Newsletter periodica d’informazione
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Rassegna ad uso
esclusivamente interno e gratuito, riservata agli
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Anno XI n. 35 del 9 dicembre 2013 |
Consultate www.uil.it/immigrazione
Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri
“L’immigrazione cambia: e le sue leggi?” Crollo degli ingressi per motivi di lavoro, centomila giovani italiani ed immigrati che lasciano l’Italia; tre milioni di italiani senza lavoro ed oltre 511 mila stranieri disoccupati. Cifre a cui vanno aggiunti altri quattro milioni di italiani e stranieri “inattivi”. Le cifre della crisi economica ed occupazionale fanno davvero paura ed impongono di ripensare alle leggi sull’immigrazione. Il Governo ha deciso di non varare (per il II anno consecutivo) il decreto flussi d’ingresso di stranieri per lavoro a tempo indeterminato. Ma quali politiche attive si stanno facendo per reinserire italiani e stranieri rimasti disoccupati. Per anni i due mercati occupazionali sono stati complementari: ora si rischia il conflitto. Di questo si è discusso nel seminario UIL – Ital sull’immigrazione del 3 dicembre scorso e si è chiesto di ripensare alle norme. |
Appuntamenti pag. 2
Seminario “L’immigrazione cambia….” pag. 2
Censis: imprenditori immigrati pag. 6
Boom di matrimoni misti pag. 7
La popolazione cinese in Italia pag. 7
Storia di Laura, finita peggio del suo cane pag. 7
Consiglio italiano per i rifugiati pag. 8
Rifugiato politico e protezione umanitaria pag. 8
Chinese in Italy: Seven deaths foretold pag. 9
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A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento Politiche Migratorie
Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751
Migratorie: appuntamenti
Bruxelles, 11 dicembre 2013, sede CES ore 10.00
Riunione organizzativa internazionale “l’Europa sono anch’io”
(Giuseppe Casucci)
Bruxelles, 12 dicembre 2013, sede CES ore 09.00
First European Conference of Trade Union Services for migrants
(Giuseppe Casucci)
Roma, 16 dicembre 2013, ore 09.30, Cgil Nazionale, sala Di Vittorio
Assemblea nazionale immigrazione CGIL
(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci)
Roma, 16 dicembre 2013, ore 15.00, via della Mercede 9
Incontro della Ministra per l’Integrazione Cécile Kyenge ed il Tavolo Nazionale Immigrazione
(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)
Eventi
Seminario UIL – ITAL: “L’immigrazione cambia, cambiamo le sue leggi”
Roma, 3 dicembre 2013 - ex pastificio Pantanella, via Casilina 5, ore 09.30
Roma, 4 dicembre
2013 - Una valutazione sulla scelta del Governo di non varare il decreto
flussi; la necessità di riformare l’attuale legislazione sull’immigrazione;
l’opportunità di valutare gli effetti della crisi sull’occupazione, anche in
termini di potenziale conflitto tra lavoratori italiani ed immigrati; l’urgenza
che il Parlamento avanzi sul fronte delle proposte di legge sui diritti di
cittadinanza. Sono stati questi, ed altri, i temi al centro del dibattito,
nell’ambito del Seminario nazionale convocato da
UIL e Ital dal titolo: “L’immigrazione cambia, cambiamo le sue leggi”. L’evento,
che si è svolto preso la Sala Convegni AIL, in via Casilina 5 a Roma, ha visto il
contributo di ospiti quali il Presidente Istat, Prof. Antonio Golini ed il
direttore della Scuola Allievi Agenti di PdS Gianpaolo Trevisi. L’obiettivo
era un confronto tra gli ospiti ed i quadri e dirigenti della UIL e dell’ITAL
impegnati nel territorio e nelle categorie a sostegno dell’immigrazione legale
e dell’integrazione dei nuovi cittadini. Il dibattito ha messo al centro la
necessità di analizzare i cambiamenti in corso sul fronte dell’immigrazione in
Italia; un’analisi dei danni prodotti dalla crisi economica. Ma anche: l’urgenza
di riformare la legislazione ai fini di dare risposte adeguate ai nuovi
cittadini. La Ministra
per l’Integrazione Cécile Kyenge Kashetu,
impossibilitata a partecipare al nostro seminario a causa di un concomitante Consiglio
dei Ministri, ha inviato un caloroso messaggio ai partecipanti. Eccone alcuni
brani:
“Sull’immigrazione c’è molta disinformazione: alla cosiddetta Bossi-Fini sono stati attribuiti più meriti e più colpe di quelli che ha realmente”. “Passati più di 20 anni dalla legge sulla cittadinanza e più di 10 dalla Bossi – Fini, ed essendoci stati nel frattempo importanti cambiamenti sociali, economici e demografici, queste leggi andrebbero aggiornate….non sulla base del cosiddetto buonismo che spesso mi viene contestato, ma sulla base dei principi di giustizia contenuti nella nostra Costituzione, nel diritto Comunitario ed internazionale e partendo dal presupposto che le migrazioni non sono un problema da risolvere, ma un processo da governare”…”in quanto importante fattore di crescita economica, politica e culturale”
“Se lo governiamo male – continua il messaggio – rischiamo di generare una ampia, grave sacca di povertà….il che significherà rallentare la crescita di tutto il Paese”. “L’uguaglianza è una precondizione del benessere generale”. Per la Ministra Kyenge poi “una riflessione sulla normativa…comporta un lavoro politico parlamentare orientato a: rivedere la legge sulla cittadinanza, semplificando ed accelerando le procedure; migliorare l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, rafforzando i canali d’ingresso regolari anche per i migranti economici; una nuova politica per l’asilo, con ripartizione dei rifugiati tra i vari Stati dell’Unione; ripensare al reato di clandestinità e rendere residuale il ricorso ai CIE”. “in definitiva – ha concluso il Ministro – occorre rafforzare la politica dell’integrazione, prevedendo percorsi di reale inserimento sociale dei migranti, che non sono meno costosi della repressione, ma possono produrre vantaggi in termine di coesione sociale e crescita economica”.
La giornata, dopo un saluto del Presidente Ital Gilberto De Santis, ha visto l’introduzione di Giuseppe Casucci, Coord. Nazionale UIL Dipartimento Politiche Migratorie, la mediazione di Alberto Sera, vicepresidente ITAL (che ha gestito la giornata con grande originalità e presentando gli oratori immigrati introducendoli attraverso una breve biografia personale). I lavori sono stati poi conclusi da Guglielmo Loy, Segr. Confederale UIL.
Secondo Casucci:
"Negli ultimi 5 anni abbiamo assistito ad un aumento esponenziale del
tasso di disoccupazione degli immigrati che e' passato dall'8 a quasi il 18%.
Nel primo e secondo semestre 2013, la crisi occupazionale ha registrato
un'ulteriore impennata con circa 511 mila stranieri iscritti alle liste di
disoccupazione e oltre 1.25 milioni risultanti inattivi. “La crisi sta
modificando gli equilibri dell'occupazione italiana e straniera”, ha aggiunto
l’oratore: “un fattore che andrebbe considerato con attenzione e
preoccupazione”. Molti ricercatori concordano nel segnalare come “per tanti
anni italiani e stranieri abbiano lavorato insieme in una sorta di
complementarietà, che ha impedito l’insorgere di tensioni sociali”. “Oggi
questa complementarietà sta venendo meno e potrebbe diventare conflitto".
"A questo – ha rilevato il Coordinatore Nazionale del Dipartimento
Politiche Migratorie della UIL - aggiungiamo il fenomeno dell'abbandono da
parte degli stranieri e degli italiani del nostro Paese". Nel 2012 –
ha ricordato Casucci - sono andati via 32 mila stranieri e 68 mila giovani
italiani che nello stesso anno hanno lasciato l'Italia cercando lavoro
all'estero". "Questo secondo le stime ufficiali avrebbe privato le
casse dello stato di almeno 86 milioni di euro”. “L’Italia, ha rilevato
l’oratore, negli ultimi 20 anni, ha perso 5 milioni di autoctoni a causa della
bassa fertilità. Un gap che è stato compensato da un afflusso di stranieri che
negli anni duemila è stato in media di 400 mila ingressi l’anno”. “Non va
dimenticato – ha aggiunto Casucci - che lo sviluppo di una nazione si
fonda sui suoi cittadini e la diminuzione della nostra popolazione non compensa
gli effetti della crisi economica, ma rappresenta un ulteriore segnale di
inarrestabile declino”. “Cosa succederà – si è chiesto l’oratore - se
come già accade l’afflusso di stranieri diminuirà? Che effetto avrebbe il crollo
dell’offerta di manodopera nei segmenti medio bassi del mercato del lavoro? E
che effetti avrebbe un calo della popolazione in termini di mancato sviluppo?”.
Gli stranieri rappresentano un'importante risorsa per l'Italia e contribuiscono
a circa l'11% del Pil. In cambio di questo apporto l'Italia li ha ricambiati
con una legislazione discriminatoria e punitiva. Per la Uil e' tempo di
ripensare ad una riforma della legislazione sull'immigrazione e l'asilo e
questo non significa semplicemente abolire la Bossi Fini ma ripulire la
normativa da un approccio anti migratorio e rendere finalmente fluido ed
efficace il meccanismo di incontro tra domanda e offerta di lavoro, con
l'obiettivo di fornire l'occupazione legale e combattere quella sommersa."
Casucci ha poi concluso ricordano un tema che alla UIL “sta molto a cuore: quello dei diritti di cittadinanza”. E cioè: la riforma della legge 91 del 1992, ma anche la ratifica del capitolo C della Convenzione di Strasburgo per il diritto di voto amministrativo ai lungo soggiornanti. L’oratore ha rilevato come “esistano in Parlamento oltre venti proposte di legge sulla cittadinanza e sul diritto di voto, sulle quali dovrebbe essere al lavoro la I Commissione della Camera”. “Dico dovrebbe perché non si ha notizia dei lavori della Commissione da prima dell’estate”. “Sarà possibile – ha concluso l’oratore - in questa legislatura dare un segnale di inclusione vera agli stranieri, riformando queste leggi?”
Il programma dei lavori ha poi previsto la testimonianza di dieci lavoratori e dirigenti sindacali di origine straniera, provenienti da molte strutture territoriali, ma anche da categorie sindacali quali l’agricoltura, l’industria, commercio e servizi, trasporti, tessili e costruzioni. Interventi molto concreti, spesso raccontati come storie personali, ma tutte storie di successo in termini di inclusione sindacale. E’ stato poi il turno del primo ospite, il Prof. Antonio Golini, demografo e Presidente dell’Istat. L’oratore, riferendosi al titolo del seminario, ha affermato che cambiare la legislazione sull’immigrazione è un compito molto difficile e che – a suo parere – nessun Paese al mondo ha una buona legge sull’immigrazione. “In effetti – ha continuato l’oratore – governare i processi migratori è come operare un nuovo trapianto sociale, operazione molto complicata che richiede gradualità ed alta preparazione, specie in quanto coinvolge la natura delle persone, i loro costumi e diversità: problemi emozionali, come attitudini professionali: in sintesi: il vissuto delle persone”. Secondo Golini, la crisi ha davvero cambiato il quadro sociale d’insieme su cui operare ed è necessario tenerne conto. “Finora, ha detto il demografo, le migrazioni in UE sono state necessarie e convenienti, in quanto riequilibravano il gap sociale e lavorativo prodotto dalla scarsa fertilità delle donne europee”. Malgrado ciò, anche in un periodo di boom economico, era comunque necessario rispondere alle domande: quanti? Come? Dove? E per quanto tempo? “Oggi il quadro si è rovesciato e la crisi economica e sociale rende davvero tutto più difficile”. Golini ha fatto riferimento a due asimmetrie, una di carattere sociale, l’altra di tipo giuridico che complicano il quadro sociale del prossimo futuro in questo secolo. La prima riguarda il fatto che “la popolazione Africana raddoppierà, raggiungendo i due miliardi di persone entro il 2100. Il continente nero necessiterebbe dunque di 20 milioni di nuovi posti di lavoro l’anno per evitare la fuoriuscita delle popolazioni dalle campagne e l’emigrazione di massa verso l’Europa o l’Asia”. “Purtroppo però, per contrasto, l’Europa è in grado di assorbire solo due milioni di nuovi migranti l’anno: da qui la crescente pressione migratoria che in futuro potrà diventare insostenibile”.
“C’è poi una simmetria giuridica,
ha continuato Golini: il conflitto, cioè, tra il diritto individuale ad
emigrare per cercare migliori condizioni di vita in un altro Paese (diritto,
tra l’altro, sancito dalla Carta dell’ONU), ed il diritto collettivo degli
Stati a decidere chi e quante persone ammettere nel proprio territorio”. Lo
scontro tra queste due asimmetrie, ha concluso Golini appare per ora
irrisolvibile. “In prospettiva – secondo l’esperto - non c’è area al
mondo in cui la crescita della popolazione sia più intensa di quella attesa per
l’Africa e non c’è area al mondo in cui il decremento della popolazione sia più
intenso di quello atteso per l’Europa”. Secondo l’esperto “tra oggi ed il 2050
la popolazione in età lavorativa triplicherà a 1.151 milioni per l’Africa Sub
sahariana, aumenterà di 75 milioni nel Nord Africa, mentre l’Europa perderà 100
milioni di lavoratori autoctoni. Ci sono poi le differenze di reddito, tra
Africa ed Europa, a rendere ancor più attrattiva la scelta di emigrare.
Malgrado il reddito in Africa sia cresciuto negli ultimi dieci anni del 25%
(contro un +10% per l’Europa), le distanze tra i livelli di vita nei due
Continenti sono aumentate, tanto da ricordare il paradosso di Zenone su Achille
e la tartaruga. Oggi in Nord Africa ancora il 17% della popolazione vive con
meno di 2 dollari al giorno, cifra che per l’area Sub sahariana riguarda oltre
il 70% della popolazione. Malgrado l’alto tasso di mortalità infantile e la
bassa aspettativa di vita, la popolazione africana potrebbe toccare quota 2
miliardi nel 2100 a fronte di una sostanziale discesa della popolazione
europea. Ci sono poi altri fattori che possono spingere alla mobilità delle
persone, quasi la desertificazione, il crescere dell’uguaglianza di genere, un
maggior grado di istruzione. Oltre che naturalmente i conflitti interni e tra
Stati confinanti. “Nel futuro il problema chiave – ha affermato Golini -
è se ci sarà sufficiente domanda di lavoro, e di che tipo. Da loro e da noi.
Domanda da valutare in relazione alle dinamiche demografiche, a quelle sociali
e tecnologiche, oltre che alle differenze strutturali di popolazione”. “C’è poi
da considerare l’età mediana della popolazione che nel Niger è di 15 anni,
contro i 43 dell’Italia ed i 44 del Giappone. Il che vuol dire che è normale il
lavoro minorile, mentre qui ci si deve preoccupare di più di chi pagherà in
futuro le nostre pensioni”. Tra il 2010 ed il 2050, nel mondo, la popolazione
tra 15 e 64 anni aumenterà di 1.342 milioni, il che significa che sarebbe necessario
creare quasi un miliardo di nuovi posti di lavoro. Ma in quel periodo l’Europa
perderà 103 milioni di persone professionalmente attive, a fronte di un’Africa
che ne avrà 725 milioni in più”.
L’Africa
non ce la può fare da sola – ha continuato il demografo – e si
rischia solo che le tragedie nel Mediterraneo possano moltiplicarsi. Qual è
allora la via d’uscita? Per il Presidente Istat: “è nel nostro interesse far
crescere economicamente la sponda sud del Mediterraneo”. Andrebbe dunque
potenziata “l’Unione dei Paesi per il Mediterraneo”, rafforzando l’area di
libero commercio e la cooperazione economica internazionale.
Tale Unione avrebbe, fra gli altri, gli scopi:
1. di favorire la crescita e un migliore equilibrio geo-politico nel Nord Africa, dalla quale ci dobbiamo comunque aspettare immigrazione;
2. di favorire un più intenso interscambio - economico, tecnico, commerciale e umano - del Nord-Africa con l’Europa, che produca sviluppo nelle due rive;
3. di funzionare da elemento di drenaggio della attesa, assai vigorosa e inevitabile emigrazione dal sub- Sahara. Considerando le tendenze demografiche, la crescente importanza e complessità dei problemi globali nel processo di globalizzazione, le obiettive difficoltà che si riscontrano per il governo del mondo per l’accentuarsi delle questioni internazionali e di lungo periodo (sulle quali poco può fare il governo nazionale).
Molto suggestivo è stato anche l’intervento di Giampaolo Trevisi, direttore della Scuola Allievi Agenti della Polizia di Stato. L’oratore ha richiamato la storia da lui stesso raccontata nel suo libro “Fogli di via”, un racconto fantastico in cui un poliziotto, nel seguire un immigrato senegalese, venditore abusivo, entra in un cassonetto e si ritrova in Africa. Nel racconto, l’agente di polizia si immedesima nello stesso punto di vista dell’immigrato, rendendosi conto dei drammi personali vissuti da chi viene da un continente affascinante, ma anche sfortunato come quello africano. Trevisi ha suggerito che la chiave di lettura per una pacifica e proficua convivenza tra le persone è proprio “il dialogo ed il confronto positivo con l’accettazione delle diversità in quanto valori e non problemi”. “E’ giusto cambiare le leggi sull’immigrazione – ha commentato l’oratore- in quanto quelle attuali approcciano il complesso tema dell’immigrazione come un problema di mera sicurezza, e non invece come risorsa indispensabile allo sviluppo ed alla ricchezza culturale della nostra società”. Molti poliziotti se ne rendono conto quando, al di là della burocrazia delle scartoffie, trattano chi sta dall’altra parte dello sportello come una vera persona e non come un cittadino di serie B”.
Nel suo intervento prima delle conclusioni, il Presidente ITAL Gilberto De Santis ha fatto un bilancio della giornata “da considerarsi del tutto positivo”, ha detto. “Ho apprezzato in particolare – ha aggiunto l’oratore – la scelta di far parlare i nostri quadri e dirigenti di origine straniera, provenienti dai territori e dalle categorie. Un approccio importante che va nella direzione dell’inclusione sindacale, valore che va appoggiato per far crescere questa nuova classe di dirigenti e –con loro – far crescere la UIL”. Il presidente Ital si è augurato che questa iniziativa nazionale possa moltiplicarsi in simili attività da realizzarsi a livello locale. Buona anche – ha detto - la collaborazione con le categorie UIL, presenti all’iniziativa: “bisogna fare uno sforzo collettivo, ha concluso De Santis, per produrre una forte sollecitazione al Parlamento in modo che agisca al più breve su due leggi fondamentali che ci stanno molto a cuore: la riforma della Bossi – Fini e la riscrittura della legge sui diritti di cittadinanza”.
Nelle sue conclusioni, Guglielmo Loy – Segretario Confederale UIL ha ricordato come: "I migranti nel mondo sono quasi 250 milioni, in Europa i migranti sono 50 milioni di cui 1,5 milioni di richiedenti asilo o rifugiati. “Se consideriamo però la migrazioni interne, oltre a quelle internazionali, ha detto Loy, allora la cifra di migranti raggiunge e supera il miliardo”. “In Italia, ha detto il segretario Confederale UIL, ci avviamo ai 5 milioni di cittadini nel nostro paese nonostante il blocco dei flussi dell'ultimo anno. Ogni anno nascono in Italia 80 mila bambini figli di genitori stranieri. Sono 20 mila i matrimoni misti. Vanno poi aggiunti i nuovi arrivati tramite ricongiungimento familiare, flusso questo che non rallenta. Ricordo anche che la metà dei cittadini migranti residenti in Italia sono lungo soggiornanti e a questi si aggiungono coloro che sono riusciti ad avere la cittadinanza italiana”. “Ma l'impatto che la crisi economica sta avendo sul lavoro e' drammatico". "Il lavoro immigrato, secondo Loy, e' il più sensibile alla crescita e alla decrescita economica, ed e' quello che maggiormente insegue il lavoro nel momento in cui l'economia tira -avverte Loy- ma e' anche quello più vittima della crisi quando essa scoppia. Dunque il tasso di disoccupazione immigrata e' più alto della media italiana (18% contro il 12/13%). Anche il sistema d'impresa immigrato soffre." Loy ha ricordato la scelta del Seminario di mettere sotto esame due importanti fattori: il rischio del venir meno della fase di complementarietà tra italiani ed immigrati nel mercato del lavoro (“a causa della lunga e grave crisi economica”), con possibili futuri conflitti tra giovani autoctoni e nuovi cittadini; l’altro aspetto riguarda “gli impatti futuri sull’economia italiana prodotti dal gap demografico”. “Specialmente – ha precisato l’oratore - se la diminuzione del numero di stranieri in ingresso (anche a causa del blocco dei decreti flussi) non permetterà più alla presenza degli stranieri di crescere e di agire come elemento di compensazione della crisi delle nascite in Italia”. Per questo “è importante – ha aggiunto Loy – cambiare la legislazione proprio per rendere la permanenza in Italia una convenienza anche per gli stranieri”. In questo senso per l’oratore: "va semplificato anche il sistema dei permessi di soggiorno, con allungamento della durata e minor costo”. Va anche allargato l'accesso a sevizi sociali per cittadini migranti qualunque sia il loro status. Va semplificato il sistema del rilascio dei permessi ed evitato che sull'aspettativa sulla cittadinanza si carichino attese per risolvere problemi di natura amministrativa: “non devo rinunciare a essere ivoriano o congolese per poter accedere a un concorso", ha richiamato come esempio Guglielmo Loy. "Quindi ampliare l'accesso ai diritti sociali e civili. Affinché la scelta della cittadinanza sia consapevole, volontaria e bilanciata e non un mezzo per accedere a diritti”. Serve armonia delle regole -ha concluso Loy- che danno equilibrio tra stato e cittadini”. “Sullo sfondo ci sono le questioni che più ci riguardano: l'istruzione, la salute, la casa, il lavoro, le politiche attive e l'accesso alla rete dei servizi pubblici e privati". Per quanto riguarda la UIL, Loy ha ricordato la scelta fatta all’ultimo Congresso di inserire tre donne immigrate nel Comitato Centrale e di istituire il Coordinamento Nazionale Immigrati. “E’ una scelta non solo di maggior rappresentanza di questa crescente innovativa componente della società e del mondo del lavoro, ma anche di inclusione e piena integrazione dei quadri immigrati nel sindacato. La scelta è quella della valorizzazione delle diversità, che sono soprattutto un valore ed una risorsa per la UIL, oltre che per l’intera società”.
Società
Il rapporto sulla situazione sociale del Paese individua “processi e soggetti di sviluppo che consentirebbero di andare oltre la sopravvivenza”. Come i quasi 400 mila stranieri che hanno aperto un’azienda nel nostro Paese e danno lavoro anche agli italiani
(www.stranieriinitalia.it) Roma -6 dicembre 2013 - La società italiana è “sciapa”, “malcontenta”, “quasi infelice”. In questi anni di crisi ha pensato solo alla “sopravvivenza”, mentre la politica abdicava al suo ruolo e drammatizzava nei suoi annunci sulla situazione del Paese. Ora però è arrivato il momento di “tornare a respirare”, partendo da ciò che funziona, ad esempio l’imprenditoria immigrata.
È la ricetta indicata dal 47° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2013, presentato stamattina. Secondo i ricercatori, quel “sale alchemico ai tanti mondi vitali che hanno operato come motori dello sviluppo degli ultimi decenni si intravede nella lenta emersione di processi e soggetti di sviluppo che consentirebbero di andare oltre la sopravvivenza”.
“Si registra – scrivono - una sempre più attiva responsabilità imprenditoriale femminile (nell'agroalimentare, nel turismo, nel terziario di relazione), l'iniziativa degli stranieri, la presa in carico di impulsi imprenditoriali da parte del territorio, la dinamicità delle centinaia di migliaia di italiani che studiano e/o lavorano all'estero (sono più di un milione le famiglie che hanno almeno un proprio componente in tale condizione) e che possono contribuire al formarsi di una Italia attiva nella grande platea della globalizzazione”.
Gli immigrati, spiega il Censis, “volano sulle ali dell'impresa”. “Nonostante non manchino fenomeni di irregolarità e circoscritte violazioni delle norme di sicurezza, l'impresa immigrata è ormai una realtà vasta e significativa nel nostro Paese”.
“Sono 379.584 gli imprenditori stranieri che lavorano in Italia: +16,5% tra il 2009 e il 2012, +4,4% solo nell'ultimo anno. L'imprenditoria straniera rappresenta l'11,7% del totale. Si concentra nelle costruzioni (il 21,2% del totale) e nel commercio al dettaglio (20%). Di fronte alla crisi che sta colpendo i negozi italiani, che dal 2009 sono diminuiti del 3,3%, gli stranieri sono invece cresciuti del 21,3% nel comparto al dettaglio (dove gli esercizi commerciali a titolarità straniera sono 120.626) e del 9,1% nel settore dell'ingrosso (21.440)”.
"Quanto alla nazionalità dei proprietari -spiega ancora il rapporto - oltre 40.000 negozi sono gestiti da marocchini e più di 12.000 da cinesi. Sono 85.000 gli stranieri che lavorano in proprio e hanno dipendenti italiani e/o stranieri. Negli ultimi quattro anni, mentre gli italiani diminuivano del 3,6%, sono aumentati del 14,3%. Si tratta soprattutto di artigiani, sono più giovani degli italiani”.
I matrimoni fra un coniuge italiano e uno straniero sono aumentati del 15,3% nell’ultimo anno. L’incidenza sul totale dei matrimoni arriva a toccare il 10%, massimo storico registrato solo nel 2008. E nelle regioni del Centro-Nord si raggiunge il 15%.
Matrimoni tra un coniuge italiano
e uno straniero, anno 2012. Nel
2012 si sono registrati in Italia 20.764 matrimoni tra un coniuge italiano e
uno straniero. I matrimoni “misti” rappresentano il 10,0% del totale dei
matrimoni celebrati in Italia.
Evoluzione del fenomeno dal 2003 al 2012. Negli ultimi
10 anni si registra un trend altalenante per quanto riguarda i matrimoni
“misti”: se il livello massimo si è registrato nel 2008, successivamente si è
visto un calo culminato con il picco più basso nel 2010. Negli ultimi due anni
il fenomeno ha cominciato a risalire, tornando nel 2012 sopra quota 20 mila, in
termini assoluti.
Il fenomeno va però rapportato al trend dei matrimoni fra coniugi italiani, che negli ultimi 10 anni sono diminuiti del 25,4%. Considerando quindi i matrimoni “misti” rispetto al totale dei matrimoni, nel 2012 l’incidenza % è tornata a toccare il livello massimo del 2008, vale a dire il 10,0%.
Nazionalità del coniuge straniero. Per quanto riguarda la nazionalità, si osserva una certa frammentazione, dato che solo una nazionalità (quella Rumena) supera il 10%. Dopo la Romania (14,5%), i paesi più rappresentati sono Ucraina (8,6%) e Brasile (6,2%).
Differenze di genere. La maggioranza delle coppie “miste” è composta da marito italiano e moglie straniera (78,7%). La differenza di genere diventa rilevante per quanto riguarda le nazionalità più rappresentative. Per quanto riguarda i matrimoni con moglie straniera, si ha una prevalenza di donne provenienti dall’est-Europa: Romania, Ucraina, Russia e Polonia fra le prime 5. Per quanto riguarda i mariti stranieri, invece, prevalgono i paesi mediterranei: fra le prime 5 nazionalità registriamo Marocco, Albania, Tunisia ed Egitto.
Matrimoni fra cittadini stranieri connazionali. Osservando il dato dei matrimoni fra cittadini stranieri della stessa nazionalità, possiamo avere qualche informazione sui comportamenti delle diverse comunità. Escludendo la Romania, prima in entrambe le graduatorie (a causa della forte presenza in Italia), spiccano ai primi posti i Cinesi (13,6% dei matrimoni tra stranieri connazionali) e i Nigeriani (12,1%). Questo denota una scarsa propensione da parte di queste comunità a sposarsi con cittadini italiani, preferendo invece le unioni fra connazionali.
Scarica il comunicato completo.
Inchiesta
La popolazione cinese in Italia e le sue caratteristiche demografiche, occupazionali ed economiche
I cinesi sono la quarta popolazione immigrata per numerosità in Italia con oltre 300 mila presenze e rappresentano l’8,1% delle popolazione straniera complessiva. Il profilo demografico. Per quanto riguarda il genere, la popolazione cinese è piuttosto omogenea, avendo una componente femminile del 48,9%. I cinesi risultano più numerosi nelle province di Milano (24 mila), Firenze (14 mila), Roma e Prato (13 mila), ma l’incidenza maggiore sul totale della popolazione straniera si registra a Prato (39%). Nelle scuole, come per le altre prime tre nazionalità in Italia, gli alunni cinesi (32 mila) si concentrano soprattutto nelle primarie. I nati con cittadinanza cinese nel 2010 in Italia sono 5.154, di cui il 22,4% è ato in Lombardia, il 15,3% in Emilia Romagna, il 14,9% in Veneto e il 12,0% in Piemonte. L’occupazione. Il 31,8% dei cinesi è occupato (28,7% femmine, 36,1 maschi). Il sotto inquadramento non è molto diffuso rispetto alle altre nazionalità: sono infatti sotto inquadrati il 9,7% dei maschi cinesi e l’8,6% delle femmine cinesi. I cinesi risultano essere principalmente esercenti delle vendite (22,6%), esercenti e addetti nell’attività di ristorazione (16,2%) e addetti alle vendite (10,3%). L’imprenditoria. Gli imprenditori stranieri sono 56 mila e costituiscono il 9,5% del totale degli imprenditori stranieri. Le attività maggiormente gestite da cinesi sono il commercio all’ingrosso e al dettaglio (40,0%), le attività manifatturiere (30,3%) e le attività di ristorazione (20,4%). A livello territoriale si concentrano in Lombardia (20,9%), Toscana (18,2%) e Veneto (12,0%). Aspetti economici. La retribuzione media dei cinesi è di € 959 (€ 1005 per gli uomini, € 904 per le donne). I redditi dichiarati nell’anno di imposta 2010 ammontano a € 7.330. L’IRPEF pagata è di € 2.010 per un totale di 145 mila contribuenti cinesi. I cinesi risultano essere la popolazione che invia il maggiore importo nel paese di origine sotto forma di rimesse (€ 2,67 miliardi). Roma è la prima provincia da cui queste rimesse provengono (€ 1,4 miliardi). Osservando le rimesse inviate in Cina negli ultimi 5 anni, la somma supera i 10 miliardi di euro, con un aumento dal 2008 al 2012 del 74%. Clicca qui per scaricare la scheda completa.
Rifugiati
Consiglio
Italiano per i Rifugiati: riunita a Roma l’Assemblea dei soci
In fase di rinnovamento il gruppo dirigente e la strategia come risposta ai grandi cambiamenti sociali.
Roma, 9
dicembre 2013. Si è riunita venerdì scorso a Roma, alla presenza del Presidente
Savino Pezzotta e del Direttore Christopher Hein, l’assemblea dei membri del
CIR. La prima parte dei lavori è stata dedicata alle proposte per una legge organica
sul diritto d’asilo. Quest’ultima risulta all’ordine del giorno del Governo e
del Parlamento (con proposta di legge organica per una disciplina organica sul
diritto d’asilo presentata alla Camera lo scorso 18 marzo 2013, primo firmatario:
l’On.le Giacomelli. Su questo importante tema sono intervenuti: Andrea De
Bono, della delegazione UNHCR per il Sud Europa; il Prof. Sergio Marchisio,
docente dell’Università La Sapienza di Roma e socio del CIR. Nella seconda
parte, l’Assemblea ha approvato il Bilancio consuntivo provvisorio parziale
(dal 1° gennaio al 30 settembre 2013) ed il Bilancio preventivo 2014, pari a
3,4 milioni di euro.
Luciano Lagamba (dell’UGL – SEI) è stato nominato nuovo Tesoriere del CIR, mentre il dott. Alessio Sentinelli è stato riconfermato membro del Collegio dei Revisori.
Il Presidente del CIR Savino Pezzotta ha dato la sua disponibilità a proseguire il suo mandato fino a gennaio 2014; l’elezione del Vice Presidente è stata rinviata al prossimo gennaio, con l’accordo che il candidato sarà Giuseppe Casucci (UIL).
Infine, è stato deciso che “CIR-Notizie”, la rivista mensile del CIR si trasformerà in un trimestrale online.
Prendendo in esame quanto accaduto ad una signora nigeriana, la Cassazione ha fatto chiarezza in riferimento allo status di rifugiato politico e alla possibilità di beneficio della protezione umanitaria da parte dello straniero
(www.immigrazione.biz)
La sentenza n. 25873/2013 della Corte di Cassazione ha ridefinito con maggiore
chiarezza quei requisiti di idoneità necessari per rientrare nello status di
straniero rifugiato. A far
tornare alla ribalta un tema tanto delicato come questo è stato il caso di una
signora nigeriana la quale, a suo tempo, aveva chiesto al Tribunale di poter
beneficiare della protezione umanitaria. La donna sosteneva di essere fuggita
dal suo paese natale per via delle continue violenze a cui veniva sottoposta
per mezzo del padre e della matrigna, nonché di essersi liberata da un matrimonio forzato che i
due le avevano programmato in combutta con un uomo di 72 anni. La signora
nigeriana aveva poi confessato di essere stata malmenata dal suo pretendente e
di essere stata rapita dai suoi tutori. Nonostante
questo, la richiedente si è vista rifiutare la domanda di poter essere
considerata una rifugiata, poiché il Tribunale non ha riconosciuto come vera la
testimonianza posta in esame. Forte
delle sue motivazioni la signora ha quindi effettuato ricorso in Cassazione
chiedendo che la sua storia venisse analizzata con minore pregiudizio, ma
soprattutto, tenendo in considerazione il clima di seria instabilità
socio-politica a cui la Nigeria è sottoposta da diversi anni a questa parte. La
Suprema Corte ci insegna però che "il requisito essenziale per il
riconoscimento dellostatus di rifugiato è il fondato
timore di persecuzione "personale e diretta" nel Paese d'origine del
richiedente, a causa della razza, della religione, della nazionalità,
dell'appartenenza ad un gruppo sociale ovvero per le opinioni politiche
professate" (Cass. 23/8/2006 n. 18353); mentre d'altra parte occorre che
vengano altresì soddisfatti i "presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato
politico, ovvero la condizione socio
politica normativa del Paese di
provenienza e la correlazione di questa con la specifica posizione del
richiedente (...) rilevando la situazione persecutoria di chi rischi
verosimilmente specifiche misure sanzionatone a carico della sua integrità fisica
o libertà personale" (Cass. 20/12/2007 n. 26822).
Alla luce dei fatti la signora nigeriana, e qualunque altro straniero dovesse
trovarsi nella sua stessa condizione, deve dimostrare
la sussistenza di questi requisiti i
quali altro non sono che le basi stesse dello status
di rifugiato politico.
Vedi
la sentenza n. 25873 del 18 novembre 2013 della Corte di Cassazione
Foreign Press
The Economist - Dec 2nd 2013, 15:59 by J.H. | ROME
IF EVER there were deaths foretold, it was those of the seven
Chinese workers, whoperished on December 1st, trapped
inside a factory in which they both lived and worked on an industrial estate
outside the Tuscan city of Prato. The Chinese-owned factory (pictured after the
accident) is one of up to 5,000 in the area, part of an industry that has
expanded at vertiginous speed in the past 20-odd years. What they make is known
as pronto moda: cheap fabric is imported, generally from
China, and turned into high-fashion garments at a lightning pace for sale at
rock-bottom prices of, in many cases, less than €5 (less than $7). Not the
least of the attractions for the buyers who converge on Prato from all over
Europe and further afield, is that the clothes carry a prestigious label,
declaring they were “Made in Italy”. Pronto moda, Prato-style, is a form of reverse
globalisation. The reality behind the proud—and entirely truthful—assertion on the labels is all too often a sweatshop
in which Chinese workers put in shifts of up to 16 hours, cooking, eating and
sleeping within a few metres of the machines at which they toil. Few speak more
than the most rudimentary Italian. But then many see no point in integrating,
since they expect, often
wrongly, that they will one day go back to China. The vast majority come from
poor areas in the Zhejiang province, south of Shanghai. The pioneers of Prato’s pronto moda were
brought in by local textile employers. In some cases, they were hired in China
when the Italian firm outsourced its manufacturing. Largely because of Chinese
competition Prato’s own textile business has contracted sharply in recent
years. But the city’s traditional products are fabric and yarn, which are not
directly vulnerable to the activities of the Chinese entrepreneurs. Most of the
sweatshops evince blatant contempt for Italy’s health and safety regulations.
Much of the profit is sneaked back to China before it can be taxed in Italy.
And many of the workers are illegal immigrants (some of whom have been found
during investigations to have had their passports confiscated by their
employers). Local estimates of the true size of the Chinese community in Prato
range as high as 50,000. Yet only about 15,000 are officially registered there.
That in turn highlights another salient aspect of this week’s blaze. When
Italians talk or think about illegal immigration they almost always have in
mind rickety boats laden with Africans arriving in perilous conditions on their
southern coasts. Small wonder: that is the migration that the media focus on
because it is the most evident, dramatic and tragic.
But far more of the non-Italians who are present illegally in Italy slipped in in more banal ways. Some entered the European Union’s passport-free Schengen area by smuggling themselves across a land border further to the east. But it would seem that the vast majority simply arrived on a tourist visa and overstayed. Statistics on illegal immigration are hard to find. An interior ministry reckoning from 2006 put the number of overstayers at 64% and the proportion who entered by sea at just 13%.