16 gennaio 2013

Chi ha dimenticato l'Europa dei diritti
la Repubblica, 16-01-2013
BARBARA SPINELLI
DA LONTANO Castello che era, affidato a guadiani poco visibiii, l'Europa è divenuta in questi
anni presenza più che mal tangibile.
E più del previsto soverchiante. È entrata nel linguaggio di ciascuno, insediandosi imperiosa nelle nostre menti: sotto forma di incubo purtroppo, anziché di speranza. Chissà, forse il Nobel le è stato attribuito proprio per questo: perché davvero è nostra patria, anche se fatta nascere col forcipe, forza che coarta senza sostenere. Perché ci è diventata, come il dolore, in Rilke: luogo, campo, suolo, dimora, nostro cupo sempreverde. Forse era tanto più apprezzata quando era lontana dalle sue genti, quando era assente nel discorso pub- blico e i popoli non la percepivano ancora come madre matrigna, ma madre pur sempre. Se c'è un vantaggio, nella crisi che speri- mentiamo, è questo nostro entrare, obtorto collo, nel Castello fino a ieri cosi impenetrabile.
È un vantaggio perché finalmente possiamo discuterla, quest'Unione che d'un colpo irrompe nelle nostre vite e di continuo ci fa ri- petere, come automi: «Ce lo dice l'Europa». Lo abbiamo visto in Grecia, Spagna, Francia; lo constatiamo in Italia, in Germania: non c'è elezione, ormai, dove il linguaggio dei politici non sia costretto a farsi europeo. In Italia lo dobbiamo alla fine del berlusconismo, alla biografia di Monti. Ma non siamo gli unici a vivere questa trasformazione, che tantí subiscono con risentimento. Il cambio di pelle non sembra far altro di impoverire le genti, e perfino le loro Costituzioni. Discutere l'Europa vuol dire non considerare fatale, indi- scutibile, questo chiudersi di orizzonti.
Chi sente con dolore tale metamorfosi non ha tutti i torti, perché è vero che l'euro e i suoi custodi non sono affiancati da un potere politico egualmente comune, che raddrizzi squilibri e disuguaglianze fra nazioni e dentro le nazioni, che eviti la riduzione dei governi a comitati d'affari. Resta che l'Unione non è solo la moneta, come pretendono le agende dei partiti nazionali; né è solo una storia di conti da tenere in ordine, di debiti pubblici da abbattere con Fascia fredda della Signora morte. Fin da ora essa è più ricca, vasta. Ha un Parlamento dove ci si esercita a parlare europeo. È custode della democrazia pluralista, più che di un'ortodossia flnanziaria. Ha strumenti come la Carta dei diritti fondamentali, approvata nel 2000 e divenuta plenamente vincolante nel 2009, quando entrò in vigore il Trattato di Lisbona.
Sono anni che Stefano Rodotà insiste su questa realtà, volutamente negletta, se non sprezzata, dai singoli governi. Ancora di recente, il 12 gennaio su Repubblica, lo ha ricordato, parlando del diritto degli omosessuali a unirsi e adottare figli: la Carta euro- peadeidirittihalostessovaloregiuridicodei trattati, dei Fiscal compact, ed esiste per proteggere ogni minoranza etnica, religiosa; ogni stile di vita che non o (Tenda la collettività. Corregge le indiscipline democratiche, non solo quelle contabili. È colpa dei politici nazionali se tale realtà è occultata; se solo i lacci economici sono l'obbligazione che ci lega. se la lunga, complessa storia europea si riduce a un Decalogo finanziario.
Questo significa che l'Europa ci soverchia, si, ma in maniera selettiva. Che il suo potere è troppo debole, non troppo forte. Che ancora deve nascere e imporsi come Stato di diritto, come garante sovranazionale della laicità, chiamato a proteggere i Cittadini da interferenze di chiese e sette che si nutrono della fatiscenza dei vecchi Stati nazione. In Francia tuttele religioni, esclusa la buddista, si mobilitano compatte contro un disegno di legge sul matrimonio gay. È segno che gíi Stati, meno sovrani, fronteggiano più faticosamente le ingerenze di lobby e chiese. Di qui l'importanza della Carta dei diritti, adottata non a caso nel mezzo della crisi.
L'Europa è un'impresa incompiuta ma non priva di forza, se solo volesse usaria e difendere un pluralismo gravemente danneggiato. Potrebbe farsi sentire sui matrimoni gay, sui nuovi modelli di famiglia: l'articolo 9 della Carta dei diritti non vieta né ímpone la concessione dello status matrimoniale a unioni tra persone dello stesso sesso. Potrebbe obbligare a rispettare i diritti delle proprie minoranze etniche: in particolare i 10-12 milioni di Rom e sintí che abitano l'Unione. Siamo in un'epoca di transizione, come ai tempi di Dante: «Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?». Nel maggio scorso l'Europa ha ordinato agli Stati di integrare meglio i rom e predisposto fondi a questo scopo. Ben poco è stato fatto, disattesi sono gli articoli 15,18,52 della Carta, e i rom continuano a soffrire discriminazioni, soprusi, deport azioni forzate, nell'Occidente europeo e soprattutto in Est Europa.
La fine dell'impero sovietico non ha messo fine alle loro pene, Le ha enormemente acuite. In Slovacchia, Romania, Ungheria, i rom e i sinti sono trattati come reletti, man mano che dilaga la crisi, ed esposti a violenze crescenti. Risale ail'inizio del 2013 un ar- ticolo di Zsolt Bayer, amico personale del Premier Viktor Orbán e fondatore con lui del partito Fidesz, che commentando una rissa di Capodanno scoppiata presso Budapest ha concluso che i rom «sono un'etnia inadatta a coesistere con le persone. Sono zingari che sfruttano i 'progressi' di un occidente idiotizzato. Sono animali e si comportano da animali. Animali che non dovrebbero avere il diritto di esistere. Una soluzione s'impone: immediatamente e quale che sia il metodo». Il partito di governo non ha pronunciato una sola parola di condanna della soluzione finale proposta dall' amico Bayer.
Ma non solo in Est Europa i rom sono ritenuti liquidabili. Indagini europee descrivono maltrattamenti anche in Italia, Francia. Nel nostro paese già conosciamo la xenofobia della Lega: siamo i precursori di un fenomeno ormai continentale. Lo ha ricordato l'arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, in una lettera pastorale del settembre scorso. Chíedendosi se sapremo garantire diritti e dignità alla più numerosa minoranza europea ha detto: «Sento la vergogna di campi più o meno autorizzati che sono al di sotto della soglia di vivibilità, in cui crescono violenza e delinquenza». La «sempre più bassa aspettativa di vita dei Rom in un Paese longevo come il nostro», è indice dei loro stato di abbandono e povertà. Decerebrata, l'Europa dimentica perché decise di unirsi, dopo la guerra: lo fece perché non si ripetesse l'annientamento degli ebrei, dei rom e Sinti, dei gay, dei malati di mente. L'Europa non può, senza perdersi, fare il muso duro con Atene e non con Budapest. Minacciare di cacciare l'una, non l'altra.
Il 2013 è stato proclamato Anno europeo dei Cittadini, dunque dei diritti-doveri che comporta per ognuno l'acquisizione della cittadinanza europea, accanto a quella nazionale. Bruxelles ne è consapevole quando negozia l'adesione degli Stati, ponendo condizioni democratiche stringenti. Grecia, Spagna, Portogallo, e poi tutto l'Est Europa, entrarono nella Comunità quando si liberarono delle dittature. È il dopo-ingresso che non viene seguito, vigilato. Una volta dentro tutto diventa possibile: il ritorno dell'intolleranza, le Costituzioni democratiche offese, le chiese che reclamano nuovi poteri che non dovrebbero avere (sui corpi dei Cittadini in primis: nascita, sesso, morte).
La Carta dei diritti, il trattato di Lisbona, i parametri dei Fiscal compact. l'Europa è tutte queste cose insieme. Solo cosi vien tolta centralità assoluta all'economia, e rimesso al centro quel che tocca a ogni costo salvare: lo Stato di diritto. Altrimenti non ci resta che l'Europa matrigna, e l'accidiosa rinuncia di cui parla Karl Popper: «Se la democrazia è distrutta, tutti i diritti sono distratti. Anche se fossero mantenuti certi vantaggi economici goduti dai governati, essi lo sarebbero solo sulla base della rassegnazione".



Nasce a Milano il primo Sportello per le seconde generazioni.
Iniziativa del Comune presso i locali dell’Informagiovani.
Immigrazioneoggi, 16-01-2013
Apre a Milano, “primo esempio in Italia”, affermano dal Comune, uno sportello dedicato alle seconde generazioni, ragazzi nati in Italia da genitori stranieri e residenti nel capoluogo lombardo.
Presentata ieri nell’ambito del secondo Forum delle Politiche sociali, l’iniziativa sarà attiva da marzo nei locali dell’Informagiovani, in via Dogana, a due passi dal Duomo. Allo sportello lavoreranno quattro giovani italiani di origine straniera e offrirà informazioni, tra cui quelle su come ottenere la cittadinanza una volta compiuti i 18 anni (sono 666 i 18enni che quest’anno potranno richiederla).
“Allo sportello i giovani si potranno rivolgere anche per condividere esperienze – spiegano dall’amministrazione – e avere un appoggio nell’affrontare la propria condizione di stranieri-italiani e il percorso di formazione di un’identità spesso divisa tra il Paese di origine dei genitori e il desiderio di essere cittadini italiani come i propri coetanei. Lo sportello sarà infine un laboratorio di cittadinanza attiva, dove i ragazzi lavoreranno all’organizzazione di attività culturali, come la seconda edizione del Festival RiGenerazioni”.



Immigrati, Napoli: consegnata cittadinanza ai figli nati in Italia
Napoli - (Adnkronos) - La città compie "un bel passo in avanti sui diritti civili e costituzionali - ha dichiarato il sindaco de Magistris - non è solo significativo dal punto di vista simbolico ma abbiamo voluto che accanto a questo si potesse accompagnare anche un'effettiva essenza dei diritti rispetto allo status di cittadinanza"
Napoli, 15 gen. - (Adnkronos) - Oggi la consegna degli attestati di cittadinanza italiana ai figli di immigrati nati in Italia e residenti a Napoli, domani la 'carta dei diritti' per equiparare l'accesso ai servizi degli immigrati a quella degli italiani. Napoli compie "un bel passo in avanti sui diritti civili e costituzionali", ha spiegato il sindaco Luigi de Magistris che questa mattina ha consegnato i primi attestati di cittadinanza italiana ai maggiorenni nati sul territorio italiano e residenti a Napoli, effetto della delibera presentata dalla vicepresidente del Consiglio comunale Elena Coccia e approvata all'unanimita' dal Consiglio a luglio scorso.
"Non e' solo significativo dal punto di vista simbolico - ha sottolineato de Magistris - ma abbiamo voluto che accanto a questo si potesse accompagnare anche un'effettiva essenza dei diritti rispetto allo status di cittadinanza". Ieri la Giunta comunale di Napoli ha approvato una delibera che prevede l'istituzione della 'Carta dei diritti e dei doveri di cittadinanza comunale' "per far vivere l'articolo 3 della Costituzione, che non a caso abbiamo inserito nell'attestato consegnato oggi. La delibera e' importantissima perche' oltre alla cittadinanza ci sono i diritti: gli immigrati e i figli di immigrati devono avere nei servizi della nostra citta' gli stessi diritti degli italiani".
Tutte istanze che, ha spiegato il sindaco di Napoli al termine della cerimonia, il Movimento arancione ha intenzione di portare in Parlamento: "Da un lato cancelleremo tutte le leggi ad personam, cosa che non e' all'ordine del giorno ne' dell'agenda Monti ne' in quella di Bersani, anche perche' molte di queste le hanno fatte loro - ha dichiarato de Magistris - dall'altro ci saranno tante leggi sui diritti civili, a cominciare dalle unioni civili e dallo ius soli. non e' un caso - ha concluso - che si tratti di una lista per i diritti e per la Costituzione".



Corsi di lingua italiana Consegnati i diplomi
il Giornale di Napoli, 16-01-2013
Sono ottanta gli extracomunitari, in gran parte giovani rifugiati provenienti dai paesi deli1 Africa occidentale, che dopo aver frequentato i primi corsi d'italiano sostenuti dalla Província di Napoli riceveranno questa mattina la certificazione di conoscenza di lingua indispensabile al rilascio dei permesso di soggiorno. Le attestazioni della "Dante Alighieri" saranno consegnate dall'Assessore al Lavoro, Immigrazione e Scuola della Pace Marilù Galdieri nell'aula multimediale dell'ICS Campo dei Moroncino in piazza Pepe.
«Questi corsi sono il frutto delia capacità della Província di Napoli di acquisire ed utilizzare le risorse che il ministero degli Interni aveva stanziato a questo scopo - dichiara l'assessore Galdieri - Al di là della demagogia che si fa sugli immigrati e in particolare sui rifugiati, spesso parcheggiati negli alberghi con non pochi problemi anche per le strutture, occorre che le Istituzioni attivino percorsi concreti per stimolare una possibile e reale integrazione. E la conoscenza della lingua italiana anche a livello base può essere un primo passo».
I corsi sono stati realizzati da Modavi Federazione Provinciale di Napoli Onlus, Laici Terzo Mondo, Giro dei Mondo, Dedalus. Ma i corsi vanno al di là di quello che è un semplice insegnamento dell'idioma italiano, si tratta di un passo, fondamentale, in quello che è l'inserimento di un migrante nel tessuto sociale italiano basandosi sulla conoscenza della lingua, e quindi sull'apprendimento e ancora di più sulla capacità di intendere e di farsi intendere. Relazionarsi con chi è dei luogo diventa un tassello fondamentale se si vuole essere accettati e accettare.



Entro fine febbraio dovranno lasciare il centro. Immigrati in protesta
Gli ospiti del centro di prima accoglienza di Castiglione d'Otranto hanno occupato il binario delle Ferrovie Sud-est per chiedere aiuti economici. Alla fine del prossimo mese, infatti, saranno costretti ad abbandonare la struttura
Lecceprima.it, 16-01-201316 gennaio 2013
CASTIGLIONE D'OTRANTO (Andrano) - Un gruppo di circa 35, forse 40 immigrati, prevalentemente di origini africane, ospiti del centro di prima accoglienza di Castiglione d'Otranto, la frazione di Andrano, ha occupato il binario delle Ferrovie Sud Est, sul tratto compreso tra Montesano Salentino e il piccolo centro del Capo.
Si sono raccolti in un sit-in di protesta, rumoroso, ma pacifico, per richiedere che vengano assegnati loro alcuni piccoli sussidi, previsti dalla legge, per cercare una casa in affitto, dal momento che entro il 28 febbraio, dovranno abbandonare la struttura, per scadenza dei termini . A presidiare la manifestazione, i carabinieri della compagnia di Tricase.
Nei corso dell'estate 2011, un altro gruppo organizzò un corteo di protesta simile, organizzato per le vie del paese, denunciando le condizioni alle quali erano costretti a vivere. Il problema dei pasti in primis - insufficienti e ripetititvi-, poi la questionedel diritto negato all'accoglienza dela domanda d'asilo.
Ma l'esasperazione montante, in quell'occasione, era scaturita anche, a detta degli immigrati, dall'assenza del ricambio di abbigliamento e dalla mancata consegna di quei sostegni finanziari previsti per ognuno di loro dalla normativa specifica, come una sim telefonica e una somma di circa 2 euro e 50 centesimi al giorno.



L’Unhcr chiede alle forze politiche che “l’asilo e le politiche migratorie siano incluse nelle agende dei partiti”.
Il delegato Laurens Jolles indica le priorità alle forze politiche da inserire nei programmi elettorali.
Immigrazioneoggi, 16-01-2013
L’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) chiede che le forze politiche diano la dovuta attenzione all’asilo ed alle politiche migratorie nei programmi elettorali.
“In questi anni – scrive nell’appello l’Unhcr – le normative adottate e le politiche poste in essere in Italia hanno portato ad alcuni significativi passi in avanti per la protezione dei rifugiati. Si registrano tuttavia situazioni di grave ritardo soprattutto, ma non solo, con riferimento all’accoglienza ed all’integrazione dei richiedenti asilo e rifugiati”. Su una popolazione di circa 60 milioni di abitanti, si stima che i cittadini di Paesi terzi presenti in Italia siano tra i 4 e i 5 milioni, compresi circa 61.000 rifugiati, “un numero esiguo – rileva l’Unhcr – se comparato alle presenze in altri Paesi europei”. “È dunque necessario che l’asilo e le politiche migratorie siano incluse nelle agende dei partiti – afferma Laurens Jolles, delegato Unhcr per il Sud Europa – una risposta che permetta di affrontare in maniera più adeguata le sfide dell’asilo non è più procrastinabile”.
A questo scopo l’Unhcr avanza alcune proposte. Per contribuire al rispetto del principio di non-refoulement (non respingimento), negli accordi finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare dovrebbero essere inserite adeguate clausole di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati, in particolare nell’accordo con la Libia. Nell’ambito dei meccanismi di controllo delle frontiere, dovrebbe essere garantita un’informazione tempestiva sull’asilo, prima dell’eventuale adozione di qualsiasi provvedimento di allontanamento. Per migliorare il sistema dovrebbe essere istituita un’autorità amministrativa indipendente, competente sulla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale. Introdotte norme che consentano l’ampliamento delle Commissioni in base al numero delle domande. È auspicabile, inoltre, un rafforzamento delle misure di ritorno volontario assistito, considerato quale uno dei possibili strumenti di gestione dei “flussi migratori misti”. Maggiore attenzione deve essere rivolta ai bisogni di protezione dei minori non accompagnati che giungono in Italia anche attraverso l’adozione di procedure di identificazione idonee incluso l’accertamento dell’età; la pronta designazione di un tutore con le necessarie competenze ed in grado di esercitare efficacemente il proprio ruolo.



UE, accordi di riammissione. La “cooperazione” al servizio dell’espulsione dei migranti
Scheda di approfondimento a cura di Migreurop.org
Melting Pot Europa, 15-01-2013
Pubblichiamo gli appunti di approfondimento a cura della rete europea Migreurop sugli accordi di riammissione, uno degli strumenti repressivi della politica migratoria dell’Unione Europea attuato con il pretesto della lotta contro l’immigrazione così definita clandestina e contro le reti dei trafficanti.
La scheda traccia la storia degli accordi di riammissione, sottolineandone la discrezionalità e l’opacità democratica da un lato, la seria minaccia al rispetto dei diritti fondamentali dall’altro.
Abstract della scheda
Dagli anni 90, l’UE ha portato avanti un politica di ‘esternalizzazione’ delle frontiere. Lo strumento chiave di questa strategia sono stati i cosiddetti “Accordi di riammissione”, istituiti dal Trattato di Amsterdam del1999, secondo cui i paesi membri si sono impegnati a stipulare dei patti di riammissione con i paesi d’origine o di transito dei migranti. Gli obiettivi di tali accordi sono, da una parte, facilitare e velocizzare i respingimenti delle persone irregolari nei loro paesi d’origine e, dall’altra, preservare gli interessi economici dei paesi membri che, grazie alla manodopera a basso costo proveniente dai paesi considerati “a rischio di migrazione” , danno nuova vita ad alcuni settori della loro economia.
Questi accordi non garantiscono in nessun caso che il ritorno forzato delle persone nel proprio paese avvenga nel rispetto delle norme internazionali in materia di diritti umani. In molti casi, infatti, i migranti vanno incontro a procedure legali o all’arresto, poiché in molti dei paesi d’origine non vige nessuna norma che tuteli i diritti fondamentali dell’uomo e, in alcuni casi, l’emigrazione è considerata un reato.
Secondo la Commissione europea, i paesi europei devono garantire “incentivi sufficientemente potenti” per ottenere la cooperazione dei paesi terzi. In questa visione, i migranti non costituiscono altro che una moneta di scambio utile agli interessi personali dei paesi coinvolti. Inoltre, il Parlamento Europeo può dare la propria approvazione agli accordi stipulati solo una volta che il contratto è stato firmato dagli aderenti; in questo modo, il suo ruolo di supervisore è svuotato di significato.
Le ONG e la società civile non hanno accesso ai testi degli accordi bilaterali e ai documenti del Consiglio, che sono secretati in quanto “politicamente delicati”. In conclusione, tutto ciò che concerne la riammissione deve rimanere nella massima confidenzialità, poiché coinvolge necessariamente i rapporti tra gli stati.
vedi sito Migreurop.org

 

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