedenti asilo residenti oggi nell’UE e nel 2012, secondo i dati Eurostat, sono stati 335.380 i richiedenti protezione internazionale, di cui 17.350 in Italia. Nel 2013, l’instabilità dell’area mediterranea e

mediorientale si riflette in una nuova crescita di questi flussi (10.910 le domande di protezione presentate solo nel primo semestre dell’anno). Si riafferma così l’urgenza di un efficace impegno per la

tutela di persone costrette ad affrontare viaggi sempre più costosi e pericolosi attraverso il Mediterraneo e impropriamente associate, nella percezione comune, all’irregolarità. A partire dalla diversificata natura dei flussi, tornano utili per la lettura dell’attuale quadro dell’immigrazione italiana alcuni elementi chiave: aumento della presenza straniera, seppure modesto e nonostante il periodo di crisi; notevole tendenza all’insediamento stabile; crescente bisogno di inte(g)razione. L’Italia si è affermata come rilevante area di sbocco per i flussi migratori internazionali soprattutto negli anni Duemila, ma anche nell’attuale periodo di crisi si continua a registrare un aumento della presenza straniera: da poco più di 3 milioni di residenti stranieri nel 2007 si è passati a 4.387.721 nel 2012, pari al 7,4% della popolazione complessiva. Nello stesso arco di tempo i soggiornanti non comunitari sono passati da 2,06 milioni a 3.764.236 e, secondo la stima del Dossier, la presenza straniera regolare complessiva è passata da 3.987.000 persone a 5.186.000, non solo per l’ingresso di nuovi lavoratori ma anche per via dei nati direttamente in Italia e dei ricongiungimenti familiari. Particolarmente contenuto è stato l’aumento nel 2012: +8,2% tra i residenti (nel cui registro gli inserimenti possono anche essere tardivi, nonché sottoposti a verifica in conseguenza del Censimento) e +3,5% tra i soggiornanti non comunitari, come pure nella stima della presenza regolare complessiva elaborata dal Dossier. Tra le provenienze continentali, secondo la stessa stima, prevale l’Europa con una quota del 50,3% (di cui il 27,4% da ricondurre ai comunitari), seguita dall’Africa (22,2%), dall’Asia (19,4%), dall’America (8,0%) e dall’Oceania (0,1%). Queste le grandi collettività non comunitarie: Marocco (513mila soggiornanti), Albania (498mila), Cina (305mila), Ucraina (225mila), Filippine (158mila), India (150mila) e Moldova (149mila). Tra i comunitari, invece, la prima collettività è quella romena (circa 1 milione).

Il mondo del lavoro. Gli occupati stranieri sono aumentati, in termini assoluti e di incidenza percentuale sull’occupazione complessiva, anche negli anni di crisi, seppure con ritmi contenuti, arrivando a incidere per almeno il 10% sull’occupazione totale. Si tratta, nel 2012, di 2,3 milioni di occupati, con una crescente concentrazione nel terziario (62,1%). Più in generale, si tratta di impieghi a bassa qualificazione (e bassa retribuzione), poco ambiti dagli italiani. Nonostante la crescita degli occupati, il tasso di disoccupazione

degli stranieri è aumentato di due punti percentuali nell’ultimo anno (14,1% e 382mila persone coinvolte), superando di 4 punti quello degli italiani, e il tasso di occupazione (60,6%), pur rimanendo più alto rispetto a quello calcolato tra gli italiani (56,4%), è anch’esso diminuito di quasi 2 punti. La disoccupazione non solo è in aumento, ma è di lungo periodo; in oltre la metà delle famiglie straniere (62,8%) è occupato un solo componente, mentre è del 13,0% la quota di quelle in cui non è presente alcun occupato (erano l’11,5% nel 2011).

Il mondo delle imprese. Le imprese straniere (comprensive di imprese individuali con titolari nati all’estero e di società di persone o di capitali in cui ad essere nata all’estero è oltre la metà dei soci o degli amministratori) sono 477.519, il 7,8% del totale

nazionale, con un aumento annuale del 5,4%, nonostante il maggior costo degli interessi sui prestiti da loro fronteggiato. Si tratta di imprese che producono un valore aggiunto stimato in 7 miliardi di euro, che meriterebbero un maggiore supporto, tanto più che gli aspiranti imprenditori immigrati sono disponibili all’impegno in campi innovativi e predisposti ad attività di import/export che possono essere di beneficio tanto all’Italia quanto ai paesi di origine.



Studenti stranieri: i permessi di soggiorno dureranno quanto il corso di studi


Roma – 7 novembre 2013 – La conversione in legge del decreto istruzione, approvata definitivamente stamattina dal Senato, porta in dote una novità importante per gli studenti stranieri in Italia, soprattutto per gli universitari. Interviene infatti sulla durata dei permessi di soggiorno per motivi per studio, che finora andavano rinnovati ogni anno. D’ora in poi non potrà essere “inferiore al periodo di frequenza, anche pluriennale, di un corso di studio di istituzioni scolastiche, universitarie e dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica o per formazione debitamente certificata”. Rimane però una condizione: “la verifica annuale di profitto”. Vuol dire, ad esempio, che uno studente universitario dovrà comunque superare un numero minimo di esami ogni anno per conservare il diritto di rimanere in Italia. Altra novità: “Il permesso può essere prolungato per ulteriori dodici mesi oltre il termine del percorso formativo”, una norma che darà un po’ di respiro in più a chi, dopo anni di studio, si affaccia sul mondo del lavoro. Rimangono aperti diversi interrogativi su come verrà applicata la nuova legge. Ad esempio, per dimostrare che continuano a sostenere e superare esami, gli studenti dovranno portare un certificato ogni anno in Questura, o, come più probabile e auspicabile, il ministero dell’Interno potrà controllare la loro situazione semplicemente collegandosi telematicamente alle banche date degli atenei? E ancora: quanto costerà il nuovo permesso per studio? Oggi, poiché è annuale, tra le varie spese sostenute dai titolari per il rilascio o il rinnovo c’è una tassa  di 80 euro. La nuova norma, però, non dovrebbe comportare ulteriori aggravi per le casse dello Stato. Come recuperare allora i soldi persi ora che il numero di rinnovi viene ridotto? Si aumenterà la tassa proporzionalmente alla durata del documento?

Il governo dovrà rispondere a queste e altre domande entro sei mesi, modificando il regolamento di attuazione del Testo Unico sull’Immigrazione. Dopo questo passo bisognerà attendere altri quindici giorni e solo da quel momento le novità approvate oggi dal Parlamento entreranno effettivamente in vigore.

Scarica decreto istruzione: http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2013/09/12/13G00147/sg

DECRETO-LEGGE 12 settembre 2013, n. 104 

Misure urgenti in materia di istruzione, universita' e ricerca. (13G00147) 

Testo dell’art. 9

(Durata del permesso di soggiorno per la frequenza a corsi di  studio o per formazione)
1. All'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, la lettera c) e' sostituita dalla seguente: 
"c) inferiore al periodo di frequenza, anche pluriennale, di un corso    di studio o per formazione debitamente certificata, fatta salva la    verifica annuale di profitto;". 
  2. Entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, si  provvede  all'adeguamento  del  regolamento adottato ai sensi dell'articolo 1, comma 6, del  decreto  legislativo 25 luglio 1998, n. 286. La disposizione di cui al comma 1 si  applica a decorrere dal quindicesimo giorno successivo all'entrata in  vigore delle predette norme regolamentari di adeguamento. 
  3. Dal presente articolo non  possono  derivare  nuovi  o  maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 


 

Rifugiati


Diritto d’Asilo: sì della Camera a procedura d’urgenza per una legge organica


immi-sbarco-big.jpgRoma, 5 novembre 2013 - La Camera dei Deputati ha deliberato l’urgenza, ai sensi dell’art. 69, comma 2, secondo periodo, del regolamento della proposta di legge n. 327, recante disciplina organica del diritto di asilo, dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, nonché disposizioni di attuazione delle direttive 2003/9/CE, 2005/85/CE e 2011/95/UE. L’aula alla Camera ha approvato la richiesta di procedura d’urgenza per la proposta di legge “Disciplina organica del diritto di asilo, dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria”, primo firmatario Antonello Giacomelli, del Pd. Con decisione assunta dalla Camera, il termine per i lavori della Commissione sul provvedimento è ridotto alla metà.

Giacomelli (PD): subito legge per il diritto d’asilo.

''Il voto sulla procedura di urgenza per la legge che disciplina il diritto di asilo, e' molto positivo. Il nostro paese e' uno dei pochi in Europa a non avere ancora una legislazione organica sullo status di rifugiato". E' quanto afferma il vice presidente dei deputati del Pd Antonello Giacomelli. "Non si tratta -spiega- di affrontare adesso il dramma dei flussi migratori ma di dare attuazione all'articolo 10 della Costituzione che stabilisce il diritto d'asilo per lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio della libertà democratiche garantite dalla Costituzione stessa. Il nostro paese fino ad ora non si e' mai data una normativa organica a favore dei richiedenti asilo che sono sempre più numerosi". "E' vero che e' un problema europeo, ma non possiamo pretendere di armonizzare le leggi che ci sono negli altri Paesi europei se non abbiamo una legislazione anche in Italia. Dobbiamo tenere conto che i flussi migratori sono sempre meno frequenti per motivi economici e sempre più per guerra, che da' diritto alla richiesta di asilo. Le istituzioni devono fare la loro parte fino in fondo rispondendo al richiamo che il presidente Napolitano ha fatto dopo la strage di Lampedusa del 3 ottobre. Ci sta a cuore lo spread tra i diritti civili in Europa'', conclude Giacomelli. (Pol-Fer/Ct/Adnkronos)


 

Società

 


Tasse agli immigrati: uno studio mette in luce le differenze tra Italia e Inghilterra

Uno studio dell’University College di Londra mostra come gli immigrati contribuiscano in maniera corposa al gettito fiscale. Di Alessandro S. Supermoney.eu

 


Calcolo_tasse_big.jpgLondra, 6 novembre 2013 - Se in Italia è molto diffuso lo stereotipo che accosta immigrato a delinquenza, ci sono altri Paesi d'Europa che riescono a gestire in maniera più funzionale e produttiva in termini macroeconomici il fenomeno dell'immigrazione. E' quanto emerge da uno studio dellUniversity College di Londra il quale fornisce un dato sicuramente interessante se messo a confronto con la legislazione tributaria presente nel nostro Paese. Dal 2000 fino al 2013 si sono analizzate le richieste di benefici sociali e l'utilizzo di ammortizzatori sociali dei milioni di immigrati giunti in questo periodo oltremanica: ebbene chi arriva dall'area continentale in Inghilterra paga in media il 34% in più di tasse rispetto a quanto ricevuto come benefit. Altro dato significativo è quello che mette a confronto le probabilità di accedere a benefici fiscali da parte di un immigrato rispetto ad un britannico: la percentuale è clamorosamente sbilanciata, con un 45% di chance in più per il cittadino inglese. Andando ad analizzare anche gli anni addietro, emerge l'inversione di tendenza avuta in questi ultimi 13 anni: dal 1995 al 2000 infatti, gli immigrati avevano ricevuto più crediti fiscali rispetto alle tasse pagate, soprattutto in virtù del crescente numero di figli. Chi ha condotto lo studio, Christian Dustmann, commenta: L'Inghilterra attira immigrati istruiti e specializzati, gli stranieri giunti qui hanno contribuito a dare respiro alla pressione fiscali sui cittadini locali. L'osservazione è confermata dai dati: nell'ultimo decennio il gettito fiscale netto ottenuto dai cittadini immigrati è stato infatti di 25 miliardi.


 

 

 

 

Dai territori

 


Gazzetta di Parma

Alunni stranieri quadruplicati in dieci anni

Di Enrico Gotti


In dieci anni gli alunni con cittadinanza non italiana sono quasi quadruplicati. Nelle elementari del 2003 erano il 5,7%, oggi sono il 19,39%.

Scuole in prima linea

 La distribuzione non è omogenea. Da sempre ci sono scuole in prima linea, che fanno un lavoro di integrazione doppio, e altre dove ci sono percentuali di stranieri inferiori alla media. Lo squilibrio non è dovuto tanto all’identità multietnica di un quartiere rispetto ad un altro, quanto al fatto che alcune famiglie italiane iscrivano il proprio figlio in una scuola lontana da dove abitano, per avere una percentuale minore di figli di immigrati in classe, convinti che le loro difficoltà linguistiche rallentino il lavoro fra i banchi. Ormai, però, i problemi linguistici riguardano sempre meno alunni stranieri, perché due terzi, il 65% di loro, è nato in Italia. Sono di seconda generazione, parlano italiano. E quelli che sono nati all’estero, nella maggior parte dei casi, hanno già alle spalle esperienze nelle scuole dell’infanzia. 

Mediatori culturali

I neo arrivati, cioè gli stranieri che non sanno una parola di italiano, sono diminuiti rispetto al passato. Il Comune di Parma interviene con corsi di lingua,  per gli alunni, ma anche per i genitori, mettendo a disposizione mediatori culturali, e aprendo sportelli per le famiglie. I presidi, ogni anno, cercano però  di equilibrare i flussi. Ma non possono rifiutarsi di accettare iscritti, perché la scelta delle famiglie è libera e garantita dalla legge.

Iscrizioni di stradario

 «Stiamo studiando come fare per migliorare la situazione e favorire le iscrizioni in base allo stradario – dice Nicoletta Paci, vicesindaco del Comune di Parma, con delega alla scuola – Sappiamo che non si possono obbligare le famiglie ad iscriversi in una scuola, ma faremo qualcosa, anche perché gli spostamenti da un quartiere all’altro sono un problema di traffico e inquinamento».

Seconda generazione 

Nelle scuole elementari (primarie) della città sono iscritti 7.220 bambini, di cui 1.400 con cittadinanza non italiana. Di questi il 65,29% è però nato in Italia. All’Ulisse Adorni gli stranieri sono il 57,49%. Alla scuola Cocconi, in Oltretorrente, sono il 52%. In una scuola dello stesso quartiere, alla Corridoni, che fa parte dello stesso istituto comprensivo Parmigianino, sono 24,68%. Alla scuola Racagni, ospitata metà nella Cocconi e metà alla Corazza, in attesa del nuovo edificio nel quartiere Pablo, gli alunni con cittadinanza non italiana sono il 43,73%. Sopra il tetto del 30% ci sono anche la Micheli (33,44%), San Leonardo (35,35%) e la Scuola per l’Europa (36,68%), che però, pur essendo una scuola pubblica, ha un ordinamento a parte.

Scuole sotto la media

 Le scuole con percentuali di straniere sotto la media sono Bottego, Pezzani, Don Milani, Sanvitale, Padre Lino, Anna Frank, Corcagnano, Fognano, Campanini, con punte alla Bozzani (5%), Carignano (4,4%), Vigatto (3,3%) e Maria Luigia (2,64%). 

La mappa delle materne

La mappa a macchia di leopardo c’é anche nelle materne: all’Aquilone gli stranieri (tutti nati in Italia) sono il 64%, mentre, all’opposto, alla materna Alice sono il 5,95%. La media dell’anno 2013-2014 è invece il 23%. 

Nidi, 17,95 % di stranieri

Ai nidi (0-3 anni) gli alunni stranieri rappresentano il 17,95% del totale. La maggiora parte di loro ha cittadinanza moldava (86 bimbi), nigeriana (58) e rumena (23). Fra gli extracomunitari, ci sono anche 3 australiani, 2 americani e 1 bimbo giapponese. 


 

Eventi



 

 

 

 

UIL – ITAL: incontro con la Ministra per l’integrazione Cécile Kyenge

L’immigrazione cambia, cambiamo le sue norme

Roma, 3 dicembre 2013 - ex pastificio Pantanella, via Casilina, ore 09.30


Dopo 10 anni di crescita ininterrotta, la presenza di stranieri nel nostro Paese segna una lunga battuta d’arresto a causa della crisi economica e difficilmente rivedrà i tassi di afflusso dell’ultimo decennio. In un certo senso, siamo di fronte ad un mutamento di scenario che è necessario tener di conto, se vogliamo comprendere come cambia l’immigrazione e quali siano le risposte adeguate da dare. La crisi sta modificando progressivamente le prospettive economiche e occupazionali dei migranti che si trovano apertamente in competizione con i nuovi disoccupati italiani. Non sono pochi però gli stranieri che decidono di lasciare il nostro Paese (assieme a molti nostri giovani) per cercare altrove un futuro migliore. Sul versante del Mar Mediterraneo, gli arrivi dall’Africa sono in forte aumento, anche a causa di instabilità sociali, guerre e persecuzioni. Si tratta spesso di potenziali richiedenti asilo o rifugiati che non possono essere trattati alla stregua di migranti economici irregolari, in quanto fuggono da situazioni che mettono a rischio la loro vita. Anche alla luce di questi profondi cambiamenti, l’attuale normativa appare ancor più inadeguata a governare il fenomeno in modo efficace ed al contempo rispettoso dei diritti della persona. Per la UIL, dunque, è tempo di ripensare ad una riforma della legislazione sull’immigrazione e dell’asilo: si tratta per noi di correggerne gli aspetti discriminatori e di rendere efficace il meccanismo d’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, con l’obbiettivo di favorire l’occupazione legale e combattere quella sommersa. Per quanto riguarda l’asilo, è urgente avere anche in Italia una legge organica in materia nonchè una concreta politica di accoglienza per i rifugiati. C’è poi l’aspetto dei diritti di cittadinanza su cui sono stati presentati in Parlamento 20 proposte di legge e su cui è iniziato un lento confronto in Commissione Affari Costituzionali. Un tema, per noi molto importante, in predicato da molti anni e su cui si stenta a trovare la quadra tra i diversi gruppi politici. Come Uil e Ital, abbiamo deciso di confrontarci su tutto questo, promuovendo un evento ed invitando due ospiti di eccezione: la Ministra per l’integrazione On.le Cécile Kyenge, ed il prof. Antonio Golini, demografo e presidente dell’Istat. L’occasione sarà un seminario nazionale che terremo il 3 dicembre prossimo a Roma,

Sala Convegni AIL, via Casilina 5

Per l’occasione verrà convocato il Coordinamento Nazionale Immigrati e la rete di quadri e dirigenti Ital da tempo impegnati nel territorio con azioni concrete e con iniziative tese a sensibilizzare, su questi temi, istituzioni, lavoratori e associazioni. Il seminario è anche aperto a chiunque voglia partecipare. Grande spazio verrà dato al confronto tra i partecipanti, a partire dai nostri quadri immigrati impegnati in categoria e nelle realtà territoriali, e gli ospiti.


 

 

Cittadinanza


Sondaggio Ipsos. Il 64% italiani favorevoli a Ius soli


Sondaggio Ipsos. Il 64% italiani favorevoli a Ius soli

MILANO, 12 novembre 2013 - Il 64% degli italiani è «molto favorevole» a estendere la cittadinanza ai figli di immigrati stranieri nati nel nostro paese. Lo indica una ricerca dell'istituto Ipsos presentata nel corso del convegno «Il lavoro è cittadinanza».

Secondo lo studio a questa percentuale si aggiunge un ulteriore 15% di italiani «abbastanza favorevoli». Meno entusiasti sono invece i cittadini del Nord-Est, il 52% dei quali sono «molto favorevoli» e il 19% «abbastanza favorevoli». Quanto all'ipotesi di abolizione del reato di clandestinità è favorevole solo il 42% degli italiani a causa di una diffusa sovrastima della percentuale dei clandestini. Impressione comune è che l'Italia sia lasciata sola ad affrontare il problema dei clandestini che dovrebbe invece coinvolgere tutta l'Ue. Lo pensa con molta convinzione il 48% degli italiani ai quali si aggiunge un altro 17% di cittadini abbastanza d'accordo sul fatto che l'Europa stia scaricando il problema sull'Italia. In generale gli immigrati sono considerati una risorsa irrinunciabile per l'economia italiana dal 54% dei cittadini, percentuale che sale addirittura al 65% nel Nord-Est


Studi e ricerche

 

Una nuova fase per l'emigrazione italiana?
Federico Quadrelli , pubblicato il 13.11.2013

Immagine inseritaIn base ai dati diffusi dall'AIRE[1] e dal Ministero degli Affari Esteri (MAE), il 2012 ha segnato, rispetto al 201,1 un incremento del 30% degli espatri dall’Italia: in numeri assoluti gli italiani espatriati nel 2012 sono stati quasi 80 mila, anche se il dato registra solo coloro che sono usciti senza considerare gli eventuali rientri, come riportato dal centro studi Fuga dei Talenti (FDT)[2]. I paesi che ospitano il maggior numero di connazionali sono, per l'Europa, Germania, Svizzera, Gran Bretagna e Francia. Per le mete extra-europee, invece, Argentina, Stati Uniti, Brasile e Australia (MAE, 2013)
Gli italiani in Germania, cosa è cambiato negli anni?
La Germania rappresenta una delle principali mete per gli italiani che hanno deciso di lasciare il paese. Stando ai dati del Ministero degli Esteri, gli italiani in Germania sono aumentati di oltre 14 mila unità rispetto al 2011, passando da 674 mila a quasi 689 mila  presenze alla fine del 2012 (MAE, 2013). Si tratta però di una migrazione diversa dal passato, si può parlare, infatti, di “nuovi mobili”, un concetto elaborato nel 2002 dalla sociologa tedesca Edith Pilchler, per descrivere un fenomeno che stava allora appena nascendo, caratterizzato da migranti giovani e istruiti, in cerca di esperienze non solo lavorative, ma anche sociali e culturali. L’analisi è stata poi approfondita con studi successivi, nel contesto berlinese, di Del Pra’ (2006) e della stessa Pilchler (2011).
Rispetto ai primi italiani immigrati, i “nuovi mobili” sono più istruiti e inseriti nel contesto ospitante, grazie a risorse personali e culturali molto superiori a quelle dei loro precursori. Mentre i primi migranti furono reclutati nelle parrocchie del Sud Italia e impiegati nelle fabbriche della Volkswagen (Cutrone, 2006) come Gastearbeiter (lavoratori ospiti), alloggiati in baracche che ricordavano i Lager del periodo bellico (Oswald, 1999) in un contesto "ostile", integrati economicamente, ma esclusi dalla vita sociale e culturale del posto, i nuovi mobili sono giovani istruiti che si sono spostati autonomamente, che hanno buone relazioni sociali e personali. 
I nuovi mobili sono migranti transnazionali, integrati socialmente e in taluni casi anche economicamente, ma in costante contatto con il paese d’origine. Non si può sottovalutare, a proposito, il ruolo della tecnologia: dai mezzi di comunicazione (social media, cellulari) ai mezzi di trasporto (aerei e treni super veloci), che consentono di mantenere un contatto costante e presente con la propria “patria”, limitando il senso di distacco e lasciando sempre aperta la possibilità del “ritorno”.  
I nuovi migranti italiani, uno sguardo su Berlino
Berlino, capitale della Repubblica federale di Germania, conta oltre 3,5 milioni di abitanti, gli stranieri sono oltre 500.000 (Amt Berlin-Brandenburg, 2013). Oltre ad essere una città multiculturale, è anche molto economica e dunque alla portata di giovani e studenti (Pilchler, 2002). La comunità italiana rappresenta il secondo gruppo più consistente in città, tra i paesi dell’UE, dopo quello polacco. Le presenze straniere a Berlino, inoltre, sono per lo più nella fascia d’età 20-40 anni (sulla base dei dati dell’Amt Berlin non è possibile disaggregare maggiormente i dati).

Tab.1. Stranieri a Berlino, per Nazionalità (UE) e classe d’età 

 

< 15

15 - 45

45 - 65

>65 

Totale

Francia

600

11.117

2.899

637

15.253

Grecia

685

5.957

2.781

1.530

10.953

Italia

820

13.239

4.392

1.320

19.771

Polonia

3.313

27.903

13.566

2.163

46.945

Spagna

397

9.406

1.297

373

11.473

 

5.815

67.622

24.935

6.023

 

Fonte: Amt für Statistik Berlin und Brandenburg, Potsdam feb.2013 

Nel 1985 a Berlino vivevano circa 7.500 italiani e fino al 1990 questo dato è rimasto quasi invariato. Dal 1990 ad oggi, il numero di italiani è aumentato fino a sfiorare le 20 mila presenze registrate (Grafico 1.). Ma cosa fanno questi italiani a Berlino? 
Dai dati ufficiali dello Statistisches Amt Berlin-Brandenburg emerge che il 21% degli italiani registrati ha un’occupazione con regolare contratto di lavoro dipendente, la maggior parte nei “servizi” (gastronomia e assistenza clienti). il 13%  risultava alla ricerca di un lavoro e il 7% usufruiva dell’indennizzo di disoccupazione (dopo aver lavorato per almeno 6 mesi nell’anno precedente). Il restante 59% (circa 11.600 individui) si trovava in quella che Del Pra’ (2006) ha definito “area grigia”: tra questi, chi lavora saltuariamente (soprattutto nella gastronomia) senza contratti (in nero), o studia, oppure ha provveduto alla registrazione del domicilio ma, in virtù del carattere transnazionale dell’esperienza migratoria, si muove costantemente tra l’Italia (o altre mete) e Berlino, anche per lavoro. 
Conclusione
Negli ultimi anni Berlino è nuovamente diventata meta di immigrazione italiana. Sarebbe interessante indagare queste nuove forme di trans nazionalismo e approfondire gli aspetti economici e sociali di questi spostamenti, ma i dati sono esigui: solo quelli che vengono forniti dall'AIRE o dal centro statistico di Berlino e del Brandeburgo (dati relativi al micro censimento), che non sono molto approfonditi né molto dettagliati. Rimangono quindi gli interrogativi sui modi di vivere della comunità italiana a Berlino, sull'integrazione sociale, economica e/o politica, sul rapporto con il Paese d'origine delle seconde e terze generazioni, sui ritorni in patria, e sulle motivazioni che hanno giustificato prima lo spostamento e poi il ritorno.
 

 

 

Invecchiamento e migrazioni, una relazione complessa
Gian Carlo Blangiardo* & Stefania Rimoldi** , pubblicato il 13.11.203 da Neodemos

A differenza di quanto è accaduto per le componenti della dinamica naturale (fecondità e mortalità), gli effetti della dinamica migratoria sull’invecchiamento deImmagine inseritamografico hanno sinora ricevuto un’attenzione abbastanza marginale sotto il profilo della ricerca. L’intensità dell’ “invecchiamento importato/esportato” nei prossimi decenni può misurarsi come differenza, in un dato ambito territoriale e in un dato periodo, tra il numero effettivo e il numero teoricamente atteso di persone raggiungono la soglia di vecchiaia. Il numero teoricamente atteso è quello che si può ricavare dalla numero dei nati di quelle generazioni (diciamo, 65-69 anni prima, con le classi quinquennali di età usate dalle Nazioni Unite), in assenza di migratorietà, ma tenendo adeguatamente conto dei livelli di sopravvivenza. Le elaborazioni riguardano i 28 paesi dell’Unione Europea, gli Stati Uniti e i così detti “BRICS” (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), nel periodo 2020-2050. I dati sono quelli Nazioni Unite (2013).
Il bilancio nell’Unione Europea
Immagine inserita
Per quanto riguarda l’insieme dei paesi UE-28, a fronte di 29,7 milioni di 65-69enni stimati al 31 dicembre 2020 quelli “attesi”, sulla base della sopravvivenza dei corrispondenti nati in loco nel quinquennio 1951-55, dovrebbero essere solo 28,4 milioni. Si identifica quindi un surplus di oltre un milione di nuovi anziani nati fuori dal paese in cui si apprestano ad invecchiare (figura 1). Tale surplus raggiungerà i 2,6 milioni (8,4% in più rispetto alle attese) nel 2030 e si accrescerà ulteriormente fino a toccare il picco massimo nel 2050, quando l’incidenza dell’invecchiamento importato sarà pari al 18,7% (ben 32 milioni di nuovi anziani previsti, contro i 27 che si sarebbero registrati in assenza di migrazioni).
Nell’insieme dei paesi europei, Germania, Francia, Spagna e Italia (figura 2) sono quelli che maggiormente verranno interessati dal fenomeno dell’invecchiamento importato, seppur con tempi diversi (Germania e Francia prima, Spagna e Italia dopo): in particolare, la Spagna raggiungerà progressivamente livelli da “primato” nel panorama UE. Sul fronte opposto, Polonia, Romania, Bulgaria, Irlanda e Portogallo spiccano tra quelli che verosimilmente saranno maggiormente caratterizzati dall’esportazione di invecchiamento. Un destino che li accomuna fino al 2030-2035, allorché Irlanda e Portogallo invertiranno la loro condizione e, passando da esportatori a importatori, sperimenteranno l’invecchiamento dovuto alla componente migratoria pregressa con intensità prossime alle 90mila unità nel corso del quinquennio 2046- 2050.

Europa, Stati Uniti e Paesi BRICS a confronto
E’ interessante mettere a confronto (figura 3) la dinamica dell’invecchiamento importato relativo al complesso dell’UE con quella degli USA e del gruppo di paesi emergenti che, nel loro insieme, compongono i BRICS. In primo luogo appare evidente come, nel complesso dei BRICS, l’incidenza dell’invecchiamento importato non superi mai il 10%, valore limite raggiunto solo nel decennio 2031-2040 e grazie al sostanziale contributo della Russia. Per gli USA, invece, si prevedono incidenze superiori al 15% già a partire dal quinquennio 2016-2020, che sfioreranno la quota record del 35% tra il 2040 e il 2045. L’Unione Europea sembra dunque collocarsi in una situazione intermedia. 
Sfide, sfidanti e falsi antidoti
L’invecchiamento delle popolazioni pone le società di fronte a importanti sfide sul piano economico, sociale, politico e culturale. Gli andamenti demografici prospettati per i paesi dell’UE nei prossimi decenni incideranno significativamente sulla loro crescita potenziale e comporteranno complessivamente un aumento della pressione sulla spesa pubblica, non solo per la parte direttamente collegata alle pensioni e alla sanità, ma anche per quella destinata alle infrastrutture e ai molteplici interventi di adeguamento riconducibili all’area del welfare. 
Il principio secondo cui l’immigrazione potrebbe costituire un “antidoto” all’invecchiamento della popolazione europea non sembra sostenibile se ci si spinge con le analisi oltre l’orizzonte del breve periodo. 
Infatti, valutato a distanza di alcuni decenni, il tanto enfatizzato sostegno al “ringiovanimento” da parte dei flussi migratori ne esce fortemente ridimensionato: i dati mostrano come sino al 2050 l’UE nel suo complesso, quand’anche con significative differenze tra i membri che importano e quelli che esportanopopolazione per effetto della mobilità territoriale, sarà caratterizzata da un crescente saldo positivo a favore dell’invecchiamento. 
Tale fattore, aggiungendosi alla perdurante bassa natalità e al continuo allungamento della sopravvivenza, contribuirà ad appesantire una struttura per età già fortemente compromessa.
E se il confronto con gli USA ci pone in una condizione più favorevole, non altrettanto può dirsi rispetto a quello con le economie emergenti, paesi che possono diventare, se già non lo sono, i temibili competitor con cui sarà inevitabile (e sempre più impegnativo) “fare i conti”. 

Immagine inserita