Newsletter periodica d’informazione
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Rassegna ad uso
esclusivamente interno e gratuito, riservata agli
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Anno XI n. 22 del 04 luglio 2013 |
Consultate www.uil.it/immigrazione
Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri
Decreto Lavoro: le novità sul fronte immigrazione
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Appuntamenti pag. 2
Decreto Legge Lavoro: novità su immigrazione pag. 2
La Croazia è entrata nella UE pag. 4
Sicilia porta del Mediterraneo pag. 5
Demografia ed immigrazione pag. 7
Italiani a 18 anni: da oggi meno ostacoli pag. 8
Subito riforme per governare l’immigrazione pag. 9
Lazio al secondo posto sull’immigrazione pag. 10
Istat: nuovo sistema informativo per immigrati pag. 11
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A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento Politiche Migratorie
Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751
Migratorie: appuntamenti
Roma, 04 luglio 2013, sede Cnel, Viale Lubin, ore 10.00
Incontro ONC con rappresentanti di Cgil, Cisl, UIL su politiche migratorie
(Giuseppe Casucci)
Verona, 06 luglio 2013, ore 10.00
Convegno Ital – Uil su Immigrazione e cittadinanza
Roma, 06 luglio 2013, ore 10.30, Via Sant’Andrea delle Fratte
Forum Immigrazione del PD
(Giuseppe Casucci)
Roma, 11 luglio 2013, ore 17.00, Casa delle Imprese, via G. Massaia 31
Congresso CNA World
(Giuseppe Casucci)
Roma, 12 luglio 2013, CIR, via del Velabro, ore 10
Riunione del Comitato direttivo
(Giuseppe Casucci)
Immigrazione e lavoro
(redazionale)
Roma – 01 luglio 2013 – Il decreto legge sul lavoro,
varato dal Governo lo scorso 26 giugno, contiene alcune novità significative
anche in materia di immigrazione. Quattro i temi affrontati: i flussi
d’ingresso riguardanti la formazione ed i tirocini di stranieri; la precedenza
da dare, in fase di assunzione, ai lavoratori già presenti in Italia, il
finanziamento del fondo minori stranieri non accompagnati e la regolarizzazione
2012, nei casi in cui il datore di lavoro non si presenti assieme al lavoratore
straniero, in sede di convocazione presso lo sportello unico per
l’immigrazione. I temi vengono trattati nell’articolo 8 del decreto, e
specificamente nei commi 7, 8, 9 e 10. Il primo comma stabilisce che, prima di
assumere un lavoratore dall’estero, va fatta una verifica – presso il
centro per l’impiego competente- “della indisponibilità di un lavoratore
presente sul territorio nazionale, idoneamente documentata”. Il
Testo Unico sull’immigrazione già prevedeva che – in fase di assunzione
di un lavoratore - la priorità andasse ai cittadini italiani ed europei. In
questo decreto invece si parla genericamente di lavoratori (dunque italiani,
europei, ma anche cittadini di Paesi Terzi). La disposizione, appare dunque
un’importante misura di politica attiva per il reimpiego di chi è rimasto senza
lavoro. Cambierà anche la normativa degli ingressi per chi intende venire nel
nostro Paese per motivi di formazione professionale o di tirocini presso le
imprese. Il comma 8 prevede che ogni tre anni a giugno, il Ministero del
Lavoro (sentiti l’Interno, gli Esteri e la Conferenza Stato - Regioni) fissi un
numero triennale di ingressi. I consolati potranno – in sede di prima
applicazione di questa disposizione - rilasciare anche prima dei visti
d’ingresso per chi ha i requisiti, senza limiti numerici; numero di visti che verrà portato poi in
detrazione dal contingente indicato nel decreto triennale successivamente
adottato. Previste anche (comma 9) risorse a favore del “Fondo Nazionale per
l’accoglienza di minori stranieri non accompagnati”, che confluiranno da fondi
non utilizzati previsti in precedenza per l’emergenza Nord Africa. Per quanto
riguarda, infine, la procedura di emersione 2012, il governo corre in aiuto di
quei lavoratori immigrati la cui domanda di regolarizzazione è stata bocciata
“per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro”. Tipico il caso in
cui, in sede di convocazione davanti allo sportello unico per la firma del
contratto di assunzione, il datore di lavoro o non si presenta o comunica di
aver cambiato idea. Nel caso sia stata pagata la tassa di 1000 euro e gli
arretrati di tasse e contributi, verrà rilasciato al lavoratore immigrato un permesso
di soggiorno per attesa occupazione, della durata di un anno e convertibile in permesso di lavoro. La
condizione però è che l’immigrato possa provare di essere stato presente in
Italia alla data del 31 dicembre 2011. Questa condizione, prevista nella
procedura di emersione, è stata fortemente limitativa del grado di approvazione
delle oltre 130 mila domande presentate. Un passo in avanti questo voluto ora
dal Governo, certo, che non risponde però alla richiesta dei sindacati e della
UIL di concedere comunque un permesso, indipendentemente dalla prova di
presenza. La quasi totalità delle domande rigettate (circa 1 su 3), infatti,
risulta essere avvenuta proprio per l’assenza di questo requisito.
Di seguito, il testo integrale dei commi 7, 8, 9, 10 dell’articolo 9 del Decreto Lavoro.
DL 25 giugno 2013, n. 76
Decreto-legge recante interventi urgenti per la promozione dell’occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA)
Art. 9
(Ulteriori disposizioni in materia di occupazione)
Comma 7. All’articolo 22 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, dopo le parole: “deve presentare” sono aggiunte le seguenti: “, previa verifica, presso il centro per l’impiego competente, della indisponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale, idoneamente documentata,”;
b) il comma 4 è abrogato.
Comma 8. Il contingente triennale degli stranieri ammessi a frequentare i corsi di formazione professionale ovvero a svolgere i tirocini formativi di cui all’articolo 44-bis, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 è determinato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri dell’interno e degli affari esteri, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da emanarsi ogni tre anni entro il 30 giugno dell’anno successivo al triennio. In sede di prima applicazione della presente disposizione, le rappresentanze diplomatiche e consolari, nelle more dell’emanazione del decreto triennale di cui al presente comma e, comunque, non oltre il 30 giugno di ciascun anno non ancora coperto dal decreto triennale, rilasciano i visti di cui all’articolo 44-bis, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, previa verifica dei requisiti previsti dal medesimo comma 5. Il numero di tali visti viene portato in detrazione dal contingente indicato nel decreto triennale successivamente adottato. Qualora il decreto di programmazione triennale non venga adottato entro la scadenza stabilita, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali può provvedere, in via transitoria, con proprio decreto annuale nel limite delle quote stabilite nell’ultimo decreto emanato. Lo straniero in possesso dei requisiti previsti per il rilascio del visto di studio che intende frequentare corsi di formazione professionali ai sensi dell’articolo 44-bis, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 può essere autorizzato all’ingresso nel territorio nazionale, nell’ambito del contingente triennale determinato con il decreto di cui alla presente disposizione.
Comma 9. Le risorse residue derivanti dalle procedure di spesa autorizzate ai sensi dell’articolo 5 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3933 del 13 aprile 2011, all’esito delle attività solutorie di cui all’articolo 1, comma 5, lettera d), dell’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 33 del 28 dicembre 2012, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, di cui all’articolo 23, comma 11, della legge 7 agosto 2012, n. 135. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con proprio decreto le occorrenti variazioni di bilancio.
Comma 10. All’articolo 5 del decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109, dopo il comma 11, sono aggiunti i seguenti commi:
“11-bis. Nei casi in cui la dichiarazione di emersione sia rigettata per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro, previa verifica da parte dello sportello unico per l’immigrazione della sussistenza del rapporto di lavoro, dimostrata dal pagamento delle somme di cui al comma 5, e del requisito della presenza al 31 dicembre 2011 di cui al comma 1, al lavoratore viene rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione. I procedimenti penali e amministrativi di cui al comma 6, a carico del lavoratore, sono archiviati. Nei confronti del datore di lavoro si applica il comma 10 del presente articolo.
11-ter. Nei casi di cessazione del rapporto di lavoro oggetto di una dichiarazione di emersione non ancora definita, ove il lavoratore sia in possesso del requisito della presenza al 31 dicembre 2011 di cui al comma 1, la procedura di emersione si considera conclusa in relazione al lavoratore, al quale è rilasciato un permesso di attesa occupazione ovvero, in presenza della richiesta di assunzione da parte di un nuovo datore di lavoro, un permesso di soggiorno per lavoro subordinato, con contestuale estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi relativi alle violazioni di cui al comma 6.
11-quater. Nell’ipotesi prevista dal comma 11-ter, il datore di lavoro che ha presentato la dichiarazione di emersione resta responsabile per il pagamento delle somme di cui al comma 5 sino alla data di comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro; gli uffici procedono comunque alla verifica dei requisiti prescritti per legge in capo al datore di lavoro che ha presentato la dichiarazione di emersione, ai fini dell’applicazione del comma 10 del presente articolo”.
Croazia nella UE
A mezzanotte del 30 giugno la Croazia e' entrata a far parte a
pieno titolo dell'Unione europea, divenendo il 28/mo Stato membro della Ue.
Dopo la Slovenia, entrata nella Ue nel 2004, la Croazia e' la seconda delle sei Repubbliche che componevano la ex Jugoslavia socialista ad aderire all'Unione europea. Zagabria proclamò l'indipendenza nel giugno 1991, a cui seguì una guerra contro la Serbia conclusasi nel 1995 con un bilancio di 22 mila morti e centinaia di migliaia di profughi. Nel 2005 cominciarono i negoziati di adesione con Bruxelles, che si conclusero nel giugno 2011. In un referendum nel gennaio 2012 il 66% dei croati si pronunciò a favore del Trattato di adesione, ratificato poi da tutti i 27 paesi membri.
CROAZIA IN UE: BARROSO, PAESE TORNATO AL SUO POSTO IN EUROPA - "Oggi ha inizio un nuovo capitolo di successo, quello della Croazia che ritorna al suo posto, nel cuore dell'Europa". Lo ha detto parlando alla folla sulla piazza centrale di Zagabria il presidente della Commissione europea, Jose Manuel Barroso, nel corso delle celebrazioni solenni per l'ingresso della Croazia nella Ue. "La Croazia può essere un esempio per gli altri Paesi della regione, ha intrapreso difficili riforme e adoperandosi nel contempo per la riconciliazione" tra i popoli della ex Jugoslavia. "Ora potrà aiutare gli altri Paesi, e posso garantire che l'Europa sarà aperta a tutti coloro che vorranno condividere i nostri valori", ha affermato Barroso.
Dal primo luglio assunzioni libere per domestici, stagionali, infermieri e altri lavoratori qualificati. Casucci (Uil): “Meglio aprire a tutti, si evita il sommerso”
Di Elvio Pasca, Stranieri in Intalia
Roma – 26 giugno 2013 – Cittadini europei come gli altri, ma con meno diritti se cercano lavoro.
È il destino che attende in Italia i croati dal primo luglio 2013, quando il loro Paese diventerà il 28esimo membro dell’Unione Europea. Perché, come era già successo in passato per i polacchi e i romeni, e sfruttando una possibilità prevista dai trattati di adesione, il nostro governo ha deciso di applicare restrizioni temporanee per l’accesso al mercato del lavoro, anche se non in tutti i settori. Questo doppio binario, suggerito al presidente del Consiglio Enrico Letta dalla direzione immigrazione del ministero del Lavoro, d’intesa con il viceministro Maria Cecilia Guerra, prevede che da lunedì prossimo i cittadini croati in Italia potranno essere assunti liberamente, come se fossero italiani, se sono:
- lavoratori
domestici (colf, badanti, babysitter ecc.)
- lavoratori stagionali dei settori agricoltura e turismo per uno o più
rapporti di lavoro che nell’insieme non superino la durata massima di nove mesi
- Infermieri professionali, dirigenti, sportivi professionisti, circensi,
marittimi, artisti, ballerini, musicisti o altri lavoratori elencati
nell’articolo 27 comma 1 del d.lgsl. 289/1998 (testo unico sull’Immigrazione),
esclusi docenti universitari, interpreti e traduttori.
- Ricercatori
- Lavoratori altamente qualificati
In tutti gli altri casi, “alla luce della situazione congiunturale del mercato del lavoro italiano” e delle “criticità evidenziate all'interno di alcune Regioni”, il ministero del lavoro ha proposto “di non procedere alla liberalizzazione in favore dei cittadini croati, mantenendo in via transitoria il regime attualmente vigente”. I lavoratori croati verranno insomma considerati ancora stranieri e quindi, presumibilmente, dovranno vedersela ancora con i tetti di un decreto flussi.
Il "no" di Zaia (Veneto) e le aperture dei sindacati
Le Regioni alle quali si fa riferimento sono probabilmente Lombardia e Veneto, i cui governi hanno chiesto le restrizioni, mentre questa indicazione non è arrivata dal Friuli Venezia Giulia, che pure con la Croazia confina.
In
particolare, il presidente del Veneto Luca Zaia, qualche settimana faaveva scritto a
Letta paventando un' invasione: “A un'ora e mezza di strada e a poche
decine di miglia marittime esiste una massa di lavoratori per i quali
diventeremmo d'improvviso il principale mercato del lavoro. Con 170 mila
disoccupati non possiamo permetterci di introdurre un altro elemento di
distorsione sul mercato del lavoro e sull'economia veneta in generale”.
Una vittoria monca, quella del governatore leghista, visto che rimane senza
restrizioni il settore stagionale, che era uno di quelli dove la sua
amministrazione vedeva un alto rischio di concorrenza con i disoccupati veneti.
Da Venezia, su questo fronte, annunciano ancora battaglia, ma chissà con quali
speranze, visto che mancano pochi giorni al primo luglio e la decisione sembra
ormai definitiva. I sindacati erano invece contrari alle restrizioni,
considerate inutili, inefficaci e generatrici di lavoro sommerso, come hanno
spiegato Cgil, Cisl e Uil in un appello congiunto. Perlomeno hanno
ottenuto la liberalizzazione in settori dove c’è forte richiesta di manodopera
immigrata come quello domestico o stagionale. “Avremo preferito una
liberalizzazione totale. Non crediamo che l’allargamento dell’Ue danneggerà
l’Italia con un’invasione di lavoratori croati” conferma a Stranieriinitalia.it
Giuseppe Casucci, coordinatore nazionale immigrazione della Uil.
“Dal momento che c’è la libertà di circolazione, chi vuole venire a lavorare in
Italia lo farà ugualmente, ma in nero. E per chi già fa avanti e indietro, come
frontaliero, cambierà poco. Con le restrizioni i datori avranno solo un alibi
in più per non fare un regolare contratto di lavoro”.
Sicilia, Porta del Mediterraneo in Europa
Politiche migratorie anti razziste e scambi di buone prassi per una Comunità Europea accogliente. Palermo, 28 – 29 giugno 2013
Roma, 02
luglio 2013 – Si è tenuto a Palermo venerdì e sabato scorso il Meeting
Internazionale Antirazzista sui temi dei flussi migratori dal Mediterraneo e
della Sicilia come porta d’ingresso in Europa di migliaia di migranti
provenienti soprattutto dall’Africa. L’iniziativa è stata organizzata da Egam,
una rete internazionale che coordina l’attività di associazioni di base in
materia di lotta al razzismo ed alle discriminazioni. In Italia l’evento è
stato curato da SOS Razzismo ed ha ricevuto il patrocinio, sia del Comune di
Palermo, che dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali. L’incontro,
come dicevamo, è stato materialmente ospitato dal Comune di Palermo e si è
realizzato preso i Cantieri culturali alla Ziza. Presenti Giusto Catania,
assessore alla partecipazione della municipalità, il presidente di EGAM
Benjamin Abtan, il segretario generale di SOS Razzismo Italia Angela Scalzo,
nonché rappresentanti di associazioni provenienti da Albania, Croazia, Francia,
Grecia, Turchia e Romania. Tra gli altri ospiti esterni: Christopher Hein,
direttore del CIR, il Prof. Enzo Guarrasi dell’Università di Palermo, il
Paleologo Fulvio Vassallo, e Mauro Valeri dell’UNAR. Cgil, Cisl, UIL erano
rappresentate, rispettivamente, da Piero Soldini, Liliana Ocmin e Giuseppe
Casucci. La prima giornata ha visto la discussione seminariale, mentre sabato
29 giugno una folta delegazione si è recata al CIE di MILO ed al CARA di Salina
Grande a Trapani per prendere visione delle condizioni di vita e del
trattamento riservato, nel primo caso ai migranti irregolari e – nel caso
del CARA – ai richiedenti asilo. Presenti alla visita nel Centro di
identificazione ed espulsione anche due Parlamentari: Erasmo Palazzotto di SEL
e Davide Faraone del PD. Dal 1988 ad oggi sono oltre 19 mila le persone morte
in mare, nel tentativo di attraversare il Mediterraneo. Cinque dispersi ogni
giorno. Esseri umani che si sono affidati agli scafisti, facendo debiti e
pagando per la traversata migliaia di euro, nella speranza di trovare in Europa
un futuro migliore e trovando invece una fine terribile nel Mare Nostrum. “Storie
e vissuti di uomini , donne e bambini, finiti in fondo alle acque profonde del
Mar Mediterraneo!” – ha detto Angela Scalzo nel suo intervento –
“Bisogno di giustizia ordinaria da parte di noi italiani , ma anche dal resto
d’Europa !” Altre centinaia di migliaia di altri migranti sono riusciti ad
approdare in Sicilia, dove sono stati accolti ed hanno trovato ospitalità
(spesso soprattutto da parte della gente comune, a cominciare dalla popolazione
di Lampedusa). Si tratta di una immigrazione a carattere “forzoso”, che non può
essere facilmente inquadrata nei normali progetti migratori per lavoro: “gente
costretta all’emigrazione da gravissime condizioni di carattere economico,
ambientale, violazione dei diritti umani o conflitti armati”. Malgrado la crisi
economica in Europa loro continueranno ad arrivare, perché la differenza di
condizioni di vita con l’Europa è talmente alta, da rendere comunque
conveniente anche rischiare di annegare in mare. Ma come si comporta l’Europa e
l’Italia con questa ondata crescente di umanità? Solo da gennaio ad oggi ne
sono entrati via mare oltre 8 mila. Molti finiscono nei Centri di espulsione,
altri chiedono asilo politico e vengono ospitati nei CARA. Per il Segretario di
SOS Razzismo Italia : “Gli sbarchi continuano inesorabilmente, senza tregua, a
giungere sulle coste siciliane, accompagnati da problemi di accoglienza per
sovraffollamento dei centri di accoglienza e dei centri di identificazione”.
Per questo motivo SOS RAZZISMO ITALIA - associazione facente parte attiva della
presidenza della rete antirazzista internazionale dell’EGAM (European
Grassroots Antiracist Moviment) e in collaborazione della stessa - ha voluto
fortemente far emergere, all’interno del proprio network europeo, questo
problema, organizzando un meeting antirazzista internazionale, proprio in
Sicilia, culla dell’accoglienza dei migranti! Ha detto Benjamin Abtan,
Presidente dell’EGAM: “La Sicilia: Porta del mediterraneo in Europa!
Politiche migratorie antirazziste e scambi di buone prassi per una Comunità
Europea accogliente” è il titolo che abbiamo voluto dare a
questo convegno”. “Abbiamo coinvolto illustri relatori istituzionali a livello
locale, nazionale ed internazionale, la società civile siciliana, italiana ed
europea, al fine di sensibilizzare i relativi governi ad applicare omogenee
politiche di inclusione sociale, accompagnata legislazione internazionale
adeguata”. Uno scambio di buone prassi che parte dalla presidenza dell’EGAM con
i rappresentanti della Grecia, della Turchia, della Francia, dell’Italia e
della Danimarca, con il coinvolgimento del Comune di Palermo, del comune di
Lampedusa, dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, del Consiglio
Italiano dei Rifugiati, dei Sindacati Nazionali CGIL, CISL, UIL,
dell’Università di Palermo, dell’Associazionismo immigrato territoriale di SOS
Razzismo Sicilia e della Federazione l’ARCA. Tra gli argomenti discussi durante
il convegno: accoglienza e rifiuto, diaspore e richieste di asilo, aumento
della destra estrema in vari paesi europei, politiche antidiscriminatorie ed a
conclusione una visita, della delegazione di sindacalisti ed esperti italiani e
stranieri al Centro di identificazione ed espulsione ed al Centro di
Accoglienza richiedenti Asilo di Trapani. “Affinché metaforicamente”, come ha
concluso la Scalzo “questa isola in mezzo al mare possa offrire un paio di
scarpe a chi deve continuare il suo cammino”! Nel suo intervento Giuseppe
Casucci, Coord. Nazionale Politiche Migratorie della UIL ha ricordato come la
politica del Governo italiano, in relazione all’immigrazione ed in particolare
agli sbarchi a Lampedusa ed in Sicilia, si sia sempre caratterizzata con la
logica dell’emergenza. “Eppure – ha commentato - l’immigrazione ormai è
un fenomeno vecchio in Italia da almeno un quarto di secolo, che è
passato da poche migliaia di persone negli anni ’80 a quasi 5
milioni nel 2012”. “Malgrado ciò si è sempre continuato a proporre misure
contingenti”, lamentando la poca collaborazione dell’Europa o magari litigando
con la Germania che ha dieci volte il numero dei nostri rifugiati”. Allo stesso
modo – ha detto l’oratore – si è affrontata l’emergenza Nord Africa
dopo la Primavera Araba: “con misure di assistenza contingente, mantenendo
nell’incertezza per due anni 25 mila persone arrivate dalla Tunisia, per le
quali si è speso più di 1,4 miliardi di euro in sistemazioni presso gli hotel,
vitto ed assistenza, senza però progettare una inclusione vera”. Il risultato è
che oggi ci sono ancora 7 mila migranti tunisini che vagano per l’Europa con un
permesso umanitario concesso dall’Italia e 500 euro di sostegno economico
pubblico italiano, senza reali prospettive di integrazione. Episodi che hanno
prodotto la protesta di alcuni dei nostri Stati confinanti. Una situazione, per
il rappresentante UIL, che rischia di peggiorare in futuro. Infatti, malgrado
la crisi economica, mentre altri immigrati se ne vanno, quelli provenienti
dall’Africa continueranno a venire. I fattori push, infatti, sono molto più
forti delle difficoltà della traversata in mare o delle alte somme pagate ai
trafficanti. “Loro continueranno a venire - ha detto casucci - anche per
ragioni demografiche e di forte gap economico con l’Europa. Metà della
popolazione africana vive con meno di un euro al giorno e l’Europa continua ad
essere una prospettiva migliore”. Secondo tutte le stime degli esperti, in 20 o
30 anni il continente africano raddoppierà la propria popolazione, mentre
l’Europa sempre più vecchia non sarà comunque in grado di offrire sufficiente
lavoro ad un numero così grande di migranti forzosi. Da qui la necessità di
affrontare questo problema con cognizione di causa e con una strategia che non
si limiti al rifiuto, ma che guardi invece alla collaborazione economica con i
Paesi del Nord Africa, destinati a diventare i primi ricettori dell’ondata
demografica dal Sud del Sahara.
Christopher Hein del Consiglio Italiano per i Rifugiati ha esposto la normativa europea in materia di asilo e protezione internazionale, toccando l’accento proprio sulla mancanza assoluta di programmi di integrazione per persone – i rifugiati – che sono tutelati internazionalmente e che non possono ritornare nel loro Paese, eppure sono spesso abbandonati a se stessi. “Una situazione – ha detto Hein – non degna di un Paese civile” Mauro Valeri ha presentato le attività svolte dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, ponendo l’accento sul supporto e la tutela che l’Ufficio offre a migliaia di cittadini stranieri nella fase di integrazione lavorativa e sociale. Tra i temi toccati dal seminario anche quelli relativi alle discriminazioni, a volte contenute anche nelle norme, ed alle campagne razzistiche che fanno leva sulla paura della gente e sul rifiuto delle diversità, per meschini calcoli elettoralistici. Sabato 29 giugno la delegazione è andata a Trapani a visitare il CIE (che ospita migranti irregolari) ed il CARA (che da’ rifugio ai richiedenti asilo).
Demografia
(www.repubblica.it) Roma, 25 giugno 2013 - Non si arresta in Italia il calo delle nascite, dovuto
ad una forte flessione da parte degli italiani, mentre crescono i nuovi nati
stranieri che comunque non riescono a compensare il fenomeno delle culle vuote.
E' questo il quadro delineato dall'Istat nel Bilancio demografico nazionale relativo al 2012. Secondo i dati
appena diffusi il 31 dicembre 2012 risiedevano in Italia 59.685.227 persone.
Fra loro più di 4milioni e 300mila (7,4%) di cittadinanza straniera. Nel corso
dello scorso anno la popolazione è cresciuta di 291.020 unità (+0,5%).
L'aumento dello 0,5%, spiega l'Istat, è dovuto in parte alla revisione post
censuaria delle anagrafi e, in parte, alle migrazioni dall'estero, che
compensano il calo di popolazione dovuto al saldo naturale negativo. Sono quasi
26 milioni le famiglie anagrafiche.
Neonati. Il numero dei nati è diminuito rispetto al 2011 di
12.399 unità, pari a -2,3%, seguendo un andamento già registrato a partire dal
2009. Il decremento, seppur contenuto, si registra in tutte le aree del Paese,
ma in particolare nelle regioni del Sud e nel Centro (-2,5%), quindi nelle due
Isole (-2,3%). Tuttavia, anche il Nord-est (-2,1%) e il Nord-ovest (-2,0%)
presentano diminuzioni di poco inferiori.
Bambini stranieri. Aumenta invece il numero di neonati stranieri: di pari
passo con l'aumento di stranieri che vivono in Italia, anche l'incidenza delle
nascite di bambini stranieri sul totale dei nati ha avuto un notevole
incremento, passando dal 4,8% del
2000 al 14,9% del 2012; in valori assoluti da quasi 30 mila nati nel 2000 a
quasi 80 mila nel 2012. Tuttavia, l'incremento che le donne straniere danno
alla natalità non compensa la diminuzione dovuta a quello delle donne italiane.
Infatti, da un lato le donne italiane in età riproduttiva (15-49 anni) fanno
registrare una diminuzione della propensione alla procreazione; dall'altro si
registra una progressiva riduzione delle potenziali madri, dovuto al prolungato
calo delle nascite iniziato all'incirca a metà anni '70, con effetti che si
attendono ancora più rilevanti in futuro. Nonostante l'assenza di relazioni
dirette di causa-effetto, l'Istat non esclude che la crisi economica abbia
prodotto qualche effetto negativo anche sulla natalità, come peraltro potrebbe
essere avvenuto per la concomitante diminuzione dei matrimoni, registrata
proprio negli ultimi tre anni. Il tasso di natalità è pari al 9,0 per mille,
supera la media nazionale nella ripartizione del Nord-est e varia da un minimo
di 7,4 nati per mille abitanti in Liguria e nel Molise a un massimo di 10,7 per
mille nella provincia autonoma di Bolzano.
Le famiglie. Le famiglie anagrafiche italiane sono 25 milioni e 873
mila circa; il numero medio di componenti per famiglia è pari a 2,3. Il valore
minimo è di 2 e si rileva in Liguria, mentre il massimo è di 2,7, riscontrato
in Campania. Il 99,5% della popolazione residente in Italia al 31 dicembre 2012
vive in famiglie. Il restante 0,5% della popolazione, pari a circa 326 mila
abitanti, vive in convivenze anagrafiche (caserme, case di riposo, carceri,
conventi, ecc.). Aumenta il
numero di decessi, pari a 612.883, superiore di 19.481 unità a quello del 2011.
Il tasso di mortalità è pari a 10,3 per mille, e varia da un minimo di 8,2 per
mille nella provincia autonoma di Bolzano a un massimo di 13,9 per mille in
Liguria, risultando in aumento in tutte le regioni, eccetto che in Valle
d'Aosta e in Molise, dove il numero dei decessi rimane stabile. I maggiori
incrementi si evidenziano nella provincia autonoma di Bolzano (+7,2%), in
Lombardia (+5,3%), in Umbria (+4,8%), Marche (+4,3%) e Toscana (+4,2%).
Tavola 4 - Tassi di natalità, mortalità, migratorio e di crescita per i grandi comuni |
|||||||
- Anno 2012 (per 1000 abitanti) |
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Grandi comuni |
Tasso di natalità |
Tasso di mortalità |
Tasso migratorio interno |
Tasso migratorio estero |
Tasso migratorio interno + estero |
Tasso di crescita naturale |
Tasso di crescita totale |
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Torino |
9,0 |
11,2 |
0,1 |
9,8 |
9,8 |
-0,2 |
3,2 |
Milano |
9,6 |
11,2 |
-1,1 |
10,2 |
9,1 |
-0,2 |
17,5 |
Verona |
8,5 |
11,2 |
-0,2 |
6,8 |
6,7 |
-0,3 |
6,2 |
Venezia |
7,4 |
13,3 |
-2,7 |
5,3 |
2,7 |
-0,6 |
-6,1 |
Genova |
7,7 |
14,3 |
0,7 |
5,1 |
5,8 |
-0,7 |
-4,0 |
Bologna |
8,2 |
12,9 |
4,5 |
9,3 |
13,8 |
-0,5 |
25,2 |
Firenze |
8,4 |
12,5 |
7,9 |
13,0 |
21,0 |
-0,4 |
24,1 |
Roma |
9,4 |
10,5 |
2,9 |
11,3 |
14,1 |
-0,1 |
9,4 |
Napoli |
9,1 |
10,3 |
-4,3 |
4,8 |
0,4 |
-0,1 |
-2,1 |
Bari |
8,1 |
8,3 |
-8,3 |
2,4 |
-5,9 |
0,0 |
-7,0 |
Palermo |
9,7 |
10,0 |
-4,5 |
1,8 |
-2,7 |
0,0 |
-2,8 |
Catania |
9,6 |
11,7 |
-1,0 |
2,8 |
1,9 |
-0,2 |
-8,3 |
Totale |
9,0 |
11,1 |
0,0 |
8,2 |
8,3 |
-0,2 |
6,4 |
Cittadinanza
Roma, 24 giugno 2013 - Chi è nato e cresciuto in Italia non può più essere penalizzato da “inadempimenti” dei genitori o della Pubblica Amministrazione. E appena diventa maggiorenne verrà informato della possibilità di chiedere la cittadinanza
Roma – 24 giugno 2013 - Non sarà più la svista di un genitore o di un ufficio comunale a bloccare il cammino verso la cittadinanza dei ragazzi nati e cresciuti in Italia. E quando compiranno 18 anni una lettera del Comune dovrà avvisarli che è arrivato il momento di presentare domanda per diventare italiani.
Lo prevede il decreto legge n. 69/2013, “Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia”, il cosiddetto “Decreto del Fare”, arrivato venerdì in scorso Gazzetta Ufficiale ed entrato in vigore sabato. Al suo interno è confluito infatti anche un articolo sulle “Semplificazione del procedimento per l'acquisto della cittadinanza per lo straniero nato in Italia” voluto dal ministro dell’Integrazione Cècile Kyenge.
Meno ostacoli
Cosa dice? Innanzitutto che a chi chiede la cittadinanza a 18 anni “non sono imputabili eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della Pubblica Amministrazione” e che “può dimostrare il possesso dei requisiti con ogni altra idonea documentazione”.
Si risolveranno così, ad esempio, i casi bloccati da un “buco” nell’iscrizione all’anagrafe. È possibile, infatti, che un bambino continui ad essere in Italia regolarmente, insieme a genitori che hanno un permesso di soggiorno, ma sparisca per un periodo dai registri dei residenti perché la famiglia si trasferisce e non comunica subito alla pubblica amministrazione dove vive.
Ora, dove non potranno parlare i certificati storici di residenza potranno parlare altri tipi di documenti. Quali? Ad esempio certificati scolastici, attestati di vaccinazioni o certificati medici. Impossibile negare la presenza in Italia di un bambino che, anche se non risultava iscritto all’anagrafe, frequentava la scuola elementare, faceva un richiamo dell’antitetanica o si ricoverava per togliersi le tonsille.
In realtà, una certa elasticità nella valutazione delle prove della presenza in Italia, in caso di brevi assenze dai registri anagrafici, era già prevista in una circolare firmata nel 2007 dall’allora ministro dell’Interno Giuliano Amato. E anche diverse sentenze hanno accolto i ricorsi di giovani che si trovavano nelle situazioni che abbiamo descritto prima, purchè potessero dimostrare che erano nati e cresciuti qui. La novità è che adesso questi orientamenti acquistano forza di legge e valgono finalmente per tutti.
"Vieni in Comune, puoi diventare italiano"
Ma non finisce qui. Il decreto dice anche che “gli Ufficiali di Stato Civile sono tenuti al compimento del diciottesimo anno di età a comunicare all'interessato, nella sede di residenza quale risulta all'ufficio”, la possibilità di chiedere al cittadinanza italiana entro il compimento del diciannovesimo anno di età. Se non lo fanno, “il diritto può essere esercitato anche oltre tale data”. È un passo avanti importante, che permetterà a tutte le seconde generazioni di conoscere i loro diritti, responsabilizzando io Comuni.
La novità riprende una buona pratica e la generalizza. L’invio della lettera ai neomaggiorenni è infatti un’iniziativa già avviata volontariamente da diverse amministrazioni, che hanno aderito alla campagna “18 anni, in Comune” promossa dall’Anci.
“Caro/a, nell’anno in corso compirai o hai compiuto i 18 anni, un passaggio molto importante e delicato. Questo momento, fondamentale anche per tutti i tuoi coetanei, sarà per te ancora più decisivo perché potrai finalmente richiedere la cittadinanza italiana: ne hai assolutamente diritto…” scrive, ad esempio, il Comune di Milano.
“E' una finestra sui tuoi diritti – avverte la lettera - di cui puoi però usufruire solo per un anno. Infatti quando compirai 19 anni purtroppo questa opportunità verrà meno e per ottenere la cittadinanza italiana potrai rivolgerti unicamente al Ministero dell’Interno, tramite la Prefettura, con tempi e costi della pratica decisamente più impegnativi”.
I frutti non si sono fatti attendere, se è vero che nei Comuni coinvolti le domande per la cittadinanza sono aumentate, la riprova che l’informazione può fare la differenza. Adesso sarà così in tutta Italia.
Elvio Pasca, www.stranieriinitalia.it
DECRETO-LEGGE 21 giugno
2013, n. 69 Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia.
(GU n.144 del 21-6-2013 - Suppl. Ordinario n. 50 )
Art. 33
(Semplificazione del
procedimento per l'acquisto della cittadinanza per lo straniero nato in Italia)
1. Ai fini di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 5
febbraio 1992, n. 91, all'interessato non sono imputabili
eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della
Pubblica Amministrazione, ed egli puo' dimostrare il possesso
dei requisiti con ogni altra idonea documentazione.
2. Gli Ufficiali di Stato Civile sono tenuti
al compimento del diciottesimo anno di eta' a comunicare
all'interessato, nella sede di residenza quale risulta all'ufficio, la
possibilita' di esercitare il diritto di cui al comma 2 del citato articolo 4
della legge n. 91 del 1992 entro il compimento
del diciannovesimo anno di eta'. In mancanza, il diritto puo'
essere esercitato anche oltre tale data.
Ismu, Neodemos e Fieri lanciano una serie di proposte. Dagli ingressi per ricerca di lavoro alle regolarizzazioni ad personam "per una politica migratoria efficace e al passo con i tempi"
Roma
– 2 luglio 2013 - Ingressi per ricerca di lavoro, permessi di
soggiorno gestiti dai Comuni, regolarizzazioni ad personam, rimpatri assistiti
e un ruolo più forte dell’Europa.
Sono alcune
delle proposte contenute in “Oltre la
crisi:riforme per il governo delle migrazioni”, un documento “per
una politica migratoria efficace e al passo con i tempi” presentato oggi dagli
esperti della Fondazione Ismu, assieme agli studiosi dell'Associazione Neodemos
e del Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sull'Immigrazione. Per quanto
riguarda i flussi, il documento propone la creazione di un’Agenzia indipendente,
che avrebbe il compito di proporre al Parlamento e al Governo le linee per la
programmazione dei flussi, per la loro articolazione a seconda delle finalità
dell’ingresso, e della loro composizione. Fornirebbe inoltre consulenza
tecnico-giuridica per il governo dell’immigrazione, oltre a monitorare e
valutare gli effetti delle azioni e delle politiche attuate. Gli esperti
sottolineano anche “l’assoluta inadeguatezza della chiamata nominativa dei
lavoratori residenti all’estero come modalità pressoché esclusiva di
reclutamento”. Andrebbe quindi affiancata alla reintroduzione del permesso di soggiorno per ricerca di lavoro, da rilasciare a fronte di una garanzia
fornita dal migrante o da uno sponsor. Si propone anche la necessità di
facilitare la trasformazione dei permessi di studio in permessi per ricerca di
lavoro. Secondo Ismu, Neodemos e Fieri, è anche auspicabile il trasferimento ai Comuni di alcune funzioni e competenze in materia di
rilascio dei permessi di soggiorno. Così facendo si potrebbe liberare quel
personale di polizia che oggi viene sottratto ai propri compiti istituzionali
nel campo della sicurezza. Per il contrasto dell’irregolarità, si denuncia
l’inefficacia deterrente del reato di clandestinità, così come la scarsa
utilità, ai fini dell’identificazione, dei lunghi trattenimenti nei Cie. Nel
documento si chiede di puntare piuttosto su “efficienti modalità di rimpatrio volontario assistito in cooperazione con i Paesi di
provenienza”. Stop alle sanatorie di massa, in favore di “una stabile
disciplina in materia, che comporti un più incisivo controllo del mercato del
lavoro e introduca modalità di regolarizzazione ad personam”. Il documento
allarga infine lo sguardo alle politiche dell’Ue.
Occorre facilitare la mobilità sul territorio europeo degli immigrati regolari,
mentre per contrastare i flussi irregolari andrebbe rafforzato Frontex.
L’Unione dovrebbe inoltre stipulare accordi con i paesi mediterranei e africani
per la gestione dei flussi d’ingresso e per la riammissione degli espulsi.
“La debolezza demografica dell’Italia e l’auspicata ripresa economica potranno,
nel volgere di breve tempo, riattivare flussi migratori importanti che occorre
governare al meglio” sottolineano gli autori del documento. “Politiche
migratorie più articolate, più flessibili, che consentano sperimentazioni e
monitoraggi, sono quelle più adatte per i prossimi decenni. Ed è bene metterci
mano – concludono - senza perdere tempo prezioso”.
Scarica
Ismu, Neodemos e
Fieri “Oltre la crisi:riforme per il governo delle migrazioni”
I dati rilevati sulla componente di immigrati in Italia hanno collocato il Lazio in seconda posizione per numero di immigrati sul territorio. A Roma, dal 2002 al 2010, si è passati da 142mila a 442mila cittadini stranieri
Immigrazione a Roma e nel Lazio. La Regione si conferma al secondo posto per numero di immigrati presenti sul territorio. Nella Capitale e nella sua provincia, il maggiore incremento di residenti stranieri: dal 2002 al 2010 si è passati da 142mila a 442mila. 252 le famiglie con almeno un componente straniero all'interno del nucleo. L'etnia prevalente è quella filippina. Sul solo suolo romano, un decimo del totale delle imprese guidate da stranieri in Italia.
IL RAPPORTO "IL LAZIO NEL MONDO" - Il rapporto “Il Lazio nel mondo. Immigrazione ed emigrazione” è stato presentato ieri, giovedì 27 giugno, dall'assessore alle Politiche sociali della Regione, Rita Visini, insieme al presidente del Centro studi e ricerche Idos e coordinatore del rapporto, Franco Pittau. Secondo posto dietro alla Lombardia. Negli otto anni dal 2002 al 2010, la popolazione straniera è passata dalle 167mila alle 543mila unità.
UNA POPOLAZIONE PIU' GIOVANE - Sono numeri notevoli, che in percentuale significano che l'11,9% degli immigrati in Italia è localizzato nel Lazio e che il 9,5% dei residenti nella Regione è straniero. Questi dati mettono in evidenza una delle conseguenze di questa crescita, il ringiovanimento della popolazione, “avendo gli immigrati mediante mediamente dieci anni in meno rispetto agli italiani e incidendo di meno sui flussi di pensionamento”. Per il 2011 è previsto un ulteriore aumento: “615mila stranieri residenti e soggiornanti, su un totale di 5 milioni 11mila in Italia”.
CONSIDERAZIONI - Nel Lazio, la componente maggioritaria di stranieri sembra essere di origine romena, dalle Filippine 40mila immigrati. E Filippini sono i residenti non comunitari più presenti sul suolo romano. I dati mostrano una notevole presenza euro-asiatica sul territorio regionale. Sono in aumento i non comunitari e l'incidenza invece dei comunitari. Pare le donne siano di più degli uomini e che la maggior parte degli stranieri non sia coniugata. I soggiorni mediamente non sono lunghi rispetto alla media nazionale. In aumento il numero degli iscritti alle scuole.
IMPRESE GESTITE DA STRANIERI - Sono più di 28mila le imprese non gestite da titolari italiani iscritte alle Camere di Commercio del Lazio nel 2011: Tremila più che nel 2010 (il 19,6% gestite da donne). Il settore più frequentato è quello commerciale, al secondo posto quello delle costruzioni. Nella sola provincia di Roma, un decimo del totale delle imprese guidate da stranieri in Italia: il 21,5% viene dal Bangladesh, il 21% dalla Romania, seguono sotto il 10% cinesi e marocchini.
ULTIMO POSTO PER CAPACITA' D’INTEGRAZIONE - Nonostante la presenza massiccia di residenti stranieri sul territorio regionale e in particolare nella provincia romana, secondo gli indici del Cnel, il Lazio si colloca all'ultimo posto per inserimento sociale degli immigrati. E, in fondo alla classifica regionale, è proprio la Capitale la città laziale più ostile all'integrazione. Tuttavia, pare che la Regione si collochi invece al sesto posto per potenziale territoriale di integrazione socio-occupazionale dei cittadini stranieri.
LAZIALI EMIGRATI - Sono stati raccolti dati anche sugli italiani emigrati all'estero. Al primo gennaio 2012, erano 375.510 i laziali all'estero: quasi un decimo rispetto ai 4,2 milioni di italiani iscritti all'anagrafe degli italiani residenti all'estero. Con questi numeri, la Regione ottiene il quarto posizionamento per numero di cittadini laziali fuori Italia. La maggioranza non è di ultra sessantacinquenni - come capita altrove, - ma di seconde generazioni (il 61,3% degli iscritti e' nato all'estero). Il 44,5% degli iscritti è stato registrato negli ultimi 5 anni e gli insediamenti riguardano in prevalenza l'America (233.971 presenze) e l'Europa (118.188 presenze).
Europa
Regno Unito: giudici e
avvocati criticano il Governo per i forti tagli alle spese destinate agli
immigranti.
I tagli alle spese legali per gli immigrati allarmano gli
avvocati che denunciano discriminazioni ai danni dei richiedenti asilo.
Londra, 26 giugno 2013 - Gli
avvocati del Regno Unito si sono uniti nel condannare i piani da parte del
Governo di limitare il diritto di alcuni immigrati di ricevere assistenza
legale in casi di immigrazione. Il segretario di Stato per la Giustizia Chris
Grayling ha annunciato dei piani per impedire agli immigrati di ricevere
assistenza legale finanziata dallo Stato finché non abbiano vissuto nel Regno
Unito legalmente per dodici mesi. Tra coloro che perderebbero il diritto
all’assistenza sarebbero immigrati con il visto scaduto, i clandestini e
richiedenti asilo respinti. Questo provvedimento fa parte di una serie di tagli
al bilancio del Dipartimento di giustizia che hanno causato preoccupazione tra
gli avvocati della nazione. Il Governo di coalizione del Regno Unito è
impegnato in una politica di tagli alla spesa pubblica che è ora però a un
livello insostenibile. Infatti, il Consiglio di giustizia civile (Cjc), un
comitato consultivo, ha criticato la proposta dell’onorevole Grayling di
rimuovere gli aiuti legali per gli immigrati in quanto il piano va contro “il
principio fondamentale di uguaglianza di fronte alla legge” e ??potrebbe
lasciare gli immigrati “incapaci di avanzare o difendere richieste che possono
essere cruciali per la loro vita”. Il Cjc prosegue avvertendo che, qualora
venissero apportate queste modifiche, diminuirebbe “la credibilità del Regno
Unito nell’ incoraggiamento dello Stato di diritto nel resto del mondo”.
Tuttavia, il Ministero della giustizia afferma che ci saranno garanzie per le
persone meritevoli e vulnerabili. Il principio è che non si vuole che
“individui con poca o nessuna connessione con il Paese” siano “in grado di
rivendicare aiuti legali a spese dei contribuenti britannici”.
L’onorevole Grayling ha spiegato che ci sono stati 8.734 casi di immigrazione
finiti in Cassazione nel 2011. Di questi casi, solo 607 sono arrivati ad
udienze effettive e solo 31 hanno avuto successo. Egli sostiene, quindi, che
molti di quei ricorsi erano senza merito e che il sistema viene abusato dagli
avvocati che presentano ricorso in Cassazione al fine di ritardare l’espulsione
dei loro clienti anche quando non vi è alcuna possibilità che la revisione
abbia successo. Gli avvocati ribattono però che solo perché un caso non produce
una sentenza positiva non significa che sia senza merito. L’avvocato Julian
Norman ha dichiarato al The
Guardian che
ci sono casi in cui l’Agenzia per l’immigrazione rifiuta di concedere il
diritto d’asilo su basi inconsistenti e spesso illegali e che in molti casi il
ricorso in Cassazione è l’unica alternativa possibile per evitare espulsione
illegali, come in passato è accaduto varie volte.
(Samantha Falciatori)
Portali immigrazione
L’Istat ha reso disponibile, a partire dallo scorso 25 giugno, il nuovo sistema informativo tematico dedicato a “Immigrati e nuovi cittadini”, che si pone come singolo punto di accesso multi fonte a dati e metadati su questo fenomeno.
Roma, 26 giugno 2013 - Da ieri è disponibile sul sito web www.istat.it il nuovo sistema informativo tematico dedicato a "Immigrati e nuovi cittadini", che si pone come singolo punto di accesso multifonte a dati e metadati su questo fenomeno.
Il sistema è diviso in aree tematiche - popolazione e famiglie; salute e sanità; lavoro; istruzione e formazione; condizioni economiche delle famiglie e disuguaglianze; assistenza; partecipazione sociale; criminalità - e all'interno di ciascuna area sono rese disponibili informazioni integrate, tratte da diverse rilevazioni ed elaborazioni realizzate dall'Istat. Il corpo centrale del sistema è costituito da un data warehouse che raccoglie in un unico contesto semantico le statistiche sul tema con la finalità di renderle più facilmente accessibili e fruibili.
Mappe, grafici dinamici e tavole multifonte permettono di osservare in maniera interattiva l'evoluzione della presenza straniera in Italia. Una parte del nuovo sistema è dedicata alle informazioni prodotte da Eurostat sulle migrazioni internazionali e sulla presenza straniera nei paesi europei. L'informazione statistica è corredata da sezioni dedicate alla descrizione delle principali fonti e dei termini utilizzati.
I riferimenti normativi e i documenti di indirizzo nazionali e internazionali offrono un quadro di riferimento imprescindibile per la comprensione del fenomeno.
"Immigrati e nuovi cittadini" si pone anche come punto di raccordo tra enti che raccolgono e diffondono informazioni sul fenomeno e utenti. Un'ampia sezione è rivolta proprio ai progetti che l'Istat sta portando avanti insieme ad alcuni importanti soggetti del Sistan.
· Sistema informativo Immigrati e nuovi cittadini