Verso il superamento dei campi nomadi
23.01.2013
Il Difensore civico e lo SVEP, il CSV di Piacenza, continuano a lavorare insieme sul contrasto alle discriminazioni, questa volta per approfondire le possibilità di superamento dei campi nomadi attraverso altre forme di accoglienza. Un tema, quello dell’integrazione di sinti e rom sul nostro territorio, in merito al quale il Difensore ha già in essere una collaborazione con il Servizio regionale competente, nella prospettiva di elaborare nuovi orientamenti per la nostra Regione.
L’inadeguatezza dei campi come soluzione abitativa è da tempo affermata ad ogni livello. Il Consiglio d’Europa, la Commissione Europea, l’OCSE e il Consiglio dei diritti umani dell’Onu hanno più volte richiamato il nostro Paese per il trattamento riservato alle popolazioni Sinti e Rom.
L’abitazione è anche uno degli assi d’intervento individuati dalla Strategia nazionale d’inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Caminanti (RSC), elaborata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri in attuazione della Comunicazione della Commissione europea n.173/2011, che definisce i campi rom una “condizione fisica di isolamento che riduce le possibilità di inclusione sociale ed economica delle comunità”, ormai stanziali. Campi che “divengono facilmente luoghi di degrado, violenza e soprusi” ma che, in questi anni, si sta cercando di superare attraverso “processi positivi di integrazione abitativa delle popolazioni RSC”.
In tal senso si sono mossi diversi Comuni dell’Emilia Romagna con progetti specifici o piccole sperimentazioni (Reggio Emilia, Bologna, Modena, Ferrara, Piacenza…).
Consapevole di quanto sia delicato e coraggioso intervenire per smantellare, progressivamente, questa che è nei fatti una condizione di discriminazione, il Difensore civico regionale in collaborazione con SVEP, il Centro Servizi per il Volontariato di Piacenza, promuove una ricerca regionale mirata ad una lettura comparata di queste sperimentazioni, allo scopo di verificarne l’impatto sulla vita delle famiglie coinvolte e sui loro rapporti nella comunità di appartenenza e al di fuori di essa.
L’indagine, che si svilupperà prioritariamente attraverso una sistematizzazione di dati e documentazione e interviste agli operatori coinvolti, ha una prima funzione conoscitiva, di descrizione e documentazione delle esperienze, ed un ulteriore obiettivo di verifica degli interventi attuati, non tanto per registrare successi o insuccessi in un processo certamente complesso e di lungo periodo, quanto per ricercare elementi di forza o di criticità da cui apprendere per ulteriori interventi.