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Interventi e interviste

Interventi - Ministro Angelino Alfano

19.06.2013

Informativa urgente del ministro Alfano sui recenti sbarchi di migranti a Lampedusa e in altre aree costiere

Resoconto stenografico pubblicato sul sito della Camera dei Deputati

Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho immediatamente accolto l'invito della Camera a riferire sui recenti sbarchi di cittadini stranieri, che hanno caratterizzato in questi ultimi giorni l'isola di Lampedusa ed altre zone costiere, consapevole della necessità di instaurare con il Parlamento, su un tema di così grande delicatezza e rilievo, un rapporto di massima collaborazione improntato all'esigenza di assicurare una puntuale e completa informazione.

Il fenomeno degli sbarchi appare in evidente ripresa. Ve lo conferma del resto la stessa eloquenza dei dati, che riferisco aggiornati fino a tutto ieri, dove, ancora prima della mezzanotte, veniva segnalato un ulteriore arrivo dalle coste nordafricane di novantatré stranieri. Dal 1° giugno di quest'anno sono stati trentacinque gli sbarchi, che si aggiungono gli altri ottantasei registratesi dall'inizio del 2013.

È indubbio che l'accrescersi del fenomeno trova in circostanze geopolitiche recenti – che avrò modo di esaminare puntualmente – le sue cause più profonde e strutturali. Tuttavia, non sono estranei al picco raggiunto in questo mese, le migliori condizioni meteo marine che hanno incoraggiato i rischiosi viaggi della speranza, oggetto di ignominiosa mercanzia da parte di organizzazioni di trafficanti senza scrupoli.

La gran parte degli sbarchi – poco meno della metà – ha interessato Lampedusa. Anche altre realtà meridionali, in particolare siciliane, ne sono state toccate. Nell'isola, oltre alla provincia agrigentina, sono infatti risultate esposte alla pressione migratoria, Trapani, Siracusa e Ragusa. In misura notevolmente minore sono state interessate le province calabresi di Reggio, Crotone e Catanzaro, e, infine, quella pugliese di Lecce. Nel mese di giugno sono in totale 2670 le persone giunte in Italia. Esse vanno ad aggiungersi alle oltre 4.300 arrivate nei primi cinque mesi di quest'anno.
  Voglio precisare che i dati in nostro possesso evidenziano come il flusso migratorio interessi ormai in consistente quantità profughi provenienti da Paesi in condizioni di grave instabilità politica e non solo migranti economici. Si tratta di un dato consolidato, che conferma un trend che era apparso del tutto evidente già nel 2011 e nel 2012, all'indomani degli sconvolgimenti provocati dalla cosiddetta «primavera araba».
  Mi sembra che questa circostanza meriti una seria riflessione anche con riguardo alla impostazione stessa delle politiche migratorie. Se, infatti, la spinta alla migrazione trova il suo fondamento più nel bisogno di sottrarsi a persecuzioni o a conflitti interni, che nella speranza di conquistare migliori condizioni economiche e di vita, le misure che l'Europa e l'Italia dovranno insieme apprestare, non potranno sfuggire alla necessità di venire a capo di alcuni ineludibili nodi. Primo tra tutti, quello – voglio dirlo chiaramente – di una revisione del regolamento di Dublino, che intervenga sul principio secondo il quale spetta allo Stato di primo approdo la responsabilità dell'accoglienza. Ho detto chiaro e forte a Lussemburgo, in occasione del primo consiglio Giustizia e affari interni (GAI), e ribadiremo in Europa, chiaro e forte, che Lampedusa non è solo la frontiera italiana, ma è frontiera che segna il confine laddove finisce l'Italia e comincia l'Africa, e, per converso, da dove comincia l'Africa e comincia non solo l'Italia, ma l'Europa.

Naturalmente l'aumento della pressione migratoria appare strettamente connesso con la crisi politica che sta attraversando la Libia, non ancora ripresasi dalla travagliata fase della transizione istituzionale aperta dopo la caduta del vecchio leader, ed acuita da una legge interna entrata in vigore il 5 giugno scorso, volta ad escludere da ogni attività politica o di alta amministrazione gli ex collaboratori del precedente regime.

La situazione di instabilità in Libia rappresenta un fattore di grave complicazione delle nostre interlocuzioni con i libici, dopo che nello scorso anno, con varie iniziative, erano stati ripresi i rapporti di collaborazione con le autorità di quel Paese. Va comunque ricordato, anche a testimonianza degli sforzi del Governo transitorio di Tripoli, che la collaborazione ha registrato, pur nelle evidenti difficoltà, alcuni significativi progressi in direzione del rafforzamento delle istituzioni libiche con la cessione di mezzi, risorse ed il trasferimento di know-how in modo da incidere anche sul controllo dei movimenti dei flussi migratori e sulla capacità di contrasto delle reti criminali dedite al traffico di esseri umani. A sostegno di questo processo è stata disposta la riattivazione dell'ufficio di collegamento presso l'ambasciata d'Italia a Tripoli e l'apertura di due sedi di rappresentanza a Bengasi e Misurata.
  Le difficoltà non vengono, tuttavia, solo dalla complicata situazione del Governo di Tripoli; la composizione etnica dei profughi evidenzia, infatti, la loro provenienza dai Paesi del Corno d'Africa e da quelli dell'Africa subsahariana interessati da conflitti interetnici o dalla assenza di istituzioni solide ed affidabili. È quindi necessario proseguire ed intensificare ogni utile sforzo sotto l'egida dell'Unione europea e degli organismi delle Nazioni Unite per pacificare quelle aree del continente africano ed assecondare i sofferti processi di stabilizzazione e di consolidamento democratico.

In questa cornice, desidero ricordare che specifiche iniziative hanno riguardato e riguardano la collaborazione di polizia per le attività di formazione. Particolarmente rilevante, il profilo del contrasto delle attività di trafficking e del miglioramento del capacity building, risulta il progetto «Sahamed», interrotto dagli eventi bellici che hanno colpito la Libia, e in seguito riattivato dalla Commissione europea. L'importanza di questo progetto di cooperazione avanzata si coglie appieno, anche nella sua portata umanitaria, nell'avvio delle iniziative di adeguamento agli standard internazionali dei centri di accoglienza situati in territorio libico e oggetto di un nostro attento monitoraggio.

Mi preme sottolineare come all'insegna della stessa attenzione per i valori della persona e della dignità umana, si collochino gli interventi dispiegati senza risparmio di energie per il soccorso in mare di migliaia di sventurati. I tentativi di attraversare il Mediterraneo, che spesso si concludono con esiti tragici, rappresentano una delle pagine più dolorose e impietose della nostra epoca. Dobbiamo essere consapevoli che il controllo delle migrazioni irregolari rappresenta per le organizzazioni criminali una lucrosa fonte di guadagno prontamente reinvestita in altri traffici illeciti. L'esigenza della solidarietà umanitaria va dunque coniugata con la necessità di un contrasto incisivo a questa nuova forma di schiavismo. È per questo che non dobbiamo trascurare di mantenere efficienti le nostre strutture di polizia e di coltivare le attività di collaborazione transnazionale con Frontex e con gli omologhi organismi degli altri Paesi, specie di quelli interessati al transito dei migranti.

Ritorno agli eventi che si sono concentrati in particolare nell'ultima settimana. Il 14 giugno scorso, in occasione dell'arrivo a Siculiana, in provincia di Agrigento, di 181 cittadini eritrei tra cui 42 minori, si è purtroppo verificata la morte per annegamento di un immigrato. Tra i vari episodi che hanno connotato la ripresa degli sbarchi, questo di Siculiana è uno dei più spinosi e difficili, anche per la forte resistenza dei cittadini eritrei a sottoporsi alle operazioni di fotosegnalamento, al punto da commettere atti di autolesionismo pur di non essere riconoscibili con le procedure di fotosegnalamento. Nella tarda serata di ieri, circa sessanta persone hanno abbandonato la tensostruttura di Porto Empedocle, dove erano state temporaneamente alloggiate, e sono in corso le necessarie attività di rintraccio.

Un altro episodio che non può certamente lasciarci indifferenti è quello al quale abbiamo assistito lo scorso 15 giugno quando settantasei migranti, a causa dell'affondamento dell'imbarcazione con cui affrontavano la traversata, hanno cercato di salvarsi rimanendo disperatamente aggrappati ad una gabbia per la pesca del tonno. L'intervento dei mezzi della capitaneria di porto di Lampedusa, già in azione per prestare soccorso ad altri ottantasette migranti, è stato tempestivo quanto mai. Infatti, subito dopo la segnalazione di dichiarazione di evento SAR, cioè la procedura internazionale che segnala gli eventi di ricerca e salvataggio, una segnalazione collegata al pericolo di affondamento del battello, uno dei mezzi della capitaneria di Lampedusa si è, immediatamente, diretto verso l'area dell'operazione procedendo al sollecito recupero dei naufraghi.

Al coraggio di questi uomini, servitori dello Stato, va il personale ringraziamento mio e quello dell'intero Governo. Ciò che impressiona, in questi tragici episodi, è la ferocia delle organizzazioni dei trafficanti. Essa si manifesta in tutto il suo cinismo nelle nuove metodiche di traffico. Non si tratta più, badate bene, di accompagnare i migranti fino alle coste italiane seppure a bordo di imbarcazioni precarie, ma, piuttosto, di abbandonarli al loro destino dopo averli istruiti sulle modalità con le quali chiedere ed ottenere soccorso dalle autorità italiane, autorità italiane a ciò obbligate, ovviamente, dal rispetto delle convenzioni internazionali sottoscritte in materia dal nostro Paese. Passo ora a riferire più nel dettaglio della situazione dell'isola di Lampedusa, non senza esprimere a tutta la popolazione lampedusana la mia gratitudine di un uomo delle istituzioni. Ho più volte ripetuto che nelle grandi trasmigrazioni della nostra epoca globalizzata, Lampedusa rappresenta un luogo altamente simbolico, in cui si incrociano i destini e le speranze dei popoli che guardano fiduciosamente all'Occidente e alle sue potenzialità di accoglienza ed integrazione.

Mi piace considerare Lampedusa come il checkpoint Charlie del nuovo millennio, non quello separava l'Est e l'Ovest del mondo, ma quel passaggio a livello che separa il nord e il sud del mondo, un passaggio a livello superato il quale vi è libertà, democrazia e benessere. Ad oggi l'isola lampedusana, nonostante la dichiarazione di porto non sicuro decretata dalla capitaneria di porto, è stata interessata da 41 sbarchi, compreso quello di stanotte, con il conseguente arrivo di più di 3.500 migranti di prevalente origine subsahariana. Solo i primi due mesi dell'anno non hanno fatto registrare nuove presenze di immigrati. Nonostante la notevole pressione, non si sono verificate situazioni di acuta criticità, soprattutto è sempre stata garantita tutta la necessaria assistenza agli stranieri sul piano umano, medico e, specie nei confronti di donne e minori, anche aiuto e assistenza psicologica. Questo è stato possibile grazie anche alla preziosa collaborazione delle organizzazioni umanitarie che, in virtù di specifici accordi con il Ministero dell'interno, prestano un indispensabile aiuto che consente di tenere costantemente sotto controllo la situazione Pag. 88epidemiologica. Al suo arrivo nel centro l'immigrato viene infatti sottoposto ad un controllo dello stato di salute, che segue quello effettuato da personale medico direttamente sul molo di Favarolo subito dopo lo sbarco. Se necessario, in esito al controllo di prime cure eseguito dallo staff sanitario dell'ente gestore del centro, vengono disposte anche visite specialistiche.

Nel centro accoglienza di contrada Imbriacola sono stati ospitati, in questo periodo di ripresa degli sbarchi, mediamente circa mille stranieri; oggi sono 1.051 e le potenzialità ricettive sono state parzialmente ripristinate con la conclusione di lavori di recupero della parte distrutta tempo fa da un incendio, affidati, per ovvie esigenze di tempestività, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Al completamento dell'agibilità e piena funzionalità del centro si farà fronte, invece, con i fondi del PON sicurezza e i relativi lavori saranno curati dal provveditorato regionale alle opere pubbliche della Sicilia e della Calabria.

Indubbiamente la struttura di Lampedusa è sottoposta ad una notevole pressione, che va oltre le capacità effettive le accoglienza. Considero di vitale importanza, dunque, mantenere in efficienza un sistema di alleggerimento continuo basato sulla disponibilità di altre strutture che siano pronte a ricevere gli stranieri trasferiti, e per questo assicuro che già entro questa sera saranno trasferiti, dei 1.054 presenti, ben 574 in altri centri.

È in quest'ottica che si muove lo SPRAR, acronimo di sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, basato su una fitta rete di solidarietà civile assicurata tramite convenzioni con gli enti locali in grado di promuovere un ampia governance del fenomeno migratorio. Tale sistema, che ha già dato ottima prova di sé durante l'emergenza Nord Africa è stato recentemente incrementato di 1.500 posti. Corrisponde ad un mio preciso obiettivo, ad un preciso obiettivo del Governo, conseguire entro il prossimo anno un ulteriore consistente aumento che porterà lo SPAR ad accogliere circa 8 mila stranieri, quasi raddoppiando l'attuale disponibilità. Altro fronte su cui è necessario impegnarsi è quello della velocizzazione delle procedure di esame delle domande di protezione umanitaria e di richiesta di asilo.

Fondamentale a questo scopo è la funzionalità delle commissioni territoriali. Preannuncio, dunque, che presenterò, forma di norma urgente, la disposizione già inserita nel disegno di legge europea del 2013, che consente, proprio per fronteggiare situazioni critiche di emergenza, di istituire dieci ulteriori sezioni raddoppiando così le capacità operative degli organismi esistenti.

Capitolo a parte è quello dei minori non accompagnati. A Lampedusa ne sono giunti dall'inizio l'anno, oltre 400 di età compresa tra i 15 e i 17 anni. La criticità più rilevante è data proprio dall'accertamento della maggiore età, non sempre agevolmente rilevabile sulla base di parametri universalmente accettati. In ogni caso il loro trattamento è sempre avvenuto nel pieno rispetto della condizione di fragilità che ne rappresenta il tratto umano caratterizzante e proprio per garantire condizioni adeguate di sistemazione spesso è necessario provvedere al loro trasferimento presso case alloggio ubicate anche fuori dalla Sicilia.

Vado a concludere, onorevoli colleghi, dicendovi che le procedure che riguardano i minori dovranno sempre orientarsi alla sacralità della persona umana, è un impegno che avverto e che avvertiamo verso le giovani generazioni. Qualunque sia la loro provenienza, in omaggio ai valori universali della nostra Costituzione, che ci richiama allo sposalizio tra l'accoglienza umanitaria e il diritto, insopprimibile, alla sicurezza delle nostre frontiere e dei nostri concittadini. Vi ringrazio


 





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