Dall'ammissione all'inclusione: verso un approccio integrato?

Data pubblicazione: 07.12.2012

Nel corso degli ultimi due decenni, ha preso piede, in numerosi paesi dell’Unione europea, la tendenza a rendere più selettive le politiche di ingresso degli immigrati, vincolandole in maniera più rigorosa che in passato a obiettivi di integrazione. In particolare, questa tendenza si è manifestata nella introduzione, da parte di un numero crescente di stati, di esami, test e corsi a contenuto civico e/o linguistico, a cui gli immigrati (o aspiranti tali) devono sottoporsi prima dell’ingresso e/o in fasi successive, tipicamente ai fini dell’acquisizione di un titolo di soggiorno permanente o della cittadinanza.


Questa impostazione di politica migratoria si è diffusa rapidamente, in forme apparentemente simili, che però spesso nascondono profonde differenze negli obiettivi, nelle modalità e negli strumenti di applicazione. A seconda dei paesi e delle fasi, è prevalsa talvolta una certa strumentalità, che ha fatto della valutazione preventiva di “integrabilità” uno strumento indiretto per ridurre alla radice determinate categorie di flussi; in altri casi, invece, all’enfasi sull’importanza dell’educazione civica e linguistica ha corrisposto uno sforzo mirato e concreto su specifici ambiti di integrazione.

La ricerca svolta da FIERI, presentata nel rapporto dal titolo “Dall’ammissione all’inclusione: verso un approccio integrato?”, ricostruisce questa frastagliata dinamica evolutiva, attraverso un’introduzione, sette sintetici studi di caso e un capitolo conclusivo. Ne scaturisce una valutazione complessiva, che si può sintetizzare nelle seguenti proposizioni:

- selezionare i flussi migratori (fatti salvi, naturalmente, i diritti soggettivi dei migranti, per esempio in materia di coesione famigliare, e gli obblighi dello stato in materia di protezione) al momento dell’ingresso e nella prima fase di soggiorno, anche in base a valutazioni circa le prospettive di integrazione a medio-lungo termine, è un principio di buongoverno in campo migratorio;

- un collegamento robusto e chiaro tra ammissione e integrazione diventa ancora più strategico in una fase di crisi economica come quella attuale, in cui il “potenziale integratore” del mercato del lavoro si affievolisce;

- l’educazione civica e quella linguistica sono indubbiamente due strumenti importanti della politica di integrazione che, se applicati in maniera equilibrata, favoriscono non solo un’inclusione produttiva e pacifica, ma anche un effettivo empowerment e la mobilità sociale delle minoranze di origine immigrata;

- l’enfasi sull’importanza delle misure in campo civico e linguistico non deve tuttavia portare a trascurare la necessità di creare raccordi più efficaci tra procedure di ingresso e mercato del lavoro, nonché di elaborare politiche attive del lavoro inclusive e adatte a una forza-lavoro sempre più composita e mobile;

- per evitare che un approccio più selettivo in materia di ammissione finalizzato a obiettivi di integrazione si traduca in una burocratizzazione improduttiva dei meccanismi di selezione all’ingresso e gestione del soggiorno regolare, o che generi ostacoli ulteriori all’integrazione invece di favorirla, occorre che tale approccio sia sorretto da un adeguato investimento in meccanismi di selezione e strumenti di valutazione dei risultati;

- per facilitare sinergie tra ammissione e integrazione, una cooperazione con i paesi d’origine non limitata al contenimento dei flussi illegali, ma che comprenda anche programmi di formazione linguistica e professionale, può rivelarsi un fattore decisivo.

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