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Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli
iscritti UIL

 

 

 

 

Anno XI n. 24 del 18 luglio 2013

 

Consultate www.uil.it/immigrazione

Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri

 

La crisi economica e l’impatto sui lavoratori stranieri

Immigrazione e crisi

 

Crescono i lavoratori stranieri in Italia: sono circa 2 milioni e 334 mila nel 2012. Rispetto all'anno precedente, si e' registrata un aumento dell'occupazione straniera di circa 82 mila persone, accompagnata da una diminuzione di 151 mila occupati italiani, con un saldo negativo di 69 mila unità. I disoccupati stranieri sono quasi 385 mila, per la precisione 382 mila di cui 193 mila donne e 190 mila uomini (nel 2008 erano 162 mila di cui 94 mila donne e 67 mila uomini). E' quanto emerge dal terzo rapporto annuale 'Gli immigrati nel mercato del lavoro in Italia' a cura della Direzione Generale dell'Immigrazione e delle Politiche di Integrazione. Sono sempre di più, dunque, gli immigrati in cerca di lavoro e quelli che lavorano sono costretti a mansioni meno qualificate e guadagnano meno degli italiani: nel 2012 la retribuzione netta mensile per gli stranieri e', in media, più bassa e si attesta a 968 euro contro i 1.304 euro dei lavoratori italiani (-336 euro).



 

 

 

 

 

SOMMARIO

 

 

 

 

Appuntamenti pag. 2

 

Comunicati stampa pag. 2

 

Gli effetti della crisi sull’immigrazione pag. 2

 

Il mercato del lavoro italiano per gli stranieri pag. 5

 

Cnel, indici di integrazione. Prima la Lombardia pag. 5

 

L’agricoltura è ancora un ‘ancora di salvataggio pag. 6

 

Lavoratori domestici: al 50% extra UE pag. 7

 

Crescono i visti (ma solo) per turismo pag. 7

 

La crisi ferma la crescita demografica in UE pag. 8

 

Notizie in breve pag. 9

 

 

 

 

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.


Dipartimento Politiche

Migratorie: appuntamenti



Roma, 18 luglio 2013, sede CNEL, ore 10.00

Riunione ONC Immigrazione: rapporto indici di integrazione

(Giuseppe Casucci)

Roma, 23 luglio 2013, Camera dei Deputati, Sala del Seminario

Incontro Cgil, Cisl, Uil con intergruppo parlamentare su decreto legge n. 76

(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci)

Roma, 29 luglio 2013, ore 17.30, Ministero del Lavoro, sede di Via Fornovo

Incontro Cgil, Cisl, Uil con il Viceministro Cecilia Guerra, sui temi dell’immigrazione e mercato del lavoro

(Guglielmo Loy)


 

Comunicato stampa


“Preoccupanti i dati sulla disoccupazione etnica”

Dichiarazione di Guglielmo Loy, Segretario Confederale UIL


 Roma, 15 luglio 2013 - I dati diffusi, oggi, dal Ministero del Lavoro sull’immigrazione nel mercato del lavoro in Italia sono particolarmente preoccupanti e dovrebbero far riflettere sulla necessità di investire in lavoro qualificato e politiche attive occupazionali.

In effetti la crisi ha colpito anche il lavoro degli stranieri producendo più disoccupati e un aumento delle attività meno qualificate e meno pagate. Non è, però, con il dumping sociale che il sistema Paese guadagnerà in competitività.

Oggi solo il 3% degli immigrati fa uso dei servizi per l’impiego: una dimostrazione che il sistema va profondamente rinnovato, così come è necessario sostenere la produttività e l’occupazione.

Un paese che disperde professionalità ed esperienze, sulle quali ha investito, sta rinunciando ad una parte del proprio futuro.


 

 

Razzismo


DICHIARAZIONE DI GUGLIELMO LOY, SEGRETARIO CONFEDERALE UIL


Roma, 15 luglio 2013 - Le infelici "considerazioni " del vice presidente del Senato, l'onorevole Calderoli, sono una offesa non solo a una persona, una donna, a un Ministro ma anche al Paese. Sarà l'onorevole Calderoli a valutare, in coscienza, se ritiene ancora, come vice presidente del Senato,  di rappresentare l'intero Paese compresi gli oltre 5 milioni di cittadini non italiani che vivono, lavorano e versano  le tasse con le quali si paga anche l'indennità ai parlamentari. La UIL non può esimersi, naturalmente,  dall'esprimere piena solidarietà al Ministro Kyenge e attraverso di lei a tutti coloro che sono colpiti da intolleranze e discriminazioni.


Immigrazione e crisi

 


Ministero del Lavoro, Direzione Generale dell’immigrazione

Gli effetti della crisi sull’occupazione straniera

I “punti chiave” del Terzo Rapporto Annuale : “Gli immigrati nel mercato del lavoro in Italia”


Immigrazione e crisi.

La crisi economica ha prodotto in Italia, nell’arco di un quinquennio, un significativo ridimensionamento dei livelli occupazionali ed un forte aumento della disoccupazione. Anche le performance della componente straniera, tradizionalmente attestata su livelli occupazionali maggiori rispetto alla forza lavoro italiana, ne hanno fortemente risentito. Se è vero che negli ultimi anni la forza lavoro straniera ha goduto di una rilevante crescita del numero degli occupati, in decisa controtendenza rispetto alla dinamica che ha segnato la componente italiana, è anche vero che la crescita della popolazione attiva, dovuta all’aumento dei ricongiungimenti familiari ed all’ingresso nel mercato del lavoro delle seconde generazioni, incide negativamente sui tassi di occupazione della popolazione straniera. Tra il 2002 ed il 2012 la popolazione straniera, che rappresenta il 7,9% di quella totale, è quasi triplicata e l’aumento è stato del 311%, inferiore in Europa solo a quello della Spagna.

Cresce la disoccupazione straniera e l’inattività.

Gli occupati stranieri nel 2012 sono circa 2 milioni e 334 mila, 83 mila in più rispetto al 2011, quasi tutti concentrati nei servizi alla persona. Il tasso di occupazione della componente straniera si è invece ridotto: ha toccato, nel caso dei lavoratori a cittadinanza UE quota 65,4% (nel 2011 era pari a 66,5%), mentre nel caso degli extracomunitari si è fermato al 58,6% (un anno prima era al 60,4%), pur mantenendosi molto al di sopra del tasso di occupazione della popolazione italiana (8,5 punti in un caso e quasi 2 punti nell’altro). I cittadini stranieri in cerca di lavoro nel 2012 sono 383 mila (circa 118 mila comunitari e 265 mila extra UE) e il relativo tasso (circa il 14%) di 4 punti superiore a quello della componente italiana. Rispetto al 2011 le persone in cerca di lavoro di cittadinanza UE sono cresciute di oltre 19 mila unità, mentre tra le forze di lavoro di cittadinanza extra UE i disoccupati aumentano di 53 mila persone. Ciò si è tradotto in un aumento consistente del tasso di disoccupazione della componente comunitaria (+1,5%) e, di quella extra comunitaria (+2,2%). In sintesi il tasso di disoccupazione della forza lavoro di cittadinanza UE raggiunge il 13,3% e quello della componente proveniente da Paesi terzi il 14,5% ed entrambi i tassi sono nettamente superiori a quello registrato per i lavoratori di nazionalità italiana. Rispetto alla media europea (UE 27) il tasso di disoccupazione della popolazione straniera in Italia è più basso di circa 3 punti percentuali (17%) ma è cresciuto, negli ultimi 5 anni, più rapidamente. In Europa, comunque, ad esclusione della Germania che fa registrare un tasso di disoccupazione decrescente, la crisi ha ridimensionato la domanda di lavoro straniera e l’aumento della disoccupazione è dovuto alla perdita di posti di lavoro da parte delle componenti straniere del mercato ed all’ingresso di componenti inattive che la crisi spinge verso il lavoro. In Italia, la crescita ha riguardato anche la popolazione straniera inattiva. Infatti, mentre si osserva una diminuzione complessiva della inattività di 392 mila persone, per le persone si osserva un incremento di 86 mila inattivi rispetto al 2011, di cui 71 mila per la componente extra UE e 15 mila per quella UE. Ne consegue un decremento del tasso di attività pari a cinque decimi di punto per gli extracomunitari, mentre per i comunitari il tasso rimane invariato. Dai dati sin qui analizzati emerge, dunque, un quadro fenomenologico della condizione occupazionale della popolazione straniera solo apparentemente caratterizzato da una maggiore tenuta rispetto alla componente italiana. Sebbene negli ultimi tre anni, in termini assoluti, la quota di occupati UE ed extra UE sia cresciuta, la domanda di lavoro riservata alla componente straniera si è ridotta, come testimonia la crescita del tasso di disoccupazione, la diminuzione del tasso di attività e la forte razionalizzazione dell’occupazione straniera, soprattutto dipendente. Infatti, la riduzione dell’occupazione straniera si concentra in due settori tradizionali: l’industria in senso stretto e le costruzioni, settori che occupano circa 770 mila stranieri. Per quanto riguarda la componente UE la variazione percentuale degli occupati tra il 2011 ed il 2012 è pari al – 2,8% nell’industria in senso stretto e – 3,1% nelle costruzioni, mentre per i lavoratori provenienti da Paesi terzi la variazione % risulta nei due comparti, rispettivamente del – 2,6% e – 0,4%. La crescita degli occupati è quindi quasi tutta concentrata nei servizi, ed in particolare in quelli alla persona, dove l’aumento di circa 70 mila occupati è coperto per 8 decimi da lavoratori stranieri, quasi tutte donne. Si assiste, in sostanza, ad una trasformazione quantitativa e qualitativa della domanda di lavoro riservata ai lavoratori stranieri che si contrae nei comparti manifatturieri, cresce quasi esclusivamente nei servizi alla persona e che si impoverisce, facendo registrare tra il 2011 ed il 2012 un aumento della domanda di lavoro non qualificato pari al 2,9% er i lavoratori UE e dell’1% per gli occupati extra UE.

I flussi d’ingresso e di uscita dal mercato del lavoro

Complessivamente nell’anno trascorso sono stati avviati circa due milioni di contratti di lavoro riservati alla manodopera straniera, con una diminuzione delle attivazioni di circa 4 mila rapporti di lavoro rispetto al 2011, facendo registrare una vera e propria discontinuità con gli anni passati, laddove la crescita del numero di contratti era stata sempre rilevante, anno dopo anno, per entrambe le componenti. Parallelamente, nel 2012 si sono registrate 1,96 milioni di cessazioni che hanno interessato i lavoratori stranieri, di cui 833 mila per la componente di provenienza UE ed 1.13 milioni riservati a lavoratori extra comunitari, facendo registrare anche un aumento delle cessazioni, sia rispetto al 2011 che al 2010. Per quanto riguarda le tipologie contrattuali dei rapporti avviati, si conferma la maggiore diffusione dei contratti a tempo indeterminato tra i lavoratori stranieri rispetto a quelli italiani. La quota di contratti “permanenti” sul totale è, per i lavoratori UE, pari al 21% e sale al 39% per i lavoratori extra UE, mentre tra gli italiani non supera il 17%. Ovviamente la maggiore incidenza di contratti a tempo indeterminato è legata alla presenza di una quota rilevante di assunzioni nel comparto dei servizi alle famiglie che frequentemente avvengono con contratti a tempo indeterminato. Una differenza tra le due componenti straniere si registra anche nella diversa distribuzione dei rapporti di lavoro a tempo determinato. Tra i lavoratori di cittadinanza UE la percentuale è pari al 68%, mentre tra i lavoratori extracomunitari la quota di rapporti a tempo determinato è al 50%. Decisamente bassa anche per i lavoratori stranieri l’incidenza dei rapporti di lavoro in apprendistato che interessa il 2% dei lavoratori di provenienza UE ed il 2,7% di quelli di nazionalità di Paesi Terzi. Rilevante è invece il ricorso alle altre tipologie di contratto (circa il 6%) tra cui i contratti di agenzia per la somministrazione di lavoro. Modesto infine il ricorso alle collaborazioni a progetto che interessano i lavoratori stranieri per meno del 2%. Sempre considerando le attivazioni, i rapporti di lavoro registrati nel 2012 calano drasticamente nell’industria e nelle costruzioni, mentre aumentano in agricoltura e soprattutto nei servizi. Il calo della attivazione nell’industria in senso stretto è pari all’11% per la componente UE e dell’8,7% per quella extra UE, mentre nelle costruzioni la diminuzione è ancora più accentuata ( - 16% UE e – 13% extra UE).

I settori che fanno registrare il volume maggiore di cessazioni sono invece i servizi e l’agricoltura. Nel primo caso, infatti, si registra un aumento dei rapporti di lavoro cessati che per i cittadini UE è pari al 6,6% e per quelli di nazionalità extra UE raggiunge il 10,4%. In agricoltura aumentano le cessazioni rispettivamente del 4% (UE) e dell’8% (extra UE), valori sensibilmente superiori alla media. Evidentemente il processo di razionalizzazione della domanda, si sostanzia nei settori primario e terziario con un forte turn over (aumento delle attivazioni e delle cessazioni), ma anche con una riduzione delle cessazioni a difesa delle posizioni lavorative residue. La crescita delle cessazioni si accompagna infine ad una durata media effettiva dei rapporti di lavoro sostanzialmente decrescente. Solo il 22% dei rapporti di lavoro ha una durata effettiva superiore ai 12 mesi (il 27% nel caso della componente femminile) e circa il 40% dei rapporti di lavoro dura meno di tre mesi.

L’accesso agli ammortizzatori sociali dei lavoratori extra UE

I lavoratori stranieri extra UE hanno potuto beneficiare in misura consistente degli ammortizzatori sociali quali misure per contrastare gli effetti della crisi sull’occupazione. Per quanto riguarda le prestazioni di Cassa integrazione guadagni, nel 2012 il numero di beneficiari di trattamenti di integrazione salariale ordinaria con cittadinanza in Paesi Terzi è di 72.705 unità. Essi rappresentano il 10,6% del totale dei beneficiari, che è pari a 683.448. Nel caso della Cig straordinaria, nel 2012 i beneficiari con cittadinanza di paesi extra UE sono 49.942, pari al 6,8% del totale (731.721). Per quanto riguarda i sostegni al reddito per disoccupazione, i lavoratori che hanno usufruito di indennità di mobilità sono 281.256, di cui 15.540 con cittadinanza extra UE (5,5%). La disoccupazione ordinaria non agricola per l’anno 2012 ha interessato 1.424.929 beneficiari di cui 185.371 con cittadinanza extra UE, pari al 13%. La disoccupazione ordinaria non agricola con requisiti ridotti su 555.985 beneficiari ha interessato 53.420 lavoratori stranieri extra UE (9,7%). Ed infine, la disoccupazione agricola. Per l’anno 2011 i beneficiari sono stati 520.375, di cui 55.171 con cittadinanza extra UE, pari al 10,6% del totale.

I livelli di accesso ai servizi come indicatore della bassa partecipazione dei lavoratori stranieri alle politiche attive

Se la partecipazione alle politiche passive ha sostenuto almeno una parte dei lavoratori stranieri, quella più stabile, altrettanto non si può dire delle politiche attive. La rete dei Servizi per il lavoro pubblici e quella degli operatori autorizzati rappresenta, per i lavoratori stranieri regolarmente presenti sul territorio nazionale, il principale punto di riferimento sia nei processi di ricollocazione professionale, sia per l’accesso alle misure di politiche attive. I dati della Rilevazione Continua sulle Forze Lavoro indicano, però, che pochi lavoratori e disoccupati stranieri utilizzano i servizi. Infatti sono 113 mila i lavoratori disoccupati di provenienza extra UE che nel 2012 dichiarano di non aver mai avuto alcun contatto con il sistema dei centri per l’impiego (43%) e la percentuale risulta in diminuzione (- 1,9%) rispetto al 2011. Analogo comportamento si osserva tra disoccupati stranieri di cittadinanza UE che nel 41% dei casi dichiarano di non aver mai contattato i servizi pubblici. E questo a testimonianza della bassissima quota di lavoratori stranieri che partecipa a politiche attive del lavoro.

Le comunità provenienti dai paesi extra UE

Gli effetti della crisi hanno avuto un diverso impatto sulle comunità presenti in Italia. La diminuzione degli occupati nell’industria manifatturiera penalizza, ad esempio, di più le comunità marocchina ed albanese (tra le più numerose tra i paesi extra UE) maggiormente occupate nel comparto manifatturiero e relativamente di meno le comunità impegnate nei servizi alla persona (filippina, moldava, ucraina tra le maggiori). Gli effetti sulle comunità extra UE sono evidentemente maggiori. Attualmente infatti il 52% degli stranieri extracomunitari regolarmente presenti in Italia (circa 3,6 milioni) sono stabili (lungo soggiornanti) e la loro quota è in aumento a causa dei numerosi ricongiungimenti familiari che si realizzano ogni anno. La perdita del posto di lavoro per un capofamiglia extra UE, soprattutto in alcune comunità, può significare una forte destabilizzazione del nucleo familiare. La composizione delle comunità di origine extra UE vede, tra il 2011 ed il 2012, un aumento di quella marocchina (506 mila persone di cui il 43% donne ed il 30% minori e 61% lungo soggiornanti), di quella albanese (491 mila, di cui il 62% lungo soggiornanti), di quella cinese (277 mila) che tuttavia fa registrare la quota minore di soggiornanti di lungo periodo (39%). Tra le diverse comunità, quelle a maggiore presenza femminile sono Ucraina (80% donne), Moldova (67%), mentre quelle a maggior presenza maschile sono quella egiziana (70% uomini), la tunisina (64%) e l’indiana (65%).

- Terzo Rapporto Annuale. Gli immigrati nel mercato del lavoro in Italia 2013
- Terzo Rapporto Annuale. Gli immigrati nel mercato del lavoro in Italia 2013 (Sintesi)



Immigrati: Cnel, e' la Lombardia la regione più "attrattiva"


(AGI) - Roma, 18 luglio 2013 - La Lombardia e' la regione italiana più attrattiva per la popolazione immigrata. Seguono l'Emilia-Romagna, che con la Lombardia ha un grado di attrattività 'massimo', il Veneto, il Lazio, il Piemonte e la Liguria. E' quanto emerge dal IX Rapporto Cnel sugli "Indici di integrazione degli immigrati in Italia". La ricerca e' stata condotta nell'ambito di una iniziativa congiunta Onc (Organismo nazionale di coordinamento per le politiche di integrazione sociale degli stranieri) - Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Direzione Generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione, e riporta i dati annuali relativi al livello di inserimento sociale e occupazionale degli immigrati su base nazionale e locale, nonché al grado di attrattività che province, regioni e grandi aree nazionali esercitano sulla popolazione straniera presente in Italia. In particolare, tra tutte le regioni italiane la Lombardia vanta: la più alta densità demografica degli immigrati (con ben 44,6 residenti stranieri per kmq, un valore enormemente più alto non solo della media nazionale, che e' di 15,2, ma anche della seconda regione a più elevata densità, il Lazio con 31,5), con punta di addirittura 225,4 nella provincia di Milano, che non a caso svetta smisuratamente nella corrispondente graduatoria per province, con un valore quasi 1,5 volte superiore a quello di Prato (92,8), seconda nell'ordine; il più elevato grado di stabilità delle presenze, con un'incidenza media di minorenni tra gli stranieri residenti pari al 24,2% (contro una media nazionale del 21,7%), con punte del 27,3 a Brescia e Cremona e di poco meno del 27% a Bergamo e Lodi, che infatti guidano, nell'ordine, la corrispondente graduatoria per province; la più elevata quota di incremento annuo degli immigrati, dovendo a questa regione ben un quarto (24,5%) di tutti i nuovi residenti stranieri registratisi in Italia nel corso dell'anno, con Milano e Roma che, da sole, ne hanno ospitati oltre un decimo ciascuna (11,8% e 11,1% nell'ordine). Per il resto, l'Emilia Romagna detiene l'incidenza più alta di stranieri sul totale dei residenti (11,3%, contro una media nazionale del 7,5%), la Liguria il saldo migratorio interno positivo più consistente (129,4 stranieri iscrittisi come residenti da altri Comuni ogni 100 cancellati per altri Comuni) e la Valle d'Aosta il tasso di natalità straniero più elevato (21,3 nati ogni 100 residenti, contro una media nazionale di 17,7). Rispetto al 2009 (anno precedente a quello cui si riferisce il presente indice) tra le regioni di testa hanno significativamente perso in attrattività il Veneto (-2,5 punti centesimali di indice), che e' stato scavalcato al secondo posto dall'Emilia Romagna, e il Lazio (-6 punti); regioni che hanno conosciuto anche una contestuale riduzione del proprio potenziale di integrazione (soprattutto il Veneto). D'altra parte, sempre tra le regioni a maggiore attrattività, il Piemonte, l'Emilia Romagna e la Liguria vantano invece - nell'ordine - i potenziali di integrazione più alti d'Italia a fine 2011. Tra le province, la massima attrattività e' detenuta dalla lombarda Brescia, la quale precede Prato. Seguono Bergamo e Milano. Il calo di attrattività registrato dalla provincia di Prato trova riscontro nel fatto che molti cinesi stanno effettivamente abbandonando l'area pratese, nella quale da tempo si erano stabiliti numerosi per impiantarvi le proprie attività imprenditoriali, spostandosi in altre zone del Paese.


 

 

 

 


Il mercato del lavoro italiano per gli stranieri

Sale il numero degli occupati stranieri ma anche quello dei disoccupati, che ricevono stipendi più bassi dei colleghi italiani: il report sull'occupazione straniera e i dati anche su lavoratori autonomi e imprenditori.


(http://www.pmi.it/) L’allarme disoccupazione in un mercato del lavoro segnato della crisi assume livelli preoccupanti anche fra gli stranieriche mediamente guadagnano circa 300 euro al mese meno degli Italiani: sono i dati del terzo rapporto annuale del ministero del Lavoro su «Gli immigrati nel mercato del lavoro in Italia».

lavoratori stranieri rappresentano il 10,2% degli occupati italiani, in aumento dello 0,4% sul 2011.

In termini assoluti, nel 2012 a fronte di una crescita del numero degli occupati stranieri (+83mila unità), si è verificata una diminuzione dell’occupazione italiana (-151mila). L’incremento, però, si riferisce a poche professioni, a partire da assistenti domiciliari e le collaboratrici domestiche, che rappresentano nel 2012 oltre la metà delle occupate straniere. L’analisi evidenzia come la crisi produca effetti più accentuati fra gli immigrati:

·  Raddoppiato nel 2012 il numero di stranieri in cerca di occupazione(+23,4%).

·  Aumentato in maggiore misura il tasso di disoccupazione dal 2008 al 2012 fra gli stranieri, due punti percentuali in più rispetto a quello dei lavoratori italiani, che sale a 3,5 punti se si considera solo il Nord, e a  4,5 punti analizzando la sola componente maschile. Pesa in particolare il settore manifatturiero.

·  In aumento il numero di immigrati impiegati con mansioni non qualificate: erano il 29% nel 2008 e il 34% nel 2012, mentre le posizioni qualificate si riducono, nello stesso periodo, dall’8,2% al 5,9%.

Come segnala anche il rapporto annuale Istat 2013, emergono tre fenomeni:

1.Aumento dei livelli di sovra istruzione dei lavoratori stranieri: dal 39% del 2008 al 41% .

2.Crescita della sottoccupazione: dal 7% al 10,7%.

3.Aumento del divario delle retribuzioni medie: 968 euro al mese contro 1.304 euro dei lavoratori italiani, con una forbice di 336 euro, che invece nel 2008 era a 266 euro al mese.

Il rapporto evidenzia come non sia possibile stabilire se queste trasformazioni abbiano una natura congiunturale o se i fenomeni siano più di natura strutturale.

Lavoratori stranieri autonomi - Sono soprattutto artigiani, il 6,3% del totale delle persone che svolgono questa attività in Italia, e commercianti, 7%.

Artigiani: gli stranieri sono 119mila803, su un totale di 1 milione 907mila 081 artigiani iscritti all’Inps. Sono quasi totalmente concentrati al Nord e nel Centro, le prime tre regioni sono Lombardia, Emilia Romagna e Toscana.

Commercianti: 59mila 317 su un totale di 2 milioni 290mila 869 commercianti. Netta prevalenza maschile, 72%, anche qui concentrazione al Nord e al centro. le due regioni a più alta densità di commercianti stranieri sono Lombardia e Lazio.

Imprenditoria straniera

Le imprese individuali con titolare extra comunitario sono il 9,1% del totale, che supera il 10% in alcuni settori: noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese, edile, commerciale, manifatturiero e servizi di informazione e comunicazione. I settori imprenditoriali a minore partecipazione straniera sono agricoltura, silvicoltura e pesca ed estrazione di minerali da cave e miniere.

Dal 2011 al 2012, è cresciuto del 6,8% il numero delle imprese commerciali straniere, mentre l’incremento per le attività di noleggio e servizi alle imprese è stato del 20%.

Uniche variazioni negative per trasporto e magazzinaggio e servizi di informazione e comunicazione



Teatro naturale

Per gli stranieri in Italia l’agricoltura è un’ancora di salvataggio

di C. S.


Nel 2012 in Italia sono registrati 1.011.078 operai agricoli dipendenti, di cui 135.632 extracomunitari, pari al 13,4 per cento del totale. Un dato che conferma ancora una volta le capacità occupazionali dell’agricoltura nei confronti di diverse categorie di lavoratori (giovani, donne, stranieri) considerate proprio quelle più a rischio in questo momento di crisi. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori a commento del Rapporto 2012 sul mercato del lavoro degli immigrati, curato dalla Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche d'integrazione del ministero del Lavoro e presentato oggi al Cnel, con la partecipazione del ministro Enrico Giovannini.

In Italia -ricorda la Cia- hanno un lavoro circa 2 milioni e 334 mila stranieri. Per quanto riguarda l’agricoltura, nel Nord-Est si concentra il 27,6 per cento dei lavoratori extracomunitari (contro il 20 per cento del complesso dei lavoratori agricoli dipendenti), nel Centro il 21,3 per cento (a fronte dell’11,9 per cento del complesso), nel Sud il 22,2 per cento (a fronte del 42,4 per cento del complesso), nel Nord-Ovest il 19,3 per cento (contro il 9 per cento del complesso) e nelle isole il 9,7 per cento (contro il 16,8 per cento del complesso).

Andando nel dettaglio, il peso degli stranieri nelle attività manifatturiere -rileva la Cia- diminuisce significativamente, tra il 2011 e il 2012, del 2,9 per cento per i lavoratori di provenienza Ue e dell’1,7 per cento per la componente extracomunitaria. Al contrario, il terziario fa registrare, nell’ultimo anno, un incremento dell’occupazione straniera superiore al 6 per cento. Si assiste, infine, a una crescita degli occupati stranieri in agricoltura, con 11 mila nuovi lavoratori stranieri, di cui poco più di 8 mila sono comunitari (più 21 per cento).

Tali dati non cancellano il contesto generale che è tutt’altro che positivo: nel 2012 è aumentata in modo esponenziale anche la disoccupazione dei cittadini stranieri (385 mila unità). Rispetto al 2011 il numero è aumentato del 19,2 per cento per la componente Ue e del 25,4 per cento per quella extra Ue.

Proprio in previsione del fatto che lo stato di crisi presumibilmente porterà ad un diverso rapporto tra lavoratori italiani e lavoratori stranieri, sovrapponendo l’offerta di manodopera e non più rendendola complementare, la Cia ritiene che sarà sempre più necessario in materia di immigrazione e di politiche migratorie pensare a lungo termine. Bisogna impostare per tempo meccanismi che migliorino l’allocazione dei lavoratori (sia presenti in Italia che provenienti dall’estero) nei posti di lavoro e che permettano di aumentare il capitale umano rendendolo più qualificato, accrescendo così la produttività e quindi la competitività delle imprese.

Scarica il Terzo Rapporto annuale e la sintesi:


 


Immigrati: quasi metà dei lavoratori domestici e' extracomunitario


(ASCA) - Roma, 15 lug - Nel 2012 quasi la meta' dei lavoratori domestici e' un extracomunitario: 467.565 su un totale di 982.975 (47,6%). Una percentuale in lieve flessione rispetto a quella riscontrata nel 2010 e nel 2011, in cui rispettivamente si riscontra il 56,4% e il 53,3% dei lavoratori extracomunitari sul totale. Questo il quadro dei diversi segmenti del mondo del lavoro immigrato in Italia cosi' come emerge dal terzo rapporto sui lavoratori stranieri in Italia redatto dal Ministero del lavoro e reso noto oggi a Roma. Nel 2012, sempre nello stesso Rapporto, si evidenzia che in Italia sono stati registrati 1.011.078 operai agricoli dipendenti, di cui 135.632 extracomunitari, pari al 13,4% del totale. Nel Nord-Est si concentra il 27,6% dei lavoratori extracomunitari (contro il 20,0% del complesso dei lavoratori agricoli dipendenti), nel Centro il 21,3% (a fronte dell'11,9% del complesso), nel Sud il 22,2% (a fronte del 42,4% del complesso), nel Nord-Ovest il 19,3% (contro il 9, % del complesso) e nelle isole il 9,7% (contro il 16,8% del complesso). I lavoratori dipendenti stagionali extracomunitari erano, nel 2012, 16.722 pari al 10,3% dei complessivi 161.848 stagionali; tale incidenza e' massima per i maschi del Nord-Ovest (17,3%). Anche per questa tipologia di lavoratori si registra, tra il 2010 e il 2012, un incremento degli extracomunitari pari all'8,9% a fronte di una numerosità complessiva stazionaria. gc/



Europa: la crisi ferma la crescita demografica

Di Dario Saltari, http://it.ibtimes.com/


La crisi del debito ha fermato la ripresa demografica europea. E' quanto ipotizzato dal Max Planck Institute for Demographic Research (MPIDR) di Rostock, in Germania, attraverso una pubblicazione che mette in relazione il tasso di disoccupazione con quello di fertilità femminile. La relazione, a lungo discussa dagli studiosi, è in realtà molto controversa. Secondo lo studio, tuttavia, le nascite sarebbero calate parallelamente alla crisi occupazionale europea tanto che la "crisi demografica" avrebbe colpito soprattutto gli under 25 dei paesi meridionali come Italia, Spagna, Grecia e Portogallo. "Il calo del numero di bambini per donna è stato più forte per i primi parti" si legge nel comunicato della MPIDR "Questo significa che durante l'ultimo decennio i giovani europei hanno posticipato la formazione di una famiglia". I ricercatori tedeschi affermano che un aumento del tasso di disoccupazione di un punto percentuale produce una diminuzione del tasso di fertilità dello 0,2% tra le persone comprese tra i 15 e i 19 anni e dello 0,1% tra quelle comprese tra i 20 e i 24 anni. Il cambiamento è invece nullo per gli over 40. Secondo i ricercatori del MPIDR, il calo demografico prodotto dalla crisi è arrivato nel preciso momento in cui l'Europa stava rimettendo in moto il motore delle nascite. Particolarmente eclatante il caso della Spagna. All'inizio del nuovo millennio, infatti, il tasso di fertilità spagnolo toccava quota 1,24 (bambini per donna). Il dato è poi cresciuto costantemente fino al 2008 quando ha raggiunto 1,47. Con l'inizio della crisi (tra il 2008 e il 2009 il tasso di disoccupazione spagnolo è aumentato di tre punti percentuali), tuttavia, il tasso di fertilità ha iniziato a calare. Nel 2009 era già a 1,40. Nel 2011 a 1,36. L'effetto della disoccupazione sul tasso di fertilità è stato particolarmente evidente anche in Bulgaria, Croazia, Grecia, Danimarca e Lettonia. In Austria, Germania e Svizzera, paesi che sono riusciti a contenere l'effetto della crisi sulla disoccupazione, il tasso di fertilità è rimasto praticamente invariato.

La situazione in Italia, invece, è rimasta fondamentalmente stabile con la crisi che ha spento una crescita demografica già particolarmente anemica lasciando il tasso di fertilità al palo (intorno all'1,4) a partire dal 2008.

Read: http://it.ibtimes.com/articles/52827/20130715/europa-crescita-demografia-popolazione-nati-fertilita-disoccupazione.htm#ixzz2ZHiIMSAx


 


Malgrado la crisi ed il blocco dei flussi

Cresce il numero di visitatori in Italia: nel 2012 concessi quasi 1,9 milioni visti d’ingresso (+9,2%)

Dall’Annuario Statistico 2013 del Ministero Affari Esteri


(redazionale) Roma, 17 luglio 2013 - Al primo posto c’è la Russia con 631.353 visti concessi. Segue poi la Cina (285.885), la Turchia (116.567), l’India (78.581) e l’Ucraina (49.433). In totale nel 2012, sono stati ben 1.872.394 i visti d'ingresso in Italia rilasciati dal Ministero degli Esteri per cittadini di Paesi Terzi che, a vario titolo hanno deciso di visitare o venire a vivere nel Belpaese. Malgrado la crisi, ed il blocco di flussi per lavoro subordinato, la gente ha continuato ad arrivare, a dimostrazione che la globalizzazione non funziona solo per le merci ed i capitali e che il nostro mondo è diventato davvero un villaggio globale. E' quanto emerge dall'Annuario Statistico 2013 curato dal Ministero degli Esteri e presentato alcuni giorni fa alla Farnesina. Del computo totale, a prevalere restano i visti rilasciati per turismo, pari a 1.364.147 (+ 15% rispetto al 2011) mentre quelli rilasciati per affari hanno raggiunto quota 202.779 (+ 5%). Seguono gli arrivi per motivi familiari (81.436) che registrano comunque una leggera flessione (-2%) rispetto al 2011. Gli ingressi per lavoro subordinato (59.923) sono in forte riduzione rispetto all’anno precedente (-34%), soprattutto a causa dell’assenza del decreto flussi e certamente anche della crisi economica che scoraggia gli stranieri a scegliere l’Italia come Paese di potenziale impiego e residenza. Seguono ancora gli ingressi per motivi di studio (49.800) e per invito (22.085). Certo è curioso che il vero incremento avvenga soprattutto per i visti turistici. Va ricordato, però, che in assenza di altri mezzi regolari d’ingresso, non è raro riscontrare persone entrate con visto turistico che decidono di rimanere alla scadenza del visto, diventando overstayers: cioè irregolari. Per quanto riguarda la provenienza per aree, la maggioranza (883.221) proviene da Paesi Europei non dell’Unione, segue Asia e Oceania (542.111), il Mediterraneo e M.O. (245.006), l’Africa Sub – Sahariana (89.799). All’ultimo posto le Americhe con soli 82.859 visti concessi. Nei riguardi degli altri Paesi d'Europa, l'Italia, comunque, non sfigura, posizionandosi alle spalle di Francia (oltre 2 milioni e trecento mila visti rilasciati nel 2012) e Germania (1.956.422) mentre la sola attività di concessione del documento ha prodotto a favore dello Stato entrate pari a 93 milioni di euro. E un ulteriore incremento si avrà in occasione dell'Expo 2015 di Milano. "Sono attesi 6-700mila visti in più a quelli regolarmente rilasciati, con in introito di oltre 36 milioni di euro", ha evidenziato Luigi Vignali, a capo dell'Unità di coordinamento della Segreteria generale della Farnesina.


 

 

 

 


Italiani, quanto siamo intolleranti?


(Fondazione Moressa) Comunicato stampa del 10 Luglio 2013 - L’intolleranza è “l’incapacità di un individuo di sopportare una determinata cosa o situazione”. Data la presenza – ormai radicata – di cittadini stranieri in Italia, la Fondazione Leone Moressa si è chiesta quanto gli Italiani sopportino gli stranieri in diversi ambiti della vita quotidiana.  Italiani: popolo di intolleranti? E’ stato somministrato un questionario a 800 soggetti in tutta Italia chiedendo un’opinione su aspetti legati alla convivenza con cittadini stranieri e suddivisi in sei categorie: gli stranieri in Italia, gli stranieri nelle città, gli stranieri a scuola, gli stranieri a lavoro, gli stranieri e la cittadinanza, gli stranieri e la religione. Elaborando le risposte degli Italiani si è ottenuto un Indice di Intolleranza, che misura l’intensità dell’intolleranza degli Italiani nei confronti degli stranieri. Dall’indice generale, ottenuto aggregando tutte le risposte, emerge che le persone maggiormente intolleranti sono donne, residenti al centro e di età superiore ai 54 anni. Italiani: dove siamo più intolleranti? Considerando separatamente i sei ambiti su cui è stata condotta l’indagine, possiamo osservare in quali di questi gli Italiani siano più o meno intolleranti. Dall’indicatore costruito aggregando le domande che si riferiscono ad ogni tematica, si può notare chiaramente come l’intolleranza sia poco diffusa a scuola e sul posto di lavoro, dove la presenza di immigrati è ormai radicata da tempo, e per quanto riguarda la libertà di religione, su cui gli Italiani sono piuttosto aperti. Il livello di intolleranza sale leggermente quando si affronta il tema della presenza degli stranieri nelle città. Evidentemente i rapporti di vicinato e il proliferare di attività commerciali gestite da cittadini stranieri possono diventare fattori di conflitto. Ancora più alto il livello di intolleranza riferito alla situazione generale dell’immigrazione in Italia. Infine, il tema su cui oggi si discute maggiormente – quello della concessione della cittadinanza italiana – è anche quello che registra il più alto grado di intolleranza: segno che gli Italiani sono ancora combattuti sull’opportunità di cambiare la normativa vigente. Scarica il comunicato completo Italiani. Quanto siamo intolleranti


 

 

 

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