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Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli
iscritti UIL

 

 

 

 

Anno XI n.19 del 5 giugno 2013

 

Consultate www.uil.it/immigrazione

Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri

 

Sindacati a Ministro Kyenge: “aprire un tavolo di confronto su lavoro etnico ed integrazione”

Cgil, Cisl, Uil al Ministro per l’Integrazione: “serve un’agenda di lavoro comune sull’immigrazione”

Positivo incontro tra i sindacati ed il Ministro Kyenge su crisi, lavoro immigrato, politiche di integrazione. Il primo momento di confronto ha disegnato un quadro molto difficile anche per gli stranieri che lavorano e vivono nel nostro Paese e che la crisi potrebbe portare all’irregolarità, a competere con gli italiani o ad abbandonare il nostro Paese. La scelta è ora e rimanere inerti e subire un nuovo fallimento della “governance” o invece mettere a punto semplici ma efficaci provvedimenti volti a politiche attive di sostegno all’occupazione legale, snellimento delle procedure per i rinnovi dei permessi nonché passi in avanti sui diritti di cittadinanza. E’ stata chiesta l’apertura immediata di un tavolo di confronto in materia di immigrazione e lavoro. Cecile Kyenge ha confermato che il suo Ministero sarà aperto al confronto ed al dialogo con la società civile. Cgil, Cisl, Uil redigeranno subito una memoria dettagliata sulle urgenze da affrontare.


 

 

 

 

SOMMARIO

 

 

 

 

Appuntamenti pag. 2

 

Report dell’incontro con Ministro Kyenge pag. 2

 

Prove d’intesa sulla cittadinanza pag. 3

Croazia nella UE: i sindacati scrivono al Governo pag. 5

 

CNA, anche le imprese straniere in crisi nel 2012 pag. 6

 

Una ricerca sulle associazioni etniche pag. 7

 

Documento sui CIE pag. 9

Sicurezza: i costi del rifiuto pag.10

 

Notizie in breve pag.11

Foreign Press pag.12

 

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A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.


Dipartimento Politiche

Migratorie: appuntamenti


 

 

 

 

 


Roma, 06 giugno 2013, sede del Formez, ore 10.30

Incontro su immigrazione e buone pratiche di accoglienza

(Giuseppe Casucci)

Pordenone, 7 giugno 2013,

Incontro UIL e ITAL su Nuova Cittadinanza

Roma, 13 giugno 2013, ore 10, Via Fornovo 8

Ministero del Lavoro, Direzione Immigrazione: incontro su regime d’ingresso per lavoro dei cittadini Croati

(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci, Michele Berti)

Roma, 16 giugno 2013, Chiesa Santa Maria della Luce,

Acli Colf e Nodi - Lavoro domestico: insieme per un lavoro dignitoso

(Giuseppe Casucci)

Roma, 18 giugno 2013, sede CNEL, Viale Lubin ore 11.

Riunione gruppo ONC

(Giuseppe Casucci)

Palermo, 28/29 giugno 2013, Fonderie Reali,

EGAM _ Meeting Internazionale Antirazzista sull’Immigrazione

(Giuseppe Casucci)


 

Sindacato

 


Cgil, Cisl, Uil e il Ministro Kyenge:

Un’agenda di lavoro comune sull’immigrazione

Lamonica (Cgil), Ocmin (Cisl) e Loy (Uil) incontrano il Ministro per l’integrazione e chiedono di aprire un tavolo su lavoro etnico ed integrazione.


Roma, 5 giugno 2013 – Il Ministro per l’integrazione Cecile Kyenge ha incontrato ieri una delegazione di Cgil, Cisl e Uil ai fini di un confronto sulla complessa tematica dell’immigrazione, in particolare sugli aspetti che maggiormente concernono il lavoro etnico. Si è parlato anche più in generale delle politiche da adottare in materia di accoglienza ed integrazione. All’incontro, oltre ai Segretari Confederali Vera Lamonica (Cgil), Liliana Ocmin (Cisl) e Guglielmo Loy (UIL) erano anche presenti i coordinatori dei Dipartimenti Immigrazione delle tre Confederazioni. Da parte Ministeriale, oltre al Ministro, erano presenti il vice capo di Gabinetto, viceprefetto Angelo Carbone ed il portavoce del Ministro Cosimo Torlo. Oltre ad augurare a Cecile Kyenge un lavoro proficuo e prolungato nel tempo, si è anche ribadito come la nomina di un Ministro non nato in Italia, abbia un profondo valore che lo carica però di grandi responsabilità verso la forte richiesta di cambiamento su questo terreno che viene dalla società civile. I sindacati hanno presentato un quadro riassuntivo dei problemi e delle difficoltà che attualmente gravano sui cittadini e lavoratori immigrati, anche a causa della grave crisi economica ed occupazionale. “Sono tantissimi i temi di confronto ed i terreni su cui si può lavorare insieme”, hanno ribadito i sindacati nei loro interventi: “dal necessario bilancio sulla procedura di regolarizzazione, ed i suoi limiti oggettivi, alla necessità di allungare la durata dei permessi di soggiorno, specie in caso di prolungata disoccupazione; dal contrasto alla piaga della tratta e sfruttamento, al sostegno ai processi di accoglienza ed integrazione; dai diritti di cittadinanza e dal riconoscimento professionale, alla lotta alle discriminazioni in un quadro di riforma della legislazione in materia”. “Ci sono tre ordini di problemi da affrontare in modo differenziato – secondo Vera Lamonica: quelli che necessitano di un cambiamento legislativo, quelli che comportano una spesa e quindi debbono essere inseriti nel bilancio dello Stato, poi ci sono altri interventi che possono essere realizzati a legislazione invariata, magari con la semplificazione burocratica amministrativa”. “C’è la necessità, ha detto la dirigente sindacale, di mettere ordine, in termini di priorità e di contenuti, di una materia complessa. Questo anche al fine di affrontare sul piano tecnico problemi e possibili soluzioni”. Si tratta, hanno detto i sindacalisti, di affrontare le questioni in modo differenziato nei luoghi e con gli strumenti propri. Guglielmo Loy ha parlato del grande processo di integrazione dei lavoratori stranieri in atto nel sindacato (quasi un milione di iscritti stranieri). “una scelta di politica sindacale – ha detto Loy – che ha guardato alla qualità della persona, indipendentemente dalle sue origini”. “Oggi il sindacato ha moltissimi quadri e dirigenti, a livello locale, di categoria e nazionale, di origine straniera ed è questa anche la sua forza che gli da’ diritto rappresentarli in sede di confronto con le controparti e con il Governo”. Loy ha avvertito della necessità di guardare alla crisi ed alle sue possibili conseguenze: come cioè la recessione può pesare e modificare il mercato del lavoro. “Molti stranieri se ne vanno, ha aggiunto Loy, e questo può diventare un problema; altri rischiano l’irregolarità. Ma il rischio c’è anche in termini di possibile conflitto tra lavoratori italiani e non”. Sul tema della cittadinanza, su cui è iniziato il confronto a livello parlamentare, il segretario confederale UIL ha avvertito della necessità di “non caricare su questo tema tutto il peso della problematica migratoria”. “Non solo, per Loy, è necessario produrre una riforma largamente condivisa, e quindi al riparo dei rischi di una <riforma della riforma>, ma sarebbe anche utile rendere maggiormente fruibile il permesso di soggiorno di lungo periodo, in modo che la richiesta di cittadinanza sia una scelta ponderata e non un necessario espediente per aggirare la farraginosità della normativa attuale”. Anche Liliana Ocmin (Cisl) ha sottolineato l’urgenza di cambiare la legge sulla cittadinanza (“siamo a favore di uno ius soli temperato”, ha detto), ma ha anche richiamato l’attenzione sulle piaghe della tratta e dei gravi casi di sfruttamento lavorativo purtroppo presenti anche nel nostro Paese. Sul tema dell’alto costo per i rinnovi dei permessi, la segretaria confederale Cisl ha suggerito la possibilità “di raddoppiarne almeno la durata”, visto che il Governo ha scelto di fare cassa sugli stranieri. Ocmin ha poi ringraziato il Ministro per le sue pubbliche dichiarazioni, sottolineando che la scelta di dare l’incarico a un ministro di origine straniera è un forte segnale simbolico testimone dei cambiamenti in atto nella nostra società. I sindacati hanno richiesto l’apertura formale di un tavolo di confronto tra Governo e parti sociali sui temi migratori più direttamente legati al mondo del lavoro ed alle sue specificità.

Il Ministro Kyenge si è detta d’accordo sulla necessità affrontare da subito i problemi, specie quelli risolvibili senza modifiche legislative. Ha precisato di essere in attesa delle deleghe e che per il momento è saggio muoversi con grande cautela su di una materia molto sensibile alle contrapposizioni ideologiche. Kyenge ha chiesto esplicitamente il contributo ed il supporto del movimento sindacale alla sua azione. Il ministero, ha detto, cercherà di funzionare da cerniera con gli altri dicasteri interessati alla materia (interni, lavoro, esteri, istruzione, ecc.) e sarà aperto al dialogo con tutti, proseguendo sulla strada del suo predecessore che aveva istituito un tavolo di confronto con tutte le associazioni della società civile. Sulla riforma della cittadinanza, il ministro si è detto d’accordo sulla necessità di semplificare le procedure. “E’ un tema – ha detto – che va oltre il lavoro e concerne la qualità della vita delle persone, per questo ne ho parlato molto in pubblico, tentando di attirare l’attenzione su questa urgenza di riforma”. “Anche per questo – ha aggiunto – seguirò con attenzione il lavoro promettente iniziato dall’intergruppo parlamentare. La novità e che a questo dibattito partecipano quasi tutti i partiti”. “Da questo lavoro, ha ribadito, mi aspetto significativi passi in avanti”. Il ministro, in conclusione dell’incontro, ha chiesto ai sindacati di redigere una memoria articolata dei punti sui quali è possibile aprire un confronto, anche dal punto di vista tecnico, per suggerire possibili efficaci soluzioni”.


Cittadinanza

 


Stranieriinitalia.it

Cittadinanza. Prove d’intesa alla Camera, la riforma muove i primi passi

Esponenti di tutti gli schieramenti si confrontano nell’intergruppo. Proposte diverse, ma non distanti.


www.stranieriinitalia.it - Roma, 4 giugno 2013. Il momento è adesso. E guai a farselo sfuggire. Alla Camera dei Deputati la riforma della cittadinanza per le seconde generazioni trova sostenitori in tutti gli schieramenti, Lega Nord esclusa. E ci mettono la faccia, come hanno fatto stamattina partecipando a una riunione dell’intergruppo parlamentare promosso dal deputato del Pd Khalid Chaouki, nel corso della quale ognuno ha spiegato la sua proposta. Le formule sono diverse, ma non distanti come si potrebbe immaginare. Ruotano intorno all’anzianità di residenza regolare dei genitori e alla frequenza della scuola. E hanno l’obiettivo comune di riconoscere anche per legge quella che è ormai la realtà del Paese, fatta anche di nuovi italiani. Fuori dalle ideologie, senza scontri strumentalmente politici, puntando sul lavoro del Parlamento e non su un’iniziativa del governo  che comunque, attraverso la ministra dell’integrazione Cècile Kyenge, garantisce appoggio esterno al dibattito e un’opera di “sensibilizzazione”. “È  indispensabile un confronto tra le forze politiche, anche per dare al Paese un messaggio di concretezzza e consapevolezza” dice Khalid Chaouki,creatore dell’intergruppo e promotore dell’incontro di oggi. “Siamo in una fase di maturità e disponibilità diversa rispetto alla scorsa legislatura, noi crediamo che la riforma possa andare in porto. E vogliamo che ci siano dentro tutti, anche il Popolo della Libertà e il Movimento cinque Stelle, perché è un tema nazionale che riguarda la sorte, l’identità del futuro dell’Italia”. “L’Italia è già cambiata e questa legge è una necessità nazionale, siamo alla fine di un lungo percorso finalmente arrivato a maturazione” sottolinea Mario Marazziti (Scelta Civica). La proposta che ha presentato insieme alla collega Milena Santerini prevede che sia italiano chi nasce qui da genitori residenti da almeno cinque anni o chi arriva da piccolo e conclude un ciclo di studi. Proprio il passaggio attraverso la scuola, sostiene l’ex portavoce della Comunità di sant’Egidio, “è una risposta alla predicazione della paura, secondo la quale la riforma distruggerebbe l’italianità. Invece la forza d’attrazione della cultura italiana ha un valore fondamentale, e quindi si finisce per accrescere l’italianità”. “Questa battaglia – aggiunge Marazziti – si vince solo se non diventa scontro ideologico. Non è materia della quale si deve occupare il governo, che è vincolato a un programma dove c’è convergenza e ne uscirebbe indebolito. Serve quindi un percorso che nasca dal Parlamento, magari con un testo già condiviso da portare in commissione. Se perdiamo questa possibilità non so quando potrà ripetersi”.

Renata Polverini (Popolo della Libertà) parla di “battaglia principe per l’integrazione”, in nome di “ragazzi che si considerano già italiani e che i nostri figli e nipoti considerano italiani come loro”. “Il Paese deve confrontarsi con la realtà, vedo che per la prima volta ci stiamo indirizzando verso qualcosa di concreto”. Anche l’ex governatrice del Lazio ha presentato una proposta di legge, secondo la quale è italiano “chi è nato nel territorio della Repubblica”, ma la cittadinanza va “confermata entro il sedicesimo anno di età, o, in alternativa, il diciottesimo, con assolvimento dell’obbligo scolastico”. Chi nasce in Italia, si trasferisce all’estero e poi torna, dovrà sostenere un “approfondito esame che attesti la conoscenza della cultura, della lingua e delle regole basilari del nostro ordinamento”. Polverini sottolinea che la sua è “un’iniziativa personale”, ma rivela che nel Pdl ci sono altri pronti ad appoggiare pienamente la riforma (cita ad esempio Laura Ravetto, ma anche Carlo Giovanardi ha presentato una sua proposta). “Credo che questo governo ha un programma faticoso, però il Parlamento può accompagnare con garbo, con discrezione, ma anche con forza la sua azione. E non credo che il governo si romperà sulla cittadinanza”.

La riforma raccoglie consensi tra i banchi dell’opposizione. Sinistra Ecologia Libertà è da sempre schierata su questo fronte, ma è in arrivo anche una proposta del Movimento Cinque Stelle.

“Dobbiamo riconoscere anche per legge come è cambiato il Paese e quanto viene arricchito dalle differenze. L’Italia è un fiume al quale affluiscono tanti torrenti che lo ingrossano. Dobbiamo farlo capire alla gente con una grande operazione culturale, spiegare bene che non vogliamo uno ius soli secco e che parliamo di diritto di cittadinanza alle seconde generazioni” dice Giorgio Girgis Sorial, deputato del M5S figlio di immigrati egiziani.

Senza quel diritto, “bambini e adolescenti possono essere costretti a lasciare il loro Paese, quello in ci sono nati o cresciuti, per tornare in quello dei genitori, che non conoscono. Oppure devono fare le file in Questura, sentendosi violentati, estromessi dalla società” sottolinea Sorial, che vorrebbe anche un’azione dell’Italia nell’UE per aprire un dibattito europeo sulla cittadinanza. Cosa prevederà la proposta dei Cinque Stelle? “Italiano chi nasce qui da genitori residenti regolarmente da almeno tre anni. Poi cittadinanza per formazione: chi è arrivato a tre, quattro anni, quando ne ha dodici ed è andato a scuola è già italiano al cento per cento. E può festeggiarlo con orgoglio. A diciotto anni deve esserci poi la possibilità di rinunciare alla cittadinanza”.

“Non inventiamoci paure degli italiani,. Sul territorio c’è grande consenso e i sondaggi dicono che quattro italiani su cinque sono favorevoli allo ius soli” sottolinea Filippo Miraglia (Arci), intervenuto insieme a Mohamed Talimoun (Rete G2) in rappresentanza dei promotori della campagna l’Italia sono Anch’io.

La loro proposta di legge popolare, che ha raccolto oltre 100 mila firme, dice che è italiano chi nasce qui da un genitore straniero regolarmente residente da almeno un anno e chi arriva da piccolo ma completa un ciclo scolastico. Ma l’Italai sono anch’io punta anche a una riforma che affidi le competenze ai Comuni, e che passi dalla “concessione”, che dipende dalla valutazione di questo o quel funzionario, al “diritto soggettivo” alla cittadinanza.

“Noi spingeremo perché la riforma assomigli alla nostra proposta” dice Miraglia. “Certo servirà una mediazione, ma non vorremmo compromessi al ribasso che non modifichino, di fatto, la situazione delle seconde generazioni: se potranno diventare italiani a sedici anni anziché diciotto non avremo ottenuto nulla. La mediazione guardi al futuro del Paese e non al presente degli equilibri politici”.Khalid Chaouki, spiega che la proposta del Partito Democratico ( italiano chi nasce in italia da genitori residenti regolarmente da almeno cinque anni) “è una mediazione che punta al radicamento familiare e permetterebbe comunque ai bambini di arrivare all’iscrizione alla scuola dell’obbligo già con la cittadinanza”. “È anche l’antidoto all’obiezione abusata dell’”Italia-sala parto”, che tra l’altro  lede la dignità delle donne” sottolinea. Per chi arriva da piccolo si richiederebbe il completamento di un ciclo scolastico o di formazione professionale.Che ne sarà del lavoro dell’intergruppo? “Nei prossimi giorni dovremo vedere come incardinare al più presto la discussione sulla riforma in Parlamento. Credo che dovremo stilare un documento che definisca le priorità e affermi la necessità di un cambiamento, raccogliere firme in Aula e presentarlo ai capigruppo e alla presidente della Camera, per far iniziare subito i lavori della commissione affari costituzionali. Laura Boldrini – nota Chaouki - si è già dimostrata molto sensibile a questo tema”. Elvio Pasca


 

Croazia nella UE


I sindacati scrivono al Governo: “non adottate misure transitorie per i lavoratori croati”

Va garantito loro: “un trattamento alla pari di tutti gli altri cittadini comunitari nell’accesso al lavoro”


redazionale) Roma, 30 maggio 2013 – Il prossimo 1° luglio la Croazia diventerà il 28° Stato Membro dell’Unione Europea ed i suoi abitanti avranno accesso alla libera circolazione nella spazio Schengen, ma non automaticamente il diritto a risiedere e lavorare in un altro Paese dell’Unione. Questo dipenderà dalle scelte che faranno i vari governi, garantendo o meno la libertà completa di circolazione e ricerca di lavoro, oppure optando per le cosiddette “misure transitorie” previste dai Trattati dell’Unione. In base a questa “moratoria” può essere rimandata nel tempo la libertà di circolare e lavorare in un altro Stato. In genere si limita l’accesso – in tutto o in parte – al mercato del lavoro dei singoli stati. Questo è già successo, ad esempio, nel caso di Romania e Bulgaria nel 2004 e, a detta dei sindacati, fu usato come pretesto da molti imprenditori per contrattare irregolarmente i cittadini neo – comunitari. Per evitare tutto ciò, Cgil Cisl e Uil hanno deciso di scrivere al Ministro Del Lavoro Giovannini chiedendo espressamente “di non adottare le misure transitorie di limitazione della libera circolazione dei lavoratori subordinati croati, che sono contemplate come possibili dal Trattato di adesione della Croazia all’Unione europea”. La lettera è molto tempestiva in quanto il Governo sta per prendere una decisione formale in merito, probabilmente già nel prossimo Consiglio dei Ministri.

“I lavoratori frontalieri croati, storicamente presenti nel mercato del lavoro delle regioni italiane del Nord-Est sin dalla creazione degli stati nazionali - si legge nella lettera firmata dai segretari confederali Vera Lamonica (Cgil), Liliana Ocmin (Cisl) e Guglielmo Loy (Uil) - sono attualmente e fino al 30 giugno p.v. sottoposti alla normativa sull’immigrazione, la quale prevede l’emanazione dei decreti flussi come condizione per poter instaurare un rapporto di lavoro regolare nel territorio nazionale”. Nel caso dei lavoratori frontalieri, sono in atto da anni forme di ingresso agevolato e soppressione dei visti d’ingresso per soggiorni brevi (fino a 90 giorni); facilitazioni, in virtù delle quali i cittadini croati sono da decenni presenti nel nostro paese e contribuiscono in settori chiave dell’economia regionale del Friuli Venezia Giulia e del Veneto (turismo, cantieristica navale, agroalimentare), ma anche nel settore del lavoro domestico e dell’assistenza domiciliare. “Per questa ragione, si legge nella lettera - facendo nostra la risoluzione adottata dalla Confederazione Europea dei Sindacati (C.E.S.) nel dicembre 2012, chiediamo al Governo italiano di non adottare le misure transitorie di limitazione della libera circolazione in Italia dei lavoratori subordinati croati”. “Concedere da subito la piena libera circolazione ai lavoratori croati – conclude la lettera - avrebbe a nostro parere il vantaggio sin dal prossimo 1° luglio, di un trattamento alla pari di tutti gli altri cittadini comunitari nell’accesso al lavoro, favorendo altresì l’impiego regolare di questi lavoratori.


 


Croazia in Ue, sindacato chiede regolarizzazione frontalieri

Presidente Csi: norme transitorie gia' flop con Slovenia


(ANSA) – Trieste, 25 maggio 2013 - ''L'ingresso della Croazia nell'Unione Europea rappresenterà una chance per il mercato del lavoro nazionale e del Friuli Venezia Giulia e del Veneto in particolare, per vedere finalmente avviato un serio percorso di regolarizzazione di migliaia di rapporti di lavoro che riguardano soprattutto i frontalieri''. Lo afferma Michele Berti, presidente del Consiglio Sindacale Interregionale (Csi) Friuli Venezia Giulia, Veneto, Croazia Sudoccidentale. In una lettera ai presidenti del Veneto e Friuli Venezia Giulia, Luca Zaia e Debora Serracchiani, Berti ricorda che ''i lavoratori frontalieri croati, storicamente presenti nel mercato del lavoro del Nord-Est sin dalla creazione degli stati nazionali, sono sottoposti fino al 30 giugno alla normativa sull'immigrazione, che prevede l'emanazione dei decreti flussi come condizione per poter instaurare un rapporto di lavoro regolare. Tali lavoratori sono impiegati in settori chiave dell'economia regionale ma anche e soprattutto nel settore di cui maggiormente usufruiscono le famiglie con persone anziane o comunque affette da patologie invalidanti che le rendono non autosufficiente''. Il Csi chiede dunque a Zaia e Serracchiani di ''esercitare tutte le forme di pressione del caso sul Governo al fine di evitare che adotti le misure transitorie di limitazione della libera circolazione dei lavoratori subordinati croati'', facendo tesoro dell'esperienza vissuta con l'ingresso della Slovenia nell'Ue, quando l'adozione del sistema delle quote non comporto' benefici. ''Concedere da subito la piena libera circolazione ai lavoratori croati avrebbe il vantaggio di trattarli sin dal prossimo primo luglio alla stregua di tutti gli altri cittadini comunitari nell'accesso al lavoro - conclude Berti - facendo quindi cadere qualsiasi alibi residuo alla necessita' di impiegarli regolarmente''. (ANSA).


 


Schengen: raggiunto un accordo tra Consiglio e Parlamento Ue sulle modifiche al sistema di “governance”
Fondamentale il ruolo della Commissione Ue per la chiusura delle frontiere in casi “eccezionali”.


Bruxelles, 31 maggio 2013 - Si sblocca la riforma della “governance” sul Trattato di Schengen. Dopo quasi un anno l’Europarlamento sembra aver raggiunto un accordo sulla proposta del Consiglio.
La mediazione – secondo quanto anticipa l’agenzia Ansa – prevede che i singoli Paesi potranno ancora disporre unilateralmente la chiusura temporanea delle frontiere in casi di emergenza, ma Bruxelles si è ritagliata il ruolo di monitorare la situazione, controllare i possibili abusi e proporre una “geometria variabile” della immensa frontiera esterna europea (8.000 chilometri quella terrestre più 43.000 chilometri di coste, per un totale ben maggiore dell’intero equatore) nel caso in cui uno o più Paesi non si dimostrassero in grado di far fronte alla pressione dell’immigrazione clandestina.
Dopo i flussi eccezionali dovuti alla “primavera araba”, fu il vertice dei leader di giugno 2011 a chiedere alla Commissione una proposta per rivedere il meccanismo di valutazione delle “emergenze”. Francia e Italia arrivarono ai ferri corti, con Parigi che aveva reintrodotto i controlli a Ventimiglia e con Roma che aveva polemicamente risposto distribuendo permessi di soggiorno. Trovato un accordo di principio a giugno 2012, il dossier si bloccò per le resistenze del Parlamento che vedevano il sistema troppo legato alle decisioni politiche dei singoli governi. Il compromesso varato tra mercoledì e giovedì continua a permettere la chiusura unilaterale temporanea di fronte “a serie minacce per la sicurezza interna”. Se sono prevedibili (come in caso di eventi sportivi o riunioni politiche di alto livello come un G8) la decisione va notificata alla Commissione. Se sono imprevedibili (come in caso di attacco terroristico) la chiusura può essere immediata. La novità è che vengono previsti meccanismi di valutazione da parte della Commissione, con controlli anche a sorpresa. In più, nel caso di “serie mancanze” di un Paese di fronte a ondate migratorie, la Commissione può raccomandare di prendere specifiche misure, far intervenire il Frontex, l’Easo e l’Europol. E se il Paese interessato non riesce a mantenere i suoi obblighi, dopo tre mesi sarà Bruxelles a poter proporre agli Stati vicini di chiudere le frontiere interne. (Red.)


 

Impresa etnica


Cna, dopo anni crescita nel 2012 quelle straniere soffrono crisi


Roma, 4 giu. (Labitalia) - Dopo anni di crescita ininterrotta, nel 2012 anche le imprese condotte da immigrati soffrono la crisi. Un risultato economicamente negativo. Ma che rappresenta anche la migliore cartina di tornasole del processo d'integrazione. Le imprese etniche sono ormai talmente integrate nel tessuto economico da non procedere più in totale controtendenza rispetto alle imprese autoctone. Lo dimostra l'indagine su 'L'imprenditoria straniera in Italia', realizzata dal Centro studi Cna e presentata oggi a Roma. Nel 2012, la crisi ha colpito particolarmente le imprese individuali con titolari stranieri: sono diminuite del 6,7% rispetto al 2011. Un risultato peggiore dell'intero sistema imprenditoriale: l'anno scorso il totale delle imprese è calato dello 0,3%, le ditte individuali dello 0,8%, le imprese artigiane dell'1,5%. Questo dato negativo non intacca, tuttavia, il contributo degli stranieri negli anni della crisi. Al 31 dicembre del 2012, in termini assoluti erano 232.668. Rispetto al 2007 sono cresciute di 65.519 unità e del 39,2%. Oggi rappresentano il 7% delle imprese individuali: erano il 7,4% alla fine del 2011, ma il 4,8% nel 2007. Il 56,8% dei titolari stranieri di ditte individuali è nato in soli quattro Paesi: Marocco (16,4%), Romania (15,4%), Cina (14,7%) e Albania (10,3%). Le iniziative imprenditoriali degli stranieri, si legge nell'indagine del Centro studi Cna, sono più numerose sia dove la popolazione immigrata è più consistente sia dove si fa più impresa. Il 76,7% dei titolari stranieri risiede in sei regioni: Lombardia (22,9%), Toscana (12,3%), Lazio (11,1%), Emilia Romagna (11,1%), Piemonte (10,9%) e Veneto (9,6%). Anche gli immigrati risentono del clima economico circostante: è più forte la loro propensione all'imprenditorialità dove questa strada è tradizionalmente battuta per seguire aspirazioni di mobilità professionale e sociale ritenute non realizzabili con il lavoro dipendente. Una forte concentrazione si riscontra anche nei settori economici. Il 72,2% dei titolari d'impresa opera in due soli comparti: le costruzioni (37,2%) e il commercio (35%). Importante è anche il peso del tessile e abbigliamento (6,6%). Soprattutto per quanto riguarda le attività commerciali si può ipotizzare che la costituzione di un'impresa possa rappresentare l'unica alternativa alla disoccupazione. Ma ciò è vero solo in parte. Tra il 2008 e il 2012, l'occupazione degli stranieri in Italia è aumentata di 581mila unità, una crescita che è unica tra le grandi economie europee. Negli stessi anni il peso della componente straniera sull'occupazione è salito dal 7,6 al 10,3%, secondo in Europa solo a quello della Spagna. Alla domanda su che cosa abbia determinato questa crescita, il Centro studi Cna risponde: "C'è chi dice che gli stranieri sono più propensi ad accettare qualsiasi tipo di lavoro e a qualsiasi condizione. Più probabile - fa notare - che l'incremento sia dovuto a un effetto statistico ritardato delle regolarizzazioni intervenute negli ultimi anni. Di sicuro, c'è che il valore aggiunto attribuibile agli stranieri imprenditori e regolarmente occupati in termini di ricchezza prodotta nel 2010 è stato pari al 12%. Maggiore della loro quota di occupati".


Ministro Kyenge: “valorizzare le diversità”

“Per far funzionare la moderna società multirazziale italiana e' necessario ''valorizzare la partecipazione di ogni cittadino, mettendo al centro la persona. Ce lo insegna quella bellissima carta che e' la Costituzione''. E' una delle affermazioni del ministro dell'Integrazione Cecile Kyenge, intervenuta alla presentazione del Rapporto della Cna sull'impresa etnica e del libro di Romano Benini 'Quasi italiani. Storie di immigrati imprenditori', per i tipi della Donzelli. Per Kyenge bisogna ''proteggere il bene comune senza cancellare le identità. Ciò avviene quando si riconoscono i diversi valori della comunità in cui si vive. L'immigrazione e' un fenomeno ormai

affermato nella società italiana, e il lavoro e' uno dei settori di integrazione più importanti, anche e sopratutto in questo momento di crisi''. Kyenge assicura, infine, che il suo ministero lavorerà per l'integrazione anche ''mettendo a confronto le diverse esperienze non solo italiane ma anche di altri Paesi''.


 

 


Ius soli, cittadinanza, diritti: antiche sfide e nuovi scenari per le associazioni immigrate.

Una ricerca Parsec sulle associazioni degli immigrati

A cura di Angela Scalzo


Partendo da un universo di circa 400 associazioni individuate nelle tre regioni, sono state intervistate 16 organizzazioni in Calabria, 57 in Emilia Romagna e 44 nel Lazio. Il 40% ha più di dieci anni. Solo per il 36% si tratta di associazioni mono nazionali, mentre il 24% è plurinazionale e il 39% è indicato come interculturali e vede anche la presenza di italiani. Le strutture plurinazionali aggregano immigrati di diversa provenienza per religione, per aree geografiche, per lingua, per qualifica professionale, per genere o orientamento di genere. Nella maggioranza dei casi si tratta di strutture guidate da meno di 10 persone, impegnate nella promozione della cultura di origine, in attività sociali, formative e ricreative dirette perlopiù a un target immigrato, ma anche alle comunità locali in cui agiscono. Il 66% delle associazioni ha ricevuto un supporto da altri soggetti per avviare le attività, in prevalenza dal privato sociale, dai centri servizi per il volontariato o da enti pubblici. Questi i risultati della ricerca promossa dall’Associazione Parsec con il contributo di Open Society Foundations che ha analizzato la situazione delle associazioni degli immigrati a dieci anni di distanza dall’ultima indagine sul tema. A partire da un’analisi degli archivi esistenti e della normativa in materia, è stata realizzata una ricerca di campo in Emilia Romagna, Lazio e Calabria, che ha portato complessivamente ad intervistare 118 leader di associazioni e 35 testimoni privilegiati, nonché a produrre 3 studi di caso territoriali a Reggio Emilia, Latina e Cosenza. L’indagine ha evidenziato come la piena valorizzazione di queste risorse sia legata al sostegno delle istituzioni locali : è il caso della presenza di coordinamenti “dal basso” con cui l’Ente Locale dialoga e collabora (Cosenza) o della creazione di spazi ad hoc per sostenere l’intercultura e la crescita dell’associazionismo degli immigrati (Reggio Emilia). Al contrario, la scarsa attenzione delle istituzioni mostra a Latina minori opportunità per la messa in rete delle risorse di cittadinanza attiva di quel territorio. Nonostante la legislazione nazionale sull’immigrazione individui nelle associazioni degli immigrati dei soggetti di interesse per garantire la rappresentanza degli interessi di questi ultimi, e la realizzazione di interventi di integrazione, i risultati della ricerca mostrano, con incisive differenze nei tre casi territoriali esaminati, che entrambe le funzioni attualmente sono frenate. Mancano gli spazi e le condizioni affinché le associazioni possano incidere sulle decisioni che riguardano le politiche di integrazione, e in molti enti locali le Consulte – organi deputati allo scopo – non sono attive. Anche il contributo agli interventi di integrazione risulta difficile per la complessità del sistema di accreditamento con gli enti pubblici e – più in generale – del sistema di partecipazione ai bandi. All’interno del dibattito che caratterizza questo nuovo scenario istituzionale, acquista sempre più rilevanza la necessità di conoscere il numero di strutture attive a livello nazionale. La ricerca, a partire da fonti web relative a albi e registri ufficiali, osservatori e altre fonti, propone una mappatura che raggiunge ben 909 organizzazioni, considerabili come la punta dell’iceberg di quelle attive. La ricerca restituisce la grande complessità interna delle associazioni, le molteplici motivazioni dell’aggregarsi dei soggetti immigrati; la loro capacità di portare avanti la rispettiva mission tra mille difficoltà, attivando diverse risorse e relazioni e di fatto, “facendo integrazione”. Il confronto tra le tre regioni mostra anche come il contesto locale e l’attenzione delle istituzioni sia determinante per lo sviluppo dell’associazionismo e del suo contributo. Le associazioni richiedono una disponibilità alle istituzioni in termini di spazi, di strumenti e di servizi per sviluppare le proprie attività, ma soprattutto per sviluppare delle politiche di integrazione più attive ed efficaci. D’altronde possiamo dire che la sensibilità degli amministratori locali su questi temi stia gradualmente crescendo proprio grazie al contributo di queste associazioni, che partecipano attivamente alla vita economica e sociale delle città, Lo scenario politico-istituzionale degli ultimi mesi, che ha posto al centro del dibattito in Italia i temi dello ius soli e del voto agli immigrati, lascia sperare che si possa giungere a delle vere e proprie modifiche istituzionali che prevedano una riforma della legge sulla cittadinanza ed il riconoscimento di una più ampia gamma di diritti agli immigrati, tra cui il diritto di voto amministrativo. Ed è proprio sullo sfondo di questa nuova interlocuzione tra Istituzioni e società civile, che l’Associazione Parsec promuove una serie di incontri locali tesi a diffondere i risultati di un’indagine sul ruolo delle associazioni immigrate, considerabili come fondamentale elemento di partecipazione, cittadinanza e, in ultima istanza, rappresentanza politica. Gli incontri avranno luogo nel mese di giugno, secondo il seguente calendario:

A Cosenza, il 7 giugno 2013, presso UNICAL – Dip. Scienze Politiche e Sociali, Via P. Bucci, Cubo 0B. A Latina, il 14 giugno 2013, Casa del Volontariato di Latina, c/o centro Commerciale Latina Fiori, Viale Pierluigi Nervi, Torre 5 Gigli, Scala A VI Piano. A Reggio Emilia, il 22 giugno 2013, UNIMORE - Aula Magna, viale Allegri n.9.


 


Le associazioni di immigrati tra difficoltà e speranze per il futuro.
La fotografia scattata da una ricerca del Parsec


Roma, 4 giugno 2013 - L’associazionismo degli stranieri è considerato fondamentale dalla legislazione italiana, che lo tutela, come importante fattore per promuovere i processi di integrazione e di dialogo interculturale. Ma le associazioni di stranieri presenti sul territorio nazionale riescono a svolgere questo compito? A questa domanda ha cercato di rispondere lo studio realizzato dal Parsec “Risorse di cittadinanza” con il contributo della Open Society Foundation. Ne è risultata una fotografia dell’associazionismo degli immigrati alquanto problematica e differenziata a livello territoriale. A partire dalla mancanza di una mappatura a livello nazionale che non consente di avere un dato certo sul numero delle realtà associative. Esistono, è vero, i registri nazionali del Ministero del lavoro e dell’Unar, nonché numerosi registri regionali e provinciali di associazioni, ma rappresentano solo la punta dell’iceberg di un universo fatto di piccole realtà non formalizzate e non iscritte ad albi di riferimento.
Dall’analisi delle associazioni presenti in Emilia Romagna, Lazio e Calabria, risulta che il 40% ha più di dieci anni, solo per il 36% si tratta di associazioni mononazionali, mentre il 24% è plurinazionale e il 39% è indicato come interculturali e vede anche la presenza di italiani. Le difficoltà maggiori sono quelle finanziarie in quanto più del 60% delle associazioni si basa su un bilancio inferiore a 5.000 euro e un quinto non dispone di alcuna sede avendo come unico punto di riferimento il domicilio del legale rappresentante.
Andando poi a studiare la situazione in tre città, Reggio Emilia, Latina e Cosenza si è messo in evidenza come la piena valorizzazione di queste risorse sia legata al sostegno delle istituzioni locali: è il caso della presenza di coordinamenti “dal basso” con cui l’ente locale dialoga e collabora, come a Cosenza o della creazione di spazi ad hoc per sostenere l’intercultura e la crescita dello associazionismo degli immigrati come a Reggio Emilia. Al contrario, la scarsa attenzione delle istituzioni mostra a Latina minori opportunità per la messa in rete delle risorse di cittadinanza attiva di quel territorio. Nonostante le differenze individuate, i risultati della ricerca mostrano che in tutte e tre le realtà mancano gli spazi e le condizioni affinché le associazioni possano incidere sulle decisioni che riguardano le politiche di integrazione, e il loro contributo agli interventi di integrazione risulta difficile per la complessità del sistema di accreditamento con gli enti pubblici e del sistema di partecipazione ai bandi. La ricerca propone alcune misure per far fronte alle difficoltà osservate in merito all’inquadramento normativo e all’iscrizione agli albi e alle debolezze strutturali delle organizzazioni, in primo luogo attraverso interventi strutturali come l’introduzione del voto amministrativo per gli stranieri e la semplificazione della legge sulla naturalizzazione per poi procedere con la trasformazione delle Consulte da meri organismi consultivi a organi deliberativi di co-programmazione nazionale e regionale, alla centralizzazione dei dati sulle associazioni attraverso un database unico, alla semplificazione dei criteri per la iscrizione nei registri, all’accesso di spazi pubblici e gratuiti per le associazioni.
Dei risultati dell’indagine e delle possibili soluzioni per garantire una maggiore partecipazione dei cittadini stranieri alla vita politica e sociale del Paese si discuterà venerdì prossimo, 7 giugno a Cosenza presso l’Unical - Dip. Scienze politiche e sociali, via P. Bucci, Cubo 0B, il 14 giugno a Latina (luogo da individuare) e il 22 giugno a Reggio Emilia (Unimore - Aula Magna, viale Allegri, 9).
Per maggiori informazioni: Associazione Parsec, Tel. 06 4463421 / 333 471 21 78,giulia.rellini@parsecassociazione.it
(Maria Rita Porceddu)


 


Centri di identificazione ed espulsione, ecco il documento che fa discutere

Centri di accoglienza, ecco il documento che fa discutere


(da: www.immigrazione.biz) L’ASGI considera il Documento Programmatico inadeguato alle effettive criticità della detenzione amministrativa - Il Ministero dell’Interno nel giugno del 2012 ha istituito una sorta di commissione specializzata, per analizzare la situazione in cui versano i C.I.E in Italia. Gli aspetti da valutare hanno riguardato l’ambito legislativo, organizzativo e gestionale; l’obiettivo finale era quello di elaborare nuove proposte normative che migliorassero la gestione di questi centri, e cercare inoltre di creare un sistema unico di funzionamento a livello nazionale. 
Già nel 2006 era stata istituita una Commissione ("Commissione De Mistura") per cercare di determinare con obiettività le criticità che incontravano i C.I.E, e vagliando oggi, le due indagini, si riscontrano notevoli differenze. Infatti, la “Commissione De Mistura” era composta sia da funzionari del Ministero dell’Interno sia da appartenenti all’associazionismo che hanno visitato tutti i centri, incontrato le Prefetture, le Questure, raccolto i dati utilizzando apposite schede di rilevazione, tutto sempre in maniera chiara e trasparente. Invece l’attuale Commissione, è composta esclusivamente da funzionari del Ministero che hanno voluto lavorare in assoluta segretezza.
La principale critica che è mossa dall’ASGI, parte proprio da quest’assunto, per aprire una nuova indagine, bisognava partire dal lavoro svolto dalla precedente Commissione, prendendo spunto sia dal metodo utilizzato sia dai dati finali emersi, tutto questo, non è stato fatto. Un’altra considerazione riguarda il tema della detenzione amministrativa, infatti, negli ultimi tempi, si sono succedute analisi e prese di posizione sull’argomento molto critiche verso questo tema, che sono state anche in questo caso completamente ignorate dalla nuova Commissione. 
L'Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione, vista anche la situazione politica di stallo in Italia, nella quale è stato deciso ugualmente di presentare questo Documento Programmatico caratterizzato dal tecnicismo, chiede che il Ministero dell’Interno e le Istituzioni governative e parlamentari non tengano conto del suddetto. E infine auspica che sia costituita una Conferenza Nazionale, nella quale siano coinvolti tutti i soggetti interessati alla questione, con l’obiettivo di predisporre un programma serio e concreto che riguardi il superamento del sistema dei C.I.E e una nuova riforma legislativa in materia di immigrazione. Vedi il 
Documento Programmatico della task-force sui Centri di identificazione ed espulsione


 

Cassazione


Cassazione: sì all'assegno sociale per l'immigrato anche se vive in un nucleo familiare titolare di reddito

"Il reddito da prendere a riferimento è quello esclusivo della persona che richiede la prestazione".


Mostro Firenze: Cassazione riapre processo sulla morte del medico NarducciRoma, 31 maggio 2013 - Sì all'assegno sociale per l'immigrato, titolare di soggiorno per ricongiungimento familiare, anche se vive in un nucleo familiare titolare di reddito. Lo ha stabilito la Cassazione che ha fatto presente che "il reddito da prendere a riferimento è quello esclusivo della persona che richiede la prestazione". In questo modo, la sezione Lavoro (sentenza 13576) ha bocciato il ricorso dell'Inps contro la decisione della Corte d'appello di Milano (ottobre 2007) che aveva dato l'ok all'assegno sociale a favore di Dnayat B., titolare di carta di soggiorno per ricongiungimento familiare, in quanto "priva di reddito". Inutile, dunque, il ricorso dell'Inps in Cassazione volto a dimostrare che l'immigrata - che convive con il nucleo familiare del figlio soggetto-autore del ricongiungimento - era inserita in un nucleo familiare titolare di reddito tale da garantirle il sostentamento. Piazza Cavour ha bocciato il ricorso dell'Inps viziato da considerazioni "metagiuridiche", e ha chiarito che "il reddito da prendere a riferimento è quello esclusivo della persona che richiede la prestazione, considerato eventualmente il reddito del coniuge ed altri redditi che nel caso non sono ravvisabili". In ogni caso, aggiunge la Suprema Corte, è "pacifico" che l'immigrata "non gode di alcun reddito proprio e trae sostentamento dalla convivenza con il nucleo familiare del figlio".

Da: http://www.stranieriinitalia.it/


 

Sicurezza

 


Rapporto

Immigrati, i costi del rifiuto

di Roberta Carlini, http://espresso.repubblica.it/

La politica del "rispediamoli tutti a casa" pesa sui conti pubblici: 1 miliardo e 600 milioni in dieci anni, tra controlli alle frontiere, centri di espulsione, rimpatri e burocrazia. E in più non funziona, dati alla mano


(30 maggio 2013)

I diritti umani non hanno prezzo, e non è con calcoli economici che potremo salvarli. Però qualche conto può aiutare, soprattutto in tempi di austerity e spending review, per sostenere le ragioni che si oppongono alle "politiche del rifiuto". E' quel che ha fatto l'associazione Lunaria con un rapporto che, anno dopo anno e spesa dopo spesa, fa i conti in tasca alle politiche di contrasto all'immigrazione irregolare. Arrivando in poco più di un decennio a una cifra considerevole: 1 miliardo e seicento milioni di euro, la gran parte dei quali a carico delle casse nazionali. Numeri che vanno confrontati poi con quelli degli immigrati respinti e rimpatriati, quelli dei regolarizzati e quelli (stimati) dei "senza documenti": per verificare, dati alla mano, l'inefficacia di tale spesa. E dunque il fallimento di politiche dell'immigrazione basate su un impianto tutto repressivo. Il Rapporto, presentato e discusso il 30 maggio a Roma, ripercorre i capitoli principali di una spesa pubblica che è tra le più invocate (in nome della sicurezza) ma tra le meno controllate. Se un sindaco apre le liste per l'assegnazione delle case popolari ai cittadini stranieri si scatenano polemiche infinite, e le politiche di inclusione sono tacciate di buonismo, ma pochi sono andati a guardare tra gli sprechi e i costi delle politiche di esclusione. Politiche che fanno capo a molteplici centri di spesa e vari fondi, nazionali, comunitari e cofinanziati. I ricercatori di Lunaria sono andati dunque a spulciarli uno per uno. C'è il Fondo Europeo per le frontiere esterne, i cui stanziamenti vanno soprattutto a beneficio dei controlli costieri (dalla sorveglianza all'acquisto di materiali ai sistemi tecnologici, al coordinamento delle informazioni: 331 milioni di euro, dal 2007 al 2012); un Pon (Programma Operativo Nazionale) specificamente dedicato alla sicurezza del Mezzogiorno (111 milioni di euro dal 2000 al 2006, per Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia: anche qui, si parla di supporto alle attività delle forze dell'ordine per cercare e identificare i migranti); il Fondo europeo per i rimpatri, che finanzia i programmi per rispedire in patria i migranti catturati (circa 61 milioni di euro, 2008-2012); un bel pacchetto di stanziamenti per la Cooperazione con i paesi di origine (151 milioni, anni 2005-2012). E poi c'è il grosso della spesa, quella per i Centri di identificazione ed espulsione e altre strutture simili. Strutture carcerarie, di fatto; sorvegliate dalle forze dell'ordine, da cui non ci si può allontanare. E nelle quali si può stare fino a 18 mesi (inizialmente era stato fissato un massimo di 30 giorni). Vanno pagate le strutture, il personale, il vitto, la manutenzione, la sorveglianza... Il tutto è costato, finora, 143,8 milioni di euro all'anno. Il conto complessivo si può vedere nella tabella: 1 miliardo 668 milioni, di cui 281 a carico delle risorse comunitarie e il resto della spesa pubblica nazionale. Ed è una stima per difetto, dato che di alcune spese non è stato possibile ottenere una rendicontazione precisa. A fronte di tutto ciò, c'è la sostanziale inefficacia delle politiche di contrasto, di tutto l'apparato del rifiuto che va dalle coste agli invivibili Cie. Dal '98 al 2012, si legge nel Rapporto, meno della metà delle 169.126 persone transitate nei Cie sono state effettivamente rimpatriate: 78.081, il 46,2 per cento del totale. Mentre gli enormi flussi di emersione dall'immigrazione irregolare, in occasione delle varie sanatorie, mostrano che ben più grande è la dimensione dell'immigrazione: dal 1986 al 2009, i provvedimenti di emersione hanno portato alla regolarizzazione di 1.661.291 persone, tutti migranti regolarizzati in seguito al loro arrivo in Italia. Di contro, ci sono i numeri - non piccoli, ma assai minori - di quanti sono stati rintracciati dalle autorità di pubblica sicurezza in posizione irregolare, prima di poter usufruire di una sanatoria o nei periodi di attesa tra una sanatoria e l'altra: 540.389 persone, dal 2005 al 2011, il 60,3% delle quali non hanno obbedito all'ordine di allontanamento. Con tutta evidenza, non basta pensare a una "spending review". Bisogna riflettere su tutto l'impianto delle politiche dell'immigrazione e della legge Bossi-Fini. Confrontando i costi delle politiche del rifiuto con quelli delle politiche di inclusione: i quali saranno oggetto di un prossimo rapporto, già messo in cantiere da Lunaria.


 

 

 

 

 

 

 

Notizie in Breve


news in 50 lingue

Schengen: dimezzati i movimenti illegali nel corso dell’ultimo anno.
Presentata dalla Commissione Ue la terza relazione sulla libera circolazione. Un terzo delle segnalazioni di irregolari arrivano dall’Italia.

 

Le associazioni di immigrati tra difficoltà e speranze per il futuro.
La fotografia scattata da una ricerca del Parsec. A giugno previsti incontri a Cosenza, Latina e Reggio Emilia per proporre soluzioni per una maggiore partecipazione.

 

 

Musica: Francesco Guccini e Enzo Avitabile vincitori del premio di Amnesty International 2013 con “Gerardo nuvola e polvere”, la storia di un migrante.
Dal 19 al 21 luglio a Rovigo la 16/a edizione di “Voci X la libertà - Una canzone per Amnesty”.

 

“RifugiArti”, il 6 giugno a Roma la rassegna artistico-culturale dedicata ai rifugiati.
Iniziativa del Programma Integra con un mercatino etnico con prodotti artigianali e gastronomici di molti dei Paesi di provenienza dei rifugiati.

 

Regno Unito: le preoccupazioni di Vince Cable sulla diminuzione degli studenti stranieri.
Il numero di studenti stranieri in UK si è ridotto a causa della paura verso gli immigrati. All’estero si diffonde l’opinione che il Regno Unito ne voglia ridurre il numero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foreign Press


Obama focuses on housing, immigration

CNN's Ashley Killough


(CNN) – As Congress returns from recess next week, President Barack Obama is urging his colleagues on the other side of Pennsylvania Avenue to get to work on a number of fronts, including housing and immigration. “There are a lot of reasons to feel optimistic about where we’re headed as a country – especially after all we’ve fought through together,” he said in his weekly address. “We’ve just got to keep going.”. This week the Obama administration extended for two more years the Home Affordable Modification Program (HAMP), an initiative to help troubled mortgage borrowers. The Treasury Department and Department of Housing and Urban Development announced Thursday that homeowners will now have until the end of December 2015 to tap the program for help. Under the main HAMP program, more than 1.1 million homeowners have received a permanent modification as of the end of March. The modifications lowered payments by a median of $546 a month, 38% less than borrowers previously paid. Obama praised the extension Saturday, saying “a housing market that was in tatters is showing new signs of real strength” with a growth in construction and a drop in home prices. “But to keep our housing market and our economy growing, Congress needs to step up and do its part,” he said. “Members of Congress will be coming back next week for an important month of work. We’ve got to keep this progress going until middle-class families start regaining that sense of security. And we can’t let partisan politics get in the way.” He called on Congress to pass a law giving every homeowners the chance to save about $3,000 a year on their mortgage by refinancing at “historically low interest rates.”

Also facing Congress this summer are immigration reform efforts underway in both the House and Senate. Obama called on lawmakers to pass “commonsense reform that continues to strengthen our borders; holds employers accountable; provides a pathway to earned citizenship; and also modernizes our legal immigration system so that we’re reuniting families and attracting the highly-skilled entrepreneurs and engineers who will help our economy grow. “ “If we work together, I’m as confident as I’ve ever been that we’ll get to where we need to be,” he added.


 

 

 


Net migration to UK decreasing, figures show


(http://www.foreignersinuk.co.uk/) Net migration is now at its lowest level for a decade, falling from 242,000 in the year to September 2011 to 153,000 in the year to September 2012, latest figures from the Office for National Statistics show. The independent Office for National Statistics suggests this has been driven, in the most recent period, by a decline in the number of people coming to the UK.There was a 5% increase in sponsored student visa applications for the university sector as well as a 5% increase in visas issued to skilled workers. There was a 10% increase in study visas issued for Chinese nationals in the year to March 2013, and a 6% increase in student visitor visas in the year to March 2013. Latest figures from the Office for National Statistics also show a fall in overall number of visas (excluding visitors and transit) by 6% in year ending March 2013, the lowest 12 month total for which comparable data is available. “The figures show that we have cut out abuse while encouraging the brightest and best migrants who will contribute to economic growth,” Immigration Minister Mark Harper said. “We have made substantial inroads in cutting immigration and now have a more selective system that works in our national interest.” The minister added that the new Immigration Bill “will reduce the pull factors to this country and make it easier to remove people with no right to be here.”