Roma, 8 luglio 2013

 

FORUM IMMIGRAZIONE DEL PARTITO DEMOCRATICO: LĠINTERVENTO DELLĠON. MARCO FEDI (Roma, sabato 6 luglio 2013)


Sabato scorso si  tenuto a Roma il Forum Immigrazione del Partito Democratico per discutere delle iniziative da assumere sui temi dellĠimmigrazione alla luce delle novitˆ della situazione politica generale.

AllĠincontro ha partecipato anche il deputato eletto allĠestero, Marco Fedi, il cui intervento riportiamo di seguito:

ÒQuesta legislatura sembra essersi avviata allĠinsegna di una diversa sensibilitˆ verso i molteplici e complessi problemi dĠintegrazione che gli italiani debbono affrontare, sia dentro che fuori dai confini nazionali. Sin dal voto di fiducia al nuovo Governo, il Presidente Letta, in un breve ma significativo passaggio, ha dichiarato la volontˆ di valorizzare la presenza dei Ònuovi italiani Ó e di far tesoro della risorsa costituita dai 4 milioni e mezzo di cittadini italiani che vivono allĠestero, senza contare i sessanta milioni di italo-discendenti presenti in diverse parti vitali del mondo.

Noi eletti allĠestero, poi, non abbiamo mancato di sottolineare il valore, non solo simbolico, ma politico culturale ed etico, della nomina di un migrante a Ministro dellĠintegrazione. Mi permetto di dire, anche in relazione alle scomposte reazioni che questa decisione ha suscitato, che il fatto che alcuni rappresentanti istituzionali degli emigrati italiani abbiano pubblicamente condiviso questa decisione e riconoscano nel Ministro Kyenge un interlocutore serio e positivo per diverse questioni riguardanti le comunitˆ italiane allĠestero, sia un segnale da non minimizzare dei cambiamenti culturali e politici che stanno avvenendo in questo campo. Tuttavia, non ci siamo fermati ai messaggi.


Integrarsi – lo sappiamo bene noi che lĠabbiamo dovuto fare nelle nostre societˆ di insediamento – significa intraprendere nuovi percorsi sociali, stabilire nuove relazioni, misurarsi con altre culture e altri modelli di vita, ma anche individuare interlocutori istituzionali con cui dialogare e trovare risposte a problemi concreti e impellenti. Da parlamentari quali siamo, con un forte radicamento nelle comunitˆ italiane allĠestero ma Òsenza vincolo di mandatoÓ, come recita la Costituzione, abbiamo cercato di sostanziare questa prospettiva di lavoro sullĠintegrazione con una serie di atti che tengano conto delle esigenze che si manifestano sui due versanti, quello dellĠemigrazione e quello dellĠimmigrazione. Abbiamo dunque avanzato proposte sul tema della cittadinanza e su quello del rilancio delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con paesi nei quali sono presenti comunitˆ italiane e dei quali ospitiamo non meno importanti comunitˆ, sul tema della formazione dei giovani ad una cultura dellĠintegrazione mediante lĠinsegnamento multidisciplinare dellĠemigrazione nel quadro delle migrazioni contemporanee e sulla trasformazione del Museo dellĠemigrazione italiana in Museo delle migrazioni, sulla creazione di una sede istituzionale di partecipazione degli stranieri in Italia e sui delicati problemi previdenziali che riguardano sia gli emigrati che gli immigrati.
Crediamo, comunque, che dobbiamo riflettere insieme sullĠopportunitˆ di dare sviluppo, almeno sugli aspetti che si prestino a farlo, a questo lavoro comune sui due versanti che ci interessano. Non  mancata in passato qualche voce dubbiosa, nel senso di considerare pi proficuo una distinzione nel modo di lavorare e nella ricerca di soluzioni specifiche, per gli italiani allĠestero e per gli stranieri in Italia. La nostra idea  che, in un paese come lĠItalia che ha sacche piuttosto ampie di resistenza al mutamento sociale e culturale, anche per lĠincidenza della crisi che acutizza i problemi aperti, sia opportuno costruire insieme il campo della cultura e delle pratiche dellĠintegrazione. Non si tratta di fare semplicistiche assimilazioni tra gli italiani allĠestero e gli stranieri in Italia nŽ di perdere il senso della specificitˆ dei problemi da affrontare, entrando in una dimensione di generiche affermazioni di principio in cui tutti i gatti diventano bigi.


Si tratta di riportare a galla, invece, quella cultura della mobilitˆ che ha attraversato molte generazioni di italiani e dimostrare con i fatti che il contributo che i nostri connazionali hanno dato allo sviluppo e alla modernizzazione di intere aree del pianeta, altri oggi lo possono dare a noi, aiutandoci a superare la grave crisi che attraversiamo. Sul piano etico, poi, noi possiamo aiutare gli italiani a convincersi che non  giusto fare agli altri quello che gli altri hanno fatto a noi, dal razzismo allĠemarginazione, dallo sfruttamento allĠinsicurezza e alle tragedie sul lavoro, dalla selezione scolastica dei ragazzi immigrati al non riconoscimento delle competenze e del merito.


Ci auguriamo che questa volontˆ di intrecciare le nostre energie e di concorrere allo sviluppo di un unitario, anche se articolato processo di integrazione, sia condivisa anche da voi. Anche perchŽ ci sono serie questioni che dentro e fuori dal Parlamento ci impongono un confronto immediato. Ad iniziare dal tema della cittadinanza. Non abbiamo avuto alcuna esitazione, noi parlamentari del PD eletti allĠestero, a sostenere con convinzione il proposito del Ministro Kyenge e di componenti politiche importanti, di attualizzare con realismo e umanitˆ le forme di concessione della cittadinanza agli stranieri, a partire dai ragazzi che nascono in Italia. Alle vestali dello jus sanguinis
, che pure per gli italiani allĠestero  il principio guida del riconoscimento della loro cittadinanza, abbiamo ricordato che milioni e milioni di italiani sono diventati cittadini di altri paesi perchŽ hanno potuto godere dello jus soli riconosciuto da nazioni che, in conseguenza delle migrazioni internazionali, sono diventate tra le pi moderne e potenti del mondo. Anzi, ci sembra arrivato il momento di rilanciare in termini generali il confronto culturale e giuridico sulla cittadinanza, non pretendendo banalmente di sostituire un principio allĠaltro, come in un gioco di scatole cinesi, ma interrogandosi seriamente sul modo come cercare un equilibrio tra lo ius sanguinis e lo jus soli, adeguato ai tempi e alla realtˆ di un Paese come lĠItalia che ormai ha nel suo territorio tante persone di origine straniera quanti cittadini residenti oltre i confini. Sul piano normativo, non si possono avere pi remore a rimettere mano, con serietˆ e senza permissivismo, alla legge sulla cittadinanza del Ġ92. Si tratta di fare oggi lĠoperazione di inquadramento giuridico e culturale che si fece ventĠanni fa rispetto alla vecchia legge del 1912. Il passo pi importante da compiere  quello che altri nostri partner hanno fatto da anni, vale a dire adeguare la normativa alla transizione sociale avvenuta negli ultimi decenni a seguito delle migrazioni. Voglio dire, per˜ con sinceritˆ che sarebbe per noi deludente se in una materia tanto delicata si operasse per compartimenti stagno e in unĠottica di pura emergenza, limitandosi a dare risposte parziali alla questione della cittadinanza e mutilandola di alcune sue articolazioni. Pensiamo, in concreto, che contestualmente alle decisioni che si andranno a prendere per la concessione della cittadinanza a chi  in Italia, non si possano eludere situazioni altrettanto urgenti attinenti alla condizione degli italiani allĠestero. Mi riferisco a due aspetti, che mi limito ad accennare. Il primo si riferisce alle donne che hanno perduto la cittadinanza senza colpa per avere sposato uno straniero e non la possono trasmettere ai loro figli. Anzi, dopo alcune sentenze che hanno eccepito lĠincostituzionalitˆ di tale privazione, lĠhanno potuta trasmettere ai figli nati dopo lĠentrata in vigore della Costituzione, non a quelli nati prima. SicchŽ, in una stessa famiglia, alcuni figli di una stessa madre sono cittadini, altri non lo sono.


Una sentenza della Cassazione ha consentito di superare questa aberrazione sul piano giurisdizionale, non su quello amministrativo perchŽ manca una banale modifica della legge. Temiamo che procedere nella direzione della concessione della cittadinanza ai figli di stranieri, comĠ giusto che avvenga, senza rimuovere questa contraddizione che pesa sui figli degli italiani possa offrire pretesti a chi li cerca per non farne niente. Un secondo aspetto non pi rinviabile  quello riguardante gli italiani che, emigrati in altri paesi, si sono dovuti naturalizzare per ragioni di lavoro. Essi sono nati in Italia e vorrebbero morire italiani, ora che  consentito quasi ovunque la duplice cittadinanza. EĠ giusto negargli questo riconoscimento?


Prima di concludere, vorrei accennare ad unĠaltra proposta, da me avanzata assieme agli altri colleghi del PD eletti allĠestero, che vi riguarda direttamente. Riflettendo sul laboratorio australiano, che conosco bene, abbiamo proposto lĠistituzione di un Consiglio nazionale per lĠintegrazione e il multiculturalismo. LĠintento  quello di stabilizzare e dare continuitˆ alle politiche dellĠintegrazione creando una sede riconosciuta istituzionalmente nella quale si possano elaborare proposte e realizzare un coordinamento pi efficace di tali politiche, con la partecipazione degli stessi immigrati tramite le loro associazioni.


Oltre a svolgere attivitˆ consultiva di vari organismi e a contribuire alla elaborazione della legislazione in materia, il Consiglio si pu˜ dotare di un osservatorio capace di monitorare le modalitˆ di integrazione e lo sviluppo del multiculturalismo in Italia. Anche in questo caso, ci ha aiutato a capire e a individuare qualche soluzione lĠesperienza fatta nel percorso di costruzione della rappresentanza degli italiani allĠestero per aprire spazi di partecipazione.
Non ho pi il tempo per accennare ad altre iniziative, in corso o possibili. In conclusione vorrei ribadire la feconditˆ di un impegno comune per lĠintegrazione sostanziato di esperienze vissute dagli italiani in paesi stranieri e da stranieri in Italia. Sarebbe certamente utile per contenere e ridurre il provincialismo che ancora irretisce certe posizioni politiche e la stessa opinione pubblica su queste cose, e per temperare pregiudizi e resistenze. Per quanto ci riguarda come parlamentari eletti allĠestero, spesso ci sentiamo ripetere che la nostra presenza si rivelerˆ feconda solo se riuscirˆ a diventare un valore aggiunto per il Parlamento e per lĠopinione pubblica. Ebbene, ci piacerebbe aggiungere valore alla democrazia italiana soprattutto nel campo della cultura e delle buone pratiche di integrazione, riportando in Italia il meglio delle esperienze che gli italiani hanno vissuto come emigrati e come Ònuovi cittadiniÓ di importanti paesi del mondoÓ.