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Interventi e interviste

Interventi - Ministro Annamaria Cancellieri

27.11.2012

Emergenza umanitaria decretata dal Governo in relazione al flusso migratorio proveniente dal Nord Africa

Audizione del ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri alla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato della Repubblica

Signor Presidente, Signori Senatori,

ringrazio il Presidente Marcenaro per l’invito rivoltomi che mi consente di ritornare davanti a questa Commissione, per illustrare la strategia che il Governo sta perfezionando per uscire dallo stato di emergenza legato agli eccezionali flussi migratori provenienti dal Nord Africa.

Sono consapevole dell’importanza che l’argomento riveste per le attività e le iniziative della Commissione, che segue attentamente la situazione dell’ingresso degli stranieri nel nostro Paese, sotto il particolare profilo della salvaguardia dei diritti umani.

L’audizione di oggi segue quella del Prefetto Gabrielli del 31 ottobre scorso nella quale il Commissario Delegato del Governo per l’emergenza del Nord Africa ha dettagliatamente enumerato tutti i provvedimenti attuati fin ora per fronteggiare l’afflusso di persone provenienti dalla sponda sud del Mediterraneo e che all’Italia chiedevano protezione e rifugio, ma anche nuove opportunità di vita.

Come è noto, lo stato di emergenza nel territorio nazionale, decretato il 12 febbraio 2011 scade il 31 dicembre prossimo. Dopo tale data la condizione delle persone provenienti dal Nord Africa dovrà esser gestita con le ordinarie procedure consentite dalla normativa vigente.

Prima di evidenziare quali misure il Dicastero che rappresento ha inteso elaborare per transitare dalla fase emergenziale a quella ordinaria, mi sia consentito, al di là della fredda precisione numerica, esporre il quadro “umano” composto da donne e uomini che, con le diverse motivazioni derivanti dalla disomogenea provenienza, sono ancora sul territorio nazionale dopo aver lasciato la loro patria di origine o di adozione improvvisamente e a causa di eventi non da loro determinati.

Il primo nucleo di persone, arrivato in Italia dal Nord Africa è costituito principalmente da cittadini tunisini, fuggiti a causa degli eventi cruenti che hanno costituito, in quel Paese, l’inizio di quella che fu ed è chiamata la “primavera araba”.

Per la contingenza dei continui e massivi sbarchi, a coloro che sono arrivati sul suolo nazionale entro il 5 aprile 2011- non potendo assicurare il rapido esame di tutte le posizioni individuali – il nostro Paese ha concesso un permesso umanitario della durata di sei mesi, prorogato due volte, con DPCM 6 ottobre 2011 e 15 maggio 2012.

Questa categoria di persone - a cui l’Italia non ha fatto mancare il suo sostegno - è costituita, per lo più, da persone non destinatarie di specifiche e individuali persecuzioni, bensì destinatarie di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno che si sperava, fondatamente, sarebbe finito presto permettendo loro il rientro in Patria. Ad esse son stati concessi oltre 12.500 permessi di soggiorno umanitari che danno diritto alla conversione per lavoro o studio, ovviamente sussistendo i requisiti previsti dalla normativa sull’immigrazione. E, infatti, in seguito, oltre 6.000 sono stati convertiti in permesso di soggiorno ordinario. I loro possessori seguiranno la normale trafila del rinnovo, potendo, considerarsi, quindi, fuori dall’emergenza.

Ben diversa è la posizione della gran massa di profughi provenienti dalla Libia – di cui solo una piccola parte di nazionalità libica - in conseguenza della guerra civile che ha portato alla caduta del regime del Colonnello Gheddafi.

Come è noto la Libia era, e forse lo è ancora, terra di immigrazione, di rifugio e transito per migranti economici, sfollati o appartenenti ad etnie perdenti di tutte le zone del Corno d’Africa o dell’Africa subsahariana.

Con la guerra civile ed il conseguente collasso dello Stato e dell’economia libica, queste persone, provenienti dalla Nigeria, dalla Somalia, dall’Eritrea, dal Ghana, dal Mali sono state costrette a proseguire il loro viaggio in cerca di condizioni economiche migliori o di salvezza fino in Italia.

In considerazione della variegata composizione della nuova ondata migratoria e per le pressioni internazionali di Paesi europei limitrofi, che contestavano la possibilità di una libera circolazione in ambito Schengen per i migranti muniti del permesso di soggiorno umanitario fino ad allora rilasciato, il nostro Paese ha deciso di indirizzare le persone provenienti dal Nord Africa al circuito della richiesta di protezione internazionale.

Anche se l’intensità dei flussi, rispetto ai periodi più acuti dell’emergenza, si è ridotta notevolmente, continuano comunque ad arrivare migranti dal Nord Africa.

Nelle ultime due settimane sono giunte circa 1.000 persone, la maggior parte delle quali provenienti dalla Libia, anche se non di nazionalità libica, bensì di paesi sub-sahariani e del Corno d’Africa che - presumibilmente- avranno diritto alla protezione internazionale.

Questa situazione deve far riflettere sulla portata epocale del fenomeno la cui gestione richiede un impegno continuo da parte del Governo e delle Istituzioni che hanno sempre mantenuta alta l’attenzione, sia sulla individuazione di forme di collaborazione ed intesa con i paesi di provenienza,sia sull’organizzazione dell’accoglienza e dei primi soccorsi.

Con riferimento a quest’ultimo aspetto, voglio qui ricordare che le unità navali italiane intervengono spesso anche in acque internazionali per garantire l’incolumità dei migranti.

Descritto il quadro umano delle persone sbarcate, passo ad enumerare quali sono gli orientamenti, gli atti, le strategie che il Ministero che rappresento ha già approntato nel corso dell’emergenza e quelle in corso di definizione.

Uno degli obiettivi prioritari è stato quello di lavorare durante il periodo dell’emergenza a soluzioni pratico operative che si muovessero secondo due linee direttrici:
• verificare, attraverso la consultazione e l’accordo con gli Enti locali, la possibilità che un certo numero di persone arrivate trovassero condizioni di permanenza più stabili nel nostro Paese,
• sostenere la restante parte nel rientro nei Paesi di provenienza o di origine attraverso una attività internazionale di collaborazione con tali Paesi.

Per le persone arrivate in Italia prima del 5 aprile 2011 e che si trovano ancora nel nostro Paese, si sta mettendo a punto un provvedimento che disciplini le modalità di cessazione delle misure umanitarie già concesse, di concerto con le amministrazioni interessate e d’intesa con le autorità tunisine che hanno già dato piena collaborazione per la ripresa in carico dei migranti giunti in Italia successivamente alla predetta data del 5 aprile 2011.

Tale provvedimento consentirà ai migranti di convertire, entro un termine stabilito, il permesso di soggiorno umanitario in permesso di soggiorno ordinario, ove ne ricorrano le condizioni, ovvero di partecipare ad un programma di rimpatrio assistito, come previsto dall’articolo 14-ter del vigente Testo Unico sull’immigrazione.

Per quelli che non siano né nell’una né nell’altra condizione, verranno adottate le normali misure previste dalla normativa sull’immigrazione per le persone irregolarmente presenti sul territorio nazionale.

In ottemperanza agli impegni internazionali assunti dall’Italia, a nessuna persona sarà comunque preclusa la possibilità di presentare, in qualsiasi momento, una domanda di protezione internazionale che sarà vagliata secondo l’ordinaria procedura.

Molto diverso e vieppiù complesso è il quadro rappresentato dai profughi provenienti dalla Libia e che hanno chiesto la concessione della protezione internazionale.

L’Italia, proprio perché ha sottoscritto in materia convenzioni internazionali ed è vincolata alle Direttive europee, è tenuta a fornire servizi e prestazioni di adeguato ed elevato standard verso chi richiede tale tipo di protezione. E sappiamo come tali prestazioni hanno un costo molto elevato che incide significativamente sui bilanci pubblici in una congiuntura di crisi economica.

Al momento risultano assistite oltre 17.500 persone nei centri di accoglienza diffusa localizzati nelle diverse Regioni, poco più di 2000 presenti nel Centro di accoglienza di Mineo (CT), e oltre 6.200 presenti nelle strutture di prima accoglienza e per richiedenti asilo (CARA,CDA,CPSA), che ormai oltrepassano la capienza massima delle strutture di accoglienza.

Le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale e le loro sezioni lavorano a pieno ritmo e dal 1° agosto 2011 al 30 ottobre 2012 hanno esaminato complessivamente circa 39.000 domande, numero in cui sono ricomprese le istanze presentate dalle persone fuggite dal Nord Africa, con un esito di accoglimento di circa il 41%.

Non si può escludere che tra le persone giunte in Italia dal Nord Africa, appartenenti sia alla prima sia alla seconda ondata, una certa parte, rifiutando gli aiuti concessi, sia entrata nella condizione di clandestinità o abbia comunque deciso di lasciare l’Italia dirigendosi verso altri Paesi.

Di fronte ad un fenomeno dalle dimensioni così rilevanti e dalla veloce dinamica, un certo tasso di dispersività può ritenersi fisiologico e prevedibile e, tuttavia, mi sento di poter affermare che esso non ha inciso sullo stato della sicurezza del Paese.

Senza voler assegnare alle cifre un significato univoco, è pur vero che l’incidenza percentuale degli stranieri sui fenomeni di delittuosità in generale, nel 2009 era pari al 31,76%, ha subito una leggera ma costante flessione nei circa tre anni successivi, passando nel 2010 al 31,61%, nel 2011 al 31,43% e, nei primi nove mesi del 2012, al 31,25%.

In vista della chiusura al prossimo 31 dicembre dello stato emergenziale, ho incaricato gli Uffici del mio Dicastero di predisporre una exit-strategy graduale, per assicurare il passaggio delle competenze in materia di accoglienza ed assistenza dei migranti, attualmente demandate al Dipartimento della protezione civile, agli Enti e soggetti che se ne occupano in via ordinaria.

In questa prospettiva, lo scorso 26 settembre, in sede di Conferenza Unificata, è stata sancita l’intesa tra Governo, Regioni ed Enti locali sul Documento di indirizzo per il superamento dell’emergenza Nord-Africa.

Il Documento - già consegnato a questa Commissione dal Prefetto Gabrielli - individua, sulla base della normativa vigente, le strategie operative da attuare in questa delicata fase.

Una di tali strategie è la puntuale definizione dello status giuridico da attribuire a coloro che hanno fatto richiesta di protezione internazionale.

Tale richiesta proviene da persone che, come già detto, si trovano in situazioni estremamente eterogenee e che, in larga parte, pur essendo partiti dalla Libia, sono in realtà cittadini di altri Stati africani, interessati da conflitti endemici e situazioni di precarietà politica e sociale anche limitati ad una sola parte del Paese.

Sono principalmente questi i motivi che rendono complessa la valutazione delle ragioni poste alla base della richiesta di riconoscimento della protezione internazionale.

Nella consapevolezza che un giudizio errato potrebbe avere conseguenze non rimediabili sul futuro e sull’incolumità dei richiedenti, è stato disposto il riesame, su richiesta degli interessati, delle decisioni di diniego della protezione.

E per definire in modo inequivocabile tali posizioni, il Tavolo di coordinamento - da me istituito nel maggio scorso - ha individuato procedure operative più veloci. E’ stato, pertanto, approntato un procedimento informatizzato di trasmissione delle istanze presentate davanti alle Commissioni Territoriali (VESTANET), attivabile per il tramite delle Questure.

Sono 5.583 le richieste finora presentate. I cittadini stranieri potranno permanere sul territorio nazionale sino alla conclusione dell’iter del riesame.

E qui, mi sia consentito, vorrei spendere qualche parola sulle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale.

Il D.Leg.vo 28/1/2008 n. 25, ne ha fissato il numero in 10. Con ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri è stato possibile istituire altre 13 sezioni delle Commissioni in modo da garantire una più veloce trattazione delle domande. Il finanziamento di tali sezioni è a carico del Ministero dell’interno.

Il 31 dicembre prossimo – con la fine dell’emergenza – tali sezioni cesseranno di operare con evidente nocumento per la celerità della trattazione delle istanze.

Anche in vista della procedura d’infrazione che l’Unione Europea ha aperto verso il nostro Paese, contestando anche la lunghezza del procedimento per la concessione della protezione internazionale, il mio Dicastero ha promosso un’iniziativa normativa volta ad introdurre, nell’ambito del decreto “salva infrazioni”, strumenti di flessibilità organizzativa che consentono di istituire apposite sezioni nell’ambito delle Commissioni Territoriali al verificarsi di situazioni eccezionali.

Mi auguro che il Parlamento vorrà condividere e dare sostegno a questa mia iniziativa, in considerazione che dalla sua attuazione non derivano nuovi o maggiori oneri, potendo l’Amministrazione farvi fronte con gli ordinari stanziamenti.

Le misure che stiamo approntando non sono rivolte solo ad uscire dal contesto emergenziale ma anche a tracciare le linee guida a cui dovrà ispirarsi il modello di accoglienza italiano per il futuro, in modo che esso sia in grado di sostenere sia il normale flusso di persone bisognose di protezione sia eventuali aggravi determinati da evenienze eccezionali senza dover ricorrere a misure emergenziali.

Ho intenzione di far sì che il Tavolo di coordinamento nazionale - che è stato affiancato da tavoli di coordinamento regionale con l’obiettivo di uniformare i livelli di accoglienza sul territorio - diventi un organismo permanente nella direzione di migliorare le strutture di governance del fenomeno migratorio.

L’incremento dei livelli di efficienza dell’azione amministrativa passa attraverso una serie di interventi migliorativi tra cui: ampliamento della capacità di accoglienza del Sistema di Protezione per i Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR); misure a favore dei minori stranieri non accompagnati; interventi di inclusione socio-lavorativa, nonché migliore utilizzazione dei fondi gestiti dal Ministero dell’Interno.

Attualmente lo SPRAR , articolato in 151 progetti locali, dispone di 3.000 posti di accoglienza, non sempre distribuiti in modo omogeneo sul territorio, e sicuramente insufficienti rispetto all’effettivo bisogno.

Ritengo che l’ampliamento della capacità ricettiva a 5.000 posti, in quella prospettiva a cui ho accennato di efficientamento del sistema di accoglienza, rappresenti una prima misura fondamentale verso un sistema di accoglienza che ritorni ad essere gestito con mezzi ordinari.

L’ampliamento riguarderà complessivamente 2.000 posti di cui 1.000 potranno essere a breve utilizzati in parte grazie ai finanziamenti previsti da un’ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 21 settembre 2011 e in parte dal già richiamato fondo destinato al finanziamento dell’emergenza umanitaria.

In questo settore, la positiva esperienza dell’equa distribuzione sul territorio dei migranti durante la fase dell’emergenza che ha visto il coinvolgimento attivo delle Regioni, rappresenta un modello sicuramente replicabile per creare un sistema di accoglienza, più diffuso ed articolato.

L’ampliamento della ricettività dello SPRAR consentirà, naturalmente, un più veloce transito a questo sistema delle persone accolte nei Centri governativi a tutto vantaggio delle condizioni di vivibilità di questi ultimi, talvolta compromesse da situazioni, sia pur temporanee, di sovraffollamento.

Anche per i minori stranieri non accompagnati l’esperienza maturata ha dimostrato la necessità di una gestione stabile degli interventi, sia sotto il profilo delle procedure applicative sia per le risorse dedicate.

Per quanto riguarda il primo aspetto, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, competente in materia, sta realizzando un sistema informativo per la tracciabilità del percorso di accoglienza del minore. Tale sistema consentirà a tutti gli operatori coinvolti, dalle Forze di polizia agli Enti locali, di accedere ad una banca dati condivisa.

Relativamente invece alle modalità di finanziamento, con il decreto legge n. 95 del 6 luglio di quest’anno, è stato istituito presso lo stesso Ministero del Lavoro un apposito Fondo con il quale si provvede alla copertura dei costi sostenuti dagli Enti locali per l’accoglienza dei minori non accompagnati.

Un ulteriore intervento fondamentale, contenuto nel Documento di indirizzo, riguarda l’inclusione socio-lavorativa.

Tale iniziativa, articolata in due fasi progettuali, viene gestita dal Ministero del Lavoro, d’intesa con il mio Dicastero.

La prima fase, già finanziata, verrà avviata nell’immediato e prevede l’attivazione di 1.000 percorsi formativi con finalità occupazionali.

Per la seconda fase, invece, occorre acquisire specifiche risorse dall’Unione europea alla quale il Ministero del Lavoro indirizzerà una specifica proposta progettuale che è oggetto di lavoro del Tavolo di Coordinamento.

L’intervento si pone l’ambizioso obiettivo dell’inserimento lavorativo di 10.000 richiedenti e titolari di protezione internazionale presenti nelle strutture di accoglienza di tutto il territorio. Viene in tal modo ampliato di molto il bacino dei destinatari del progetto, prevedendo, tra l’altro, incentivi alla collocazione dei migranti nel mercato del lavoro.

In tale contesto, è richiesto il coinvolgimento dei Tavoli territoriali di coordinamento, per la condivisione delle specifiche modalità attuative.

Alla costituzione dei percorsi per la fuoriuscita dalla fase di emergenza concorrono anche le risorse dei Fondi europei rimpatri e rifugiati.

In particolare, a questo scopo, potranno essere utilizzati i programmi di rimpatrio volontario ed assistito, già previsti dal decreto-legge n. 89 del giugno dello scorso anno e finanziati dall’apposito Fondo europeo rimpatri, alimentato con specifiche risorse messe a disposizione prevalentemente dall’Unione europea.

Il Fondo – che prevede sussidi di prima sistemazione e indennità di reintegrazione nei Paesi di origine – è stato oggetto di rimodulazione nella sua programmazione, al fine di rendere il ritorno volontario assistito uno strumento il più possibile efficace e funzionale.

Tale linea di azione, condivisa con tutti i soggetti coinvolti nella programmazione e nella gestione degli interventi, rientra tra le misure raccomandate ed incentivate dalla Commissione europea.

Anche la programmazione del Fondo europeo rifugiati è stata oggetto di revisione attraverso la rimodulazione delle forme di destinazione delle risorse disponibili in favore degli interventi di accoglienza, assistenza ed integrazione socio-economica direttamente rivolti ai richiedenti e titolari di protezione internazionale.

Infine, uno dei progetti che mi auguro di portare a conclusione entro la fine della legislatura è l’adozione del Regolamento di attuazione del decreto legislativo n. 25/2008, che ha recepito la Direttiva europea “procedure”, di cui è già in corso la predisposizione della prima bozza.

Con il regolamento saranno, tra l’altro, definiti parametri rigorosi per l’accoglienza nei centri, anche con l’obiettivo di garantire standard uniformi sul territorio.

*******

Voglio evidenziare che le Amministrazioni e i soggetti coinvolti hanno contribuito alla predisposizione del programma di intervento, contenuto nel Documento di indirizzo, con tutto l’impegno e le risorse disponibili. E’ stata così data risposta ad una mia specifica richiesta di individuare tutte le soluzioni possibili ai problemi connessi ad una gestione così complessa e delicata quale è stata quella dell’emergenza umanitaria.

L’esperienza maturata sul campo ha evidenziato che un’efficace gestione dell’emergenza richiede strategie condivise dai vari livelli di governo sul territorio, con interventi coordinati per una migliore razionalizzazione nell’impiego delle risorse, in una logica di condivisione delle responsabilità.

Al riguardo, le misure individuate, le azioni intraprese, le criticità emerse, durante la fase emergenziale e nella fase di exit strategy costituiscono un utile punto di partenza e di riferimento su cui investire in vista della realizzazione di un sistema di accoglienza più efficiente ed efficace, in grado di assicurare più elevati livelli qualitativi dei servizi offerti.

L’obiettivo è quello di elaborare un sistema di gestione dei flussi migratori più flessibile ed articolato, in grado di fronteggiare, in via ordinaria, anche situazioni che, in particolari circostanze, possono presentarsi con i caratteri dell’eccezionalità.

In tale contesto rimane intatta la necessità di consolidare la politica di collaborazione e cooperazione con i governi scaturiti dagli eventi della primavera araba.

Nell’immediato futuro sarà sempre più necessario tendere ad integrare e coordinare le “politiche di immigrazione” - relative agli aspetti che regolano le condizioni di ingresso e soggiorno degli stranieri sul territorio, di esclusiva competenza statale - e le politiche “per gli immigrati” - relative alle azioni in ambito sociale finalizzate ad attuare l’integrazione degli stranieri che comprendono molti settori di intervento di competenza anche degli enti territoriali.

Il quadro che ho appena delineato dimostra che il Governo, pur in un contesto di gravi difficoltà finanziarie, non ha tralasciato alcuna iniziativa per garantire alle persone giunte sul nostro territorio, ed in particolare a quelle più vulnerabili, percorsi di sostegno sempre orientati al rispetto della dignità e dei diritti fondamentali della persona. Tutto ciò in coerenza con la linea di intervento che ho inteso perseguire con fermezza e determinazione sin dall’ inizio del mio mandato, basata non solo sul rigoroso rispetto delle norme giuridiche nazionali ed internazionali, ma anche su motivazioni di carattere morale che trovano ispirazione più profonda nei principi di solidarietà umana.





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