(Sergio Briguglio 22/7/2013)
NOTA
SULL'ACCESSO DELLO STRANIERO AL PUBBLICO IMPIEGO
Accesso degli
stranieri al pubblico impiego a normativa invariata
á
L'accesso al pubblico impiego dei
cittadini comunitari (ammesso da art. 38 D. Lgs. 165/2001 con limitate preclusioni[1])
puo' essere conciliato con art. 51 Cost. solo se non si attribuisce a
quest'ultimo un carattere tassativo: tutti, ma non solo, i cittadini possono accedere agli uffici pubblici.
á
Salve quindi le preclusioni di cui
all'art. 38 D. Lgs. 165/2001, l'attivita' lavorativa nell'ambito del pubblico
impiego non puo' considerarsi riservata al
cittadino italiano.
á Il requisito di cittadinanza italiana per l'accesso agli impieghi pubblici e' pero' previsto esplicitamente sia da art. 2 DPR 3/1957 sia da art. 2 DPR 487/1994.
á
Se si trattasse solo di art. 2 DPR
3/1957, questa disposizione dovrebbe essere considerata come implicitamente
abrogata dal piu' recente art. 38 D. Lgs. 165/2001.
á La stessa sorte non puo' essere attribuita cosi' facilmente ad art. 2 DPR 487/1994 ("legificato" - come osserva Cassazione, nella sentenza 24170/2006 - dal richiamo di cui all'art. 70, co. 13 D. Lgs. 165/2001); escluso che questa disposizione possa essere stata implicitamente abrogata da D. Lgs. 286/1998 (antecedente il richiamo operato da D. Lgs. 165/2001), occorre chiedersi se sia stata abrogata da successive disposizioni.
á
La risposta e' affermativa; risulta
infatti incompatibile con
á
Dal momento, poi, che tutte le categorie
elencate al punto precedente sono composte da cittadini stranieri (provenienti
da paesi non appartenenti alla UE), viene meno la possibile interpretazione
secondo la quale le attivita' del pubblico impiego (con le preclusioni citate),
benche' non riservate al cittadino italiano (l'accesso del cittadino comunitario
non essendo in discussione), siano pero' vietate allo straniero (quasi che lo
straniero, a differenza del cittadino comunitario, non dia garanzia di piena
fedelta' alla Repubblica).
á
Da art. 9, co. 12 lettera b) D. Lgs.
286/1998, come modificato da D. Lgs. 3/2007, segue allora come possano accedere
al lavoro pubblico (salve le citate preclusioni) anche i titolari di permesso
di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, inclusi i familiari del
titolare principale.
á
Analogamente, da art. 27-quater co. 14 D.
Lgs. 286/1998 (introdotto da D. Lgs. 108/2012), segue che possono accedere
anche i titolari di Carta Blu UE.
á
Dato che tutte le disposizioni ora citate
sono state adottate successivamente al D. Lgs. 165/2001, deve considerarsi
implicitamente abrogato il richiamo al DPR 487/1994 effettuato da art. 70 co.
13 D. Lgs. 165/2001.
á
Ci si puo' chiedere se l'ammissione delle
categorie di stranieri sulla base di queste disposizioni recenti debba essere
considerata ancora alla stregua di eccezione ad una
generale preclusione ancora vigente per lo straniero che non faccia parte di
queste categorie particolari.
á
Per rispondere a questo interrogativo,
occorre richiamare come l'art. 117 Cost. imponga che le leggi dello Stato
rispettino (anche) i vincoli posti dagli obblighi internazionali.
á
Benche' le convenzioni internazionali non
definiscano, in genere, diritti immediatamente esigibili dall'individuo nei
confronti dello Stato, esse pongono - appunto - obblighi cui il legislatore e'
vincolato.
á
Di fronte ad un accordo non evidente tra
la disposizione di legge ed un obbligo dettato da una convenzione
internazionale ratificata dall'Italia, l'interprete e' tenuto a cercare
un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione nazionale
(ossia, un'interpretazione conforme con l'obbligo posto dalla convenzione) o,
se tale interpretazione non e' possibile, a sollevare la questione di
legittimita' costituzionale della disposizione nazionale di fronte alla Corte
Costituzionale.
á Nel caso in esame, sono rilevanti gli obblighi posti dalla Convenzione OIL 143/1975, secondo la quale ogni paese membro per il quale la convenzione sia in vigore
á
L'esclusione dal pubblico impiego del
generico straniero ammesso al mercato del lavoro italiano ma non appartenente
alle categorie appena esaminate sarebbe compatibile con gli obblighi posti
dalla Convenzione OIL 143/1975 (e, quindi, con art. 117 Cost.) se si potesse
ravvisare un interesse dello Stato in questa esclusione a fronte
dell'ammissione delle categorie garantite dalle disposizioni di cui ai D. Lgs.
251/2007, 30/2007, 286/1998.
á
Tuttavia, in base alla normativa vigente,
i familiari del titolare di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo
periodo a titolo principale possono ottenere lo stesso permesso (col
riconoscimento dei diritti derivanti) a prescindere dalla maturazione del
soggiorno regolare quinquennale; ai familiari stranieri di cittadino
comunitario, ai rifugiati e ai loro familiari, poi, il diritto di soggiornare e
i diritti ad esso connessi sono riconosciuti anche a prescindere da un ingresso
legale nel territorio dello Stato.
á
Se possono accedere al pubblico impiego
persone appena arrivate in Italia o addirittura arrivate illegalmente (per le
quali non c'e' motivo di presumere una particolare fedelta' allo Stato), appare irrazionale e arbitraria l'esclusione dello
straniero titolare di altro permesso di soggiorno che abiliti allo svolgimento
di attivita' lavorativa (si pensi al titolare di permesso di soggiorno per
lavoro subordinato o per motivi familiari o per studio).
á
Si deve concludere come la parita'
nell'accesso all'occupazione possa trovare un limite solo nelle preclusioni
poste (a tutela - appunto - dell'interesse dello Stato) dall'art. 38 D. Lgs.
165/2001 (e, quindi, dal DPCM 174/1994).
á Si noti infine come il disposto di art. 27 co. 3 D. Lgs. 286/1998, che fa salve le disposizioni che prevedono il requisito della cittadinanza per lo svolgimento di certe attivita', non contrasti con questa conclusione, dal momento che deve essere letto, appunto, come mirato a far salve proprio queste preclusioni.
La
giurisprudenza in materia
á Nel corso degli anni, l'assenza di una esplicita affermazione, nella normativa, che sancisse il diritto dello straniero di accedere al pubblico impiego, ha dato luogo a un notevole contenzioso giudiziario; i giudici hanno sancito in modo pressoche' unanime il diritto dei cittadini extracomunitari di accedere ai concorsi per il pubblico impiego, riconoscendo, in particolare, come il principio di parita' di trattamento tra lavoratori migranti e lavoratori nazionali posto dalla Convenzione OIL 143/1975 diventi parametro di legittimita' costituzionale delle norme ordinarie interne, anche successive, per effetto di art. 117 co. 1 Cost. (sentenze della Corte Costituzionale 348/2007 e 349/2007).
á Tra le numerosissime pronunce in queto senso, si vedano:
á
La Corte Costituzionale, chiamata a
pronunciarsi sulla legittimita' costituzionale di art. 38 D. Lgs. 165/2001,
nella parte in cui non prevede esplicitamente l'accesso dello straniero cittadino
di un paese non appartenente alla UE, ha rigettato, con l'Ordinanza 139/2011,
il ricorso per manifesta inammissibilita', sulla base del fatto che il giudice
rimettente non ha tentato una lettura costituzionalmente orientata della norma
censurata, dando peso eccessivo all'orientamento restrittivo dell'isolata e
risalente sentenza della Cassazione n. 24170/2006 (salvo poi disattendere, lo
stesso giudice, quell'orientamento con l'ammissione provvisoria dello straniero
ricorrente al concorso, dimostrando cosi' di aver nei fatti individuato e
scelto un'interpretazione costituzionalmente orientata); in altri termini, la
Corte ha dato chiara indicazione di aderire a tale lettura (in questo senso,
Tribunale di Milano 12.8.2011, Tribunale di Genova, ordinanza dd. 19 luglio
2011, Tribunale di Firenze, sentenza dd. 27.01.2012).
Problemi posti
dalle disposizioni contenute nel Disegno di Legge europea 2013 (A.C. 1327)
á
Il Disegno di Legge europea 2013 include,
tra le categorie di stranieri esplicitamente ammesse al pubblico impiego, il
destinatario di protezione sussidiaria.
á
Se lo facesse modificando solo il testo
del D. Lgs. 251/2007, la situazione descritta nei paragrafi precedenti
resterebbe sostanzialmente inalterata; le tesi li' sostenute, anzi, risulterebbero
rafforzate dall'inclusione di un'ulteriore categoria del tutto priva di una
connotazione di fedelta' allo Stato.
á
Viene pero' introdotto, nell'art. 38 D.
Lgs. 165/2001, un nuovo comma 3-bis, nella forma seguente: "Le
disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano ai cittadini di Paesi terzi
che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo
periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di
protezione sussidiaria."
á Si tratta di una inutile ripetizione di disposizioni contenute in altre leggi (vedi sopra), con l'omissione, per giunta, dei titolari di Carta Blu UE.
á
Il rischio, pero', e' che questa
ripetizione venga interpretata come un intervento del Legislatore mirato ad
escludere tutte le categorie non esplicitamente citate.
á
Naturalmente, un'interpretazione di
questo genere risulterebbe in contrasto con gli obblighi di cui alla
Convenzione OIL 143/1975 e, quindi, con art. 117 della Costituzione; ma le
amministrazioni pubbliche sarebbero indotte a mantenere, nei bandi di concorso,
le restrizioni basate sulla cittadinanza, e il diritto di accesso dovrebbe
essere fatto valere, per molto tempo ancora, a seguito di azione giudiziaria e
a titolo individuale.
Emendamento
proposto per la Legge comunitaria 2013
á
Si propone di modificare il testo del
comma 3-bis (vedi sopra) nel modo seguente: "Le
disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano ai cittadini di Paesi terzi
che siano titolari di un permesso di soggiorno che consente lo svolgimento
di attivita' lavorativa".
á
Dal momento che, per quanto detto sopra,
un'interpretazione costituzionalmente orientata della normativa vigente gia'
contempla l'accesso di tali stranieri al pubblico impiego, lo stesso risultato
si puo' ottenere con un semplice atto amministrativo (circolare, direttiva,
parere, etc.).
Ragioni di
opportunita' per una chiara definizione del diritto di accesso al pubblico
impiego
á
La Pubblica amministrazione, in quanto
datore di lavoro, ha tutto l'interesse ad ampliare al massimo la concorrenza
sul versante dell'offerta di lavoro, potendo cosi' selezionare al meglio i
propri dipendenti; cio' che i lavoratori nazionali perdono per il venir meno di
una barriera protezionistica, lo recuperano largamente come utenti dei servizi
pubblici.
á
Un accesso generalizzato al pubblico
impiego per tutti gli stranieri titolari di permesso che consenta lo
svolgimento di attivita' lavorativa, eviterebbe di penalizzare categorie
importanti quali i titolari di permesso di soggiorno per lavoro (si pensi, in
particolare, agli infermieri professionali), di permesso per studio (si pensi a
quanti conseguono in Italia laurea, master o dottorato di ricerca), di permessi
per motivi familiari (si pensi agli stranieri di "seconda
generazione" che abbiano completato il ciclo di istruzione superiore in
Italia).
á Una misura di questo genere contribuirebbe a far superare lo stereotipo di uno straniero destinato irrimediabilmente ai livelli piu' bassi della scala sociale, a valorizzare il capitale umano degli immigrati, ad attrarre o trattenere in Italia immigrazione altamente qualificata.
[1] Esclusione dei posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che implichino esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, o attengono alla tutela dell'interesse nazionale, e di determinati posti e funzioni elencati dal DPCM 174/1994.