La Convenzione di Istanbul ratificata dall’Italia uno strumento a tutela delle cittadine straniere in Italia che subiscono violenza

femminicidioL’Italia è il quinto paese a ratificare la Convenzione europea sulla prevenzione ed il contrasto della violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica.Per entrare in vigore, e’ necessaria la ratifica di dieci Paesi, di cui almeno otto membri del Consiglio d’Europa.
Sin dal Preambolo si chiarisce che la violenza maschile perpetrata nei confronti delle donne è da intendersi come una grave violazione dei diritti umani che impone la definizione di una strategia specifica di contrasto e prevenzione fondata sulla tutela dei diritti fondamentali delle donne e bambine che hanno subito violenza  e sull’adozione di misure di sensibilizzazione e di politiche volte a promuovere l’uguaglianza sostanziale delle donne.
I redattori della Convenzione hanno, infatti, accolto l’analisi del fenomeno elaborata dal movimento delle donne, già riconosciuta nel Preambolo della Dichiarazione ONU per l’eliminazione di ogni forma di violenza nei confronti delle donneche ha evidenziato come la violenza maschile nei confronti delle donne rappresenti “una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione”. 
Il capitolo 7, intitolato “Migrazione e asilo”, individua una serie di misure specifiche a tutela dei diritti delle donne migranti vittime di violenza di genere e violenza domestica.
L’articolo 60 della Convenzione invita le autorità degli Stati contraenti a considerare che la violenza di genere, ivi compresa la violenza domestica, in alcuni paesi può assurgere ad una vera e propria forma di persecuzione, anche se perpetrata da attori non statali e ciò allorché le autorità statali, attraverso misure legislative ovvero mediante prassi discriminatorie, risultino condonare tale violenza. 
Di conseguenza, la violenza di genere è da riconoscere comemotivo legittimante la concessione di una protezione complementare/sussidiaria ovvero dello status di rifugiato nei casi in cui sia stabilito che il timore di persecuzione è basato su uno o più motivi della Convenzione relativa allo status dei rifugiati del 1951.
La medesima ratio che legittima la protezione internazionale per violenza di genere fonda l’obbligo di garantire, come stabilito dall’articolo 61, che le donne vittime di violenza di genere bisognose di una protezione, indipendentemente dal loro status o dal loro luogo di residenza, non possano in nessun caso essere espulse verso un paese dove la loro vita potrebbe essere in pericolo o dove potrebbero essere esposte al rischio di tortura o di pene o trattamenti inumani o degradanti, nei quali sono da ricomprendersi, come sopra chiarito, anche la violenza di genere e la violenza domestica.
Gli Stati contraenti sono tenuti, a maggior ragione, ad assicurare adeguata protezione alle donne indipendentemente dal loro status di migrante quando denunciano di aver subito violenza di genere e violenza domestica sul territorio dello Stato (articoli 4§3 e articolo 5). 
Nel caso di vittime titolari di soggiorno dipendente da quello del coniuge l’articolo 59 indica due tipi di misure a protezione delle donne migranti vittime di violenza domestica: il rilascio, su richiesta, di un titolo autonomo di soggiorno, indipendentemente dalla durata del matrimonio o della relazione, e la sospensione di eventuali procedure di espulsione della donna avviate a seguito dell’espulsione del partner violento, sempre al fine di consentire la richiesta di un titolo di soggiorno autonomo.
L’articolo 59§3 prevede, inoltre, il rilascio di un titolo di soggiorno alle donne migranti: a) quando l’autorità competente ritiene che il loro soggiorno sia necessario in considerazione della loro situazione personale; b) quando l’autorità competente ritiene che il loro soggiorno sia necessario per la loro collaborazione con le autorità competenti nell’ambito di un’indagine o di procedimenti penali.
Al paragrafo 4 si prevede infine l’obbligo di assicurare il recupero della residenza alle donne condotte in un altro paese al fine di contrarre matrimonio e che abbiano perso di conseguenza il loro status di residente del paese in cui risiedono normalmente.
 
Per approfondire
Per la nota si ringraziano gli avv. Ilaria Boiano e Barbara Spinelli
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