Medici per i Diritti Umani
Malato e trattenuto in un CIE dal 2011
Il caso di M.
Roma, 30
gennaio 2013
M.,
giovane migrante, rinchiuso in un CIE dal 2011, affetto da una grave forma
di depressione e da una settimana rifiuta cibo, acqua e farmaci. Contrariamente
a quanto recentemente annunciato dal Ministro Cancellieri (limiteremo la
durata massima per il tempo di riconoscimento a 12 mesi audizione presso la
Commissione Diritti Umani del Senato, 27 novembre 2012), M. in stato di
detenzione amministrativa da quasi quattordici mesi, prima presso il CIE di
Gradisca dIsonzo, poi nel centro
di identificazione ed espulsione di Trapani e infine di nuovo a Gradisca. M. ha
gi compiuto un grave atto di autolesionismo e dal suo ultimo ingresso nel CIE friulano, a maggio del
2012, ha perso 10 chili di peso. Medici per i Diritti umani (MEDU), che segue
il caso da diverse settimane, ritiene le condizioni psico-fisiche di M.
incompatibili con il trattenimento allinterno del CIE e chiede che il paziente
sia urgentemente rilasciato dalla struttura in modo da poter accedere alle adeguate cure specialistiche.
E M.
stesso a rendere pubblica la sua drammatica storia. Arriva per la prima volta
in Italia, a Lampedusa, nellottobre del 2010. Nel dicembre del 2011 viene
internato nel CIE di Gradisca, poi successivamente trasferito a Trapani e poi
ancora riportato al centro di identificazione ed espulsione di Gradisca senza
che si possa procedere al suo rimpatrio. Ai primi di dicembre, dopo che il
Giudice di pace decreta lennesima
proroga di due mesi del suo trattenimento, M. viene trasferito durgenza
al pronto soccorso dellospedale di Gorizia dopo aver ingerito numerosi farmaci
e innumerevoli monete. Gli viene praticata la lavanda gastrica e
successivamente viene ricondotto al CIE. Il giorno seguente viene sottoposto
presso lo stesso nosocomio a visita psichiatrica con diagnosi di reazione da
stress ambientale, calo ponderale importante in sindrome depressiva reattiva.
Lo psichiatra, nel prescrivere la terapia farmacologica per linsonnia e
lansia, ritiene assolutamente urgente velocizzare il pi possibile luscita
dal CIE ritenendo che la
situazione ambientale possa peggiorare ulteriormente il quadro. Nonostante ci
il trattenimento nel CIE prosegue. Alla fine di dicembre una nuova visita
psichiatrica riscontra un peggioramento del quadro (grave sindrome depressiva
con importante dimagrimento), specificando che la situazione psico-patologica
sicuramente reattiva al trattenimento nel CIE.
Il primo
di gennaio M. comincia a rifiutare acqua, farmaci e cibo. In otto giorni perde
sette chili. Il tre gennaio compie un ulteriore atto di autolesionismo
riportando una ferita superficiale al gomito sinistro. Viene chiamato il 118 ma
il paziente rifiuta il trasporto
in ospedale. Una relazione dello psicologo del CIE sottolinea le buone
condizioni generali di salute di M. allingresso nel CIE e un atteggiamento
collaborativo e positivo del paziente
nei confronti degli operatori del centro e degli altri migranti. La
relazione prosegue evidenziando un progressivo peggioramento dello stato
psico-fisico nel corso del tempo e la graduale comparsa di una sintomatologia
ansioso-depressiva con conseguente e significativo calo ponderale. Lo psicologo
riscontra inoltre la compatibilit dei sintomi di M. con i criteri propri del
disturbo depressivo maggiore. Il giorno otto gennaio, i sanitari del centro,
certificandone lo stato cachettico e levidente condizione di disidratazione,
inviano nuovamente il
paziente al pronto soccorso per accertamenti.
Dopo
nove giorni dallinizio del digiuno, la direzione sanitaria del centro annota
che lospite ha ripreso ad
alimentarsi e a reidratarsi per cui tenendo presente la compatibilit dei
parametri vitali e soprattutto la volont di riprendere a mangiare e bere, si
ritiene attualmente compatibile dal punto di vista organico il suo trattenimento
presso il CIE Gradisca salvo ulteriori ripensamenti autolesionistici. Il 12
gennaio M. nuovamente ricondotto ai servizi psichiatrici territoriali dove
unulteriore consulenza specialistica conferma il quadro di grave sindrome
depressiva reattiva e chiede, per la terza volta, lurgente rilascio dal CIE. Il paziente rifiuta di assumere
la terapia psichiatrica prescrittagli. Il 22 gennaio il paziente comincia di
nuovo a rifiutare alimenti e bevande
andando incontro ad un nuovo calo ponderale. M. chiede di poter essere
visitato da un medico di MEDU di sua fiducia. Il colloquio viene concesso ma,
da regolamento, per soli venti minuti, attraverso una barriera di plexiglass e
in presenza di due agenti di pubblica sicurezza. Al momento dellincontro, il
medico riscontra lo stato di
notevole sofferenza del paziente e, dopo aver a lungo interloquito con gli
agenti, ottiene unicamente un breve tempo supplementare per il colloquio.
Il
provvedimento di detenzione amministrativa in un CIE, che secondo la normativa
europea e la legge italiana dovrebbe essere finalizzato esclusivamente ad
effettuare il rimpatrio del cittadino straniero, appare essere stato protratto
in questo caso oltre ogni ragionevolezza, ledendo gravemente valori
fondamentali come la salute e la dignit umana.
Come
riscontrato da un suo team in una recente visita (ottobre 2012), Medici per i
Diritti Umani ritiene le condizioni di vita allinterno del CIE di Gradisca,
estremamente afflittive e del tutto inadeguate a garantire i fondamentali
diritti della persona e pertanto non compatibili con il trattenimento di un
paziente sofferente come M. MEDU richiede pertanto che M. sia urgentemente
rilasciato in modo tale da evitare ulteriori e imprevedibili aggravamenti e da
potergli assicurare le adeguate cure specialistiche.
<http://www.mediciperidirittiumani.org/comunicato_30_gen2_13.html>LEGGI
Centri di identificazione ed espulsione: i dati nazionali del 2012
Ufficio
stampa – 3343929765 / 0697844892
<http://www.mediciperidirittiumani.org/>Medici
per i Diritti Umani (MEDU) onlus, organizzazione umanitaria indipendente, porta
avanti dal 2004 il programma <http://www.mediciperidirittiumani.org/osservatorio_CIE.htm>Osservatorio
sullassistenza socio-sanitaria per la popolazione migrante nei CPTA/CIE. MEDU
aderisce alla campagna LasciateCIEntrare.