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Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli
iscritti UIL

 

 

 

 

Anno XI n. 36 del 17 dicembre 2013

 

Consultate www.uil.it/immigrazione

Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri

 

18 dicembre Giornata Internazionale dei diritti dei migranti

L’EUROPA SONO ANCH’IO

“MIGRARE: DALL’EMERGENZA ALLA CITTADINANZA

Incontro promosso dalla Campagna L’Italia sono anch’io

Roma, mercoledì 18 dicembre 2013 - Ore 10.30 - Sala polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, via Santa Maria in Via 37

CÉCILE KYENGE, Ministro per l’Integrazione

CARLO FELTRINELLI, Portavoce Campagna L’Italia sono anch’io

F. PAOLO SISTO, Presidente Commissione Affari Costituzionali del Senato

GUGLIELMO LOY, Segretario Confederale UIL

LUIGI CAL, direttore ufficio ILO per l’Italia e San Marino

MOHAMED ABDALLA TAILMOUN, portavoce Rete G2 - Seconde Generazioni

ELVIRA RICOTTA ADAMO, Comitato romano L’Italia sono anch’io

 

 

SOMMARIO

 

 

 

Appuntamenti pag. 2

 

Giornata internazionale dei diritti dei migranti pag. 2

 

Fondazione ISMU: sempre meno immigrati pag. 4

 

ISMU: il rapporto pag. 5

 

Cambiano i flussi migratori pag. 8

 

Pds: ci sarà scritto se sono validi per lavorare pag. 9

 

Seminario transazionale sulle seconde generazioni pag.10

 

I° Conferenza Europea sui servizi sindacali ai migranti pag. 12

 

Il Dipartimento UIL Politiche Migratorie augura a tutti buon Natale e un 2014 migliore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil                                                   

 

Dipartimento Politiche Migratorie

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.


Dipartimento Politiche

Migratorie: appuntamenti


 

 

 

 


Roma, 16 dicembre 2013, ore 15.00, via della Mercede 9

Incontro della Ministra per l’Integrazione Cécile Kyenge ed il Tavolo Nazionale Immigrazione

(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)

Roma, 16 dicembre 2013, ore 10.30, Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri

Giornata internazionale dei Migranti. Convegno: “migrare dall’emergenza alla cittadinanza”

(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)



18 dicembre - Giornata internazionale dei diritti dei migranti

Dall'Italia all’Europa sono anch'io!

Da: http://www.lavorodignitoso.org


Roma, 18/12/13.

Diritto alla cittadinanza e diritto di voto alle amministrative agli stranieri che vivono in Italia. Queste le due richieste che la Campagna "L'Italia sono anch'io" rivolge alle istituzioni italiane nella Giornata internazionale dei diritti dei migranti del 18 dicembre di quest'anno, richieste rivolte ai due rappresentanti, Ministra per l'integrazione Cécile Kyenge e al Presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati, On. Paolo Sisto, presenti oggi all'iniziativa promossa da 25 organizzazioni, fra cui gran parte del mondo sindacale. Si tratta di proposte in realtà non nuove ma per le quali le organizzazioni promotrici si battono ormai da anni affinché vengano finalmente riconosciuti diritti sostanziali alle persone di origine straniera che partecipano e contribuiscono a tutti gli effetti alla vita del nostro paese. Ma l'appello si estende a tutta l'Europa in quanto, come precisato in un comunicato, l'immigrazione va gestita in una dimensione europea partendo proprio dal riconoscimento e armonizzazione delle norme sul diritto di voto alle elezioni amministrative e del Parlamento europeo e delle norme sul diritto di cittadinanza europea agli immigrati stabilmente residenti e ai figli nati in Europa o che si sono trasferiti in tenera età. Oggi, affermano gli organizzatori, la condizione di queste persone è caratterizzata da uno status di cittadinanza diseguale, ed il quadro legislativo dei paesi europei, fortemente disomogeneo, sull'immigrazione è sostanzialmente basato su un approccio proibizionistico di difesa fisica ed identitaria di frontiere nazionali. In una parola forte, ma appropriata, si potrebbe definire una condizione di apartheid. Una situazione, questa, frutto anche di una strumentalizzazione del tema immigrazione da parte di alcuni partiti e movimenti politici in diversi paesi dell'Europa, che hanno investito nel razzismo e la xenofobia per raccogliere consensi fra la popolazione. La Ministra Kyenge raccoglie la sfida e si dice pronta a sostenere una battaglia che deve andare ben al di là del diritto di cittadinanza come riconoscimento formale. "E' necessario promuovere" afferma la Ministra, "una cittadinanza sostanziale affinché gli stranieri siano cittadini attivi del nostro paese". Rivolgendosi al Parlamento, dove è attualmente in esame la riforma delle leggi 91 e 92, la Kyenge auspica che il dibattito tenga conto delle numerose proposte provenienti dalla società civile.
Non si fa attendere la risposta dell’On. Sisto il quale sottolinea la necessità di ottenere il più ampio consenso delle forze politiche affinché la riforma delle leggi non sia solo formale ma sostanziale. “Essere italiano vuol dire sentirsi italiano”, afferma Sisto ed è con questo spirito che la Commissione sta lavorando per raggiungere in tempi brevi un risultato condiviso. Dello stesso parere Guglielmo Loy
, Segretario Confederale della UIL, il quale fa notare che più ampio sarà il consenso politico intorno alla riforma più essa sarà inattaccabile in futuro affinché questi temi “non tornino ad essere una clava politica delle future legislature”. Loy ha definito l’attuale legislazione in materia di immigrazione come “anacronistica”, sottolineando un’evidente contraddizione tra norme e vita reale. Per questo rivolge un invito al legislatore a rivedere un sistema che non funziona più a partire dai permessi di soggiorno, l’accesso al lavoro, i sistemi di trasferibilità delle prestazioni sociali, la scuola, affinché i cittadini stranieri “acquisiscano un reale diritto di cittadinanza”. Luigi Cal, Direttore dell’Ufficio ILO per l’Italia e San Marino, ha ricordato che dei 232 milioni di migranti internazionali, il 90% è composto da lavoratrici e lavoratori in cerca di un lavoro dignitoso e di migliori condizioni di vita. Per questo ha sollecitato il governo italiano a prendere in esame la ratifica della Convenzione ONU sui diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie che “Costituisce ancora oggi lo strumento più completo di tutela su base universale dei diritti umani dei lavoratori migranti, indipendentemente dal loro status giuridico”. E proprio da un approccio basato sui diritti e dal lavoro dignitoso che bisogna partire per affrontare in modo nuovo il fenomeno dell’immigrazione, una realtà strutturale destinata ad aumentare che non può più essere gestita in maniera emergenziale. Cal ha poi definito “fallimentari” le politiche sulla migrazione messe in atto finora dai paesi europei, come dimostrano le tragedie del Mediterraneo, ed ha sollecitato un cambio di rotta in cui anche gli attori chiave dell’economia reale, inclusi i lavoratori migranti, sono chiamati ad essere protagonisti.
Non mancano esempi concreti della contraddizione tra norme e realtà a cui faceva riferimento Loy. La testimonianza diretta di Elvira Ricotta Adamo
, del Comitato romano L’Italia sono anch’io, ci ricorda come giovani cresciuti in Italia siano stati rinchiusi nei Centri di detenzione in quanto ai genitori era scaduto il permesso di soggiorno, o quella di Reas Sayed, del Comitato milanese che ironicamente fa notare come per lui sia stato più facile prendere la laurea in Giurisprudenza che la cittadinanza italiana.
Conclude l’evento Pietro Soldini
della CGIL che, nonostante i buoni propositi espressi dai rappresentanti delle istituzioni, fa notare come ad oggi nessuna delle organizzazioni presenti né tanto meno i sindacati siano stati sentiti dalla Commissione affari costituzionali in merito alla discussione sulla riforma delle leggi 91 e 92. Soldini aggiunge che il parere di chi lavora quotidianamente sul tema dell’immigrazione è fondamentale affinché la riforma sia efficace e vada nel merito delle problematiche esistenti. Un auspicio, quest’ultimo, più volte ribadito dall’ILO a livello internazionale e contenuto in un recente documento che traccia i binari entro i quali l’Organizzazione affronterà la migrazione per lavoro nei prossimi anni. Il documento sottolinea come attraverso la cooperazione e il dialogo sociale “i costituenti tripartiti dell’ILO possono svolgere un ruolo importante nello sviluppo di legislazioni e politiche sulla migrazione per lavoro basate sui diritti, trasparenti e coerenti e che tengano conto dei bisogni del mercato del lavoro”.


 

 

 

 

 

 


Kyenge apre Tavolo su immigrazione e integrazione

fonte ilVelino/AGV NEWSRoma


Roma, 16 dicembre 2013 - La ministra per l’Integrazione Cécile Kyenge - si legge in una nota - ha incontrato, in occasione del “Tavolo sulle tematiche dell’immigrazione e dell’integrazione” i rappresentanti della Amministrazioni , delle Regioni, dell’Anci, dei sindacati e delle Associazioni. Presenti anche il prefetto Angela Pria, Capo Dipartimento per le libertà Civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno e Angelo Forlani Direttore Generale dell’Immigrazione e delle Politiche dell’Integrazione del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Per la ministra scopo del tavolo è: "Avviare incontri periodici per una comune riflessione, sulle attività e sui problemi da affrontare. Tali incontri avranno come obiettivo quello di cercare di semplificare le procedure che coinvolgono i cittadini non italiani, regolarmente residenti nel nostro territorio, in coerenza con le priorità del Governo per la semplificazione dell’azione amministrativa. Questa comune attenzione è poi opportuna per sviluppare politiche di governo che possano consentire di indirizzare la discussione sulla normativa vigente in tema d’integrazione".


 

 

 

 

 

 

 

 

Immigrazione e crisi



larepubblica

 

Immigrati, ne arrivano sempre meno, se ne vanno sempre di più

Il quadro descritto dal XIX Rapporto nazionale della Fondazione Ismu. I nuovi permessi di soggiorno per lavoro sono quasi dimezzati rispetto al 2011 e meno di un quinto rispetto al 2010. Per il 61% degli italiani gli immigrati risorsa vitale.79% è per la cittadinanza ai figli di immigrati nati in Italia. Il 50% vuole mantenere il reato di clandestinità


extracomunitari_big.jpg(http://www.repubblica.it/) Roma, 10 dicembre 2013 -  - Ne arrivano sempre meno, ne vanno via sempre più. Sono cinque milioni. Quelli senza documenti sono sotto quota 300mila: il 6% del totale. È il popolo dei migranti. A fotografarli è il XIX Rapporto nazionale della Fondazione Ismu.

Quanti sono? Al 1° gennaio 2013 la popolazione straniera in Italia è stimata dall'Ismu in 4 milioni 900mila (regolari e non), con un aumento di 275mila unità rispetto all'anno precedente. Un incremento che, a prima vista, può sembrare consistente, ma che è dovuto per più della metà a fattori interni che non dipendono dalla mobilità, quali il saldo naturale (80mila nascite) e i recuperi censuari (72mila stranieri che non erano stati contabilizzati dal censimento 2011). Non a caso i nuovi permessi di soggiorno rilasciati per motivi di lavoro a soggetti extra-Ue sono stati 67mila nel 2012, quasi dimezzati rispetto al 2011 e meno di un quinto rispetto al 2010. Soltanto gli ingressi per ricongiungimento familiare (120mila durante il 2012) non subiscono flessioni, a testimonianza del fatto che il fenomeno migratorio in Italia è sempre più stabile.

Gli invisibili. Al 1° gennaio 2013, l'Ismu stima che non hanno un valido titolo di soggiorno 294mila stranieri. La componente irregolare rappresenta quindi il 6% del totale delle presenze, a conferma del livello quasi "fisiologico" assunto da un fenomeno che i venti di crisi hanno fortemente ridimensionato. 

Flussi in entrata e in uscita. Anche nel 2012 quindi si registra un ulteriore ribasso degli ingressi per lavoro. Sempre più stranieri lasciano invece l'Italia. In base alle revisioni censuarie dell'Istat, l'Ismu calcola che nel 2011 siano circa 200mila gli immigrati che hanno spostato la loro residenza all'estero e stima che anche nel 2012 il numero dei trasferimenti sia stato altrettanto consistente. In aumento pure gli italiani in "viaggio": il numero dei nostri connazionali emigrati verso l'estero è risultato pari a 68mila unità, mentre nel 2011 se ne contavano 50mila (e 40mila nel 2010). Nel 2012 le destinazioni preferite dagli italiani sono state la Germania (oltre 7mila), la Svizzera (oltre 6mila), il Regno Unito (quasi 6mila), la Francia (più di 5mila).  

Scenari futuri. L'Ismu stima che nel 2020 gli immigrati residenti saranno oltre 7 milioni, mentre nel 2035 poco meno di 10. Inoltre nel prossimo ventennio la composizione dello stock di presenze straniere subirà una forte variazione. La componente romena scenderà infatti dal 21% nel 2011 al 15,8% nel 2035, mentre si rafforzeranno le presenze provenienti dal Marocco, che passeranno dal 9,9% nel 2011 al 12,5% nel 2035, e dall'India (dal 2,6% al 5,2% nello stesso lasso di tempo). 

Il mercato del lavoro. Nel primo semestre del 2013 i senza lavoro stranieri sono 511mila, mentre nel 2012 erano 380mila: 72mila in più (+25%) rispetto al 2011. Il più drastico calo di occupati stranieri si registra nell'industria e nell'edilizia: le assunzioni programmate nel 2012 si sono ridotte a un quarto rispetto a quelle del 2007, passando da 227.580 a 60.570, per oltre due terzi concentrate nei servizi e nel turismo. "Detto ciò, un temporaneo azzeramento degli ingressi non stagionali sarebbe un'opzione coerente col quadro macroeconomico attuale".

Cosa pensano gli italiani. Da una recentissima ricerca dell'Ipsos e della Fondazione Ismu è emerso che tra gli intervistati prevale l'impressione che gli immigrati rappresentino una quota eccessiva della popolazione e che il numero degli irregolari sia uguale o addirittura superiore a quello dei regolari. Ma dall'indagine emerge anche che il 61% degli intervistati considera gli immigrati una risorsa vitale. Il 79% è d'accordo a estendere la cittadinanza italiana ai figli di immigrati nati in Italia. Per il 50% degli intervistati l'Italia deve mantenere il reato di clandestinità.


 

 

 

 

 

 

 

 


Comunicato stampa della Fondazione ISMU

 

 

XIX RAPPORTO SULLE MIGRAZIONI 2013


Martedì 10 dicembre 2013 - Al 1° gennaio 2013 la popolazione straniera in Italia è stimata da Ismu in 4 milioni 900mila (regolari e non), con un aumento di 275mila unità (+6%) rispetto all’anno precedente in cui i presenti erano si contavano 4 milioni 625mila[1]. Un incremento che a prima vista può sembrare consistente ma che è dovuto per più della metà a fattori interni che non dipendono dalla mobilità, quali il saldo naturale (74 mila unità alimentate dalle 80mila nascite) e i recuperi censuari (72mila stranieri che non erano stati contabilizzati dal Censimento del 2011). Non a caso i nuovi permessi di soggiorno rilasciati per motivi di lavoro a soggetti extra-Ue sono stati in tutto 67mila durante il 2012, quasi dimezzati rispetto al 2011. Il calo è dovuto al persistere della crisi economica, che ha indubbiamente tolto vivacità al fenomeno migratorio in Italia. La componente irregolare al 1° gennaio 2013 è stimata in 294mila unità (pari al 6% del totale delle presenze). Nel 2012 i disoccupati stranieri sono 380mila, 72mila in più (+25%) rispetto al 2011. Il più drastico calo di occupati stranieri si registra nell’industria e nell’edilizia: le assunzioni programmate nel 2012 si sono ridotte a un quarto rispetto a quelle del 2007, passando da 227.580 a 60.570, per oltre due terzi concentrate nei servizi e nel turismo. Si segnala inoltre che sono sempre di più gli stranieri che lasciano l’Italia: in base alle revisioni censuarie dell’Istat, Ismu stima che nel 2011 siano circa 200mila gli stranieri che hanno spostato la loro residenza all’estero (nel 2010 la stima rivista dall’Istat ne indicava già più di 200mila). Si può supporre che anche nel 2012 il numero dei trasferimenti sia stato altrettanto consistente. Parallelamente è in aumento anche il numero degli italiani che emigrano all’estero: nel 2012 hanno lasciato il Paese 68mila connazionali, mentre nel 2011 erano 50mila (e 40mila nel 2010). Le mete preferite dagli emigrati italiani sono la Germania (oltre 7mila), la Svizzera (oltre 6mila), il Regno Unito (quasi 6mila), la Francia (più di 5mila). Si prevede che nei prossimi anni assisteremo a un progressivo rallentamento dei ritmi di crescita della popolazione straniera presente in Italia: il tasso medio annuo dovrebbe infatti ridursi dall’attuale 7% (2011-2014), all’1,3% circa nel 2030-2034. Per cui nel 2020 gli immigrati residenti saranno oltre 7 milioni, mentre nel 2035 poco meno di 10. Sono questi alcuni dei principali dati del XIX Rapporto nazionale sulle migrazioni 2013, elaborato dalla Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) e presentato il 10 dicembre 2013.

Al convegno, moderato dalla giornalista Francesca Padula de Il Sole 24 ore, hanno partecipato Mariella Enoc Vicepresidente Fondazione Cariplo e Presidente della Fondazione Ismu e Vincenzo Cesareo, Segretario Generale della Fondazione Ismu; Gian Carlo Blangiardo, Fondazione Ismu; Angelo Carbone, Ministero per l’Integrazione; Natale Forlani, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; Rosetta Scotto Lavina, Ministero dell’Interno; Stefano Manservisi, Direttore generale DG Home Affairs, Commissione Europea. Alla tavola rotonda dedicata alle testimonianze hanno partecipato: Astrit Cela, Presidente Associazione Albania & Futuro; Isabel Recavarren, CEFIAL e Foro Euro Latino delle Donne; Jean-Claude Mbede Foudaha, giornalista professionista direttore responsabile di www.all-tv.tv. Nel corso del convegno sono state assegnate due targhe Ismu, una a un italiano Giovanni Assenza per il suo aiuto nel salvataggio dei profughi siriani sbarcati a Ferragosto sulle spiagge di Pachino (Siracusa) in Sicilia, l’altra all’Associazione Gruppo Donne Internazionale per il suo impegno nel sostegno delle donne immigrate.

1) IMMIGRATI IN ITALIA

Al 1° gennaio 2013 la popolazione straniera in Italia è stimata da Ismu in 4 milioni 900mila (regolari e non), con un aumento di 275mila unità (+6%) rispetto all’anno precedente in cui si contavano 4 milioni 625mila[2] presenti. Un incremento che a prima vista può sembrare consistente ma che è dovuto per più della metà a fattori interni che non dipendono dalla mobilità, quali il saldo naturale (74 mila unità alimentate dalle 80mila nascite) e i recuperi censuari (72mila stranieri che non erano stati contabilizzati dal Censimento del 2011). Non a caso i nuovi permessi di soggiorno rilasciati per motivi di lavoro a soggetti extra-Ue sono stati in tutto 67mila durante il 2012, quasi dimezzati rispetto al 2011 e meno di un quinto rispetto a quelli del 2010. Il calo è dovuto al persistere della crisi economica, che ha indubbiamente tolto vivacità al fenomeno migratorio in Italia. Soltanto gli ingressi per ricongiungimento familiare (120mila durante il 2012) non subiscono flessioni significative rispetto agli anni più recenti, a testimonianza del fatto che il fenomeno migratorio in Italia è sempre più stabile, regolare e di tipo familiare. L’immigrazione riguarda tutto il territorio nazionale, anche se tuttora la popolazione immigrata residente si concentra soprattutto nelle regioni del Centro-nord (nell’86% dei casi).

Irregolari. Al 1° gennaio 2013 Ismu stima che non hanno un valido titolo di soggiorno 294mila stranieri. La componente irregolare rappresenta quindi il 6% del totale delle presenze, a conferma del livello quasi “fisiologico” assunto da un fenomeno che i venti di crisi hanno fortemente ridimensionato.

Crollano i flussi in entrata per lavoro. Anche nel 2012 quindi si registra un ulteriore ribasso degli ingressi per lavoro. Nel panorama delle mobilità internazionali il nostro Paese ha perso forza di attrazione: se nel 2010 i permessi di soggiorno per motivi di lavoro erano 350mila, nel 2012 sono scesi a 67mila .

Flussi in uscita: sempre più stranieri lasciano l’Italia. In base alle revisioni censuarie dell’Istat, Ismu calcola che nel 2011 siano circa 200mila gli stranieri che hanno spostato la loro residenza all’estero (nel 2010 la stima rivista dall’Istat ne indicava già più di 200mila). E Ismu ha modo di supporre che anche nel 2012 il numero dei trasferimenti sia stato altrettanto consistente.

In aumento anche gli italiani che si trasferiscono all’estero. Il numero dei nostri connazionali ufficialmente emigrati verso l’estero è risultato pari a 68mila unità, mentre nel 2011 se ne contavano 50mila (e 40mila nel 2010). Le regioni che hanno visto i maggiori aumenti di cancellazioni anagrafiche di italiani nel 2012, rispetto al 2010, sono state il Molise (+147%), la Campania (+137%), la Basilicata (+129%), la Puglia (+120%) e la Sicilia (+96%). Le regioni meridionali quindi dimostrano di essere più in difficoltà rispetto alla Lombardia (+83%) e all’Emilia Romagna (+76%). In termini assoluti dal 2007 in poi, la Lombardia è diventata però la regione capolista per numero di italiani emigrati verso l’estero: dai meno di 4mila del 2002 fino agli 8mila nel 2010 e ai 14mila nel 2012, più del doppio del Veneto (seconda regione in classifica), con circa 7mila unità. Nel 2012 le destinazioni preferite dagli italiani sono state la Germania (oltre 7mila), la Svizzera (oltre 6mila), il Regno Unito (quasi 6mila), la Francia (più di 5mila).

Scenari futuri. Ismu prevede che nei prossimi anni assisteremo a un progressivo rallentamento dei ritmi di crescita della popolazione straniera presente in Italia. Il tasso medio annuo dovrebbe ridursi dall’attuale 7% (2011-2014), all’1,3% tra circa un quarto di secolo (2030-2034). Ciò nonostante si stima che nel 2020 gli immigrati residenti saranno oltre 7 milioni, mentre nel 2035 poco meno di 10. Inoltre nel prossimo ventennio la composizione dello stock di presenze straniere subirà una forte variazione. La componente rumena scenderà infatti dal 21% nel 2011 al 15,8% nel 2035, mentre si rafforzeranno le presenze provenienti dal Marocco, che passeranno dal 9,9% nel 2011 al 12,5% nel 2035, e dall’India (dal 2,6% al 5,2% nello stesso lasso di tempo).

2) LAVORO

Nel 2012 gli immigrati occupati sono 2 milioni 334mila, 82mila in più rispetto al 2011 (+3,7%), grazie soprattutto alle donne che sfiorano un incremento dell’occupazione dell’8%, a fronte di un modesto 0,4% dell’occupazione femminile italiana. Questo aumento è dovuto per oltre l’80% alla crescita di domanda di assistenza familiare, che occupa prevalentemente donne (e che rafforza il fenomeno di segregazione lavorativa delle straniere). Pertanto si segnala che questo incremento dell’occupazione immigrata registra un dimezzamento rispetto agli anni precedenti (tra 2010 e 2011 l’aumento era stato di 172mila unità).

Disoccupazione in aumento. Cresce la disoccupazione, per effetto dell’ampliamento della platea degli attivi, ovvero degli immigrati disponibili al lavoro (nel 2011 erano circa 2milioni 550mila, mentre nel 2012 sono oltre 2milioni 700mila, cioè il 6,1% in più). Nel primo semestre del 2013 i senza lavoro stranieri sono 511mila, mentre 2012 erano 380mila, 72mila in più (+25%) rispetto al 2011. Nei primi sei mesi del 2013 si registra un tasso di disoccupazione del 18%. Mentre nel Mezzogiorno la disoccupazione continua ad essere un problema autoctono di dimensioni drammatiche, nelle regioni tradizionalmente più ricche di opportunità lavorative la disoccupazione ha assunto, in questi ultimissimi anni, un volto sempre più vistosamente “multietnico”. Nelle province del Nord si concentra più del 60% della disoccupazione straniera, e nella ripartizione Nord Ovest quasi un disoccupato su quattro è straniero. Inoltre, mentre le donne straniere continuano ad essere le più colpite dalla disoccupazione, se guardiamo all’evoluzione intervenuta tra il 2011 e il 2012, è la componente maschile ad avere registrato, nell’ambito di specifici contesti territoriali, un vero e proprio tracollo. Nel Mezzogiorno, l’aggravamento del tasso di disoccupazione per gli uomini immigrati è pari addirittura al 43,6%, ovverossia di 13 punti superiore a quello, certo non modesto, che ha colpito i lavoratori autoctoni. Nel “mitico” Nord Est, invece, il tracollo accomuna italiani e immigrati (40,2% l’incremento del tasso di disoccupazione registrato tra i primi, 42,2% tra i secondi) e questo spiega perché, nonostante il consistente differenziale nei tassi di disoccupazione (pari al 12,4% per gli stranieri, ma “solo” al 4,9% per gli italiani), sia proprio in questa ripartizione territoriale che la percezione collettiva del ruolo dell’immigrazione e del suo impatto sul mercato del lavoro rischia di modificarsi nella maniera più drastica.

Crolla l’occupazione immigrata nell’industria e dell’edilizia. Il più drastico calo di occupati stranieri si registra nell’industria e nell’edilizia. Le assunzioni programmate nel 2012 si sono ridotte a un quarto rispetto a quelle del 2007, passando da 227.580 a 60.570, per oltre due terzi concentrate nei servizi e nel turismo. E’ diminuita soprattutto l’incidenza degli stranieri: nel 2007 era il 27% (il 26,9% nell’industria), mentre nel 2012 è il 14,9% (di cui solo il 12% nell’industria). Vuol dire che i settori che nell’ultimo decennio sono stati calamita di manodopera straniera (l’industria e le costruzioni) ora registrano un’inversione di tendenza con un calo della richiesta di manodopera straniera del 48% nell’industria e del 38% nelle costruzioni. Rispetto ai livelli precrisi del 2007, le assunzioni di stranieri nel settore dell’edilizia si sono ridotte dell’80%. Il calo dipende da una minore richiesta di stranieri da parte degli imprenditori, ma anche da una maggiore offerta di italiani in questi settori. L’unico comparto (da sempre caratterizzato da lavoro immigrato) che “tiene” è quello dell’assistenza familiare (che occupa perlopiù donne): secondo i più recenti dati ministeriali gli occupati stranieri nei servizi alla persona crescono nel primo semestre del 2013 del 5%.

Il mercato del lavoro è saturo. E’ dunque del tutto inverosimile ipotizzare nei prossimi anni una crescita del lavoro straniero simile a quella che ha caratterizzato lo scorso decennio. Si presume dunque che l’economia italiana non avrà bisogno di nuovi lavoratori stranieri proprio per la progressiva saturazione della domanda di lavoro tradizionalmente rivolta agli immigrati. O comunque si ipotizza che l’economia italiana avrà una domanda di lavoro straniero che potrà essere più che soddisfatta dagli immigrati presenti o da quelli in arrivo per ragioni umanitarie o familiari. Detto ciò, un temporaneo azzeramento degli ingressi non stagionali sarebbe un’opzione coerente col quadro macro economico attuale. Ismu rimarca inoltre la necessità di puntare su meccanismi di inclusione lavorativa, sociale e fiscale degli immigrati, a beneficio della collettività intera, e fa notare che mancano servizi adeguati a favorire l’effettivo incontro tra domanda e offerta di lavoro. Ad esempio oltre la metà degli stranieri disoccupati nel 2012 ha contattato un centro per l’impiego. Tuttavia, solo il 2,4% ha beneficiato di servizi di consulenza/orientamento, solo lo 0,4% di un’opportunità di formazione e uno solo lo 0,8% ha ricevuto un’offerta di lavoro.

3) SALUTE

Gli immigrati non si curano per motivi economici. Da una rielaborazione dei dati Istat 2011 sulla mancata fruizione di cure dopo l’individuazione di una malattia per il 2011 (ultimo anno disponibile), emerge che l’11,2% di extracomunitari afferma di non essersi rivolto al servizio sanitario nonostante ne avesse bisogno, contro il 7% degli italiani. Il motivo di queste mancate cure è l’impossibilità di sostenere le spese mediche per ben quasi il 90% degli extracomunitari, contro circa il 70% degli italiani. Le liste d’attesa troppo lunghe sono invece percepite come un ostacolo alle cure soprattutto dai comunitari (il 16%, contro l’11,4% degli italiani), mentre non rappresentano alcun problema per gli extracomunitari (il 2,6%). La mancanza di assistenza per motivi economici riguarda anche le patologie dentali: il 18,5% degli extracomunitari dice di non essersi rivolto al dentista nonostante ne avesse bisogno, (contro l’11% degli italiani), e il oltre 93% precisa che non l’ha fatto per i costi eccessivi (contro il 75,6% degli italiani). Altri dati presentati nel rapporto mettono in luce la tendenza ad assumere alcuni comportamenti degli italiani come quelli riproduttivi (numero di figli per donna e età al parto) da parte degli immigrati regolari. Ciò è sicuramente riconducibile, tra le altre ragioni, alla riduzione delle differenze tra le due popolazioni rispetto a stili di vita e condizioni socio-economiche.

4) COSA PENSANO GLI ITALIANI DELL’IMMIGRAZIONE

Cosa pensano gli italiani dell’immigrazione? Da una recentissima ricerca dell’Ipsos e della Fondazione Ismu “L’immigrazione straniera: opportunità, risorse, problemi” è emerso che tra gli intervistati prevale l’impressione che gli immigrati rappresentino una quota eccessiva della popolazione e che il numero dei clandestini sia uguale o addirittura superiore a quello dei regolari. Ma, nonostante la tendenza a sopravvalutare la dimensione quantitativa del fenomeno migratorio, dall’indagine emerge che il 61% degli intervistati considera gli immigrati presenti in Italia una risorsa vitale. Il 79% è d’accordo a estendere la cittadinanza italiana ai figli di immigrati stranieri nati in Italia. Inoltre il 46% ritiene molto positivo il fatto che gli immigrati ci abbiano fatto conoscere nuovi cibi, culture e comportamenti. Il 48% invece ha la netta impressione che l’Unione Europea stia scaricando sull’Italia la soluzione del problema della clandestinità, evitando di occuparsene come dovrebbe. Per il 50% degli intervistati l’Italia deve mantenere il reato di clandestinità.

5) RIFUGIATI

Nonostante i drammatici eventi degli ultimi mesi, non c'e' un esodo biblico di rifugiati verso l'Italia e l'Europa. Dall’analisi dei dati dell’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, emerge che a fine 2012, l'Europa accoglie il 17 per cento dei rifugiati mondiali (10,5 milioni). In Europa infatti ci sono 1 milione e 800mila rifugiati, 245mila in più rispetto a inizio anno (+15,8%). Nella classifica dei principali paesi europei di accoglienza, l’Italia occupa il sesto posto con 65mila persone (7mila in più rispetto al 2011, +12%), mentre la Germania è prima con 590mila unità, la Francia è seconda con 218mila e il Regno Unito è terzo con 150mila.



Blitz quotidianoFlussi migratori cambiano: cercasi lavoro in Brasile, Cile, Malesia. Basta Usa

 


Flussi migratori cambiano: cercasi lavoro in Brasile, Cile, Malesia. Basta UsaNEW YORK – Sembra il sogno di tanti migranti che vanno in America: un lavoro fisso e 500 dollari da mandare ogni mese con Western Union là dove vive la moglie, o il marito, insieme ad un bambino. Questo sogno, semplice e per molti vitale, esiste da anni ed esisterà finche gli squilibri economici provocheranno ingenti flussi migratori. Ma ora quel sogno non prende più vita come prima solo a New York, Los Angeles o Chicago. Tanti migranti dell’America Latina non vanno più verso nord, verso i ricchi Stati Uniti, e si dirigono in un terzo paese. Le singole storie di questi uomini e donne sono la testimonianza di un cambiamento storico nell’andamento dei flussi migratori. Sempre più migranti non cercano più negli Stati Uniti i lavori con paghe migliori che gli permetteranno di spedire le rimesse nei Caraibi, in Asia o in America Latina. Oggi, ad attrarre la forza lavoro, qualificata o diplomata, sono anche tanti paesi detti emergenti, il Cile, il Brasile e la Malesia in testa. I dati sulle rimesse sono uno dei pochi indicatori affidabili sui flussi migratori, poiché è impossibile, per definizione, calcolare precisamente l’emigrazione illegale. Secondo la principale azienda di transazioni economiche, la Western Union, negli ultimi dieci anni metà dei trasferimenti di denaro sono stati generati negli Stati Uniti. Eppure, nel 2012, solo il 30% circa dei trasferimenti riguardavano il paese nordamericano. Le rimesse, che tanta parte hanno contato anche per la storia economica italiana, rappresentano un elemento fondamentale nella lotta contro la povertà. Nel caso di molti paesi in via di sviluppo, i trasferimenti di denaro degli emigranti corrispondono a somme ben più elevate che i veri e propri aiuti internazionali per lo sviluppo. I numeri illustrano il fenomeno meglio di qualsiasi parola. Dieci anni fa i trasferimenti in entrata rappresentavano il 70% delle rimesse transitanti per il Cile. Sono passati l’anno scorso al 40%. In Brasile le rimesse in uscite sono passate dal 10% nel 2002 al 40% di oggi. In questo paese, il fenomeno si accentuerà nei prossimi mesi e anni, grazie tra l’altro ai  Mondiali di Calcio e alle Olimpiadi del 2016. In questo mosaico delle migrazioni che i cambiamenti economici stanno riplasmando, un altro fenomeno degno di nota è l’avvio di unemigrazione dai – e non più verso i paesi sviluppati. La crisi economica, e il suo interminabile strascico di disoccupazione, sta spingendo sempre più giovani diplomati europei, particolarmente colpiti dalla congiuntura, verso paesi emergenti che hanno bisogno di lavoratori qualificati. La Spagna e il Portogallo, in particolare, infoltiscono i ranghi della forza lavoro che fa bagagli in cerca di maggior fortuna in direzione di paesi dell’America Latina o di un’ex colonia portoghese ricca di petrolio come l’Angola.


 

 

 

 

 

 

 

 


Immigrazione: Italia seconda per valore rimesse


Mentre la commissione Libertà civili del Parlamento europeo approva la bozza del regolamento sulle politiche di accoglienza in mare dei migranti, l'Eurostat pubblica i dati sulle rimesse dei lavoratori immigrati nell'Ue: nel 2012 l'Italia era al secondo posto per entità dei flussi di denaro diretti ai paesi di provenienza.

Il regolamento sulla sorveglianza delle frontiere esterne

La bozza di regolamento approvata dalla commissione Libe del Pe mira a rimuovere la confusione dovuta a interpretazioni divergenti del diritto internazionale da parte degli stati membri, chiarendo come le guardie di frontiera impegnate nelle operazioni marittime coordinate dal Frontex dovrebbero approcciarsi ai migranti intercettati o soccorsi in mare. Gli eurodeputati hanno inserito disposizioni per migliorare la certezza del diritto e garantire il rispetto del principio di 'non-refoulement', in base al quale i rifugiati non possono essere respinti "verso i confini di territori in cui la loro vita o la loro libertà sarebbero minacciate a motivo della razza, della religione, della cittadinanza, dell'appartenenza a un gruppo sociale o delle opinioni politiche". Agli stati membri gli europarlamentari hanno poi chiesto di non scoraggiare le barche che prestano assistenza alle persone in pericolo in mare e di istituire una sede operativa del Frontex nel Mediteranneo, per migliorare il coordinamento tra i paesi Ue e assicurare la condivisione delle responsabilità. Una proposta, quest'ultima, che secondo il vicepresidente della commissione Libe Salvatore Iacolino (Fi-Ppe) "va nella direzione auspicata sia dal Parlamento che dal Consiglio dopo i tragici fatti di Lampedusa: ovvero un maggiore controllo delle zone sottoposte a rilevanti flussi migratori, come la Sicilia".

Il voto in commissione, atteso inizialmente per il 5 dicembre e poi rimandato a questa settimana, dà mandato al relatore Carlos Coelho (Ppe) di avviare i negoziati con il Consiglio dei Ministri dell'Unione, in vista di un accordo in prima lettura sul regolamento entro marzo 2014.

Rimesse lavoratori

Il valore dei flussi di denaro da parte dei migranti verso i paesi di origine - le cosiddette rimesse dei lavoratori - ha raggiunto nel 2012 la cifra di 38,8 miliardi di euro nell'Ue a 27. Di questi, rileva l'Ufficio statistico dell'Unione europea, 28,4 miliardi di euro sono andati a paesi extra-Ue, mentre il resto è rimasto all'interno dell'Unione.

In testa alla classifica europea, per entità delle somme trasferite ai paesi di provenienza, la Francia, con rimesse per 8,8 miliardi di euro nel 2012, di cui il 69% verso paesi extra europei. A seguire l'Italia, con 6,8 miliardi (in calo rispetto ai 7,3 miliardi del 2011), di cui l'84% fuori dall'Ue. Francia e Italia, insieme a Spagna, Regno Unito e Germania rappresentano da soli oltre l'80% delle rimesse totali registrate dall'Eurostat.


 

 

 

Società


Permessi di soggiorno. Ci sarà scritto sopra se sono validi per lavorare


Roma – 12 dicembre 2013 – Presto sarà più facile capire se un permesso di soggiorno consente di lavorare e cambierà la procedura per l’esame delle domande dei flussi d’ingresso. Inoltre, i tempi massimi previsti dalla legge per il rilascio, il rinnovo o la conversione dei permessi di soggiorno stanno per triplicare. Non è però il caso che milioni di immigrati si preoccupino: difficile peggiorare la situazione attuale.

A riscrivere alcuni passaggi del Testo Unico sull’Immigrazione è unoschema di decreto legislativo varato il 3 dicembre dal consiglio dei ministri per recepire l’ennesima direttiva europea, la 2011/98. Riguarda la “Procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di Paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro”.

In realtà l’Italia ha ben poco da recepire, perché la sua normativa è già abbastanza in linea con quella direttiva. La procedura che porta gli stranieri in Italia con i flussi termina infatti con il rilascio di un documento che è valido per soggiornare e per lavorare. Inoltre, altra previsione della direttiva, c’è già una sostanziale parità di trattamento e di diritti tra lavoratori stranieri regolari e lavoratori italiani.

Lo schema di decreto legislativo, sul quale il Parlamento dovrà esprimere il suo parere, introduce però alcune novità importanti.

Innanzitutto, prevede che sui permessi di soggiorno che autorizzano anche un’attività lavorativa venga inserita la dicitura “Perm. Unico lavoro”. Questo consentirà a un aspirante datore di lavoro di capire subito se può assumere anche un immigrato che è arrivato in Italia per un motivo diverso dal lavoro (ad esempio per motivi familiari, grazie a un ricongiungimento), ma che comunque, secondo la legge, può cercarsi un’occupazione.

Ci sono poi altre norme che potrebbero fare scalpore. Viene modificato l’articolo del Testo Unico secondo il quale “il  permesso di soggiorno è rilasciato, rinnovato o convertito entro venti giorni dalla data in cui e' stata presentata la domanda”, innalzando il termine a sessanta giorni. E diventano sessanta, rispetto agli attuali quaranta, anche i giorni entro cui lo Sportello Unico per l’Immigrazione dovrebbe esaminare una domanda per i flussi e concedere il nulla osta all’ingresso del lavoratore in Italia.

Improbabile, comunque, che queste nuove norme abbiano effetti pratici. Alzi la mano l’immigrato che è riuscito a farsi rinnovare un permesso di soggiorno in venti giorni. Oppure il datore di lavoro che ha ottenuto in quaranta giorni il via libera all’ingresso di un lavoratore straniero. Parliamo infatti di procedure la cui durata reale, con buona pace di quello che dice la legge, non si misura in giorni, ma in mesi, se non in anni.

Infine, il decreto dice che le domande per le assunzioni dall’estero “sono esaminate nei limiti numerici” stabiliti dal decreto flussi. Le domande che superano questi limiti possono essere esaminate solo “nell’ambito delle quote che si rendono successivamente disponibili”.

Le ricadute di questa norma semplificheranno il lavoro degli Sportelli Unici per l’Immigrazione. Una volta terminate le quote, potranno infatti ignorare tutte le altre domande, senza più essere tenuti ad emettere e motivare migliaia di rigetti.

Elvio Pasca, Stranieri in Italia

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2011/98/UE relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di Paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di Paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro


 

 

 

 

 

 

 

 

Seconde Generazioni


UP2YOU - UNITING PRACTICES FOR 2nd GENERATION YOUth

Seminario transnazionale

“Seconde generazioni e incontri tra domanda e offerta nel mondo del lavoro”

Di Angela Scalzo


Roma, 5 dicembre 2013 - “UP2YOU. Uniting Practices for 2nd generation YOUth” è un progetto europeo, finanziato dalla DG Occupazione, destinato ai figli di seconda generazione di cittadini stranieri, nonché a stakeholders e a policy-makers, il cui obiettivo è favorire l’inserimento lavorativo dei figli di cittadini stranieri attraverso lo studio di percorsi formativi e delle politiche di inserimento lavorativo, nonché la raccolta di buone prassi, in quattro Paesi europei: Francia, Germania, Italia e Spagna.

Il Progetto prevede inoltre l’organizzazione di quattro seminari transnazionali finalizzati a promuovere un processo di mutuo apprendimento e stimolare una riflessione locale e transnazionale su alcune tematiche specifiche, quali:

1.     Pratiche mirate a formazione e training (Spagna);

2.     Pratiche mirate all’impiego (Germania);

3.     Creazione di opportunità per i giovani di seconda generazione (Francia);

4.     Incontro tra domanda e offerta nel mondo del lavoro e giovani 2G (Italia).

I Partner di progetto provengono da 6 Paesi EU, ossia: Italia (IPRS capofila; Ital-Uil; Municipio Roma 3, SOS Razzismo Italia); Germania (CJD Hamburg; UIM-NRW); Francia (Ital-Uil Lille); Spagna (Coined, Uim Spagna); Romania (Asociatia Latina); e Repubblica Ceca (Uim Rep.Ceca).

Il Seminario Transnazionale “Seconde generazioni e incontro tra domanda e offerta nel mondo del lavoro” svolto a Roma, presso la sede dell’IPRS, ultimo dei quattro, ha inteso approfondire il tema del ruolo delle cosiddette “Seconde generazioni” di migranti nel mercato del lavoro attuale.

Giuseppe Casucci, Coord. Nazionale Dip. Politiche Migratorie UIL ha, infatti, introdotto il seminario con una relazione dal tema: “Immigrati e lavoro n Italia: uno sguardo alle seconde generazioni”, fornendo una puntuale e qualificata base al dibattito, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.

In particolare, il seminario ha voluto evidenziare come alcune delle caratteristiche proprie dei giovani di 2G rappresentino oggi un valore aggiunto agli occhi dei datori di lavoro – non a caso si parla sempre più spesso del “valore economico/commerciale delle competenze interculturali”.

Alessia Mefalopulos, dell’IPRS, ha quindi evidenziato il ruolo svolto dal positivo bagaglio multiculturale proprio dei giovani di seconda generazione, attraverso una relazione dal titolo” Giovani di 2G e mercato del lavoro: multiculturalità come risorsa”.

E’ stato posto l’accento sulle possibilità concrete per questi giovani di capitalizzare tali competenze e “rivenderle” in quanto punti di forza strategici in una prospettiva di mercato. Uno spaccato di inserimento altamente qualificato attraverso un intervento testimonianza “ Giovani di 2G tra domanda e offerta di lavoro. L’esperienza dell’Agenzia BONBOARD” è stato proposto da Stefania Celsi, Amministratore delegato di AD Agenzia BONBOARD di Milano. Non è mancato, inoltre, di mettere a fuoco i più comuni fattori che limitano l’accesso delle seconde generazioni al mondo del lavoro, in primis la discriminazione. Lo ha fatto, Angela Scalzo, segretario generale di SOS Razzismo Italia, attraverso le voci di alcuni ragazzi di discendenza straniera che frequentano i servizi dall’Associazione. “Servizi utili a superare le barriere cosparse di discriminazioni che li separano da un sano ambiente di lavoro, un diritto quello al lavoro, che la nostra Costituzione mette al primo posto!”.

“Mi chiamo Roxana, sono filippina di seconda generazione anche se io non mi sento seconda a nessuno, afferma orgogliosa! Semmai io sono la prima della mia famiglia ad essere nata in Italia, a Roma, mi sono diplomata in ragioneria ma faccio la commessa a tempo pieno per 600 euro al mese. Non mi sono mai sentita discriminata a scuola o per strada ma nell’ambiente di lavoro si! La mia collega italiana viene pagata più di me, eppure lei non ha neanche un diploma di scuola media superiore. Parla un italiano peggiore del mio, mentre io parlo anche l’inglese con i clienti stranieri, senza considerare che le ragazze filippine vengono a comprare al negozio dove lavoro, perché ci sono io. Mi spieghi perché c’è questa disparità?”

Tamara invece fa la cassiera al supermercato di Piazza Bologna, lei si è diplomata in una scuola professionale ed è contenta del suo lavoro. “tutti mi trattano bene” mi fanno i complimenti per come lavoro, persino i clienti vogliono essere serviti da me, perché sono paziente e gentile con tutti, infatti la mia fila è sempre quella più lunga…ma io sono veloce, aggiunge soddisfatta! Lo stipendio è uguale a quello degli altri dipendenti. .. Ma, io Tamara la conosco e lei con timore mi dice “mi raccomando non dire a nessuno chi sono, altrimenti mi licenziano!” . Tamara è una ragazza Sinti e vive ancora nel campo sosta sull’Olimpica ed ha avuto il posto perché non ha dichiarato la sua vera identità Romanì.

Anche Mohamed , di nazionalità egiziana lavora, a dispetto della crisi, lavora nel ristorante sulla salaria, dove ha fatto l’apprendistato come cameriere di sala. Certo non inquadrato con la sua qualifica, e nemmeno pagato adeguatamente per le mansioni che svolge, nonostante gli orari lunghi e disagiati. “Ma almeno lavoro nel mio campo”, dice! E forse un giorno riuscirò anche ad aprirmi un piccolo ristorante, dove, te lo giuro, farò lavorare tutti i miei connazionali…basta che siano bravi, aggiunge!

Mustafà è del Bangladesh e fa il garagista in via Tiburtina, in patria faceva l’insegnante ! Lavora sia di giorno che di notte. La sua casa è il garage. Non ha orari per se a parte due pomeriggi a settimana nei quali viene sostituito, a sue spese. Lo chiamano marocchino o cappuccino, per via del colore della sua pelle! Ma lui sorride, sopporta i nomignoli! Per me, mi dice, la cosa più importante è inviare i soldi alla mia famiglia. A Me bastano 200 euro gli altri 500 li spedisco a loro…, sono tutti al nero, ma speriamo che dura…con questa crisi!

E’ indubbio , come evidenziano le quattro testimonianze fatte a noi di SOS Razzismo, prese a campione, che l’occupazione giovanile straniera si differenzia da quella italiana per una miriade di aspetti: a partire dalle discriminazioni etniche ma anche razziali, religiose e di genere ; dalla retribuzione inferiore , da un inquadramento inadeguato in merito alla qualifica , da orari di lavoro più lunghi e più disagiati, dal non riconoscimento dei titoli di studio, dalle mancate referenze, legate, soprattutto al lavoro irregolare o addirittura sommerso o peggio ancora sfruttato.

·       Certo esiste anche una ricerca della Fondazione Moressa che ha evidenziato pure le positività, in ambito lavorativo, dei giovani stranieri in rapporto ai coetanei italiani: a partire dai tassi di disoccupazione inferiori. Dato, quest’ultimo, spiegabile dall’accettazione incondizionata di qualsiasi tipo di lavoro, da parte dei ragazzi stranieri.

·       Dalla loro velocità, in rapporto ai loro coetanei italiani, a trovare lavoro, semplicemente perché l’esigenza di lavorare è più forte della scelta legata al grado di soddisfazione del lavoro stesso. In effetti la quasi totalità degli impieghi stranieri ricopre professioni operaie (83,2%) e appena il 10,2% da professioni impiegatizie. Se osserviamo, invece, la componente italiana gli impiegati sono quasi la metà (49,0%), mentre per gli operai si tratta appena del 42,3%.

·       Dai contratti più stabili e dai pochi contratti atipici che risultano essere solo un quarto, rispetto a quelli degli italiani, semplicemente perché sotto inquadrati! Su 100 giovani operai ben 26 sono stranieri, quando in media si calcolano 14 giovani stranieri ogni 100 giovani.

·       Dai livelli di scolarizzazione medio bassa, rispetti ai coetanei italiani, il 36% possiede, infatti, la licenza media inferiore, dato, quest’ultimo spiegabile dall’ anticipato avviamento al lavoro dei ragazzi stranieri, nati o vissuti nel nostro Paese. Ma anche dal bagaglio scolastico conseguito in Italia, meno qualificato dei giovani cittadini italiani, perché, nonostante le capacità individuali i ragazzi di origine straniera, vengono indirizzati obbligatoriamente verso qualifiche professionali, più brevi , meno dispendiose, con uno sbocco che loro stessi definiscono “concreto” e “immediato”, nel mondo del lavoro.

Apparenti positività che svaniscono con un’approfondita analisi del contesto migratorio nel quale i ragazzi di discendenza straniera vengono a trovarsi.

Da un’approfondita ricerca sull’apprendistato svolta dalla Provincia di Roma, alla quale io, in prima persona, ma soprattutto SOS Razzismo ha partecipato attivamente, unitamente ai Centri per l’Impiego (come quello di Monterotondo, oggi presente), ai Sindacati, all’Associazionismo ed alle Aziende, e rivolta ai figli dei cittadini stranieri soggiornanti sul nostro territorio, è emerso quanto la mancata informazione delle comunità di immigrati ma soprattutto delle nostre istituzioni scolastiche , luogo, quest’ultimo, deputato all’orientamento, siano colpevoli del suo non utilizzo , ai fini di un ulteriore , possibile inserimento lavorativo per i giovani di origine straniera . Pertanto: ignoranza, mancanza di orientamento scolastico, disinformazione capillare alle comunità straniere, insensibilità, mancato coinvolgimento delle aziende fanno sì che uno strumento valido, di aiuto ad un possibile inserimento qualificato e facilitato, in questo lungo momento di crisi sia , di fatto , inutilizzato totalmente. Se a questo si aggiunge poi il non interesse delle aziende, l’insensibilità verso la formazione professionale obbligatoria, prevista dalla strumento apprendistato, il cerchio si richiude su se stesso impedendo , di fatto l’utilizzo di questo potenziale strumento. Negli oltre 500mila giovani occupati di origine straniera (511 per l’esattezza, ultimo dato ISTAT) si registra un tasso di attività, ossia il rapporto tra la forza lavoro e la popolazione, pari al 54% circa, contro un 41% dei coetanei italiani, dai 15 ai 30 anni, quest’ultimi alle prese con i loro studi superiori e universitari.

Perché dice Amina, nata e vissuta in Italia, ma non ancora cittadina italiana, figlia di genitori capoverdiani, io che mi sono diplomata con il massimo dei voti, lavorando e studiando, non posso andare all’università, perché gli unici lavori che mi propongono sono quelli di colf o badante, perché quando li accetto la mia retribuzione è sempre inferiore, perché quando faccio vertenza mi chiedono sempre di pattuire un accordo chiaramente nato da una iniziale discriminazione, eppure , l’immigrazione in Italia nasce con le donne straniere con mia madre che con le altre donne ha sempre lottato per rivendicare i diritti delle proprie connazionali . Ed è con le domande interrogatorie di Amina che vi lasciamo, affinché siano, a noi tutti, di monito e di sprono a fare meglio, a fare di più!


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CES/ETUC


Bruxelles, 12 dicembre 2013 - ITUH - Auditorium

I° Conferenza Europea sui servizi sindacali ai migranti


Roma, 17 dicembre 2013 - Si è tenuta il 12 dicembre 2013 a Bruxelles, la I° Conferenza sui servizi sindacali ai migranti. L’evento è stato organizzato dalla CES come parte delle attività previste in uno specifico progetto (ETUC A4I – Etuc initiative to implement european network of assistance for integration of migrant workers and their families – Home/2012/EIFX/CA/CFP/4216) finanziato dalla UE. L’iniziativa ha coinvolto sindacati provenienti da 18 Peasi: Spagna, Belgio, Olanda, Francia, Regno Unito, Italia, Germania, Svizzera, Irlanda, Repubblica Ceca, Romania, Lussemburgo, Polonia, Ungheria, Finlandia, Slovenia, Bulgaria e Grecia. La conferenza ha visto la partecipazione di oltre 100 rappresentanti sindacali ed esperti convocati a Bruxelles dalla CES, di cui 38 provenienti dall’Italia. La UIL era rappresentata da Giuseppe Casucci, Michele Berti, Artan Mullaymeri e Qamil Zejnati, Presenti anche due rappresentanti dell’Ital – UIL del Belgio. Il seminario era presieduto da Luca Visentini, Segretario Confederale CES con delega sull’immigrazione e coordinato dall’esperto Marco Cilento. Tra gli invitati: Laurent Muschel, direttore nella DG Home Affairs per l’immigrazione e l’asilo e Luis Miguel Pariza del Comitato Economico e Sociale/ Forum europeo per l’Integrazione. I lavori della giornata sono stati strutturati in tre differenti workshops: il primo sulla “contrattazione collettiva per la protezione dei diritti dei migranti e la loro integrazione”; il secondo sui “servizi sindacali per i migranti e le loro famiglie”; il terzo: sulla affiliazione ai sindacati e l’organizzazione dei migranti.

1. Contesto

Nel merito la Conferenza ha tracciato l’impegno della UE nel definire quadri comuni per l’ingresso e il lavoro dei cittadini di paesi terzi (direttive “Permesso unico”, “Carta blu” e “Ricongiungimento familiare”). Inoltre, altre tre direttive, in fase di negoziazione fra il PE e il Consiglio, sono destinate ad aprire canali legali per migranti stagionali, per dipendenti di società multinazionali (ICT), e per studenti, alunni, ricercatori, volontari e persone collocate alla pari. Nel complesso, la legislazione UE fissa le modalità con cui i cittadini dei paesi terzi accedono al mercato del lavoro e definisce i diritti minimi di cui possono beneficiare una volta occupati nel territorio dell’UE.

La politica d’integrazione si basa sulla comunicazione “Agenda europea per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi” (2011) e sui principi comuni di base sull’integrazione adottati dagli Stati membri. I cittadini di paesi terzi nell’UE sono circa 20 milioni. Questa cifra non tiene conto di coloro che sono stati naturalizzati ma che ancora hanno bisogno di integrazione e inclusione nelle comunità di accoglienza. Il numero dei cittadini di paesi terzi aumenterà rapidamente nei prossimi decenni. I cambiamenti demografici e le inefficienze del mercato del lavoro saranno elementi propulsori della migrazione economica. Il contributo dei migranti all’economia UE rappresenta una questione strategica per una ripresa che sia fonte di occupazione dell’economia UE. I flussi migratori gestiti correttamente sono considerati una risorsa nella strategia UE2020 e nel “Piano di ripresa fonte di occupazione”. La presenza in aumento di cittadini di paesi terzi nei mercati del lavoro nazionali ha spinto le parti sociali a intraprendere azioni specifiche per affrontare sfide imposte da una forza lavoro più ricca ma diversificata. Almeno tre aspetti delle politiche di migrazione stanno cambiando i sistemi delle relazioni industriali in tutta Europa:

- contrattazione collettiva se fatta su misura sulle esigenze specifiche dei migranti;

- le strutture del mercato del lavoro devono (o dovrebbero) essere modificate per diventare accessibili ai cittadini non UE;

- servizi e strutture per l’integrazione dei migranti sono gestiti dai sindacati per evitare esclusione e ghettizzazioni.

2. Sindacalismo veicolo d’integrazione

La partecipazione attiva dei migranti nel movimento sindacale è un fattore determinante di integrazione. È anche un modo per garantire la parità di trattamento sul posto di lavoro e nel mercato del lavoro. In tal modo, i sindacati (e le relazioni industriali in generale) svolgono un ruolo determinante nell’evitare una ulteriore frammentazione del mercato del lavoro e della società nel suo complesso. Inoltre, l’azione sindacale integra quella delle autorità pubbliche nel fornire assistenza ai cittadini di paesi terzi. I tagli operati ai bilanci pubblici mettono a repentaglio l’assistenza fornita ai migranti dallo Stato o dalle autorità locali. Una ragione in più per preservare la capacità di assistere i migranti che i sindacati hanno maturato finora. Il Piano d’azione della CES sulla migrazione definisce una piattaforma comune per i sindacati in Europa nel campo della migrazione. In esso, si chiede alla CES di agire per una nuova concezione del fenomeno migratorio: una concezione incentrata su solidarietà, partecipazione e assistenza diretta. L’azione della CES sarà anche destinata a mostrare il grande valore portato dai migranti in termini di dinamismo e arricchimento culturale delle comunità locali in cui si insediano.

3. I Conferenza Europea dei Servizi Sindacali per i migranti

La Conferenza si è proposta di fare un quadro delle pratiche sindacali mirate a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei migranti. L’obiettivo è anche quello di trasferire conoscenze e competenze nell’attuazione, da parte dei sindacati, delle politiche sulla migrazione. La maggior parte dei sindacati in Europa ha un’agenda riguardante i migranti. Si tratta di politiche nazionali, spesso attuate a livello locale. Significa che esistono molte pratiche della contrattazione collettiva, dei servizi e della gestione del mercato del lavoro, ma sono poco conosciute a livello europeo. I tre workshop paralleli, organizzati durante la conferenza, hanno approfondito le tecniche usate dalle parti sociali nel campo della contrattazione collettiva e dell’accesso alle strutture del mercato del lavoro per fornire servizi ai migranti e assicurare la loro affiliazione e partecipazione attiva alla vita sindacale. La conferenza ha incoraggiato uno scambio sulle seguenti tematiche. 1. Condividere il know-how e lo sviluppo di capacità riguardanti le strutture di integrazione e di mobilità del lavoro.

2. Promuovere l’affiliazione dei migranti e la loro partecipazione alla vita interna dei sindacati.

3. Creare una rete a livello europeo per facilitare lo scambio di pratiche, anche di cogestione dei servizi nuovi e già esistenti.

4. Migliorare visibilità e accessibilità dei servizi forniti dai sindacati anche utilizzando un’etichetta comune UE.

5. Migliorare la raccolta dei dati per migliorare flussi e stock di migranti.

La prima Conferenza europea dei servizi sindacali per i migranti è solo il primo passo del piano pluriennale della CES nell’ambito dei servizi ai migranti.

6. Il progetto CES A4I

Il progetto CES A4I definisce una rete sindacale transnazionale per “l’assistenza all’integrazione” (A4I) di cittadini di paesi terzi, e un’azione pilota basata sul partenariato transnazionale fra i sindacati e le loro associazioni di migranti situate in sei paesi. La rete A4I migliora la qualità e l’accessibilità alle strutture di integrazione a vantaggio dei cittadini dei paesi terzi e delle comunità locali in una logica di processo di integrazione bidirezionale. L’azione pilota realizza servizi innovativi in un ambiente transnazionale e promuove lo scambio di buone pratiche nel gestire strutture per l’integrazione. L’azione pilota sperimenta la rete A4I in 20 uffici front-desk in Spagna, Italia, Irlanda, Germania, Romania e Slovenia.


 



[1]     La differenza rispetto alla valutazione relativa all’anno precedente (1° gennaio 2012) è dovuta alle revisioni anagrafiche derivanti dall’allineamento ai risultati del Censimento del 2011.

[2]     La differenza rispetto alla valutazione relativa all’anno precedente (1° gennaio 2012) è dovuta alle revisioni anagrafiche derivanti dall’allineamento ai risultati del Censimento del 2011.