03 gennaio 2013

E per il 2013 una nuova politica sull’immigrazione
l'Unità, 03-01-2013
Osservatorio Italia-razzismo
È finito il 2012 e, come sempre, è tempo di bilanci. Soprattutto perché la fine dell’anno, e l’inizio del nuovo, coincide con la campagna elettorale per le vicine elezioni politiche. Nel suo tradizionale discorso di fine anno, il Presidente Giorgio Napolitano ha presentato una serie di elementi che riguardano la realtà del paese e la visione di quello che “vorremmo esso diventasse nei prossimi anni”. Non si tratta di giudizi o programmi per il governo, ma di un’attenta valutazione della situazione attuale e della “questione sociale” da porre al centro dell’attenzione e dell’azione pubblica. E all’interno di questa questione, il Presidente Napolitano non ha dimenticato il tema dell’immigrazione in Italia.
In questo contesto di crisi, un’idea rinnovata di sviluppo economico non può “eludere il problema del crescere delle diseguaglianze sociali” e in questo, l’Italia deve essere un paese “solidale” che sappia “avere cura dei soggetti più deboli” come per esempio i profughi in cerca di protezione, o i lavoratori stranieri, il cui contributo alla nostra economia, anche in termini di apporto di nuove risorse umane, è fondamentale. Nell’ultimo anno il Presidente si è più volte espresso sul tema della concessione della cittadinanza ai bambini nati e cresciuti in Italia da genitori stranieri e nel corso del suo discorso ha ribadito la sua posizione: solo l’anno scorso avevamo 420mila minori extracomunitari nati in Italia, è concepibile - si chiede il Presidente - che dopo essere cresciuti ed essersi formati qui, restino stranieri in Italia?
Per noi la risposta è scontata, ma non pare essere così per la politica che non è stata in grado, negli ultimi anni e nonostante le molte proposte di legge, di approvare un nuovo testo sulla cittadinanza che tenesse conto del mutato panorama migratorio degli ultimi anni. Il Presidente cita poi una vergogna tutta Italiana, quella cioè relativa all’accoglienza dei profughi. È concepibile – si chiede Napolitano - che profughi cui è stato riconosciuto l’asilo vengano abbandonati nelle condizioni che un grande giornale internazionale ha giorni fa – amaramente per noi – documentato e denunciato?. Il giornale cui fa riferimento il Presidente è l’International Herald Tribune, che il 27 dicembre ha pubblicato un lungo articolo in cui si racconta la vita di oltre 700 rifugiati africani (principalmente somali, etiopi ed eritrei) costretti a vivere da anni in un palazzo occupato a Roma. La situazione di palazzo Selam, così viene chiamato lo stabile, è nota ormai da anni. Uomini e donne che vivono in condizioni precarie, in piccole stanze ristrutturate da loro stessi, spesso senza avere lavoro, con una scarsa conoscenza della lingua italiana e difficoltà a inserirsi in un percorso di integrazione. Questa situazione, così come altre denunciate negli ultimi mesi, ci fa vergognare di fronte all’Europa e fa sì che molti stranieri in cerca di asilo non vogliano rimanere in Italia. Con il nuovo anno proviamo a mettere in atto politiche lungimiranti che possano far loro cambiare idea.



RIFUGIATI, VERGOGNA ITALIA / 2
Gli hotel della disperazione L'emergenza infinita dei rifugiati
Lunghi viaggi e traversate nella speranza di trovare un Paese che li accolga. Ma l'Italia non è pronta. Da oltre un anno la gestione dei migranti che chiedono asilo politico è affidata a procedure d'emergenza. Anche chi ce l'ha fatta è spesso costretto a vivere in condizioni drammatiche. Il caso del Salaam Hotel a Roma dove i profughi vivono come fantasmi in un palazzo dismesso, finito in prima pagina sull'International Herald Tribune
la Repubblica, 03-01-2013
ROBERTA REI
Sono decine di migliaia, tutti profughi scappati dalla guerra in Libia e dalla rivoluzione in Tunisia. Il loro destino dipende da una domanda, quella fatta a una Commissione, di cui non capiscono né il nome né il ruolo e che definiscono sempre con un tono solenne preceduto da un marcato articolo determinativo. Perché è "La Commissione" che deciderà se potranno avere o meno il riconoscimento dello status di rifugiato politico. La gestione d'emergenza della loro condizione è scaduta il 31 dicembre, ma con un decreto il governo ha prorogato tutto al 28 febbraio.
I flussi migratori, negli anni scorsi, sono stati spettacolarizzati paventando una "emergenza umanitaria" che l'allora ministro dell'Interno Roberto Maroni aveva definito "di proporzioni catastrofiche". Si stimava, in principio, un'invasione di oltre cinquantamila persone provenienti dalla Libia. Nei mesi successivi però quelle previsioni sono state smentite dai numeri: difatti nel 2012, solo poco più di ventottomila richiedenti asilo sono entrati in Italia a seguito della primavera araba. Questo esodo (importante ma non di proporzioni bibliche) è andato a sommarsi con i gruppi preesistenti per un totale di circa 62mila persone. Se le previsioni di Maroni fossero state corrette, oggi dovremmo parlare di un fenomeno di oltre centomila "rifugiati".
Un'emergenza ridotta, rispetto alle catastrofiche previsioni governative, ma, comunque, gestita male e con risultati che adesso, sì, possono essere definiti "catastrofici". Per la gestione di questo problema, il Governo italiano, di concerto con la Protezione Civile e le Regioni, ha costruito un sistema di accoglienza che è sfuggito al controllo centrale e ha favorito l'affermarsi di un esteso e illecito giro d'affari. Da Nord a Sud sono numerose le segnalazioni di disagi: ogni regione, ma spesso anche ogni provincia, ha creato una propria modalità e rete di accoglienza. I migranti sono stati ospitati in ogni tipo di struttura in disuso che fosse rintracciabile: alberghi, ospedali, asili, palazzi abbandonati. Luoghi, che nella maggior parte dei casi, non erano stati concepiti per l'accoglienza dei profughi, ma che, per l'occasione, sono diventati tali. E, pur essendo del tutto inadeguati, hanno tuttavia ottenuto l'abilitazione ad operare come "Cara", Centri di accoglienza per rifugiati politici.
Un migrante che viene ospitato in un "Cara", vale dai 36 ai 42 euro al giorno. Una diaria a carico dello Stato, in cui però, oltre il vitto e l'alloggio, è compreso l'obbligo di fornire servizi di assistenza sanitaria, legale, mediazione culturale, di pulizia e orientamento al territorio. Una gestione molto costosa, per la quale il Governo ha speso circa un miliardo e 300 milioni di euro. Ma che tuttavia andava controllata e non lasciata ai proprietari delle strutture o ad associazioni create al momento per sfruttare il business dell'immigrazione. L'unica preoccupazione, per far fronte all'emergenza è stata quella di trovare luoghi vuoti, o semi vuoti, ed inutilizzati, che garantissero il contenimento e un minimo di sussistenza dei profughi.
Col decreto del 27 luglio 2011 era stato creato un Gruppo di monitoraggio e assistenza il cui scopo doveva essere quello di supportare l'attività dei "Soggetti attuatori sul territorio" e di controllare la diffusione delle buone pratiche. Ma la sua azione è durata soltanto pochi mesi. Così è accaduto che in regioni come la Campania (che ha ricevuto una quota record di 2.278 rifugiati ospitati in 50 hotel), una struttura come il Tifata resort di S. Prisco, in provincia di Caserta, ospitasse circa 82 richiedenti asilo, per una somma giornaliera che ammonta a più di 3.400 euro. O l'Hotel Regina, nella stessa zona, in cui addirittura si stima la presenza di circa 180 migranti, per una cifra che andrebbe oltre i 7.000 euro al giorno. E nella maggior parte dei casi, soprattutto all'inizio, gli albergatori non hanno avuto i mezzi adeguati per fornire corsi di lingua, il cibo e il vestiario adeguati così come previsti dalla legge, e nemmeno lo spazio necessario. Ci sono stati casi in cui i migranti sono stati costretti a svolgere lavori di manutenzione delle stesse strutture alberghiere. Per non parlare di quelli finiti nel circuito del lavoro nero del tessuto criminale come è accaduto intorno stazione di Piazza Garibaldi a Napoli. Jamal Qadorrah, responsabile dell'ufficio immigrazione della CGIL descrive così il fenomeno: "I migranti che vivono negli hotel della zona cadono nel mercato dello spaccio di droghe e della prostituzione e una delle prime parole italiane che hanno imparato è 'camorra'".
In Sicilia invece, a 60 chilometri da Catania, al centro della Piana omonima, è stato allestito il più grande "Cara" dell'isola con una capienza di oltre 2.000 posti, il "Villaggio della Solidarietà" di Mineo. Una struttura residenziale preesistente, in origine chiamata "Residence degli Aranci" che, fino al dicembre 2010, ha ospitato i militari statunitensi presenti nella base Nato di Sigonella di proprietà della società di costruzioni Pizzarotti Spa. Il Residence degli aranci è una cattedrale nel deserto lontana dal primo centro abitato, quello di Mineo, ben 11 chilometri. Quando i militari hanno progressivamente abbandonato la struttura, il Dipartimento della Difesa aveva deciso di rinnovare il contratto d'affitto, e alla Pizzarotti Spa si era presentato il problema di come pagare il mutuo. La riconversione del residence in un "Cara", quindi, è sembrata la soluzione migliore per salvaguardare i diversi interessi, sia quelli della società, che quelli dello Stato che aveva bisogno di spazi ampi e pronti da subito. Quella che poteva apparire come una struttura di accoglienza a cinque stelle si è trasformata in un inferno. Secondo le denunce dell'Asgi (Associazione Studi Giuridici Immigrazione), il "Centro di Mineo per ragioni legate alla sua ubicazione era una struttura ad alto rischio di involuzione verso una realtà ghetto isolata dall'esterno". Area ipermilitarizzata, difficile da raggiungere, dove convive un mix esplosivo di diverse etnie e insofferenza. E dove gli unici servizi attivati sin da subito sono stati la distribuzione di sigarette e di schede telefoniche che ad aprile 2011, come la stampa locale ha riportato, erano stati affidati in appalto a Rosario di Dio, uno stretto parente di un noto boss locale.
Nella maggior parte dei casi, i servizi di intermediazione culturale e assistenza sono stati sempre svolti da associazioni di volontari. Nella provincia di Bergamo, ad esempio, sono stati attivati dei percorsi autorganizzati nel territorio per ospitare un gruppo di tunisini che avevano ottenuto il permesso di soggiorno provvisorio, ma, in assenza di abitazioni, sono stati costretti a vivere nei boschi per settimane. Molto spesso sono le Ong locali a fornire corsi di lingua italiana, o di mediazione legale laddove, i migranti, ignari della legge italiana, si affidano ad avvocati che avviano le pratiche da presentare alla Commissione, senza neanche informarsi sulla reale condizione d'origine del suo assistito.
Ogni rifugiato soggiorna nei Cara per tutto l'iter che precede il processo, davanti alle Commissioni territoriali, per il riconoscimento dello status di rifugiato. I tempi di attesa tuttavia superano di gran lunga quelli previsti dalla legge, prolungando così l'emergenza, i costi dell'accoglienza, e l'esasperazione. "Le Commissioni - spiega Laura Boldrini dell'Unhcr - devono fare una valutazione sulle condizioni del paese d'origine dei migranti, non su quello di transito. Quindi è vero che molte persone sono qui perché fuggite dalla guerra in Libia, ma non sono libici, e non hanno problema di protezione del loro paese d'origine. Per questo hanno risposte negative". I veri problemi, secondo il portavoce dell'Alto Commissariato Onu per i rifugiati, sono quelli che seguono il riconoscimento del diritto d'asilo. I profughi infatti non hanno posti dove stare e, così come ha mostrato il caso scioccante del Salaam Palace di Roma, definito dalla stampa internazionale come "paradosso italiano", vivono come dei fantasmi occupando palazzi dismessi dove "un bagno è condiviso da 250 persone".
Con il decreto del governo per altri due mesi si rimane nell'emergenza, poi la gestione sarà affidata ai prefetti che garantiranno agli stranieri ancora presenti "un'accoglienza finalizzata ad una progressiva loro uscita dal sistema, anche attraverso programmi di rimpatrio volontario e assistito". Ma queste persone, finora, hanno atteso in silenzio una via d'entrata. Dinanzi a nuove speranze disattese, la situazione potrebbe diventare esplosiva. È da oltre un anno e mezzo infatti che, in Italia, i migranti provenienti dal Nord Africa, attendono in un limbo di incertezza che è stato l'unico approdo a loro concesso dopo le lunghe e strazianti traversate in mare.



Immigrati, c'è l'accordo sui "Livelli essenziali d'assistenza"
​Avvenire, 03-01-2013
Il ministro della Salute, Renato Balduzzi, sottolinea - dopo il messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel quale il capo dello Stato ha ricordato come un Paese solidale deve avere cura "dei soggetti più deboli, garantendoli dal timore della malattia e dell'isolamento" - l'importanza dell'Accordo sancito nei giorni scorsi dalla Conferenza Stato-Regioni per l'applicazione delle norme in materia di assistenza sanitaria a cittadini stranieri e comunitari.
L'Accordo reca il titolo "Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l'assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle Regioni e Province Autonome italiane". Il ministro Balduzzi spiega che esso va nella direzione dell'accoglienza di "chi arriva in Italia per cercare protezione da profugo o lavoro da immigrato e offrendo l'apporto di nuove risorse umane per il nostro sviluppo", così come affermato dal presidente Napolitano.
Si è reso necessario realizzare iniziative più efficaci per garantire una maggiore uniformità, nelle Regioni e nelle Province autonome, dei percorsi di accesso e di erogazione delle prestazioni sanitarie, di cui al decreto del presidente del Consiglio dei ministri sui Livelli essenziali di assistenza (Lea).  Balduzzi spiega che si è dovuto "raccogliere in un unico strumento operativo le disposizioni normative nazionali e regionali relative all'assistenza sanitaria agli immigrati, anche al fine di semplificare la corretta circolazione delle informazioni tra gli operatori sanitari, poichè  sul territorio nazionale è stata riscontrata una difformità di risposta in tema di accesso alle cure da parte della popolazione immigrata, che può essere in contrasto con l'art. 32 della Costituzione". Tale accordo è la conclusione di un percorso avviato da oltre quattro anni sia con ricerche specifiche, come quella coordinata dalla Regione Marche e quella dell'Area sanitaria della Caritas di Roma, sia all'interno del Tavolo interregionale "Immigrati e servizi sanitari" presso la Commissione salute della Conferenza delle Regioni e P.A. (documento approvato nel settembre 2011).
Non si tratta di una nuova legge, ma del livello interpretativo delle norme esistenti. Infatti taluni ambiti sono già applicati da alcune Regioni e nella Pubblica Amministrazione. L'accordo prevede tra l'altro l'iscrizione obbligatoria al SSN dei minori stranieri anche in assenza del permesso di soggiorno e il prolungamento del permesso di soggiorno fino al compimento del primo anno del bambino alle donne extracomunitarie in stato di gravidanza. Finora al compimento del sesto mese dopo il parto le donne e il bambino venivano espulsi dall'Italia.
Il ministero della Salute nel recente riparto dei fondi destinati ai cosiddetti obiettivi di piano ha previsto una cifra vincolata di 30 milioni di euro per la tutela della salute degli stranieri extracomunitari privi di permesso di soggiorno. Il ministro Balduzzi a questo proposito dichiara: "Si tratta di iniziative che concretizzano l'art. 32 della Costituzione, perché nessuno sia escluso dai percorsi assistenziali in un'ottica di equità e di giustizia".



Pedofilia: mille minori stranieri vittime della prostituzione a Roma e Napoli.
Denuncia dell’Associazione Peter Pan: “un’emergenza di bambini invisibili”. Vittime soprattutto di nazionalità romena.
Immigrazkoneoggi, 03-01-2013
Sono circa mille i minori stranieri che si prostituiscono a Roma e Napoli. È l’allarme lanciato dall’Associazione Peter Pan, attraverso il presidente Mario Campanella, che parla di “un’emergenza di bambini invisibili in queste due città vittime, per pochi euro, della bramosia di persone che per noi sono criminali”.
Campanella, presidente di Peter Pan, associazione contro la pedopornografia, denuncia la presenza di “mille bambini di origine slava per le strade delle due più grandi città italiane, che si prostituiscono per 10-15 euro. Si tratta di bambini in gran parte non censiti perché figli di immigrati irregolari, anche se una parte di essi è rumena e quindi di fatto appartenente alla comunità europea”.
Secondo l’Associazione, che sta operando in progetti specifici in collaborazione con il Comune di Napoli e intende avviare iniziative anche a Roma, “gli sfruttatori che agiscono dietro questo mercato ne ricavano profitti per oltre 10 milioni di euro l’anno, nell’indifferenza generalizzata delle istituzioni centrali”.



Spagna: carcere per chi aiuta gli immigrati irregolari
Il Pane e le Rose, 03-01-2013
Luca Fiore - Contropiano
Proteste contro un progetto di riforma del Codice Penale del Partito Popolare che concede ai magistrati la possibilità di condannare con pene fino a due anni di reclusione coloro che aiutino gli immigrati extracomunitari senza i documenti in regola.
spagncarcimm
Le modifiche al Codice Penale introdotte dal Ministero della Giustizia di Madrid prevedono la punizione di quelle persone che prestino assistenza umanitaria o medica agli immigrati non in possesso di regolari permessi e documenti. La misura – anche più grave di quella promossa dal governo Berlusconi alcuni anni fa e poi saltata dopo le proteste di medici e associazioni – prevede la punizione dei colpevoli con una multa fino a due anni di reclusione.
Secondo l’articolo 318 bis della riforma, ancora in attesa dell’approvazione del parlamento, “colui che intenzionalmente aiuti una persona che non sia cittadino di uno stato membro dell’Unione Europea ad entrare nel territorio del nostro Stato o a transitarvi violando le leggi di questo stato sull’ingresso o il transito degli stranieri, sarà punito con una multa o con la prigione da sei mesi a due anni”.
La nuova normativa prevede punizioni simili anche per quelle persone che, a scopo di lucro, aiutino gli immigrati irregolari a permanere in territorio spagnolo, in particolare contro coloro che affittino abitazioni o vendano pasti agli stranieri non in regola.
Contro la norma persecutoria del Partito Popolare si è subito scatenata la protesta di un vasto arco di forze politiche, sociali e sindacali. Un coordinamento formato da giuristi, sacerdoti, professori e intellettuali ha denunciato il rischio che gli immigrati possano essere trattati come criminali ed ha lanciato una campagna nei confronti del ministro Alberto Ruiz Gallardón affinché corregga l’articolo di legge contestato. "Il nuovo articolo 318 bis mette sullo stesso piano condotte illecite e immorali come la tratta di esseri umani con pratiche di natura umanitaria di solidarietà, di ospitalità e di assistenza nei confronti di quelle persone che si trovino senza documenti in Spagna” afferma in un comunicato il collettivo ‘Salviamo l’ospitalità’.
In realtà l’articolo, nell’ultima parte, lascia la possibilità al pubblico ministero di evitare di accusare chi violi la legge “esclusivamente a fini umanitari” rendendo però esplicita la possibilità per i magistrati di punire questo tipo di comportamenti. “Si lascia nelle mani dei procuratori la possibilità arbitraria di applicare o no la legge. E ciò è molto grave, perché concede ai magistrati un’arma di persecuzione politica contro i cittadini” denuncia il coordinamento che si oppone alla controriforma.



Storace, Fidel e i razzisti
la Repubblica, 31-12-2012
Khalid Chaouki
Che vergogna! Un coro di razzisti, questa volta non allo stadio e nemmeno incappucciati come codardi mentre devastano un negozio etnico. Le voci della vergogna hanno un nome e un cognome e si esercitano nella gara a chi è più xenofobo sulla pagina Facebook di francesco Storace, il leader della Destra e attuale candidato alla presidenza della Regione Lazio anche a nome del Pdl.
Il pretesto è la scelta di Storace di candidare il popolarissimo giornalista di origine congolese del Tg3 regionale Fidel Mbanga-Bauna come capolista a Roma per le prossime elezioni regionali. I giornalista è notoriamente vicino alla vecchia area di Alleanza Nazionale ed ora evidentemente al movimento di Storace. Massimo rispetto per le sue scelte. Nessun rispetto invece per chi professa il razzismo mascherato da un partito politico evidentemente con frange ancora nostalgiche del fascismo.
Le frasi accuratamente riportate da Marco Pasqua su Huffington Post lasciano sbigottiti. Marina Pozzo scrive per esempio: “Gli italiani sono di razza bianca. Sarò bastarda, ma i neri hanno una puzza. Io non li sopporto”.  Un altro rincara la dose: “W Fidel. E chi avrebbe mai pensato di dirlo. Mbanga-bauna sarà facile scrivere questa preferenza. Consiglio di abbreviare in Bau, non scherzo: si può fare. Verrebbe così Mbanga-bauna detto Bau. Bello no?”.
E ancora un militante di Storace: “Con un non italiano e non europeo in lista voi difendereste l’identità nazionale? L’italiano è bianco, cari signori, bianco, avete capito? Con questo non considero, come mi volete far dire, i neri inferiori, li considero semplicemente non italiani, di altra etnia e, quindi, chi li candida, non rappresenta la nostra etnia”.
Continua l’amara gara a chi è più razzista: “Se questo nero ha il passaporto italiano non dimenticarti che noi siamo bianchi. Io sono una grande razzista e ho le mie buone ragioni”. “Se vi piacciono tanto questi personaggi, portateveli a casa vostra. I coccolanegri non mi sono mai piaciuti”. E ancora: “Pure coi negri… e dice che sono di destra, ma che destra è?”.
Dopo questa carrellata di insulti odiosi, non rimane che esprimere un sincero sentimento di solidarietà a Fidel Mbanga-Bauna. La nostra denuncia contro i razzisti, gli xenofobi e i nostalgici del fascismo continuerà ancora con più convinzione. Siamo curiosi di capire quali saranno le reazioni dei benpensanti del Popolo della Libertà, cosiddetti moderati che hanno deciso di sostenere il moderatissimo Francesco Storace.

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