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Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli
iscritti UIL

 

 

 

 

Anno XI n. 20 del 14 giugno 2013

 

Consultate www.uil.it/immigrazione

Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri

 

Migrazioni: verso un cambiamento di scenario

Italiani di nuovo emigranti?

L'Italia torna ad essere un Paese di emigranti: secondo l'ultimo rapporto dell'Ocse sui flussi migratori, la crisi economica e la disoccupazione stanno spingendo fuori dai propri Paesi greci, spagnoli e italiani, per portarli verso la Germania e la Gran Bretagna. E nel nostro Paese, a causa della crisi, cala anche l'immigrazione: rispetto al 2007 è scesa del 44%. Secondo i dati Ocse, nel 2011 sono 85.000 gli italiani che hanno lasciato il Paese, 72.000 gli spagnoli e 30.000 i greci. La Germania ha visto aumentare il suo flusso di immigrati spagnoli e portoghesi del 50%, e quello di italiani del 35%. "Dobbiamo aiutare chi vuole trovare un lavoro in un altro Paese, dobbiamo aprire altre possibilità, ma la crisi non si risolve solo aprendo il mercato del lavoro", ha detto il commissario all'occupazione Lazslo Andor presentando il rapporto. L'Ocse sfata poi il mito che gli immigrati pesano sui bilanci statali: l'impatto delle ondate migratorie degli ultimi 50 anni hanno avuto un impatto vicino allo zero. Ma se si aumentasse il loro livello di occupazione, allora l'immigrazione sarebbe una risorsa per il prodotto interno lordo, considerando che la forza lavoro supplisce al calo demografico.

 

 

 

 

SOMMARIO

 

 

 

 

 

 

 

International Migration Outlook 2013 pag. 2

 

Bozza semplificazioni: cittadinanza più facile pag. 3

 

Sindacati: no a moratorie sulla Croazia pag. 3

Rinnovo del Pds anche con reati pag. 4

 

Regolarizzazione: in arrivo nuove indicazioni pag. 5

 

Razzismo: chiusi due blog pag. 6

 

Cala l’immigrazione nel Regno Unito pag. 7

Foreign Press pag. 9

 

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A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.


Dipartimento Politiche

Migratorie: appuntamenti


 

 

 

 

 


Roma, 16 giugno 2013, Chiesa Santa Maria della Luce, ore 14.30

Acli Colf e Nodi - Lavoro domestico: insieme per un lavoro dignitoso

(Giuseppe Casucci)

Roma, 18 giugno 2013, sede CNEL, Viale Lubin ore 11.

Riunione gruppo ONC

(Giuseppe Casucci)

Palermo, 28/29 giugno 2013, Fonderie Reali,

EGAM _ Meeting Internazionale Antirazzista sull’Immigrazione

(Giuseppe Casucci)

Roma, 03 luglio 2013, sede ILO, Via Panisperna, ore 10.00

ILO Research on the organising of domestic workers – Incontro.

(Giuseppe Casucci)


 


Organisation for Economic Co-operation and Development

Le migrazioni tornano a salire, ma la crescita della disoccupazione colpisce i migranti

International Migration Outlook 2013 


13/06/2013 – Le migrazioni hanno cominciato ad aumentare di nuovo, guidate in gran parte da persone che si spostano all'interno dell'Unione europea, dopo tre anni di continuo calo durante la crisi. Ma le prospettive di lavoro per gli immigrati sono peggiorate, con circa uno su due immigrati disoccupati in Europa ancora in cerca di lavoro, dopo più di 12 mesi, secondo un nuovo rapporto OCSE. Il  International Migration Outlook 2013  dice che la migrazione nei paesi dell'OCSE è aumentata del 2% nel 2011 rispetto all'anno precedente, per raggiungere quasi 4 milioni di unità. Dati nazionali recenti suggeriscono un aumento simile nel 2012. "I governi devono fare tutto il possibile per migliorare le prospettive di lavoro degli immigrati", ha detto il segretario generale dell'OCSE Angel Gurría, presentando il rapporto a Bruxelles, assieme al Commissario europeo per l'Occupazione, gli affari sociali e inclusione László Andor e il Commissario UE per gli Affari interni Cecilia Malmström.

“Affrontare la disoccupazione elevata e di lungo periodo è ora essenziale. Continuare ad aiutare gli immigrati ad integrarsi assicurerà anche loro la possibilità di giocare un proprio ruolo nel guidare la crescita mentre l’economia globale si recupera”.

I flussi migratori all'interno dell'Unione europea sono aumentati del 15%, dopo un calo di quasi il 40% durante la crisi. La tendenza delle persone a lasciare i paesi più colpiti dalla crisi sta accelerando, in crescita del 45% dal 2009 al 2011. Il numero di greci e spagnoli che si trasferiscono in altri paesi dell'Unione europea è raddoppiato dal 2007, raggiungendo le 39.000 e 72.000 unità rispettivamente. La Germania ha visto un aumento del 73% degli immigrati greci tra il 2011 e il 2012, quasi il 50% dei cittadini spagnoli e portoghesi e il 35% degli italiani.   La migrazione verso gli Stati Uniti è rimasta stabile nel 2011, in aumento del 2%. L'Italia ha registrato un calo del numero di immigrati dell’ 11% e livelli di immigrazione ora sono il 44% inferiori a quelli registrati nel 2007. Ma la situazione del mercato del lavoro è peggiorata drasticamente per gli immigrati, con tassi di disoccupazione in aumento di quasi cinque punti percentuali tra il 2008 e il 2012, a fronte di un salto di 3 punti tra i nativi. Giovani immigrati e le persone poco qualificate sono stati i più colpiti. L'impatto è stato più forte tra i migranti provenienti da America Latina e Nord Africa.

La disoccupazione di lunga durata è aumentata considerevolmente tra i migranti. La quota di immigrati disoccupati nei paesi OCSE che sono stati senza lavoro per più di un anno è aumentata dal 31% del 2008 al 44% nel 2012. I governi a corto di liquidi dovrebbero evitare di tagliare sistematicamente programmi di integrazione, ma concentrarsi su misure che forniscono un risultato maggiore, come corsi di lingua e la formazione professionale, e concentrarsi sui gruppi più vulnerabili, come i giovani immigrati, dice l'Ocse. Il rapporto analizza l'impatto fiscale dell'immigrazione. L’Ocse sostiene che l'aumento dei livelli di occupazione dei migranti, rispetto a quello del nativi, genererebbe notevoli ritorni economici, in particolare in paesi come il Belgio, la Francia e la Svezia, con un'estesa popolazione di immigrati residenti. Nel rapporto si rileva inoltre che l'attuale impatto delle ondate cumulative migratorie ultimi 50 anni è, in media nei paesi OCSE, vicino allo zero. Il lavoro è la principale determinante del contributo fiscale degli immigrati, si dice. Combattere le discriminazioni è essenziale per raggiungere questo obiettivo, dice l'Ocse. Il report ha valutato il livello di discriminazione tra paesi presi in esame, ed ha trovato la sua misura molto maggiore di quanto si pensasse. Generalmente, una persona con un cognome straniero, per esempio, deve inviare almeno il doppio dei curriculum e delle richieste di lavoro, prima di ottenere un colloquio – rispetto a chi ha un cognome nativo.


 


Bozza semplificazioni, cittadinanza più facile per gli stranieri nati in Italia


ANSA

Roma – 14 giugno 2013 – Meno ostacoli per il riconoscimento della cittadinanza italiana alle seconde generazioni. Non è certo la riforma della cittadinanza che molti auspicano, ma è comunque un piccolo passo avanti per ragazzi e ragazze nati e cresciuti qui che a diciotto anni vogliono diventare italiani anche per legge. Una novità importante è in arrivo con il pacchetto sulla semplificazione (un disegno di legge e un decreto legge) che sarà domani sul tavolo del Consiglio dei Ministri. Tra le altre cose, il dispositivo prevedrebbe che a 18 anni si possa acquistare la cittadinanza anche «in caso di eventuali inadempimenti di natura amministrativa» da parte dei genitori. Tra questi inadempimenti, ad esempio, potrebbe esserci la mancata iscrizione all’anagrafe del bambino, una dimenticanza che ha bruciato le speranze a molti aspiranti italiani, che non hanno potuto dimostrare di aver risieduto in Italia dalla nascita, senza soluzione di continuità. Secondo la nuova norma, i figli degli immigrati potranno presentare certificati scolastici e medici come prova che, anche quando per non risultavano ufficialmente residenti in alcun Comune, erano effettivamente presenti in Italia. È un orientamento che alcuni tribunali avevano già recepito, ma ora lo si potrà far valere automaticamente, senza rivolgersi a un giudice. Tra le altre novità anche la certificazione del titolo di studio in inglese ed altre facilitazioni nel riconoscimento della cittadinanza ai nati da genitori stranieri (dopo i 18 anni).


Croazia


Incontro Governo, regioni e parti sociali

Cgil, Cisl, Uil: “no a misure transitorie sulla Croazia”

Il 1° luglio 2013 la Croazia entra in Unione Europea. In queste ultime ore l’Italia sta decidendo se stabilire o meno una moratoria sul diritto dei croati a lavorare liberamente nel nostro Paese. In una riunione convocata dal Ministero del Lavoro, parti sociali e la maggioranza delle regioni presenti si sono espresse per la liberalizzazione.


Roma, 14 giugno 2013 – Si è tenuta ieri, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri in via della Mercede, una riunione che aveva come oggetto il regime di ingresso per motivi di lavoro dei cittadini Croati. In effetti, il prossimo 1° luglio la Croazia diventerà il 28° Stato Membro dell’Unione Europea ed i suoi abitanti avranno accesso alla libera circolazione nello spazio Schengen, ma non automaticamente il diritto a risiedere e lavorare in un altro Paese dell’Unione. Questo dipenderà dalle scelte che faranno i vari governi, garantendo o meno la libertà completa di circolazione e ricerca di lavoro, oppure optando per le cosiddette “misure transitorie” previste dai Trattati dell’Unione. Tra queste, la possibilità di una moratoria generale per i primi due anni (rinnovabili), oppure limitazioni all’accesso al lavoro in specifici settori, anche in relazione alla situazione di crisi economica ed occupazionale. L’incontro di ieri è stato promosso dalle Direzioni generali del Ministero del lavoro, immigrazione e politiche dei servizi per il lavoro, ed è stato moderato da Natale Forlani, direttore generale per l’Immigrazione del Welfare. Erano presenti alla riunione assessori delle regioni Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Marche, nonché delle provincie autonome di Trento e Bolzano. Presenti anche rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil e delle controparti datoriali. Tra gli altri funzionari partecipanti alla riunione, esponenti dei Ministeri dell’Interno, Esteri, Agricoltura, Politiche Europee ed Integrazione. In rappresentanza della UIL, hanno partecipato Giuseppe Casucci (Politiche Migratorie) e Michele Berti (UR UIL Friuli Venezia Giulia). Forlani ha introdotto la riunione facendo una panoramica delle posizioni che stanno emergendo nell'Unione Europea in relazione all’ingresso della Croazia e ad eventuali misure transitorie di limitazione nella ricerca di lavoro. Questo il quadro riassuntivo: I paesi del Nord Europa sono tutti per la liberalizzazione; per qualche forma di restrizioni si sarebbero dichiarati invece finora Spagna, Francia, Austria, Belgio, Paesi Bassi e Slovenia. Germania e Gran Bretagna sarebbero favorevoli a restrizioni, escluse le alte qualifiche professionali. Tutti gli altri Paesi non hanno ancora esplicitato la loro decisione. Compresa l’Italia, che deve ancora decidere, anche se non mancherebbero pressioni interne allo stesso nostro Esecutivo per una moratoria almeno circoscritta ad alcuni settori colpiti dalla crisi economica. Va fatto notare che, in termini di procedura, all’Italia basterebbe non prendere alcuna posizione, perché scatti automaticamente una prima moratoria di due anni estesa a tutti i settori produttivi. In questo caso, i cittadini Croati potranno tranquillamente circolare nel nostro come in altri Paesi dell’Unione, ma gli verrebbe impedito di lavorare (anche se in genere lo fanno lo stesso irregolarmente). Per quanto riguarda l’Italia, la Confindustria non ha partecipato alla riunione, ma ha scritto di essere favorevole al libero ingresso per lavoro. Anche tutti gli esponenti delle altre associazioni imprenditoriali si sono espressi per la liberalizzazione, stessa posizione delle provincie autonome di Trento e Bolzano, così come le regioni invitate all’incontro con l’eccezione di due: Veneto e Lombardia che si sono dette favorevoli alle misure transitorie. La motivazione, in particolare del Veneto, è che la pesante situazione di crisi produttiva ed occupazionale, verrebbe ulteriormente aggravata dalla possibile invasione dei croati. I sindacati presenti hanno unanimemente ribadito le posizioni già espresse da Cgil, Cisl e Uil nella lettera inviata al Ministro Giovannini a fine maggio. “siamo assolutamente contrari ad ogni forma di restrizione alla libera circolazione ed alla libertà di lavorare dei frontalieri croati, per i quali sono in atto da anni forme di ingresso agevolato e soppressione dei visti d’ingresso per soggiorni brevi (fino a 90 giorni); facilitazioni, in virtù delle quali i cittadini croati sono da decenni presenti nel nostro paese e contribuiscono in settori chiave dell’economia regionale del Friuli Venezia Giulia e del Veneto (turismo, cantieristica navale, agroalimentare), ma anche nel settore del lavoro domestico e dell’assistenza domiciliare”. E’ ben noto, ha aggiunto Michele Berti della UIL FRIULI VG, nel suo intervento, che questi lavoratori non operano in conflitto con i posti di lavoro degli italiani e che, loro stessi, sono in gran parte discendenti di cittadini italiani”. “E’ anche noto – ha aggiunto – quello che è successo nel 2004 al tempo dell’ingresso in UE di Romania e Bulgaria: la moratoria non ha impedito a queste persone di venire in Italia a lavorare, ma sono state un alibi per un esteso fenomeno di lavoro nero”. Oggi, è stato spiegato, moltissimi degli oltre diecimila frontalieri che lavorano nelle regioni del Nord Est, operano in condizioni di irregolarità. Il rischio con la moratoria, è che essa diventi un alibi per molti datori di lavoro di continuare così”. Nel suo intervento Casucci ha segnalato la necessità di avere maggiore attenzione a quanto sta accadendo nel mercato del lavoro italiano: “stranieri e giovani italiani abbandonano l’Italia per mancanza di lavoro e prospettive per il futuro”, ha detto: “invece di chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati, dovremmo invece preoccuparci di varare provvedimenti di sostegno a politiche attive di impiego per italiani e non, anche per evitare che migliaia di lavoratori scivolino nel lavoro nero o se ne vadano dopo aver lavorato anni accanto a noi”. L’esponente UIL ha concluso: “questo purtroppo sta già accadendo, ed è un brutto segnale: significa che per migliaia di cittadini stranieri, l’Italia non è più un Paese su cui scommettere il proprio futuro”. Il dibattito è continuato vivace con interventi praticamente di tutti i presenti. A conclusione dell’incontro, il direttore Forlani ha assicurato che tutti i contributi verranno verbalizzati e che le posizioni delle parti sociali e degli assessori regionali, saranno trasmesse in sede di Governo.


Giustizia


Possibile il rinnovo del permesso di soggiorno anche in presenza del reato di rapina


(http://www.immigrazione.biz) La Questura di competenza ha l'obbligo si esaminare ogni singolo caso prima di decidere - Il cittadino extracomunitario che abbia ricevuto una condanna penale ha comunque diritto alla possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno. E' quello che ha deciso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio con la sentenza breve n. 4393 del 2 maggio 2013, a cui una cittadina peruviana si è rivolta a seguito del rifiuto da parte della Questura competente di rilasciarle un nuovo permesso di soggiorno.
Premettendo che la condanna dell'imputata riguardava una condanna a pena patteggiata per il reato di rapina, in riferimento all'art. 628, 2° comma del codice penale, l'informazione indispensabile è che la donna era presente in Italia da oltre dieci anni
 ed era per altro convivente con tre figli minori.
Il Tar ha stabilito che, anche se è previsto il diniego del rinnovo del permesso di soggiorno relativo a determinati reati, tra cui anche quello commesso dalla donna peruviana dalla normativa nazionale, è altrettanto importante non "automatizzare
" le operazioni, ma affrontarle una ad una e capire le vulnerabilità di ogni singolo caso. E' parere dell'avvocatura della difesa, infatti, che la Questura di competenza non abbia preso in considerazione il fatto che la donna risiedeva già in Italia da diversi anni e aveva a carico figli minori. Per questo motivo specifico, il Tar ha accolto il ricorso della cittadina peruviana, perchè non ha dato peso alla pericolosità sociale della stessa e senza che abbia potuto prendere parte al suo processo amministrativo.


 

Sanatoria


Procedura di emersione 2012: ecco le procedure per gli invii multipli

Si dovrà scegliere quale rapporto di lavoro dovrà rimanere attivo e quale dovrà essere annullato 


Con il messaggio n. 13973 del 3 giugno 2013, l'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha fornito importanti informazioni riguardanti alcune domande della passata "sanatoria" che ha visto l'invio telematico di migliaia di domande, al fine di regolarizzare la posizione di stranieri già presenti sul territorio italiano. Era quasi un atto dovuto, ma l'Inps ha voluto comunque mettere nero su bianco la le indicazioni sul disconoscimento della domanda di emersione ed annullamento di rapporti di lavoro domestico plurimi a fronte di domande di emersione presentate più volte. E' infatti compito del datore di lavoro quello di denunciare il furto d'identità presso le autorità competenti e successivamente darne comunicazione allo Sportello Unico dell'Immigrazione competente per territorio. Sarà cura dell'Inps procedere alla registrazione del disconoscimento.
Attenzione però: questa procedura è irreversibile e pertanto una volta inviata la comunicazione allo Sportello Unico, non sarà più possibile tornare indietro. Discorso nettamente diverso per le domande presentate più volte, i cosiddetti "rapporti di lavoro plurimi". In questo caso, ancora una volta il datore di lavoro onde evitare ulteriori invii plurimi di MAV (e ripetiti pagamenti di contibuti previdenziali non dovuti), dovrà comunicare via fax al Contact Center Multicanale i codici dei rapporti di lavoro che intende annullare e quello che intende mantenere attivo.


 

 


Stranieriinitalia.itRegolarizzazione. In arrivo indicazioni per accelerare e per allargare le maglie

I ministeri dell’Interno e del Lavoro stanno scrivendo una circolare congiunta per sveltire la procedura. “In arrivo novità sulla prova di presenza”


Roma – 10 giugno 2013 – Sono in arrivo "chiarimenti” sulla regolarizzazione che dovrebbero velocizzare l’esame delle domande e magari allargare le maglie di un setaccio che finora è stato troppo stretto. Il 30 maggio si sono incontrati al Viminale rappresentanti dei ministeri dell’Interno, del Lavoro, dell’Inps, dell’Inail e delle prefetture che devono gestire più domande di emersione, come Milano, Roma, Napoli e Brescia. Ed è lì che è stata annunciata una circolare congiunta Interno-Lavoro che dovrebbe dare indicazioni per snellire la procedura fino alla firma del contratto e alla richiesta del permesso di soggiorno. Bisognerà attendere il testo, imminente, per conoscere nel dettaglio le novità. Ma di  certo c’è più di qualche nodo da sciogliere. Uno dei problemi è quello della “black list” nella quale sono finiti i datori di lavoro che in passato avevano già presentato domande per i flussi o regolarizzazioni, ma poi non avevano portato a termine l’assunzione. Quando le Direzioni Territoriali del Lavoro scoprono che chi chiede la regolarizzazione ha uno di questi precedenti bocciano automaticamente la domanda. “In alcune province è una strage, però bisogna tener presente che se c’è una giustificazione per ‘cause di forza maggiore’  i datori hanno comunque il diritto di portare a termine le regolarizzazione. Quindi quelle bocciature non possono essere automatiche. Poi ci sono altri casi in cui si potrebbe essere più elastici, come considerando il reddito di tutta la famiglia quando si valuta la capacità economica di chi ha presentato la domanda” fa notare uno dei partecipanti all’incontro. Lo scoglio vero, però, rimane quello della prova di presenza in Italia dal 2011. È lì che si infrangono la maggior parte delle domande bocciate. Il parere dell’Avvocatura di Stato sulla documentazione rilasciata da un “organismo pubblico” non ha dissipato tutti i dubbi e lo spazio interpretativo lasciato alle prefetture è molto vasto Il risultato? Per regolarizzarsi bisogna aver presentato la domanda nella provincia giusta. Questione di fortuna, insomma. Anche su questo fronte sarebbero in arrivo delle novità. Mercoledì scorso la prefettura di Brescia ha ricevuto i delegati dell’associazione “Diritti per tutti”, del Coordinamento Immigrati della CGIL e della comunità senegalese e ha promesso una riorganizzazione dello Sportello Unico per l’Immigrazione che dovrebbe velocizzare l’esame delle pratiche. In quell’occasione si è parlato però anche dell’incontro del 30 maggio al Viminale. Ed è una nota ufficiale della prefettura ad annunciare “iniziative che verranno a breve promosse a livello centrale. Sia di carattere procedurale, sia di proposte di modifica alla normativa che regola la materia, segnatamente con riguardo alla definizione di organismo pubblico e alla correlata determinazione della prova della presenza in Italia alla data prevista dalla legge”. Tra pochi giorni se ne saprà di più.

Elvio Pasca


 

Razzismo

 


http://www.corriere.it/

PREVENZIONE DELLA VIOLENZA ONLINE

«Incitano all'odio e alla discriminazione 
contro i rom»: chiusi due blog

Le segnalazioni dell'Osservatorio 21 luglio sui blog «Basta zingari in Italia» e «Via i rom»: immediata la chiusura

Il blog «Basta zingari in Italia»dal sito dell'Osservatorio 21 luglioIl blog «Basta zingari in Italia»dal sito dell'Osservatorio 21 luglio

ROMA - Diffondevano messaggi incitanti all’odio e alla discriminazione razziale contro le minoranze rom e sinti. Due blog sono stati chiusi grazie alle segnalazioni dell’Osservatorio nazionale sull’incitamento alla discriminazione e all’odio razziale dell’Associazione 21 luglio. «La rete può anche essere luogo di istigazione all’odio. Bisogna mettere in atto forme di tutela» ha detto la Presidente della Camera, Laura Boldrini, in un convegno sulla prevenzione della violenza online cui ha partecipato anche l'Osservatorio.

BASTA ZINGARI - I due blog on-line appena chiusi, intitolati rispettivamente «Basta zingari in Italia» e «Via i rom - Cacciamo gli zingari dall’Italia» erano stati individuati dall’Osservatorio 21 luglio che già in passato aveva fatto segnalazioni simili. In particolare, nel primo si leggeva come tra i motivi fondanti della creazione del blog ci fosse l’intenzione di mettere «a fuoco tutte le notizie delle loro (dei rom N.d.R) 'imprese e similia'». Gli autori del blog continuavano sostenendo che «non siamo neppure più padroni a casa nostra, costretti a chiuderci in casa, farci accompagnare da qualcuno in certe zone della città… furti, rapine, risse, aggressioni e violenze sono all’ordine del giorno da parte di questi individui! BASTA!!!».

LE SEGNALAZIONI - Inviando le segnalazioni all’Oscad (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori di polizia e carabinieri ), l’Osservatorio 21 luglio ha sottolineato come i due blog, «aggregando eventi criminosi attribuiti esclusivamente alle comunità rom», potessero contribuire a creare «un clima di allarme sociale» alimentando il diffuso «stereotipo del rom delinquente», con il risultato di «criminalizzare indistintamente un intero gruppo». Dopo le segnalazioni, nei giorni scorsi, i due blog sono stati chiusi. La stessa sorte era toccata, in passato, al sito StormFront su posizioni neonaziste e i cui responsabili sono stati condannati.

Redazione Roma Online11 giugno 2013 | 13:35

 


 

Consulta


Consulta: “illegittima la legge del Trentino A. A. che prevede 5 anni di residenza ai cittadini non comunitari per l’erogazione dell’assegno al nucleo familiare”

Nella motivazione i giudici spiegano che non c’è “alcuna ragionevole correlazione tra la durata della residenza e le situazioni di bisogno o di disagio, riferibili direttamente alla persona in quanto tale”.


Roma, 10 giugno 2013 - La Corte costituzionale ha bocciato come illegittima una disposizione contenuta in una legge del Trentino Alto Adige che, predisponendo misure nel campo della famiglia e della previdenza sociale, introduce una distinzione tra cittadini italiani ed extracomunitari ai fini dell’erogazione dell’assegno al nucleo familiare per figli ed equiparati, richiedendo ai primi la semplice residenza nella regione, ai secondi la residenza in regione da almeno cinque anni.
Le norme finite nel mirino della Consulta sono contenute nella legge regionale n. 8 del 2011 che ha modificato precedenti misure varate nello stesso ambito nel 2005. Come già aveva specificato anche in precedenti decisioni che investivano questioni analoghe, nella sentenza 133 depositata venerdì scorso la Consulta ribadisce che “al legislatore, sia statale che regionale, è consentito introdurre una disciplina differenziata per l’accesso alle prestazioni eccedenti i limiti dell’essenziale” allo scopo di “conciliare la massima fruibilità dei benefici previsti con la limitatezza delle risorse finanziarie disponibili”. Ma non si può operare una discriminazione, chiedendo il possesso di determinati requisiti solo a una categoria di cittadini, perché questo viola l’art. 3 della Costituzione sul principio di uguaglianza. La richiesta di 5 anni di residenza valida per i soli extracomunitari “introduce nel tessuto normativo elementi di distinzione arbitrari” sottolinea la Corte, perché non c’è “alcuna ragionevole correlazione tra la durata della residenza e le situazioni di bisogno o di disagio, riferibili direttamente alla persona in quanto tale”. Non è, infatti, possibile presumere, in termini assoluti, che gli stranieri immigrati nel territorio regionale o provinciale “da meno di cinque anni, ma pur sempre ivi stabilmente residenti o dimoranti, versino in stato di bisogno minore rispetto a chi vi risiede o dimora da più anni”.
(Red.)


 

Europa


L'indro.it

Cala l'immigrazione nel Regno Unito

Gli esperti: meno stranieri significa meno competitività


(L'indro.it/) Londra, 7 giugno 2013 - L'Inghilterra é da sempre una delle mete preferite di chi si trova a lasciare il proprio Paese. Fin dal 1922 l'immigrazione nel Regno Unito é stata notevole, soprattutto dall'Irlanda, dalle Colonie inglesi come India, Bangladesh, Pakistan e Kenia, ma anche dagli stati dell'Unione europea. Circa la metà dell'aumento della popolazione dal 1991 al 2001 era dovuto a cittadini di altre nazionalità e oggi più di 7 milioni di stranieri vivono nel paese. Le più recenti statistiche, però, mostrano una radicale inversione di tendenzanegli ultimi due anni il numero di immigrati é sceso drasticamente, arrivando a preoccupare le aziende per la scarsa disponibilità di manodopera straniera e il mondo della finanza e dell’Università per la fuga dei migliori cervelli verso altre Nazioni. I dati rilasciati pochi giorni fa dall'Office for National Statistics avvertono che sempre meno persone scelgono di stabilirsi oltre Manica. Alla fine del 2012, gli immigrati nel Regno Unito erano 500.000, circa 81.000 in meno rispetto all'anno precedente. "Il numero di chi sceglie di trasferirsi nel Regno Unito è oggi il più basso mai registrato negli ultimi decenni" ci spiega a  Hazel Gidley, portavoce del Governo inglese "L’immigrazione è stata ridotta di cica un terzo rispetto a pochi anni fa". Secondo le stime dell’OFN, il 55% degli immigrati arriva da paesi extraeuropei, mentre il restante 45% proviene da uno stato membro. Circa 58.000 immigrati giungono ogni anno dai cosiddetti EU8, i Paesi entrati nell'UE nel 2004: Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia e Slovenia. I Paesi da cui provengono più immigrati in assoluto sono India (12% del totale), Cina (8%), Pakistan (8%), Polonia (6%) e Australia (5%). Questi sono anche gli unici in cui l'immigrazione verso il Regno Unito non é diminuita nell'ultimo anno, ma é bensì aumentata: dalla Cina, ad esempio, nel 2011 sono arrivati in 44.000, quasi il doppio rispetto all'anno precedente. A diminuire drasticamente, invece, é stato il numero di immigrati provenienti dai Paesi del New Commonwealth, passati da 166.000 a 105.000 all'anno. Secondo il Governo di Londra, a cambiare i numeri sono state una serie di misure adottate come la riduzione del numero di visti disponibili e l’innalzamento delle richieste per ottenerli, ma anche la lotta all’immigrazione illegale. “Se in passato esistevano molti modi per entrare in Inghilterra anche illegalmente  oggi tutti questi stratagemmi sono stati bloccati, rendendo il paese molto più difficile da raggiungere. Rimanere nel paese illegalmente è molto di più difficile di quanto non lo fosse in passato: è più difficile accedere ai servizi, ai finanziamenti e anche semplicemente lavorare. Chi assume cittadini non in regola può essere multato fino a 10.000 sterline per ogni lavoratore”, dice Gidley. Le misure per bloccare i flussi migratori rientrano nelle scelte di primo piano del Governo Cameron, che si è impegnato a mantenere il saldo migratorio sotto le 100.000 unità all’anno: «Penso che l’immigrazione possa esse positiva»,  ha spiegato il Primo Ministro britannico durante una conferenza all’Università di Suffolk, «possa arricchire l’Inghilterra e renderla più forte. È la nostra storia, aperta, diversa e tollerante, e ne sono fiero. Ma l’immigrazione deve essere controllata attentamente. Senza un controllo efficace la fiducia dei cittadini vacilla, le risorse scarseggiano e tutti i benefici che l’immigrazione porta verrebbero persi o dimenticati».

Anche tra i cittadini inglesi le preoccupazioni sugli immigrati ci sono sempre state, e nei periodi di crisi si fanno sentire più intensamente. Le paure più diffuse sono la perdita di lavoro e benefici economici a favore degli immigrati. Da un sondaggio realizzato dal 'Sunday Times', in collaborazione con YouGov, è emerso, però, che la percezione degli inglesi in tema di immigrazione cambia a seconda dei Paesi da cui provengono gli immigrati. Il 39% ha dichiarato di considerare l’arrivo di cittadini stranieri un vantaggio per il Paese, a patto che essi arrivino da Stati dell’Europa occidentale, come Francia e Germania. Per il 31%, invece, l’immigrazione non porta nessun vantaggio né svantaggio. Quando si parla di cittadini dell’Europa dell’Est, come polacchi o lituani, il 55% degli intervistati sostiene che essi abbiano un impatto negativo sul Paese, mentre nel caso di cittadini extraeuropei, a pensare che abbiano un effetto negativo è il 50%. "Tra la popolazione aleggia un sentimento anti-migratorio ben rilevabile, che è cresciuto sempre di più per lungo tempo, alimentato anche dalle politiche migratorie molto liberali del passato", ci spiega  Michael Ben-Gad, Preside della facoltà di Economia alla City University. "I nostri politici sono stati lenti nell’accorgersi della profondità della rabbia diffusa nel Paese, e nel cercare di dare risposte. Adesso, in netto ritardo, si stanno affrettando a compiacere il pubblico attraverso misure non sempre razionali". Anche se in ritardo, la rabbia dei cittadini è stata ascoltata dal Governo, e le risposte sono arrivate in termini di norme molto più severe per ottenere il visto, riduzione del numero dei posti annui disponibili e controlli serrati sulle entrate. Tutto ciò ha portato ad una drastica diminuzione degli immigrati evidenziata dall’OFN. Le democrazie europee più avanzate, continua il Profesor Ben-Gad "si trovano ad un certo punto della loro storia ad affrontare un forte declino demografico. L’Inghilterra è invecchiata più lentamente dei suoi vicini europei proprio grazie ai costanti flussi migratori. Il livello della vita, i capitali, i servizi e le conoscenze hanno attirato persone da tutto il mondo per decenni. Adesso però l’economia inglese sta rallentando, mentre quelle dei paesi da cui provenivano molti immigrati, come la Polonia, la Lettonia e la Lituania, stanno esplodendo. Il risultato è che meno persone scelgono di venire qui di quante non lo facessero in passato. Alcune, addirittura tornano indietro". Ma meno immigrati significa meno lavoratori, e quindi perdita di competitività internazionale e calo della forza lavoro, soprattutto manuale. Spesso gli immigrati, soprattutto provenienti dall’Est Europa, fanno lavori che gli inglesi non vogliono fare e occupano posizioni fondamentali nella macchina economica, che senza di loro rimarrebbero vuote e costringerebbero diverse aziende a chiudere i battenti. Nel Kent, ad esempio, le grandi aziende di coltivazione delle mele hanno lanciato l’allarme in settimana: un forte calo della forza lavoro straniera ha costretto le fattorie ad abbandonare i raccolti, perché nessuno voleva occuparsene. Gli inglesi non sono interessati alla raccolta della frutta, e senza manodopera importata l’unica soluzione è chiudere. La Commissione sull’Immigrazione del Governo ha stimato che tutto ciò provocherà un aumento dei prezzi della frutta nei supermercati dal 10% al 15%. Come spiega il professor Ben-Gad: "Servirebbero delle politiche a favore dei migranti più qualificatiaffinchè continuino ad essere attratti dal Regno Unito. Un calo dell’immigrazione nel nostro Paese significa calo della competitività, perdita di risorse, diminuzione dell’internazionalizzazione. Le menti più qualificate, poste davanti a restrizioni sui visti e regole così severe, finiscono per scegliere di espatriare in Australia, Nuova Zelanda o Canada, perché in questi Paesi esiste un sistema efficiente e razionale per attrarre gli immigrati che più servono al Paese, invece che scoraggiarli". Un altro punto chiave è proprio quello degli studenti internazionali, che sono calati ancora più dei lavoratori: nel 2012 gli immigranti per ragioni di studio sono stati 190.000, un calo del 22% rispetto ai 246.000 del 2011. Se il numero totale di visti consegnati nell'ultimo anno é sceso del 6% rispetto a quello precedente, quelli per lo studio sono calati addirittura del 9% in un anno e anche le domande per ottenere un visto sponsorizzato sono calate del 10% (si arriva al 46% quando si parla di istruzione post laurea e scuole di inglese). In seguito all’inasprirsi delle regole migratoriepiù di 3.000 studenti internazionali  -provenienti soprattutto dall’India-sono oggi a rischio di deportazione, a meno che non riescano a trovare degli sponsor per continuare gli studi. Se si considera che nell’anno accademico 2011-12 gli studenti stranieri hanno fruttato alle università britanniche 2.7 miliardi di sterline su un totale di 23 miliardi, appare evidente che scoraggiare gli studenti internazionali ha un peso economico considerevole: L’Institute for Public Policy Research ha calcolato che tagliare il numero di studenti stranieri a 50.000 l’annocosterebbe all’economia da 2 a 3 miliardi di sterline all’anno. "A soffrire maggiormente delle politiche per contenere l’immigrazione", ci spiega  Christine Whitehead, Professoressa di economia alla London School of Economics, "sono soprattutto i lavoratori non specializzati e gli studenti, che non potranno più studiare in Inghilterra se non in specifici corsi registrati e con sponsor. Qualcosa deve essere fatto, nessuno vuole perdere competitività e nessuno vuole che l’immigrazione si fermi. Il Regno Unito vuole e ha bisogno di un continuo flusso migratorio". 


 

 

 

 

Foreign Press


New York Times

Italy's Migrant Detention Centers Are Cruel, Rights Groups Say

By ELISABETTA POVOLEDO
Published: June 5, 2013

 



ROME — The Identification and Expulsion Center, a detention complex on the outskirts of Rome where illegal immigrants can be held for months before deportation, is not a prison. But the difference seems mostly a question of semantics. Tall metal fences separate rows of drab low-lying barracks into individual units that are locked down at night, when the concrete courtyards are lit bright as day. There are security cameras. Some guards wear riot gear. Detainees can move around in designated areas during the day, but they are forced to wear slippers, or shoes without laces, so as not harm themselves or others. After a revolt in the men’s section, sharp objects — including pens, pencils and combs — were banned. The center, in the suburb of Ponte Galeria, is one of 11 inItaly used to hold people — some who have lived in Italy for years — who lack working or residence permits, or whose papers have expired. The authorities say that the centers are essential to better regulate illegal immigrationand that they comply with European Union guidelines.

But such centers in Italy, and elsewhere in Europe, are coming in for intensifying criticism from human rights groups and others who say they are inhumane, ineffective and costly. In Italy, critics assert that the centers reflect policies that equate immigration with criminality, overlook the economic benefits that immigrants can bring and fail to take account of the increasingly multicultural nature of society.

“They are places — non-places — that have no interaction with Italian society, which is barely aware of their existence,” said Gabriella Guido, national coordinator of LasciateCIEntrare, one of several associations that have been campaigning to close the centers, which in Italy are known as CIEs. “They are political and cultural wastelands that show up on national radars only when riots break out.”

Violent outbursts have become a defining feature. After a change in Italian law in 2011, those found to be residing illegally in Italy can now be detained as long as 18 months, in compliance with E.U. law, while their status is resolved. Since the change in the law, the authorities acknowledge, riots and attempts at escape have become more common.

When observers from Doctors for Human Rights, an Italian association, tried to visit the center in the southern city of Bari last July, they were denied access to holding areas “because of the tensions inside,” according a report that the group released in May. A revolt in August 2010 partly destroyed the center, which is working at reduced capacity after a class action suit was successfully brought against it. In all, five centers have undergone major renovations after rioting. A revolt also damaged the center in Turin, where detainees are kept in six closed sectors. When workers from Doctors for Human Rights visited the center in April 2012, a third of the 120 detainees were taking sedatives or anti-anxiety drugs, and the director of the center reported that there were 156 acts of self-harm among detainees in 2011, the group’s report said. Depression is common in all the centers. Suicides are rare, but happen.

“In the 15 years since they were first instituted,” the group said in its report, the centers “have proven to be congenitally unable to guarantee dignity and fundamental human rights.”

What’s more, critics say, the centers have not deterred illegal immigration. The report by Doctors for Human Rights pointed out that only about 50 percent — 4,015 of the 7,944 irregular immigrants detained in 2012 — were actually deported. That was just a tiny fraction of the 440,000 irregular immigrants believed to reside in Italy.

“In Italy, life is not free,” said a 24-year-old Nigerian woman who did not want her name to be used and was detained at the Ponte Galeria center, which can hold a maximum of 360 detainees. “This is supposed to be a camp, not a prison. We are treated like slaves, but I am a human being. I want freedom.”

In a case that made national news in Italy, a 24-year-old Egyptian, known publicly only as Karim, was brought to Ponte Galeria after being stopped in April with an expired residence permit. He has lived in Italy since he was 6 years old, has two brothers legally residing here, and an Italian girlfriend of three years whose toddler from a previous union regards him as her father.

Like many detainees, Karim asked for, but was denied, political asylum. His lawyer, who is appealing the ruling, said Karim was most likely refused because he has a criminal record for drug trafficking and because he spent time in a rehabilitation center. Karim’s girlfriend is now trying to marry him. An online petition to halt his expulsion has registered more than 19,700 signatures.

“I haven’t been in Egypt since 1998, I don’t have anyone there,” Karim said in an interview last month, speaking with a marked Milanese accent. “People in the center look at me and say, ‘What are you doing here?”’

Others inside and outside the system are asking the same question of the thousands held around Europe.

The length of detention and the conditions at the centers differ from country to country, but “Italy is not unique with having criticism and problems in running these facilities,” said Michael Flynn, the founder and coordinator of the Global Detention Project, based in Geneva.

In Malta, migrants can be detained for 12 months, and then released into the community “as a matter of course,” said Philip Amaral, advocacy and communications coordinator for the Jesuit Refugee Service Europe, based in Brussels. “So why bother detaining them?”

In Britain, the Migration Observatory at the University of Oxford has raised similar questions about the usefulness of detention. Spain has been criticized for housing migrants in tents; the Netherlands for keeping them on houseboats.

By virtue of its long coastline and proximity to North Africa, Italy faces a special predicament, however. With the chaos of the Arab Spring in 2011, the number of people who crossed the Mediterranean to Italy swelled to 62,000. The numbers have since dropped significantly. Last year, 13,200 made the crossing, according to estimates by the International Organization for Migration. In the first three months of 2013, about 1,500 had crossed.

Beyond the human rights issues, “the fact that you detain does not deter people from coming,” Mr. Flynn said. “If that is the public policy goal,” he added, “it is not working well.”

Despite such criticism, Italy’s centers, which are managed by private companies, have become “indispensable,” according to a 2013 Interior Ministry report. The report nonetheless acknowledged several problems, including the “total absence of activities inside the centers,” which “leads to an increase in aggressiveness and malaise, and has increased the tension between immigrants and police.”

The report called for a reform of the system, possibly putting all the centers under single management, with the aim of standardizing their quality and making them more cost effective. Government officials also say that the process would be more streamlined if foreign consulates cooperated more promptly in identifying detainees for deportation.

To reduce the “not-infrequent” outbursts of violence, the Interior Ministry report recommended isolating the perpetrators “for brief periods of time.”

Rights groups said the recommendation was a step in the wrong direction.

“The conclusion comes down to increasing the repression,” said Piero Soldini, who oversees the immigration department for the Italian General Confederation of Labor, a left-leaning trade union. “Our challenge is instead to demonstrate that we can do without them.”

Whatever the view of the centers, there is no doubt that they amount to a life of limbo. The “guests,” as they are officially known, are often bewildered by their predicament. Research by the Jesuit Refugee Service Europe found that in centers around the Continent, detainees “primarily suffer mentally, severe, psychological stress from not knowing when the detention will end,” Mr. Amaral said. It is worse, he said, than imprisonment, which has a fixed term.

Some come directly from prison, too, once they have served sentences. Former inmates say the added stay amounts to an unfair extension of their sentences.

“I waited for five years to be released,” from prison “and then I found myself locked away again,” said a 40-year-old Tunisian man who was being held at the Ponte Galeria center and did not want to be identified.

He had spent nearly half his life in Italy, working in construction before being arrested for drug trafficking.

“Jail,” he said, “was better organized than here.”