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La tutela previdenziale degli immigrati:
problemi e prospettive
Scheda di presentazione della ricerca in corso
Convegno EMN Italia del 9 dicembre 2013
Sala INAIL, piazza delle Cinque Giornate 1, Roma
Un dibattito di rilevante portata
Non sono ricorrenti i convegni sulla tutela previdenziale degli immigrati, a differenza di quanto avviene per altri temi a carattere meno tecnicistico. Si tratta, tuttavia, di una materia che riguarda da vicino circa 2,5 milioni di lavoratori stranieri e, poiché la sicurezza sociale copre per diversi aspetti anche i familiari, la popolazione di riferimento coinvolge almeno 4,4 milioni persone se si fa riferimento ai residenti, 3,8 milioni se si guarda solo ai soggiornanti non comunitari, ma circa 5,2 milioni di persone regolarmente presenti secondo la stima del Dossier Statistico Immigrazione UNAR/IDOS.
La previdenza, infatti, non riguarda i lavoratori solo dopo che si ritirano dal lavoro bensì durante l’intera loro carriera, anche ai fini preventivi, e si fa carico anche della situazione familiare.
La legislazione previdenziale italiana ha fondamentalmente un carattere aperto nei confronti dei lavoratori stranieri. Tale caratteristica non risolve, però, tutti i problemi. Per questo motivo, nel 2013, la copertura previdenziale degli immigrati è stata scelta come tema di studio nel dall’European Migration Network Italia. Il Ministero dell’Interno, prima di presentare a Bruxelles il Rapporto sulla situazione italiana, ha chiesto al Centro Studi e Ricerche IDOS di organizzare un confronto con gli istituti previdenziali (a partire dall’INPS e dall’INAIL), gli istituti di patronato (dei sindacati e delle altre associazioni), gli avvocati e il mondo della ricerca.
Le prestazioni erogate dall’INAIL sono diverse: l’indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta, l'indennizzo per la menomazione dell’integrità psicofisica (danno biologico), la rendita diretta per inabilità permanente, le prestazione per gli infortuni in ambito domestico, la rendita di passaggio per silicosi e asbestosi (e la prestazioni economica aggiuntiva), la rendita ai superstiti, il beneficio una tantum ai superstiti di infortuni mortali, l'assegno funerario, l'assegno per assistenza personale continuativa, lo speciale assegno continuativo mensile.
Ancor più differenziate sono le prestazioni a carico dell’INPS: pensioni (inabilità, vecchiaia e superstiti), disoccupazione (agricola e non agricola), mobilità, cassa integrazione guadagni, trattamento di fine rapporto, assegni al nucleo familiare, malattia, assegni familiari dei comuni, maternità e paternità, assistenza ai disabili, assegno cure tubercolari, cure balneo-termali, assegno maternità dello Stato e dei Comuni, congedi parentali e riposi per allattamento. Seppure a carattere non strettamente previdenziale, è importante ricordare in questa fase di difficoltà economiche che l’INPS, attraverso delle convenzioni con le banche, eroga dei prestiti fino a 10 anni, da coprire con un prelievo fino a un quinto della pensione.
I dati statistici disponibili
Come evidenzia la tabella che segue, i quadro delle prestazioni a carico dell’INPS in pagamento nel 2012 a cittadini nati all’estero in paesi non facenti parte dell’UE, contrariamente a quanto talvolta si afferma, non è caratterizzato da un abnorme eccesso di questi lavoratori alle prestazioni erogate.
ITALIA. Politiche del lavoro e di welfare erogate a favore di stranieri non comunitari (2012)
Tipo di prestazioone |
Totale |
di cui non UE |
di cui F |
% su totale |
Integrazione salariale ordinaria |
683.448 |
72.705 |
6,0 |
10,6 |
Integrazione salariale straordinaria |
731.721 |
49.942 |
19,6 |
6,8 |
Indennità di mobilità |
281.256 |
15.540 |
20,1 |
5,5 |
Disoccupazione ordinaria non agricola* |
1.424.929 |
185.371 |
47,4 |
13,0 |
Disoccupaz. Ordinaria non agricola con requisiti ridotti** |
552.985 |
53.420 |
N.D. |
9,7 |
Disoccupazione agricola** |
520.375 |
55.171 |
N.D. |
10,6 |
Pensioni contributive (invalidità, vecchiaia, superstiti) |
14.635.669 |
29.819 |
62,3 |
0,2 |
Pensioni assistenziali |
3.630.337 |
38.021 |
73,8 |
1,0 |
Maternità obbligatoria*** |
388.869 |
32.542 |
100,0 |
8,4 |
Congedi parentali |
285.071 |
14.933 |
81,5 |
5,2 |
Assegno per il nucleo familiare |
2.876.053 |
319.296 |
18,1 |
11,1 |
NB. Gli assicurati non comunitari sono pari al 7,9% dei dipendenti d’azienda; 47,6% dei domestici; 10,3% degli stagionali.
* Include anche i trattamenti speciali edili, sia degli stranieri non comunitari che di quelli comunitari.
** Dati al 2011.
*** Include lavoratori dipendenti, autonomi e parasubordinati, sia comunitari che non comunitari.
FONTE: Dossier Statistico Immigrazione 2013. Elaborazioni su dati INPS
Per avere un’idea delle prestazioni che l’INAIL eroga ai lavoratori nati all’estero nel corso di un anno bisogna far riferimento ai rischi da loro subiti: nel 2013 si è trattato di 104.330 denunce di infortuni e di 2.850 malattie professionali.
Non si dispone di dati aggiornati sugli interventi effettuati dal Servizio Sanitario Nazionale ma, anche in questo caso contrariamente a un’opinione diffusa, da precedenti studi effettuati da rappresentanti della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (la più estesa rete di esperti delle strutture pubbliche e del privato sociale operante in Italia) risulta che, in proporzione, per numero di interventi e per relative spese gli stranieri, inclusi anche gli irregolari, pesano meno degli italiani sulle finanze pubbliche. Quanti sono venuti direttamente dall’estero, per farsi curare a loro spese in Italia, nel 2012 sono stati 3.510.
I versamenti contributivi dei lavoratori stranieri ammontano a circa 7 miliardi di euro l’anno e, trattandosi di una popolazione giovane, vengono marginalmente utilizzati a copertura delle loro pensioni. Uno studio condotto nel 2007 da IDOS congiuntamente con l’INPS (Terzo Rapporto su immigrati e previdenza negli archivi INPS, Edizioni IDOS, Roma 2007, pp. 167 ss.) ipotizzava per il periodo 2005-2020, in applicazione della normativa allora vigente, un progressivo aumento del numero dei pensionati stranieri, tuttavia relativamente contenuto (da 6.290 nuovi pensionati l’anno inizialmente a 35mila nell’ultimo anno di quel periodo, pari a 1 pensionato ogni 26 presenze straniere, mentre tra gli italiani già attualmente si conta 1 pensionato ogni 5 residenti). Questa ricerca, che conteneva disaggregazioni anche sulle principali collettività, ipotizzava che nel 2020 ci sarebbero stati 35.525 pensionati tra gli ucraini, 30.525 tra gli albanesi, 25.970 tra i romeni, 21.410 tra i polacchi, 21.410 tra i filippini e 11.290 tra i cinesi.
Nel convegno dell’EMN la previsione sull’ingresso degli immigrati in età pensionabile viene aggiornata dal demografo Renato Marinaro (Caritas Italiana), già autore di un intervento analogo sul Dossier Statistico Immigrazione 2010. Tenuto conto della nuova normativa, che ha elevato l’età pensionabile e il requisito contributivo, i cittadini stranieri presenti in Italia, che nel 2010 hanno inciso per l’1,5% sugli ingressi in età pensionabile, porteranno la loro incidenza al 2,6% nel 2015, al 4,3% nel 2020 e al 6,0% nel 2025, anno in cui si stima che gli ingressi in età pensionabile saranno 43mila tra gli stranieri e 747mila tra gli italiani, per cui i pensionandi immigrati passeranno da 1 ogni 46 (all’inizio del periodo) a 1 ogni 19 pensionandi. È evidente che il differenziale pensionistico tra le due popolazioni andrà riducendosi, ma permarranno tuttavia significativi margini che vanno a beneficio della gestione pensionistica, tenuto conto che la popolazione straniera in quell’anno inciderà per il 12,3% sul totale dei residenti.
I capisaldi della normativa italiana e le recenti modifiche in materia pensionistica
Le modifiche più recenti in materia pensionistica riguardano anche i lavoratori immigrati, i cui contributi (come per gli altri lavoratori), a partire dal 1° gennaio 2012, verranno calcolati sulla base dell’intera carriera assicurativa e non più sulla media delle retribuzioni percepite negli ultimi anni. Abolita la pensione di anzianità (sostituita da quella anticipata a partire dai 62 anni, tuttavia con una decurtazione), quella di vecchiaia è stata portata a 66 anni per gli uomini così come avviene per le donne del settore pubblico, mentre per quelle del settore privato ciò avverrà gradualmente entro il 2018; un ulteriore adeguamento dell’età pensionabile avverrà con riferimento all’ampliamento della speranza di vita. Inoltre, per tutti nel nuovo sistema è richiesta un’anzianità contributiva di almeno 20 anni.
Il lavoratore straniero che svolge la sua opera in Italia viene assoggettato alla legislazione previdenziale italiana in base al principio della territorialità dell’obbligo assicurativo, su una base di parità quanto agli obblighi contributivi e alle prestazioni. Solo i lavoratori stagionali stranieri non hanno diritto agli assegni familiari e alla disoccupazione e i contributi versati a tale scopo vengono trasferiti al Fondo nazionale per le politiche migratorie per concorrere al finanziamento degli interventi di carattere socio-assistenziale a livello locale a favore degli stessi immigrati (va ricordato che, con la Finanziaria 2003, tale Fondo è stato inglobato nel Fondo nazionale per le politiche sociali).
Per il principio della parità di trattamento tra i lavoratori italiani e quelli stranieri, recepito nell’ordinamento italiano con la ratifica della Convenzione OIL n. 175 del 1973 (Art. 2, comma 2 del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286), a questi ultimi si applicano le stesse disposizioni previste per i lavoratori italiani per quanto concerne le condizioni d’impiego e di lavoro (in materia di retribuzione, licenziamento ecc.), e anche i vantaggi non direttamente connessi all’impiego (alloggio, prestazione per la famiglia ecc.), come anche, al momento del ritiro dal lavoro, le coperture pensionistiche. Le modifiche in materia pensionistica intervenute nel corso degli anni ’90 e ‘2000 hanno comportato dei problemi per quanto riguarda gli immigrati provenienti da paesi non legati all’Italia da convenzioni previdenziali bilaterali.
Tutti i lavoratori sono tutelati dall’INAIL (Istituto Nazionale contro gli Infortuni sul Lavoro) contro danni fisici ed economici derivanti da infortuni e malattie causate dall’attività lavorativa. Dal 2000 questa assicurazione è stata estesa anche a coloro che svolgono attività di cura alle persone (collaboratori familiari e badanti). L’assistenza INAIL, per il principio dell’automaticità della prestazione, spetta anche ai lavoratori che abbiano effettivamente lavorato senza essere stati regolarmente assicurati dal datore di lavoro, nei confronti del quale sarà l’istituto assicuratore a rivalersi per i contributi non versati e il costo delle prestazioni erogate.
L’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) viene effettuata a titolo obbligatorio se si tratta di lavoratori dipendenti o autonomi (o dei loro familiari a carico), a titolo volontario e, per assicurare le cure urgenti, anche come irregolari (registrati come Stranieri Temporaneamente Presenti).
L’ingresso per cure mediche dall’estero presuppone la dichiarazione della struttura sanitaria italiana che accetta di eseguire la cura e la dimostrazione da parte dell’interessato di essere in grado di provvedere al pagamento. L’ingresso è valido anche per un accompagnatore e ha una durata pari alla durata del trattamento terapeutico, con possibilità di rinnovo per tutta la durata della terapia. Queste condizioni non sono richieste nell’ambito di programmi umanitari.
Per quanto riguarda l’erogazione delle prestazioni di natura assistenziale previste da leggi nazionali ai cittadini non comunitari (quelle che non presuppongono il versamento previo dei contributi), è stata prima ritenuta sufficiente la titolarità di un permesso di soggiorno superiore a un anno (T.U immigrazione del 1998), portata poi dal legislatore (legge 388 del 2000) al possesso della carta di soggiorno (5 anni) e, infine, riportata al requisito iniziale dalla Corte costituzionale. Anche la Corte di Giustizia della Comunità europea è intervenuta per censurare le discriminazioni attuate nei confronti degli immigrati nella fruizione di interventi a carattere socio-assistenziale. Sono state numerose le discriminazioni fatte valere dai Comuni nell’erogazione di prestazioni a loro carico (per il cosiddetto “bonus bebè”, per i sussidi per l’affitto, per i premi in caso di eccellenza a scuola, per determinate prestazioni sanitarie, ecc.), ma i giudici di merito sono stati concordi nel respingerle, anche se argomentate con il principio del radicamento al territorio regionale (diversi approfondimenti al riguardo si trovano nel Dossier Statistico Immigrazione 2013, Rapporto UNAR-IDOS).
Le integrazioni del diritto europeo
e delle convenzioni bilaterali
In ambito comunitario (come anche in Islanda, Norvegia, Liechtenstein e Svizzera) è entrato in vigore dal 1° giugno 2003 il Regolamento CE n. 859/2003 che estende le disposizioni previste dai regolamenti comunitari in materia di sicurezza sociale (Regolamenti n. 1408/71 e n. 574/72) ai cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti all’interno dell’Unione europea nonché ai loro familiari e superstiti. In tal modo è stato consentito, ad esempio, il cumulo dei periodi pensionistici, purché gli interessati siano in situazione di soggiorno legale nel territorio di uno Stato membro: va precisato che tale regolamento non si applica quando la situazione del cittadino straniero presenta unicamente legami con un paese terzo e un solo Stato membro. Non è una innovazione di poco conto, essendo i regolamenti comunitari quelli più avanzati nel mondo nel coordinamento dei regimi previdenziali nazionali.
Al coordinamento delle normative previdenziali provvedono anche le convenzioni bilaterali, in base alle quali uno Stato contraente si impegna a riservare ai cittadini dell’altro Stato contraente lo stesso trattamento riservato ai propri cittadini. Infatti, i principi fondamentali dei regolamenti comunitari e delle convenzioni bilaterali sono la parità di trattamento, l’unicità della legislazione applicabile e la conservazione dei diritti acquisiti (inclusa la totalizzazione dei periodi assicurativi per maturare tale diritti).
A livello comunitario si devono richiamare anche gli accordi UE/Maghreb (Algeria, Marocco e Tunisia) e UE/Turchia, che contemplano esplicitamente il divieto di discriminazione in base alla nazionalità, in materia della sicurezza sociale.
Al fine di garantire la tutela dei propri emigranti, anche l’Italia ha stipulato da più di un secolo numerose convenzioni bilaterali in materia di sicurezza sociale. La prima intesa bilaterale fu l’Accordo italo-francese del 15 aprile 1904, che introduceva la parità di trattamento in materia di infortuni sul lavoro, rifacendosi agli schemi dei numerosi trattati commerciali già stipulati dall’Italia. L’accordo italo-germanico del 31 luglio 1912, a un’analoga previsione in materia infortunistica aggiungeva la conservazione dei diritti pensionistici e la possibilità, in caso di rimpatrio, di rimborso di parte dei contributi versati. Numerosi e dal contenuto più ampio sono stati gli accordi stipulati dopo la Seconda Guerra Mondiale. Negli anni ’80, in connessione con la trasformazione dell’Italia in paese di immigrazione, sono state ratificate nuove Convenzioni anche con alcuni tra i paesi di provenienza dei flussi migratori (come Capo Verde e Tunisia), mentre con altri paesi di emigrazione gli accordi erano stati firmati in precedenza, quando a recarsi in quelle aree erano gli emigrati italiani (Argentina, Brasile, Uruguay, Venezuela). Altri accordi riguardavano quei paesi che erano e sono rimasti paesi di immigrazione, dalla Francia alla Germania, dal Canada agli Stati Uniti; fu sottoscritta una convenzione anche con la Romania, dove nel passato si diressero flussi non trascurabili di lavoratori italiani.
I nodi problematici
da prendere in considerazione
Il dibattito finora intervenuto consente di evidenziare alcuni punti da considerare fondamentali in vista del futuro.
La strategia seguita nel definire la posizione pensionistica degli immigrati è stata, nel complesso, priva di linearità: rimborso dei contributi in caso di rimpatrio senza aver maturato il diritto a pensione; perseguimento di convenzioni bilaterali in materia di sicurezza sociale; corresponsione all’estero di un pro-rata al compimento del 65° anno di età, anche a fronte di un requisito contributivo minimo; rinuncia alla ratifica delle convenzioni già firmate e alla sottoscrizione di nuove convenzioni; varo di una nuova normativa pensionistica che, avendo elevato il requisito contributivo e quello di età, rende più difficile la maturazione del diritto da parte degli immigrati. Pur nella consapevolezza delle difficoltà finanziarie in cui si dibatte l’Italia, bisognerà adottare un orientamento stabile e più lungimirante.
Maggiore decisione si richiede anche nei contesti territoriali nel superare le discriminazioni nell’accesso alle prestazioni di protezione sociale e nel concepire le pari opportunità come un diritto degli immigrati e come base per una vera politica di integrazione. Ciò viene auspicato dall’UNAR, dalla giurisprudenza a tutti i livelli (merito, Cassazione, Corte Costituzionale e Corte di Giustizia), anche per quanto riguarda tutti gli interventi di natura socio-assistenziale.
EMN Italia, attraverso un confronto allargato, si propone di acquisire approfondimenti di qualità sulla situazione italiana per rappresentarli alla Commissione Europea, che si farà carico di curare un quadro comparativo sul rapporto tra immigrati e previdenza nel contesto comunitario.
Se l’immigrazione costituisce una dimensione strutturale della società, questa consapevolezza dovrà ispirare maggiormente la normativa previdenziale e socio-assistenziale, come anche la sua concreta applicazione.
Per informazioni:
EMN Italy, info@emnitaly.it, tel. 06.66514345, interno 1 o 2